La scoperta del talento di Wanda Nara a Ballando con le stelle e la rivalsa sulla leucemia

«Sono a Ballando con le stelle per vincere». Così parlava al settimanale Oggi Wanda Nara a poche ore dal suo debutto in pista. E quelli che la aspettavano con i fucili puntati si sono dovuti subito rassegnare: la tanto chiacchierata showgirl argentina ha chiuso la prima puntata del programma del sabato sera di Rai1 al terzo posto. Una settimana dopo tutti i giudici le hanno dato 10 per un totale di 50 punti che le sono valsi la medaglia d’argento solo perché Teo Mammuccari ha ricevuto il ‘tesoretto’. Secondo posto confermato anche nella terza e nella quarta puntata. Risultati che l’hanno catapultata nel ristretto gruppetto dei super favoriti alla vittoria finale. Anzi, nella super favorita secondo gli scommettitori: come riportato da La Gazzetta dello sport, su Gazzabet e Planetwin365 è quotata a 1.85, su Goldbet a 2.00 e su Sisal a 1.50.

Non solo Wanda Nara, Ballando con le stelle è all’insegna delle donne

Segue poi l’altra rivelazione del talent: Simona Ventura che vale 3.00 per Gazzabet, 2.50 per Goldbet, 3.25 per Sisal e 2.65 per PlanetWin365. Medaglia di bronzo invece per Carlotta Mantovan che viaggia a 7.00 su Gazzabet, Goldbet e PlanetWin365 e a 7.50 su Sisal. Insomma, un’edizione all’insegna delle donne per Ballando 2023 che, nonostante lo scontro con il Golia di Canale 5, Tú sí que vales, regge. Certo una piccola flessione rispetto al 2022 c’è stata. Perché, se la stagione iniziata il 21 ottobre 2023 viaggia su una media del 22,2 per cento con 3 milioni e 200 mila persone davanti alla tivù, quella precedente, alla quarta puntata, aveva una media superiore di due punti e circa 300 mila ascoltatori di più.

Gli ascolti premiano comunque Tú sí que vales su Canale 5

Numeri comunque importanti, ma non paragonabili a quelli della corazzata di Maria De Filippi che, nelle quattro settimane di scontro con il programma di Milly Carlucci, ha portato a casa un risultato superiore al 27 per cento con circa quattro milioni di fan alla visione. Certo il percorso di Ballando è ancora lungo: dopo la finale di Tú sí que vales (in palinsesto il 18 novembre), la pista da ballo di Rai1 rimane aperta per altre cinque settimane durante le quali potrebbe alzare la media stagionale.

Gli haters hanno da sempre accusato Wanda di non saper fare nulla

Non è ancora detta l’ultima parola quindi per Wanda Nara e la sua, a oggi, probabile vittoria. Nel frattempo è innegabile come lei sia riuscita a prendersi una serie di rivincite. La prima quella nei confronti degli haters che, negli anni, l’hanno attaccata in qualsiasi modo. In particolare di coloro che l’hanno accusata di non saper far davvero nulla se non gossip. La showgirl argentina sa ballare. Si impegna e si è presa un posto di primo piano in un programma in cui, al netto degli stracci che volano tra alcuni giudici e concorrenti (vedi Selvaggia Lucarelli e Mammucari) o tra gli stessi concorrenti (Mammucari e Antonio Caprarica), quello che dovrebbe contare sono le esibizioni e il talento.

La scoperta del talento di Wanda Nara a Ballando con le stelle e la rivalsa sulla leucemia
Wanda Nara (Imagoeconomica).

La paura per la leucemia: «Mando un messaggio di normalità ai miei figli»

La marea di punti che ogni settimana riceve e il titolo di super favorita sono anche una sorta di rivalsa anche nei confronti della leucemia che, come ha raccontato a Oggi, sta ancora affrontando: «Da quando l’ho saputo, da quando le infermiere mi sono corse incontro in lacrime, con i risultati in mano, non sono ancora riuscita a “elaborare” questo nome». Il suo impegno a Ballando è supervisionato da Buenos Aires dal suo medico che le dice quello che può e quello non può fare: «Gli sforzi, la tensione, la gara, gli allenamenti: posso sopportare tutto. Sono qui anche per mandare un messaggio di normalità ai miei figli. Vedono che ho grinta, che non sto chiusa in casa, che posso saltare, fare le piroette. Spero capiscano che la mamma è invincibile».

«Se non ti vedono in ospedale moribonda pensano che tu stia bene»

Una malattia, la sua, che è stata su tutti i giornali. E sulla quale, a detta degli haters, la showgirl avrebbe speculato: «Esiste la gente cattiva, non puoi farci nulla. Ai miei cinque bambini sto insegnando a essere forti, voglio che crescano con la corazza che mi sono fatta io. Non ho mai “giocato” con la malattia. Non ho mai parlato di salute, non ho mai detto cos’ho. Il problema è che se non ti vedono “inchiodata” a un letto, in ospedale, moribonda, senza capelli, pensano che tu stia bene. Ma che ne sanno di come sto, delle medicine che prendo, della paura che mi viene quando mi fermo?».

La scoperta del talento di Wanda Nara a Ballando con le stelle e la rivalsa sulla leucemia
Wanda Nara ai tempi di Icardi all’Inter (Getty).

Mauro Icardi e Wanda Nara pronti a tornare (di nuovo) all’altare

A non mancarle, nonostante le cicliche voci di crisi e tradimenti, è il supporto del marito Mauro Icardi: «È stato in grado di realizzare tutto prima di me e si è preso cura di me, mi ha protetto e, allo stesso tempo, si è occupato di portare avanti la routine quotidiana dei bambini mentre mi accompagnava dal medico. Era – ed è – la persona che mi sostiene di più. Una notte, in clinica, mi sono svegliata e l’ho trovato, nelle prime ore del mattino, a cercare la cura per la leucemia e il posto migliore al mondo per curarla, e questo è l’esempio più chiaro di chi è lui», ha spiegato a Gente.

«Nel bel mezzo di un allenamento metteva la sveglia per mandarmi un messaggio: “Non dimenticarti di prendere le medicine”». E quando le hanno chiesto se la malattia li abbia avvicinati di più, lei non ha lasciato spazio ai dubbi: «Ci amavamo già ed eravamo vicini, non c’era bisogno di questo per confermarlo. Ma è vero che si vede quanto sia reale l’impegno che si prende quando ci si sposa di “sostenersi l’un l’altro sia in salute che in malattia”…». Un legame che, secondo quanto svelato da Wanda Nara, potrebbe riportarli all’altare: «Mauro mi ha chiesto di sposarlo di nuovo. Dopo 10 anni insieme! Non abbiamo ancora definito nulla, ma è stato bello ricevere la tua proposta».

Tiki Taka, il Grande Fratello Vip, MasterChef Argentina

Certo, il loro legame, sentimentale e lavorativo, ha spesso esposto la showgirl agli attacchi della stampa e dei social. Vuoi per come è nato: lei era sposata con Maxi Lopez, compagno di squadra di Icardi alla Sampdoria, con quale poi scattò una battaglia fatta di vicendevoli accuse di infedeltà. Vuoi per come si è evoluto: Wanda Nara è diventata anche procuratrice sportiva del secondo marito finendo nel mirino dei tifosi per qualsiasi passo falso della carriera di Maurito. In parallelo lei ha portato avanti la sua carriera televisiva che, iniziata in Argentina con la partecipazione ad alcuni talent, in Italia è passata dal ruolo di co-conduttrice, a fianco di Pierluigi Pardo, di Tiki Taka, quello di opinionista della quarta edizione del Grande Fratello Vip, condotto da Alfonso Signorini. In patria nell’autunno del 2022 è, invece, entrata nella giuria del programma ¿Quién es la máscara?, versione locale de Il cantante mascherato. Un impegno che le è valso il Premio Martín Fierro come rivelazione dell’anno della televisione argentina che l’ha accompagnata direttamente alla conduzione della terza edizione di MasterChef Argentina nell’estate 2023.

Sinner vola in finale alle Atp Finals di Torino: il tennista altoatesino ha battuto il russo Medvedev

Jannik Sinner ha vinto la semifinale delle Atp Finals a Torino contro Daniil Medvedev. Il tennista altoatesino vola così alla finale del torneo, prima volta per un italiano, sconfiggendo per la terza volta consecutiva il russo numero 3 al mondo. In sole due ore e mezza, con 6-3, (4)6-7, 6-1, Sinner entra così nella storia e si prepara ad affrontare, domenica 19 novembre, Djokovic o Alcaraz.

Giulia Cecchettin, il dolore della sorella: «È stato il vostro bravo ragazzo»

Dolore e rabbia tra i familiari di Giulia Cecchettin, trovata morta nei pressi del lago di Barcis dopo una settimana di ricerche. Nei giorni scorsi il padre Gino e la sorella Elena avevano lanciato numerosi appelli – sui giornali, sui social e in televisione – per sperare di ritrovare viva la loro familiare, vittima di un’aggressione da parte dell’ex fidanzato Filippo Turetta (ancora disperso) e abbandonata nel bacino in provincia di Pordenone. A poche ore dalla notizia del ritrovamento del cadavere, Elena ha condiviso una foto in cui lei e la sorella sorridono insieme, accompagnata dalla didascalia «Rest in power, I love you».

Anche Davide, il fratello, ha pubblicato un ritratto di Giulia mentre abbraccia un grande orso di peluche accanto alla scritta «I love you, susumina», ricordando il nomignolo con cui la chiamava.

Lo sfogo di Elena Cecchettin: «Per te bruceremo tutto»

Affetto ma anche rabbia, tra i parenti più stretti di Giulia, per la narrazione che in questi giorni è stata fatta di Filippo, «un bravo ragazzo che non avrebbe mai fatto del male alla sua ex compagna». E che invece, come mostra un video nelle mani degli inquirenti, l’ha aggredita ripetutamente, anche quando lei ha cercato di fuggire, e l’ha caricata sanguinante nella sua auto. A tal proposito, Elena Cecchettin ha condiviso alcuni messaggi che condannano le parole che sono state usate per descrivere il ragazzo. Come quello della scrittrice e attivista Carlotta Vagnoli: «Prevedibile dalla descrizione di quel bravo ragazzo, troppo bravo: non farebbe male neanche a un amosca. Certo, a una mosca no. Ma a una donna, beh, quella è tutta un’altra questione». E ancora, quello della scrittrice Valeria Fonte: «È stato il vostro bravo ragazzo».

Poi la scritta a caratteri cubitali bianchi su sfondo nero: «Per te bruceremo tutto». Infine la frase dell’attivista peruviana Cristina Torres Caceres: «Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima».

Milano, ragazza di 31 anni si sveglia nuda al ristorante: sospetta violenza sessuale

Una ragazza di 31 anni si è svegliata nuda sdraiata sul tavolo di un ristorante del centro di Milano, in piena notte, nel locale chiuso e dove si era svolta una festa. È stata soccorsa dai carabinieri, che ora indagano per una presunta violenza sessuale. La donna, che aveva assunto stupefacenti, è stata portata alla Mangiagalli, clinica specializzata in questo genere di reati. I suoi vestiti, che sono stati trovati in un altro punto del ristorante, sono stati sequestrati.

La donna avrebbe assunto droghe

I fatti si sono verificati in via Poliziano, zona Sempione. La donna, che aveva trascorso lì la serata per festeggiare il compleanno di un ex collega, ha chiamato il 112 alle 5.15 di notte dopo essersi svegliata nel locale, chiuso, senza vestiti. I carabinieri sono entrati da una finestra, dopodiché i sanitari del 118 l’hanno soccorsa e trasferita nella struttura sanitaria. I suoi vestiti sono stati ritrovati nel bagno del ristorante. La donna ha riferito di non ricordare nulla di quanto avvenuto ma, secondo quanto da lei raccontato, avrebbe assunto droghe. Quella della violenza sessuale è al momento soltanto un’ipotesi legata alle circostanze in cui è avvenuto il suo ritrovamento. I militari stanno interrogando il titolare del locale e verificando il sistema di videosorveglianza.

Giulia Cecchettin trovata morta: il cordoglio delle istituzioni da Zaia a Brugnaro

Sono ore di lutto per la famiglia di Giulia Cecchettin, la ragazza di 22 anni scomparsa da sabato 11 novembre e trovata morta all’interno di un canalone nei pressi del lago di Barcis. Le istituzioni locali e nazionali si sono strette al dolore dei fratelli e del padre, già sconvolti dalla morte della madre nel 2022. Sono ancora in corso, invece, le ricerche dell’ex fidanzato Filippo Turetta.

La vicinanza del sindaco di Venezia e del governatore del Veneto alla famiglia di Giulia Cecchettin

Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha così scritto sui suoi canali social: «L’epilogo peggiore a una vicenda che ha tenuto l’Italia intera col fiato sospeso per una settimana. Mi stringo al papà e ai familiari di Giulia, ai suoi amici e a coloro che le erano vicini. Un segnale di vicinanza anche alla famiglia di Filippo Turetta che in queste ore deve affrontare una tragica realtà. E una preghiera per giulia, con tutto il cuore».

Gli ha fatto eco il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro: «Una notizia che nessuno avrebbe mai voluto ricevere. È stato trovato il corpo di Giulia Cecchettin, giovane veneziana scomparsa pochi giorni fa. Tutta la Città si unisce al dolore della famiglia, degli amici, dei suoi cari e di tutti coloro che le hanno voluto bene».

Il cordoglio di Fontana e Salvini

Così il presidente della Camera dei deputati Lorenzo Fontana: «Apprendo con sgomento la notizia della tragica fine di Giulia Cecchettin. Mi stringo al dolore dei genitori, della famiglia e dei suoi cari ai quali rivolgo le espressioni di profondo cordoglio e della più sentita vicinanza. Il mio pensiero commosso va a questa ragazza strappata alla vita nel fiore degli anni».

Anche Matteo Salvini ha rivolto «una preghiera per Giulia».

Alla notizia del ritrovamento del corpo di Giulia, i dirigenti di Forza Italia riuniti a Taormina per una convention del partito hanno interrotto i lavori per un minuto di silenzio. Mentre la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Roccella ha annunciato la calendarizzazione al Senato dell’esame del disegno di legge per il rafforzamento e la velocizzazione delle misure preventive e cautelari già approvato all’unanimità dalla Camera. «Abbiamo anche aumentato i fondi per i centri anti-violenza ed è già pronta una campagna di sensibilizzazione nelle scuole che illustreremo nei prossimi giorni con i ministri della Cultura e dell’Istruzione. E continueremo a diffondere dovunque e senza sosta, con sempre maggiore intensità, il numero anti-violenza 1522, perché una richiesta di aiuto, o anche solo un consiglio di fronte a una percezione, può salvare la vita», ha aggiunto.

Giulia Cecchettin, come si è arrivati al lago di Barcis: la svolta grazie alle telecamere di Piancavallo

Giulia Cecchettin, la ragazza di 22 anni di cui si erano perse le tracce sabato 11 novembre, è stata trovata morta in un canalone tra il lago di Barcis e Piancavallo, in provincia di Pordenone. Proprio qui gli inquirenti avevano concentrato le ricerche negli ultimi giorni dopo che, giovedì mattina, era stato confermato il passaggio dell’auto dell’ex fidanzato Filippo Turetta, ancora disperso. Una svolta arrivata in maniera casuale grazie alla riaccensione della telecamera che registra il passaggio dei veicoli all’ingresso dell’area turistica di Piancavallo, rimasta off per quattro giorni per manutenzione.

L’indizio grazie al Targa-system di Piancavallo

Come riportato dal Gazzettino, il software aveva continuato a registrare i transiti, pur senza trasmetterli al sistema operativo. Alla riaccensione, dunque, è scattato l’alert con la targa dell’auto di Filippo. Trattandosi di una zona completamente periferica e per la quale il giovane aveva fatto una deviazione anomala rispetto al successivo rilevamento, alla diga del Vajont, gli investigatori hanno iniziato a scandagliare i 12 km di strada che separano Piancavallo dal lago di Barcis. Sabato 18 novembre, intorno a mezzogiorno, il tragico rinvenimento. La zona è stata interdetta al traffico per consentire alle autorità di svolgere i rilievi del caso. Il medico legale Antonello Cirnelli ha già eseguito una prima ispezione esterna del cadavere confermandone l’identità.

L’auto di Filippo Turetta registrata mercoledì in Austria

Intanto continuano le ricerche del ragazzo, su cui pende un mandato di arresto europeo. Un provvedimento firmato dalla magistratura veneziana dopo la conferma del passaggio della sua auto in Austria. La vettura, mercoledì, è stata infatti registrata dal Targa-system a Lienz, nel Tirolo orientale. Inizialmente si pensava potesse essere tra quelle parcheggiate nei pressi del parcheggio del lago di Barcis, ma l’ipotesi è stata successivamente smentita. Il procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi, al Tg1, l’ha invitato a costituirsi: «La ricostruzione che potrebbe fare il ragazzo sarebbe molto importante, anche per lui. L’invito che gli rivolgo è quello di non continuare in questa fuga verso l’Austria, si costituisca».

Kenya, luci e ombre sui negoziati internazionali per l’adozione di un trattato contro l’inquinamento da plastica

Potrebbero essere passati sotto traccia, oscurati dalla prossima COP28 di Dubai, ma il 13 novembre si sono aperti a Nairobi, in Kenya i negoziati per un trattato globale contro l’inquinamento da plastica. Il summit, a cui partecipano 170 Paesi e la cui fine è prevista domenica, è il terzo di cinque sessioni nell’ambito di un processo avviato lo scorso anno dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), che punta a concludere i negoziati il ​​prossimo anno. ll futuro trattato potrebbe essere così adottato entro la metà del 2025. Il passaggio keniano è però già cruciale perché in questi giorni si discute per la prima volta davanti a una bozza di testo pubblicata a settembre.

Le richieste degli ambientalisti: ridurre entro il 2040 il 75 per cento della produzione di plastica

L’appuntamento non si tiene a caso in Kenya, Paese che guida da tempo la lotta all’inquinamento da plastica e che dal 2017 ha messo al bando la produzione, la vendita e l’utilizzo delle buste monouso. Il tema sembra stare parecchio a cuore al Sud del mondo anche a giudicare dalle manifestazioni che si sono svolte a Nairobi. I gruppi ambientalisti come Greenpeace chiedono una riduzione entro il 2040 di almeno il 75 per cento della produzione di polimeri plastici che derivano da combustibili fossili, per mantenere l’aumento della temperatura globale entro un grado e mezzo rispetto ai livelli pre industriali. Il presidente keniano William Ruto all’apertura dei lavori è parso fiducioso e ha definito l’appuntamento la prima tessera di un domino che porterà alla fine dell’inquinamento da plastica.

Kenya, luci e ombre sui negoziati internazionali per l'adozione di un trattato contro l'inquinamento da plastica
Rifiuti nella contea di Machakos, in Kenya (Getty Images).

Limiti globali vincolanti alla produzione o autonomia decisionale degli Stati: le divergenze sulla bozza del negoziato

La posta in gioco a Nairobi è molto alta. Trovare una quadra sarà un’impresa tutt’altro che facile viste le posizioni contrastanti soprattutto per quanto riguarda i freni alla produzione. La “bozza zero” sul tavolo dei negoziati definisce infatti tre opzioni per agire nell’ottica di ridurre la plastica vergine. La prima prevede un obiettivo concordato a livello globale. La seconda obiettivi globali di riduzione con restrizioni a livello nazionale, e la terza restrizioni decise da ogni Stato. Da una parte ci sono circa 60 nazioni dette “ad alta ambizione” che chiedono regole globali vincolanti per ridurre l’uso e la produzione di plastica. Questa posizione è sostenuta dai gruppi ambientalisti e appoggiata da Paesi come Kenya, Rwanda, Norvegia e Canada, ma anche dagli Stati membri dell’Unione europea. Che dal canto loro non brillano: nel 2021, ogni cittadino residente in Ue, ha generato in media quasi 36 kg di rifiuti in plastica. Di questi, solo meno della metà (14,2 kg) sono stati riciclati. Dall’altro lato invece c’è chi vorrebbe puntare maggiormente sul riciclo, l’innovazione, una migliore gestione dei rifiuti e determinare autonomamente i propri obiettivi. È il caso di potenze esportatrici di prodotti petrolchimici come Cina – responsabile nel 2021 del 32 per cento della produzione globale di materie plastiche – India e Arabia Saudita. Riad in particolare guida una coalizione che comprende anche Iran, Cuba e Bahrein, e che spingerà affinché il trattato si concentri sui rifiuti piuttosto che sui limiti alla produzione. Gli Stati Uniti – secondi inquinatori da plastica monouso al mondo con 17,2 milioni di tonnellate prodotte – che inizialmente volevano un trattato modellato sulla volontà dei singoli Paesi, hanno rivisto la propria posizione negli ultimi mesi tendendo ora verso piani nazionali basati però su obiettivi concordati. Si discuterà inoltre se il trattato debba anche stabilire standard di trasparenza per l’uso chimico nella produzione di plastica. Gli attivisti presenti a Nairobi sperano che le discussioni si concentrino sulla sostanza, cioè sulla riduzione della produzione di plastica, evitando lunghi e fumosi dibattiti su questioni procedurali, le stesse che hanno creato tensioni durante l’ultimo summit di Parigi lo scorso giugno. In quell’occasione l’Arabia Saudita aveva proposto che i colloqui procedessero solo con il consenso di tutti i Paesi e non a maggioranza. Il timore ora è che si raggiunga un compromesso al ribasso. Un trattato forte, con decisioni vincolanti a livello globale, porterebbe in futuro una diminuzione dell’uso di combustibili fossili.

Kenya, luci e ombre sui negoziati internazionali per l'adozione di un trattato contro l'inquinamento da plastica
Manifestazioni degli attivisti a Nairobi (Getty Images).

Oggi si producono 430 milioni di tonnellate di plastica, numero che potrebbe triplicare entro il 2060

Una cosa è certa: la priorità è mettere freno al più presto alla produzione di plastica. Questa è più che raddoppiata dall’inizio del secolo, raggiungendo i 430 milioni di tonnellate all’anno, un numero che potrebbe triplicare entro il 2060 se non si interviene. Ogni anno almeno 14 milioni di tonnellate finiscono negli oceani, mentre un numero ancora maggiore si accumula nelle discariche. Ancora solo il 9 per cento della plastica prodotta in tutto il mondo viene riciclata. Inoltre, secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), la plastica contribuisce al riscaldamento globale: nel 2019 la sua produzione è stata responsabile del 3,4 per cento di tutte le emissioni e puntare solo sul riciclo non bastare. L’organizzazione rileva infatti che le attuali infrastrutture per la raccolta e il riciclaggio della plastica sono del tutto insufficienti e che sono necessari più di 1.000 miliardi di dollari di investimenti solo nei Paesi non OCSE per evitare che la plastica si disperda nell’ambiente. Tuttavia, anche se a Nairobi finisse con un nulla di fatto, i negoziati proseguiranno il prossimo aprile in Canada per poi concludersi in Corea del Sud alla fine del 2024. E lì, volendo essere ottimisti, potrebbero essere spinti dagli esiti, tuttora incerti, della COP in partenza il 30 novembre. In ogni caso, sostengono i più ambiziosi, il modello dovrebbe essere il Protocollo di Montreal del 1987 per la protezione dello strato di ozono nell’atmosfera, che aveva tempistiche rigide e veloci, più che l’Accordo di Parigi sul clima del 2015, basato su patti nazionali volontari e obiettivi raramente raggiunti.

Nel 2024 la Russia organizzerà un concorso musicale in risposta all’Eurovision

Nel 2024 Mosca ha intenzione di organizzare un concorso musicale dal respiro internazionale, una sorta di risposta all’Eurovision Song Contest dal quale la Russia è stata esclusa a partire dal 2022, a causa dell’invasione dell’Ucraina. Il nome c’è già: Intervision, nome già utilizzato per una kermesse tenutasi nella seconda metà degli Anni 70 in Polonia, allora parte del blocco sovietico.

Nel 2024 la Russia organizzerà un proprio concorso musicale in risposta all’Eurovision. C’è già il nome: Intervision.
Loreen, vincitrice dell’Eurovision Song Contest nel 2023 (Getty Images).

Il direttore di Pervyj kanal: «Non ci saranno restrizioni o influenze politiche»

«Non ci saranno restrizioni o influenze politiche in questa competizione. Tutti i Paesi potranno presentare esponenti della loro musica popolare. Contiamo sulla partecipazione attiva dei Brics e invitiamo tutti gli altri Paesi ad aderire all’iniziativa», ha dichiarato Konstantin Ernst, direttore generale di Pervyj kanal, la principale emittente televisiva pubblica della Russia che trasmetterà l’evento.

Nel 2024 la Russia organizzerà un proprio concorso musicale in risposta all’Eurovision. C’è già il nome: Intervision.
Coro cinese durante un’esibizione in Russia (Getty Images).

Le quattro edizioni dell’Intervision “originale”, più il revival del 2008

Il Concorso Intervision della Canzone è stato un concorso canoro organizzato dal 1977 al 1980, a cui prendevano parte Paesi del blocco sovietico e Stati neutrali (come la Finlandia). Equivalente orientale dell’Eurovision Song Contest, di fatto in quel periodo sostituì il Festival internazionale della canzone di Sopot, in Polonia, la cui prima edizione risaliva al 1961, e che ancora oggi è uno dei più grandi concorsi canori in Europa. Nel 1981 la manifestazione venne cancellata a seguito dell’avanzata del movimento sindacale Solidarność, giudicato contro-rivoluzionario dalle altre nazioni del blocco sovietico. Nel 2008 si è svolta un’edizione-revival, ospitata dalla Russia.

In programma nel 2024 anche un festival cinematografico eurasiatico

«Allo scopo di promuovere la diversità delle culture in un mondo multipolare», ha spiegato la ministra della Cultura russa Olga Lyubimova, le autorità russe vogliono proporre, oltre al concorso musicale Intervision, anche un festival cinematografico eurasiatico. Lo aveva già annunciato il capo dell’Unione dei cineasti della Russia, il regista premio Oscar e diventato sostenitore di Putin Nikita Mikhalkov.

Domenica Ercolani morta a 113 anni: era la donna più longeva d’Italia

È morta a Pesaro Domenica Ercolani, la donna più longeva d’Italia. Aveva 113 anni, era nata ad Urbino ed era nota per non aver mai preso medicinali e per non aver mai dovuto affrontare malattie invalidanti. Moglie di un capostazione, che non si è mai mosso dalla provincia di Pesaro Urbino, ha sempre fatto la casalinga ed è stata assistita fino all’ultimo dalla figlia di 87 anni Alessandra Rupalti.

«Ad esser buoni si vive meglio»

«Un fisico eccezionale», l’aveva definita il suo medico. Ultima di cinque figli, aveva avuto due figli. La sua vita si svolgeva tra le mura di casa con sveglia alle 7, colazione abbondante, e poi Teleradio Padre Pio per tutta la giornata. Non rifiutava mai un bicchiere di vino, unito a pasti leggeri. La sua porta era sempre aperta alle visite della gente e diceva che «ad esser buoni si vive meglio». Aveva superato indenne due pandemie, la Spagnola del 1918 e il Covid, e due guerre mondiali. Oltre che il lutto per la perdita del figlio, morto nel 1994 a 45 anni a causa di un tumore.

Milano, Fedez in piazza Duomo con Avis va via quando parla l’assessore La Russa

Durante l’evento in piazza Duomo a Milano per sensibilizzare sulla donazione di sangue, Fedez ha polemizzato sulla presenza degli esponenti della Regione Lombardia, gli assessori Romano La Russa e Elena Lucchini. In particolare, quando ha preso la parola La Russa il rapper ha lasciato la zona dove si stavano tenendo i discorsi istituzionali per andare a visitare l’unità mobile per la donazione di sangue e i vari stand delle associazioni.

Fedez ai giornalisti: «La Regione non era coinvolta nell’evento Avis»

Ai giornalisti che gli hanno chiesto se fosse casuale il suo allontanamento proprio quando aveva preso la parola l’assessore regionale, Fedez ha spiegato: «No non è un caso, perché questa cosa l’abbiamo organizzata con la Fondazione Fedez, con Avis e il Comune di Milano. Io il signor La Russa non l’ho mai visto coinvolto e nemmeno la signora Lucchini che ha detto che stava pensando di organizzare un evento». «Quindi la Regione si è imbucata?», gli hanno chiesto i giornalisti. «Fate voi», ha concluso.

La replica dell’assessore La Russa: «Piccolo uomo»

Romano La Russa ha così replicato: «Io non l’ho neanche visto andare via, ma se è così confermo che è un piccolo uomo, molto piccolo. Il suo comportamento era scontato. Lui pensa di avere fatto un atto eroico, in realtà è stato un segno di maleducazione nei confronti dei presidenti e di tutte le associazioni». E ancora: «Lo ringrazio per l’opera di questa giornata, però non si è comportato bene. Lui ha scoperto solo oggi Avis perché ne ha avuto bisogno, c’è chi invece da sempre dedica la sua vita a questo. Non è un gesto d’amore verso i donatori».

Pil, Confindustria: «La crescita dell’Italia è ferma, colpa dei tassi ai massimi»

All’indomani della valutazione di Moody’s, che ha confermato il rating dell’Italia a Baa3 e alzato l’outlook da negativo a stabile, Confindustria ha lanciato l’allarme sulla crescita del nostro Paese. «Il Pil è rimasto fermo nel terzo trimestre e gli indicatori dicono che all’inizio del quarto l’attività nei servizi è in lieve calo, come nell’industria», si legge nella congiuntura flash. Anche se l’inflazione in Italia è tornata sotto il 2,0 per cento, i tassi sono infatti ai massimi e bloccano il canale del credito, frenando consumi e investimenti, mentre l’export aiuta poco. «Con le guerre in corso sale l’incertezza, ma non il costo dell’energia (finora), che è però ben più alto del pre-crisi energetica», continua il rapporto.

Il rallentamento dell’inflazione e i tassi Usa e Bce

L’analisi si è concentrata sull’inflazione italiana, «che si è ridotta a ottobre a +1,7 per cento annuo (da +5,3 per cento a settembre) grazie a un “effetto base” molto favorevole sui prezzi energetici, crollati al -19,7 per cento annuo (+26,8 per cento nello stesso mese del 2022 a causa del picco del gas)». I prezzi core di beni e servizi continuano a frenare, ma solo lentamente (+3,7 per cento), come quelli alimentari (+6,3 per cento), grazie alla parziale moderazione delle commodity. Sono valori non ancora pienamente in linea con la soglia del +2,0 per cento. Per quanto riguarda i tassi, a inizio novembre la Fed ha tenuto, per la seconda volta, fermo quello statunitense (a 5,50 per cento) e lo stesso ha fatto la Bce a fine ottobre (4,50 per cento): «Lo scenario base è che i tassi sono giunti ai massimi, come indicano i future che scontano i primi tagli nel 2024. Tuttavia, Powell ha sottolineato il rischio di nuovi rialzi se la crescita Usa non frena e l’inflazione resta alta. E Lagarde (ndr la presidente della Bce) ha ribadito che altri rialzi potrebbero esserci anche nell’Eurozona, in caso di nuovi shock che modifichino lo scenario».

Cadavere di una donna trovato nel lago di Barcis durante le ricerche di Giulia Cecchettin e Filippo Turetta

Un cadavere di donna è stato trovato nei pressi del lago di Barcis in provincia di Pordenone. La scoperta nella mattinata di sabato 18 novembre 2023 da parte degli uomini impiegati nelle ricerche di Giulia Cecchettin e Filippo Turetta, i ragazzi scomparsi dal Veneziano nella notte tra sabato 11 e domenica 12. Proprio intorno al bacino si stavano concentrando le operazioni dei vigili del fuoco, non perché avessero a disposizione puntuali elementi ma perché il lago si trova lungo la direttrice seguita dalla vettura del giovane dopo l’aggressione all’ex fidanzata.

Reggio Emilia, camion perde il carico che travolge tre auto: due morti e cinque feriti, arrestato l’autista scappato

È stato rintracciato e arrestato dai carabinieri di Guastalla il presunto conducente del camion che, nella serata di venerdì 17 novembre 2023, aveva perso un carico di impalcature causando due morti e cinque feriti a Caprara di Campegine (Reggio Emilia). Il materiale caduto dall’autocarro aveva travolto tre auto e il camionista aveva abbandonato il luogo dell’incidente senza prestare soccorso. L’uomo, 39 anni, era alla guida con patente sospesa – gli era stata ritirata ad agosto per guida in stato di ebbrezza – e si è rifiutato di sottoporsi all’alcol-test. È accusato di omicidio stradale, lesioni personali gravissime e fuga da incidente in caso di omicidio e lesioni.

Due ragazzi di 19 e 12 anni sono morti sul colpo

Secondo una prima ricostruzione dell’accaduto, i tubi per le impalcature che stava trasportando l’autocarro hanno inizialmente travolto una Citroen Picasso con a bordo il conducente di 19 anni, morto sul colpo, e due passeggeri 21enni, uno dei quali deceduto. L’altro è rimasto gravemente ferito ed è stato ricoverato all’ospedale di Parma. Il carico ha quindi sfiorato una Bmw, il cui guidatore è rimasto illeso, e una Peugeot 208 con a bordo quattro persone, portate in via precauzionale in ospedale. Le salme delle vittime sono state trasferite al cimitero di Coviolo di Reggio Emilia e sono a disposizione della procura diretta dal procuratore Calogero Gaetano Paci.

Reggino, dottoressa della guardia medica uccisa in un agguato: ferito il marito

Dramma nel Reggino, dove una dottoressa della guardia medica di Santa Cristina in Aspromonte è stata uccisa in un agguato. La donna, 67 anni, stava rientrando a casa in auto, dopo avere finito il proprio turno, assieme al marito Antonio Napoli, anche lui medico, che è rimasto ferito di striscio a un braccio. Secondo quanto emerso, due persone nascoste nei terreni circostanti avrebbero fatto fuoco contro l’autovettura nei pressi di una curva a gomito sulla strada che collega Santa Cristina a Taurianova.

Si indaga sul contesto in cui è maturato l’omicidio

La vittima, Francesca Romeo, era originaria di Seminara dove risiedeva con il marito, originario di Locri e in servizio nel Csm di Palmi. I due erano a bordo della loro auto quando sono stati colpiti dai proiettili. Sul luogo dell’agguato sono intervenuti gli investigatori della squadra mobile di Reggio Calabria che hanno eseguito i primi rilievi e stanno cercando di ricostruire la dinamica del fatto, su cui è stata aperta un’inchiesta dalla procura della Repubblica di Palmi. La magistratura sta cercando di capire il contesto in cui è maturato il delitto che, dalle primissime ipotesi, tutte da verificare, sembrerebbe non collegato alla criminalità organizzata.

Mandato di arresto europeo per Filippo Turetta: in un video l’aggressione a Giulia Cecchettin

La procura di Venezia ha firmato un mandato d’arresto europeo per Filippo Turetta, l’ex fidanzato di Giulia Cecchettin scomparso insieme a lei sabato 11 novembre. Il giovane risulta indagato per tentato omicidio dopo che gli investigatori hanno acquisito un video che lo mostra aggredire ripetutamente la ragazza per poi caricarla in auto sanguinante. La sua Fiat Punto nera targata FA015YE è stata avvistata l’ultima volta domenica in località Ospitale di Cortina, in direzione Dobbiaco. Potrebbe dunque aver attraversato il confine con l’Austria – dove, secondo il direttore del Gazzettino intervenuto a Quarto Grado, sarebbe stata segnalata nella giornata di mercoledì – e per questo la magistratura ha ritenuto di estendere le ricerche del ragazzo oltreconfine.

Il video dell’aggressione a Giulia Cecchettin

Il filmato che mostra Filippo aggredire Giulia è stato registrato dalle telecamere di un’azienda lungo la strada di Fossò, dove nei giorni scorsi erano state rinvenute macchie di sangue e alcuni capelli. A poca distanza dalla casa della giovane e dal punto in cui, intorno alle 25.15 di sabato, un testimone aveva riferito di una discussione accesa tra due ragazzi. Nelle riprese si vede Turetta colpire l’ex «a mani nude» e porre in essere «atti idonei e diretti in modo non equivoco a cagionare la morte colpendola nuovamente al fine di evitare che la stessa fuggisse» (così riporterebbero le carte degli inquirenti secondo quanto scritto dall’Adnkronos). Dopo essere stata caricata in auto, Giulia sarebbe riuscita a fuggire ma, rincorsa, sarebbe stata colpita alle spalle. Un’azione che le avrebbe provocato «ulteriori ferite e ulteriori copiosi sanguinamenti» a seguito dei quali «Filippo ha caricato il suo corpo nella propria auto allontanandosi dal luogo dei fatti e rendendosi immediatamente irreperibile». Gli investigatori stanno analizzando le macchie di sangue rinvenute comparandole con il Dna dei due ragazzi.

Ricerche anche con droni e cani

Intanto proseguono incessanti le ricerche, coordinate dalla prefettura e svolte dal comando provinciale dei Vigili del fuoco con personale specializzato nella ricerca persone. Le squadre stanno scandagliando la zona del lago di Barcis, anche con droni e cinofili, non perché siano in possesso di puntuali elementi ma perché il bacino si trova lungo la direttrice seguita dalla vettura dopo l’aggressione. Le verifiche sono state estese, anche grazie all’utilizzo di un elicottero, all’impervia strada secondaria che collega con la località turistica del Piancavallo e lungo l’intera strada regionale 251, fino alla diga del Vajont.

Così i prezzi alle stelle delle case nelle metropoli hanno trasformato la scena musicale: il racconto della settimana

Nell’ultimo mese mi è capitato di entrare due volte in una famosa libreria in centro a Milano che per i nostalgici dei pomeriggi di una volta era tappa fissa anche per l’approvvigionamento di musica tra dischi, spartiti, pianoforti e chitarre elettriche dai colori sgargianti. La prima volta in diffusione suonava l’ultimo album dei Rolling Stones, Hackney Diamond, e una parete vicino all’entrata era interamente dedicata alla band con in esposizione una sfilza di vinili, cd e libri con in copertina le facce di Keith Richards, di Mick Jagger and company. La seconda volta, tre settimane più tardi, la stessa parete era stata riempita con album dei Beatles, in occasione dell’uscita di Now and Then (la nuova canzone della resuscitata band di Liverpool ottenuta anche grazie al lavoro dell’intelligenza artificiale), e in diffusione suonavano uno dopo l’altro i brani del Red e del Blue Album, le due celebri raccolte, recentemente ridate alle stampe in una nuovissima riedizione extralarge, pubblicate 50 anni fa che in realtà s’intitolavano 1962-1966 e 1967-1970. Considerate da tutti, probabilmente, i due più significativi greatest hits di tutta la storia della musica.

«Quando vedi nel Village al posto di un liutaio che vendeva le chitarre a Keith Richards, a Eric Clapton, a Jimi Hendrix, un negozio di Manolo che vende scarpe di merda, capisci dove siamo arrivati. E questo influisce in maniera determinante sulla creatività delle persone anche nella musica»

Vinili, Beatles e Stones, le loro canzoni in diffusione nei negozi, la gente in fila alle casse con i loro dischi sottobraccio: di colpo sembrava di essere stati catapultati in un pomeriggio degli Anni 60. Passano due giorni e sull’iPhone mi arrivano due whatsapp di Seriosound, il ragazzo che per anni è stato il terzo componente della band di PopUp, nonché insostituibile regista della trasmissione, che mi segnala due strepitosi live in programma nei prossimi mesi a Milano: quello di Kruder & Dorfmeister da Base a dicembre e quello degli Air che rifaranno dopo 25 anni Moon Safari al Fabrique a febbraio. Che dire? Per quanto riguarda Kruder & Dorfmeister basta sottolineare che il loro triplo album in compact disc, K&D Sessions, quando uscì negli Anni 90 divenne un vero e proprio oggetto di culto che ha venduto più di un milione di copie nel mondo. Un disco pazzesco zeppo di infinite contaminazioni che vanno dal funk al jazz, dall’house all’hip hop, con l’aggiunta di inserti dub, reggae, ambient e fusion, brasiliana. Su Moon Safari ogni commento ancora oggi appare superfluo, perché fu il disco, quando uscì nel 1998, che trasformò un semisconosciuto duo di musica elettronica francese in autentiche star, una versione 2.0 dei Velvet Underground. Dolce eppure terribilmente intossicante come una dose di morfina. Sul finire degli Anni 90, era tutta una questione di beat, e sicuramente sia i viennesi K&D, che il duo nato alla corte di Versailles, Nicolas Godin e Jean-Benoit Dunckel (che si fecero chiamare appunto Air in onore del grande architetto svizzero Le Corbusier) furono tra i maggiori esponenti di quella scena che compì nel mondo della musica un vero e proprio golpe rivoluzionando tutto e dando una nuova vita alla musica da dancefloor.

«Beatles, Stones, Air, Kruder & Dorfmeister… perché nella musica c’è questo continuo e reiterato ritorno al passato?», domando, seduto al bar del Palace in Piazza della Repubblica, inviato dal Messaggero, per intervistare un tizio che nella New York degli Anni 80 e 90 da corrispondente Rai ha dato del tu a tutte le leggende del rock in circolazione. «È soprattuto un problema sociale», mi risponde, «perché un tempo le città, come New York ad esempio, erano un formidabile crogiolo di persone e idee. Oggi è cambiato tutto e le grandi metropoli, innanzitutto per i prezzi delle case che sono saliti alle stelle, non sono più luoghi dove si vive, al massimo sono diventati posti dove ci si incontra. Quando vedi nel Village al posto di un liutaio che vendeva le chitarre a Keith Richards, a Eric Clapton, a Jimi Hendrix, un negozio di Manolo che vende scarpe di merda, capisci dove siamo arrivati. E questo influisce in maniera determinante sulla creatività delle persone anche nella musica».

Probabilmente, la soluzione per ricominciare a progredire e abbandonare il passato è questa: perdersi completamente, annullare la forza di gravità e ricominciare a inseguire una farfalla in giardino

Mezz’ora più tardi mentre slego la mia bici da un palo davanti all’hotel, stretto nella mia giacca di velluto con le mie college ai piedi, e rifletto sulle sue parole il sole sta tramontando su Piazza della Repubblica. La risposta a questo problema forse l’ha data Andre 3000, ex componente degli Outkast, che dopo 17 anni di silenzio è tornato con un nuovo album, New Blue Sun, un disco completamente strumentale di jazz sperimentale, composto con Carlos Nino nei seminterrati di Los Angeles. «Quando ho fatto ascoltare i nuovi brani ad alcuni colleghi più giovani, come Tyler the Creator e Frank Ocean, che probabilmente si aspettavano da me un disco rap, Tyler mi ha detto: “Ascoltando questo pezzo ho avuto la sensazione che tu stessi inseguendo una farfalla in giardino”». E infatti, probabilmente, la soluzione per ricominciare a progredire e abbandonare il passato è questa: perdersi completamente, annullare la forza di gravità e ricominciare a inseguire la nostra personale farfalla.

Dal Mes al Piano Mattei, un governo di indecisionisti che bluffano

Gli indecisionisti. Del Mes, per esempio, si sono perse le tracce. Come ha fatto notare il sito Pagella politica, il dibattito in Italia è precox. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a discussioni spente nel giro di qualche ora come sul missile francese della strage di Ustica dopo un’intervista a Giuliano Amato: stupore, furore, opinionismo inviperito e poi alla sera tutti a letto a dormire. Del finanziamento tedesco alle Ong nel Mediterraneo si è scritto come se dovesse essere la fine di qualsiasi relazione diplomatica tra Italia e Germania. A leggere il giornali sembrava la fine dell’Europa come l’abbiamo sempre pensata, con dirigenti di partito che apparivano pronti alla crocifissione. Passata la buriana sono ricominciati i baci, gli abbracci e le scatole di cioccolatini in regalo.

Gentiloni nemico del giorno e il caos sullo spot Esselunga

Paolo Gentiloni accusato di «giocare con un’altra maglia a Bruxelles» è stato l’episodio breve della serie “un nemico al giorno” tanto cara al governo. Si è chiusa talmente presto e bene che si può saltare senza la paura di perdere il filo. Imbarazzante a dir poco è stato il duello sulla pesca dell’Esselunga che ha visto in prima fila anche la presidente del Consiglio, sempre parca nelle dichiarazioni di intenzioni politiche ma sorprendentemente prodiga di opinioni sulla frutta tradizionale. Chissà cosa avranno pensato all’estero di una nazione che si accapigliava su uno spot pubblicitario.

Apostolico era il male della Patria, poi tutti appresso a Giambruno

La giudice di Catania Iolanda Apostolico è stata presentata come nemica della Patria, possibile elemento di rovesciamento della pace sociale italiana. La giustizia italiana non ha ancora deciso se la sua decisione di non convalidare il trattenimento di quattro migranti tunisini, ma la politica ha già emesso la sua sentenza della sua Cassazione: disinteressato silenzio. Della separazione di Giorgia Meloni e Andrea Giambruno si è scritto talmente tanto e tumultuosamente che a ripensarci oggi provoca quasi imbarazzo. I litigi tra Marina Berlusconi e la presidente del Consiglio promettono di essere pillole che torneranno a giorni alterni.

Tante scenate sul Mes, però alla fine il governo dovrà cedere

Poi c’è il Mes. Il Mes che è diavolo e acqua santa, salvifico e poi subito drammatico, indispensabile e poi truffa. Ma sul Mes gli indecisionisti non potranno bluffare a lungo. Per questo il caso fa specie. Come degli immaturi di fronte ai problemi dalle parti del governo decidono di non parlarne, chiedono di non farne parlare. Però l’Europa bussa e non si potrà fingere che in casa non ci sia nessuno ancora per molto. «Alla fine dovremo cedere, ma almeno speriamo di chiedere qualcosa in cambio», mi disse qualche settimana fa a microfono spento un alto dirigente della Lega.

Dal Mes al Piano Mattei, un governo di indecisionisti che bluffano
Giorgia Meloni (Imagoeconomica).

Ma quale pugno duro, Meloni si è inginocchiata davanti ai balneari

È ormai un genere letterario invece il tira e molla sui balneari con Bruxelles che ormai ha aperto una linea diretta per le infrazioni rivolte al governo italiano. Chissà come racconteremo tra vent’anni che il governo che vorrebbe essere del “pugno duro” non riesca a non inginocchiarsi di fronte a un chiosco sulla piaggia. Decidere di non decidere. Anche l’assegno unico universale resta sotto infrazione a livello europeo. Bruxelles ha formalizzato, con l’invio di un parere motivato all’Italia, la contestazione mossa contro la principale misura di sostegno per le famiglie, entrata in vigore a marzo 2022. Il governo aveva spedito delle valutazioni che non sono state ritenute soddisfacenti.

Piano Mattei pubblicato in Gazzetta eppure è tutto rinviato

Decidere di non decidere. Sulla Gazzetta ufficiale la pubblicazione del “Piano Mattei” è un’imperdibile scena di nonsense: dalla rivoluzionaria strategia sull’immigrazione della presidente del Consiglio sparisce l’articolo che ci dice quando dovrebbe partire. Tutto rinviato: un proposito pubblicato in Gazzetta è un capolavoro di propaganda. Gli indecisionisti sono squali panpenalisti quando si tratta di punire (di più i poveracci), ma si incagliano su tutto il resto. Doveva essere il governo della “donna forte” circondata da “uomini forti”, invece è un bullo che balbetta. Ma quanto può funzionare? Questo è il tarlo che consuma ogni indecisionista.

Israele chiede l’evacuazione dell’ospedale Al Shif «entro un’ora»: colpito il Sud di Gaza

Non si placano gli scontri tra Israele e Hamas, con l’esercito israeliano che secondo l’Afp ha ordinato l’evacuazione «entro un’ora» dell’ospedale al-Shifa di Gaza. Medici, pazienti e sfollati hanno dunque pochi minuti per evacuare la più grande struttura sanitaria della Striscia dove attualmente, secondo le Nazioni Unite, si trovano 2.300 persone. Un medico ha spiegato ad Al-Jazeera che «le forze di occupazione» li hanno informati che devono evacuare il complesso, cosa che ha generato «uno stato di panico e paura». Intanto continua l’offensiva dello Stato ebraico nel Sud di Gaza, dove il bombardamento di un quartiere residenziale avrebbe provocato 26 vittime secondo quanto riporta Al Jazeera Arabic. Anche Wafa, l’agenzia di stampa statale palestinese, ha affermato che «circa 26 persone» sono state uccise, la maggior parte delle quali bambini. La stessa informazione è stata confermata dal direttore dell’ospedale Nasser di Khan Younis, la località presa di mira.

Attaccate postazioni Hezbollah nel Sud del Libano

L’esercito israeliano ha reso noto che i suoi aerei da combattimento ed elicotteri hanno attaccato postazioni e obiettivi di Hezbollah nel Sud del Libano. Un’azione in risposta al lancio di razzi dal territorio libanese verso Israele nelle ultime 24 ore. Come riporta Haaretz, le stesse forze armate hanno anche affermato di aver attaccato il sito di lancio di razzi utilizzato per colpire una loro posizione nella regione di Har Dov nella mattinata di venerdì 17 novembre.

Biden sente Al-Thani: «Hamas liberi subito tutti gli ostaggi»

In un post su X, la Casa Bianca ha reso noto che «il presidente americano Joe Biden ha parlato con Amir Sheikh Tamim Bin Hamad Al-Thani del Qatar». I due leader hanno discusso dell’urgente necessità che tutti gli ostaggi detenuti da Hamas vengano rilasciati senza ulteriori indugi.

Moody’s conferma il rating dell’Italia a Baa3 e alza l’outlook da negativo a stabile

L’agenzia di rating Moody’s ha confermato il rating dell’Italia a Baa3 e alzato l’outlook da negativo a stabile. Un taglio alla valutazione avrebbe portato l’Italia al cosiddetto livello junk, ovvero spazzatura. Come si legge in una nota, le prospettive di breve termine dell’Italia «sono sostenute dall’attuazione del Pnrr, ma anche dai recenti miglioramenti del settore bancario. I rischi legati alle forniture energetiche sono diminuiti in parte per il clima buono dello scorso inverno, ma anche per le azioni del governo per la diversificazione delle forniture e del rafforzamento dell’infrastruttura energetica». L’agenzia ha sottolineato anche che la forza del settore bancario italiano è migliorata significativamente: «Un lento ma graduale consolidamento nel sistema bancario ha portato a una migliore efficienza operativa e a complessivi miglioramenti della redditività».

Soddisfatto il ministro Giorgetti: «Conferma che stiamo operando bene»

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha così commentato la valutazione di Moody’s: «Accolgo con molta soddisfazione la pronuncia di questa sera (ndr venerdì 17 novembre). È una conferma che, seppure tra tante difficoltà, stiamo operando bene per il futuro dell’Italia. Quindi, alla luce del giudizio espresso da Moody’s e delle altre agenzie di rating, ci auguriamo che le prudenti, responsabili e serie politiche di bilancio del governo, pur nelle legittime critiche di un sistema democratico, siano confermate anche dal Parlamento». Nelle settimane precedenti le valutazioni di S&P, Dbrs e Fitch avevano lasciato immutato il rating e anche l’outlook sul debito sovrano dell’Italia.

Come Aurelio De Laurentiis è riuscito a rompere il giocattolo Napoli da lui costruito

Costruire il giocattolo, rompere il giocattolo. C’è qualcosa del regresso all’infantilismo in questa assurda stagione del Napoli fresco di scudetto. E di questo regresso l’artefice è colui che dopo essersi cucito il tricolore sul petto ha deciso di mettere da parte ogni indugio per scendere in campo da protagonista assoluto: il presidente e patron Aurelio De Laurentiis. Che dall’inizio della sua avventura nel mondo del calcio, anno 2004, è stato elogiato e indicato come un modello di gestione dell’azienda calcio. Ma che proprio dopo avere raggiunto il culmine, con la vittoria del campionato nell’approssimarsi del ventennio al vertice della società azzurra, ha dato il via a uno spettacolare cammino versi lo smantellamento dei risultati e della reputazione. Come fosse una stagione di sabbatica dissipazione e con l’augurio, per i tifosi del Napoli, che soltanto di un anno si tratti.

Il Napoli aveva azzeccato l’azzardo tecnico di Kim e Kvaratskhelia

Un anno fa di questi tempi ci si trovava a elogiare uno stile gestionale che, oltre all’equilibrio economico, programmava l’azzardo tecnico. Il Napoli era riuscito a centrare un triplice obiettivo: cedere a prezzi di estremo vantaggio alcuni fra i calciatori più importanti della sua rosa (Kalidou Koulibaly e Fabiàn Ruiz), lasciare andare via da svincolati alcuni fra i protagonisti principali delle stagioni più recenti (nonché idoli della tifoseria, come Lorenzo Insigne e Dries Mertens) con l’effetto di alleggerire il monte-ingaggi, e infine impiegare soltanto parte del saldo attivo da calciomercato e dismissioni acquisendo atleti che hanno reso più forte la squadra (come il sudcoreano Kim e l’impetuoso georgiano Kvicha Kvaratskhelia).

Come Aurelio De Laurentiis è riuscito a rompere il giocattolo Napoli da lui costruito
Il difensore sudcoreano Kim passato dal Napoli al Bayern Monaco (Getty).

Interrotto l’oligopolio Inter-Juventus-Milan che durava dal 2001-2002

Un’impresa da dieci e lode che ha fatto del Napoli 2022-23 una storia da raccontare e tramandare, espressa sul campo attraverso una squadra capace di incantare l’Italia e l’Europa per almeno tre quarti di stagione e di portare finalmente a Napoli l’agognato terzo scudetto, oltre a rompere l’oligopolio InterJuventusMilan che in Serie A durava ininterrottamente dalla stagione 2001-02. Insomma, un’avventura unica e forse irripetibile. Ma proprio qui sta il punto: unica e irripetibile. Sia la stagione, sia l’ardita mossa di rivoluzionare i ranghi della squadra durante un’estate presentandosi più forti ai nastri di partenza.

Come Aurelio De Laurentiis è riuscito a rompere il giocattolo Napoli da lui costruito
Aurelio De Laurentiis con Luciano Spalletti (Getty).

Con Spalletti e Giuntoli lui poteva fare il patron illuminato

Il Napoli che ha trionfato è stato il frutto di un’eccezionale chimica, un mix di elementi che hanno saputo dare il massimo sia in termini individuali sia di contributo all’insieme: squadra che giocava un calcio di massima avanguardia; allenatore Luciano Spalletti, che ruotava con maestria una rosa di giocatori abbondante e assortita; società in cui ciascuno riusciva a svolgere il suo ruolo senza sconfinare nelle prerogative di altri. In particolare c’era la funzione chiave del capo dell’area tecnica, Cristiano Giuntoli, che negli anni più recenti ha costruito pezzo dopo pezzo il Napoli del terzo scudetto lavorando in silenzio e lasciando che la scena venisse occupata dal presidente. Che dal canto suo ha potuto disegnarsi intorno un profilo da patron illuminato, capace di mettere su un modello di azienda calcistica straordinariamente virtuoso, specie se lo si confronta col generale panorama dissipatorio del calcio nazionale.

Come Aurelio De Laurentiis è riuscito a rompere il giocattolo Napoli da lui costruito
Aurelio De Laurentiis allo stadio. Dietro di lui anche Osimhen (Getty).

Gasato dall’impresa, De Laurentiis ha pensato di essere il vero fuoriclasse del Napoli

C’è da aggiungere un elemento, forse il più significativo nell’annata che ha dato al Napoli il terzo scudetto: mai come durante la stagione 2022-23 il presidente è stato dentro il proprio ruolo, resistendo alla tentazione dell’invasione nelle prerogative altrui. Ma poi con l’avvicinarsi del trionfo gli equilibri sono andati in mutamento. Il rapporto con Spalletti, giunto soltanto alla seconda stagione, era già logorato; né, visto il carattere dei due e la lunga tradizione di rapporti con gli allenatori che per il presidente sono andati regolarmente a chiudersi in modo pessimo, ci si poteva aspettare qualcosa di diverso. E infine c’è stata la conclusione del rapporto con Giuntoli, che ha preferito rispondere alla chiamata della Juventus. A quel punto De Laurentiis, gasato dall’impresa del terzo scudetto e convinto di essere artefice unico del modello Napoli e dell’impresa realizzata, deve avere creduto di possedere il dono dell’infallibilità e di essere lui il vero e unico fuoriclasse del Napoli. Una fuga dalla realtà che ha immediatamente segnato le sorti della stagione 2023-24.

Scelte funzionali a rafforzare il profilo dell’uomo solo al comando

Nelle analisi dei motivi che hanno portato a una stagione fin qui così al di sotto delle aspettative ci si sofferma molto sulla partenza di Kim, che nella stagione della vittoria aveva sostituito Koulibaly facendolo dimenticare in fretta. Il sudcoreano non è stato adeguatamente sostituito al centro della difesa e questo è stato certamente un punto di debolezza. Ma gli stenti del Napoli 2023-24 non possono certo essere imputati alla partenza di un calciatore, né alla sola dimensione di campo. Vanno piuttosto prese in considerazione le scelte fatte in estate, tutte oggettivamente funzionali a rafforzare il profilo dell’uomo solo al comando.

Come Aurelio De Laurentiis è riuscito a rompere il giocattolo Napoli da lui costruito
Rudi Garcia (Getty).

Garcia, Meluso, ora Mazzarri: la piazza è sempre più sconcertata

L’allenatore, Rudi Garcia, è stato accolto da un immediato scetticismo che purtroppo si è rivelato motivato col passare delle settimane. Ma anche la decisione di affidare il ruolo di Giuntoli a Mauro Meluso, serio professionista e degnissima persona ma rimasto fuori dal giro, ha avuto l’effetto di rafforzare la figura del presidente-patron. Fra l’altro, circola con sempre maggiore insistenza la voce che vorrebbe anche Meluso in uscita. Con l’effetto di far segnare una clamorosa sconfessione delle scelte compiute da De Laurentiis in estate, senza che lo stesso presidente ne paghi le conseguenze. Lui costruisce, lui sfascia. Provando fra l’altro colpi a sensazione che per il momento hanno il solo effetto di sconcertare la piazza. Come il ritorno sulla panchina di un Walter Mazzarri in fase calante di carriera e dopo che 10 anni fa il rapporto fra le parti si era interrotto in modo tempestoso.

Come Aurelio De Laurentiis è riuscito a rompere il giocattolo Napoli da lui costruito
Walter Mazzarri (Getty).

Auguri a tutti. Compreso lo stesso De Laurentiis, avvistato al fianco del governatore campano Vincenzo De Luca per la presentazione del libro Nonostante il Pd. Chi c’era racconta che il numero uno del Napoli ha detto di essere «né di destra né di sinistra, ma un uomo libero», e che quanto al Partito democratico «sta vivendo il momento meno valido della sua storia». Beh, non è che di questi tempi il suo sia tanto meglio, caro presidente.