Non la solita parente della vittima chiusa nel suo dolore. Ma un’attivista che sta provando a non rendere del tutto vana la morte della sorella. Dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, ma anche nelle ore immediatamente successive alla scomparsa, stanno avendo grande eco le parole di Elena Cecchettin, tra social e interviste tivù, che l’hanno persino trasformata in bersaglio politico. «Non fate un minuto di silenzio per Giulia, ma bruciate tutto, e dico questo in senso ideale, per far sì che il caso di Giulia sia finalmente l’ultimo. Ora serve una rivoluzione culturale», è stato uno degli appelli lanciati. Dell’assassinio è accusato l’ex fidanzato di Giulia, Filippo Turetta, arrestato sabato 19 novembre in Germania. Ma non è solo su di lui che si sta concentrando Elena, che ha chiamato in causa il sistema culturale patriarcale della nostra società, rispolverando slogan e battaglie femministe.
Cecchettin: «Non è un delitto passionale, è un delitto di potere, è un omicidio di Stato»
Tra venerdì e domenica sono state migliaia le persone che sono scese in strada nelle principali città venete per protestare contro la violenza di genere. Elena Cecchettin, dopo la fiaccolata a Vigonovo, si è fermata a parlare con i cronisti di Dritto e rovescio, su Rete4. «In questi giorni si è sentito parlare di Turetta e molte persone ne hanno parlato come se fosse un mostro, come un malato. Ma mostro non è, perché il mostro è l’eccezione della società. È quello che esce dai canoni di quella che è la nostra società», mentre lui è «un figlio sano della società patriarcale che è pregna della cultura dello stupro», ha spiegato Cecchettin, aggiungendo che questo tipo di cultura è «un insieme di azioni che sono volte a limitare la libertà della donna, come controllare un telefono, essere possessivi». «Non tutti gli uomini sono cattivi, mi viene detto spesso. Ed è vero. Però in questi casi ci sono sempre uomini, che comunque traggono beneficio da questo tipo di società. Quindi tutti gli uomini devono stare attenti. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere, è un omicidio di Stato perché lo Stato non ci tutela e non ci protegge», ha aggiunto Cecchettin. E poi l’appello: «Bisogna quindi prevedere l’educazione sessuale e affettiva in maniera da prevenire questi fatti. Bisogna finanziare i centri antiviolenza in modo tale che ci siano risposte».
La stampa di destra e le insinuazioni sulla “mano” del Pd dietro le parole di Cecchettin
Le dichiarazioni di Cecchettin le hanno già fatto guadagnare le antipatie della stampa di destra, che non riconoscono l’autonomia intellettuale della giovane, sostenendo sia invece in atto una strumentalizzazione politica delle opposizioni contro il governo. «Adesso Boldrini e Pd sono contenti?», ha titolato Libero, in un editoriale in cui il giornale sostiene che dietro le parole della ragazza sia «lecito ipotizzare che ci sia la mano dei “cattivi maestri” che hanno scelto di fare politica su questa tragedia». «Accusano il governo, non il killer», ha aperto invece in prima pagina il Giornale lunedì 20 novembre. Il riferimento è alla risposta di Elena Cecchettin al post su X del vicepremier Matteo Salvini in cui diceva: «Se colpevole, nessuno sconto di pena e carcere a vita», lasciando spazio alla possibilità che Turetta possa anche essere innocente. «Il ministro dei Trasporti che dubita della colpevolezza di Turetta. Perché bianco, perché di “buona famiglia”. Anche questa è violenza, violenza di Stato», ha scritto Elena Cecchettin su Instagram, rilanciando un post dell’attivista Carlotta Vagnoli. La ragazza ha poi pubblicato un altro post di Vagnoli, che ricordava l’astensione al parlamento Ue della Lega e di Fratelli d’Italia sulla ratifica della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. Più che sufficiente per essere bollata come “nemica” da stampa governativa e simpatizzanti di destra. Con immancabile accompagnamento di haters sui social.