Finale Atp Finals 2023, Djokovic vince contro Sinner: è il suo settimo trionfo al torneo di Torino

Novak Djokovic ha vinto la finale delle Atp Finals 2023 sconfiggendo Jannik Sinner. Il serbo ha trionfato in due set con un doppio 6-3 in un’ora e 44 minuti di gioco. Un risultato che non cancella la straordinaria settimana del tennista azzurro, primo italiano in 54 anni di storia del torneo ad arrivare al match finale. Per Nole è il settimo trionfo alle Finals. Superato Roger Federer che era a quota sei.

Non solo Alemanno e Rizzo, la storia del terzaforzismo rossobruno

Non è ancora nato formalmente (la data prevista è quella tra il 25 e il 26 novembre) e già la nuova creatura politica promossa dall’inedito duo Gianni Alemanno e Marco Rizzo, costituita per concorrere alle elezioni europee 2024, fa piuttosto scalpore. Creato per occupare uno spazio ben preciso, quello del dissenso – a destra – nei confronti della svolta filo-europea e filo-americana di Giorgia Meloni e – a sinistra – nei confronti della svolta «fucsia e radical chic» (copyright dello stesso Rizzo) del Partito democratico di Elly Schlein, il nuovo movimento, denominato Indipendenza italiana, non rappresenta però, in questo senso, del tutto una novità: la formula del “terzaforzismo” ha avuto, negli anni, svariate concretizzazioni, basti pensare al “movimentismo” trasversale che ha partorito i vari No Tav, No Gronda, No trivelle, No vax, per non parlare, più in generale, del fenomeno No global, che mischiano attivismo di sinistra e rivendicazioni in qualche modo “sovraniste” sul “diritto dei popoli”.

Non solo Alemanno e Rizzo, la storia del terzaforzismo rossobruno
Gianni Alemanno (Imagoeconomica).

Croce celtica, falce e martello

Per restare in Italia, possiamo dire che il terzaforzismo ha colto anche qualche successo, come nel caso del Movimento 5 stelle delle origini, presentatisi sul palcoscenico politico come soggetto «oltre la destra e la sinistra». Niente a che vedere, tuttavia, con Indipendenza italiana, in cui cercano di fondersi due culture antitetiche: quella della destra (sociale) nuda e pura, incarnata dal rautiano di ferro Gianni Alemanno, ma anche da altri esponenti della tradizione più ortodossa, come Fabio Granata e Francesco Toscano, e quella del comunismo irriducibile di Rizzo, presidente onorario del Partito comunista italiano. Non per caso, qualcuno ha parlato di «incontro tra croce celtica e falce e martello». Un incontro che dovrebbe trovare una sintesi nella contrapposizione al nemico comune: il modello neo-liberista «che sta distruggendo le società europee» (Alemanno) e riducendo l’Italia «a colonia americana» (Rizzo).

Non solo Alemanno e Rizzo, la storia del terzaforzismo rossobruno
Marco Rizzo (Imagoeconomica).

Il rossobrunismo ai tempi della Repubblica di Weimar

Per qualificare lo strano coacervo di Indipendenza italiana, si è fatto ricorso al termine di rossobrunismo, richiamando, forse in modo un po’ esagerato, la tradizione del cosiddetto nazionalcomunismo, che affonda le radici nei primi del 900 e che, nel tempo, ha assunto caratteristiche articolate e variegate. Col termine nazionalcomunismo si definisce una corrente politica e ideologica che nasce in Germania all’epoca della Repubblica di Weimar, nei primi Anni 20, mentre il Paese stava attraversando un periodo di grandi difficoltà per le durissime condizioni economiche, politiche, militari e territoriali imposte dal Trattato di Versailles.

Lenin bollò l’iniziativa come «madornale assurdità»

A promuovere questa corrente furono due politici socialdemocratici Heinrich Laufenberg e Friedrich Wolffheim, che lanciarono l’ipotesi di un’alleanza con la Russia bolscevica per riaprire il conflitto contro il capitalismo internazionale, reo, secondo loro, di puntare alla cancellazione del popolo tedesco con la complicità della socialdemocrazia, che si era fatta garante nei confronti del nemico. Bollata dallo stesso Lenin come «madornale assurdità», l’iniziativa dei due politici tedeschi – presto isolati anche all’interno del movimento operaio tedesco – crollò presto miseramente.

La grande crisi del ’29 rilanciò la critica al capitalismo

Il nazionalcomunismo riprese vigore con la crisi economica a cavallo del 1929 e 1930. Figura fondamentale in questa fase fu quella di Ernst Niekisch, già socialdemocratico, tra i fondatori della Repubblica sovietica bavarese (1919), ma in stretti rapporti con i principali esponenti della cosiddetta Rivoluzione conservatrice e persino con i vertici del neonato Nsdap (il nucleo originale del partito nazionalsocialista) Strasser e Goebbels. Fu in questo “miscuglio” di frequentazioni e ambienti che sviluppò la sua critica del capitalismo come sistema votato unicamente all’utile a scapito delle classi lavoratrici, e propose di organizzare una resistenza contro i nemici della volontà statale dei tedeschi, e cioè «la democrazia parlamentare e il liberalismo, il modo di vivere francese e l’americanismo», pienamente “accettati” da Weimar.

Con l’ascesa del nazismo il progetto svanì

Bisognava lottare per «l’indipendenza e la libertà della Germania, la più alta valorizzazione dello Stato, il recupero di tutti i tedeschi che si trovavano sotto il dominio straniero». Niekisch riteneva che il proletariato fosse il soggetto più legittimato a condurre questa resistenza, e la Russia di Stalin l’alleato naturale. Inutile dire che con l’ascesa del nazismo anche il progetto nazionalcomunista del politico e scrittore tedesco svanì.

Jean Thiriart e il movimento transnazionale Jeune Europe

Il progetto nazionalcomunista conobbe una rifioritura negli Anni 60 del secolo scorso grazie al belga Jean Thiriart (ex Waffen Ss) e al suo movimento transnazionale Jeune Europe, con sezioni in Belgio, Francia, Germania, Portogallo e collegamenti in Sud America e Australia. A Thiriart, socialista anti-marxista, si devono molte “intuizioni” e persino molte parole d’ordine fatte proprie da molti movimenti politici della destra radicale (a cominciare dalla Nouvelle Droite francese) e ancora oggi in voga, da «Europa Nazione», il cui simbolo era la croce celtica, a «Europa impero di 400 milioni di uomini», dal concetto di Eurasia come «Impero Euro-sovietico da Vladivostok a Dublino» alla identificazione degli Usa come nemico principale dell’Europa, dalla definizione di Mondialismo come «nuovo ordine mondiale» da combattere senza riserve alla promozione costante dell’uscita dell’Europa dalla Nato.

In Italia, una delle piazze più importanti dell’internazionale nera dell’epoca, Jeune Europe si costituì come Giovane Europa, da cui nacque, nel 1969, Lotta di popolo, attiva fino al 1973, i cui aderenti (tra cui figuravano non poche figure legate a Gladio e ai Servizi segreti) venivano definiti nazi-maoisti.

Freda e Terracciano, tra comunismo aristocratico ed Eurasia nazionalcomunista

Sempre in Italia, e sempre nel 1969, Franco Freda, che nel 1962 aveva fondato a Padova il suo Gruppo di Ar, considerato un antesignano del rossobrunismo, diede alle stampe il suo celeberrimo La disintegrazione del sistema, in cui teorizzava uno Stato basato su un comunismo aristocratico, una sorta di via di mezzo tra la Repubblica di Platone, il Reich hitleriano e la Cina maoista.

Negli Anni 80, il nazionalcomunismo conobbe poi un rilancio teorico grazie soprattutto a Carlo Terracciano, che proponeva una approfondita analisi dell’esperienza tedesca rivoluzionario-conservatrice nazionalbolscevica, ma anche l’esperienza dell’ala sociale del fascismo e del nazionalsocialismo (il cosiddetto “fascismo rivoluzionario”) e suggeriva un’attualizzazione di tali esperienze, oltre il nazionalismo e il comunismo otto-novecentesco.

Con la disintegrazione sovietica, Terracciano tornò a interrogarsi sulla possibile attualità del nazionalcomunismo e la sua risposta fu che «un’Eurasia nazionalcomunista, quale haushoferiana Paidea di mobilitazione di masse, diseredate dal Mondialismo, è l’unica risposta valida che i popoli del Nord del mondo antico possono ancora dare, dopo l’affossamento dell’utopia egalitaria e libertaria del marxismo».

Gli Anni 90 e i teorici russi tra nazionalbolscevismo e Putin

A partire dai primi Anni 90 il nazionalbolscevismo (che gli storici distinguono dal nazionalcomunismo per una maggiore componente metafisica) conobbe una nuova stagione di attenzione in Russia, quando Eduard Limonov e Aleksandr Dugin fondarono il Partito nazional bolscevico che proponeva una sintesi tra patriottismo sovietico e post-fascismo. Concetto fondante del movimento era il cosiddetto “eurasismo”, una sorta di «terza via tra capitalismo e comunismo, capace di unire in un solo blocco Europa e Russia», che individuava, tanto per cambiare, «negli Usa liberali e liberisti» il nemico per eccellenza.

Non solo Alemanno e Rizzo, la storia del terzaforzismo rossobruno
Aleksandr Dugin (Getty).

Più di recente, Dugin ha chiarito che l’Europa occidentale non appartiene in senso stretto allo spazio eurasiatico (che “filologicamente” nasce dalla simbiosi tra Russia, mondo turco-musulmano e persino cinese), ma può trovare nella Russia un prezioso alleato per combattere le tendenze egemoniche atlantiste. Alla Russia di Vladimir Putin spetta quindi il compito di condurre, anche oltre le sue frontiere, la sfida globale all’invadenza (e all’invasione) americana.

La rivoluzione antimondialista: Maurizio Murelli

Inutile dire che, come dimostrano Terracciano, e soprattutto Dugin, il tema della globalizzazione (mondialismo) offre nuovo slancio al cosiddetto rossobrunismo. Maurizio Murelli, già storico militante della destra radicale italiana, e che da tempo ha abbandonato posizioni passatiste per proporre ricette antagoniste del tutto sincretiche e originali, è partito proprio dalla necessità di creare una nuova sintesi politica, cioè una sorta di alleanza rivoluzionaria antimondialista tra soggetti antagonisti, che rifiutino cioè l’attuale modello di sviluppo, al di là dei vari steccati ideologici, e vogliano dare vita a una «alternativa globale di libertà e giustizia per i popoli oppressi dal materialismo, dal consumismo, dall’alta finanza, dall’oligarchia economica».

È però necessario, prima di tutto, smontare i luoghi comuni che, secondo Murelli, destra e sinistra, in questo parimenti reazionarie, propongono nella “difesa” anacronistica e granitica della loro storia e della loro identità, impedendo loro di riconoscersi, pur nell’antagonismo, una dignità reciproca. Il fascismo, in senso lato, non fu solo ed esclusivamente l’Impero del male, come non lo è stato il comunismo. Solo superando questa ottusa difesa reciproca dell’ortodossia – è la sua tesi – destra e sinistra potranno tentare una vera sintesi rivoluzionaria.

Carol Bugin scomparsa a Mestre: ha 16 anni ed è irreperibile da giovedì

Sono in corso le ricerche di Carol Bugin, una ragazza di 16 anni scomparsa giovedì 16 novembre da Mestre. La famiglia, che ha presentato una denuncia ai carabinieri, ha lanciato un appello sui social mettendo un numero di cellulare al quale fornire notizie in caso di avvistamenti. L’appello è stato rilanciato anche da Elena Cecchettin, sorella di Giulia, accoltellata e uccisa dall’ex fidanzato. «Vi prego, non di nuovo», ha scritto a corredo della storia Instagram.

Carol scomparsa da Mestre: era con un’amica che l’ha persa di vista

Carol è alta 1.68, ha capelli castani, occhi verdi e tante lentiggini sul naso. Al momento della scomparsa indossava un giaccone nero poco più lungo della vita e probabilmente un jeans chiaro. Chiunque l’avesse vista è invitato a contattare le forze dell’ordine o la famiglia al numero 3385866576. Secondo quanto ricostruito, la giovane si trovava con un’amica di Spinea con la quale ha poi raggiunto la stazione di Mestre. A un certo punto Carol si è allontanata e l’amica l’ha persa di vista, informando la madre che è subito giunta sul posto. È stata vista l’ultima volta al bar Enjoy sotto i portici della stazione. Da allora la 16enne, che non avrebbe né denaro né telefono né documenti, non ha più dato sue notizie.

Giulia Cecchettin, la sorella contro Salvini: «Dubita della colpevolezza di Turetta perché bianco»

Elena Cecchettin, sorella di Giulia, ha pubblicato una storia sul suo profilo Instagram accusando Matteo Salvini di «violenza di Stato». Lo sfogo è giunto dopo che il leader della Lega ha commentato la notizia dell’arresto di Filippo Turetta, accusato dell’omicidio della giovane, con un «se colpevole, nessuno sconto di pena e carcere a vita». È stato quel “se” ad aver indignato Elena, che ha così reagito: «Un ministro dei Trasporti che dubita della colpevolezza di Turetta perché bianco, perché “di buona famiglia”. Anche questa è violenza, violenza di Stato».

Giulia Cecchettin, la sorella contro Salvini: «Dubita della colpevolezza di Turetta perché bianco»
Storia di Elena Cecchettin (Instagram).

La replica di Salvini: «Filippo evidentemente colpevole ma condanna da stabilire in Tribunale»

A poca distanza temporale, pur non facendo esplicito riferimento alla storia della 24enne, Salvini ha pubblicato un post chiarendo la sua posizione sulla vicenda: «Per gli assassini carcere a vita, con lavoro obbligatorio. Per stupratori e pedofili – di qualunque nazionalità, colore della pelle e stato sociale – castrazione chimica e galera. Questo propone la Lega da sempre, speriamo ci sostengano e ci seguano finalmente anche altri. Ovviamente, come prevede la Costituzione, dopo una condanna stabilita in Tribunale augurandoci tempi rapidi e nessun buonismo, anche se la colpevolezza di Filippo pare evidente a me e a tutti».

Sinner-Djokovic, la finale delle Atp Finals in diretta su Rai 1: come cambia il palinsesto

La finale delle Atp Finals tra Jannik Sinner e Novak Djokovic verrà trasmessa in diretta su Rai 1 e non su Rai 2 come originariamente previsto. Così ha deciso Viale Mazzini vista l’importanza del match e l’impresa del tennista italiano, primo nella storia del torneo ad arrivare così in alto. Il palinsesto dell’ammiraglia verrà quindi modificato, con Domenica In che andrà in onda regolarmente fino alle 17.15 e Da noi… a ruota libera che terminerà alle 17.55 (invece che alle 18.45).

Saltano Reazione a Catena e Affari tuoi per lasciar spazio alla finale delle Atp Finals

Dopodiché il testimone passerà alla diretta dal PalaAlpitour di Torino, con la telecronaca di Marco Fiocchetti supportato in postazione di commento tecnico da Adriano Panatta. Saltano dunque Reazione a Catena e, con ogni probabilità, Affari Tuoi. Anche se tutto dipenderà dalla durata della gara. Il Tg1 dovrebbe andare in onda al termine della partita mentre resta confermata la trasmissione della fiction Lea – I nostri figli.

La decisione dopo i buoni ascolti delle partite precedenti

Il cambio di programmazione è stato deciso anche sulla base dei buoni dati di ascolto registrati dai match giocati da Sinner. Su Rai 2 la semifinale contro il tennista russo Medvedev ha tenuto davanti ai televisori 2 milioni e 370 mila spettatori (18.3 per cento di share). Su Sky Sport la stessa gara ha registrato 819 mila teste con un 5.4 per cento di share. Complessivamente, considerando quindi sia gli ascolti Rai che quelli Sky, si parla di oltre 3 milioni di persone sintonizzate. La partita contro il danese Rune fu seguita da 2 milioni e 581.000 spettatori su Rai 2 e 653 mila su Sky.

Giulia Cecchettin, martedì un minuto di silenzio nelle scuole

Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha lanciato un invito alle scuole a rispettare un minuto di silenzio nella giornata di martedì 21 novembre 2023 in onore di Giulia Cecchettin e di tutte le donne abusate e vittime di violenze. La decisione si inserisce nell’elenco di iniziative organizzate in memoria della giovane, accoltellata e uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, tra cui quella di conferirle la laurea in Ingegneria biomedica che avrebbe dovuto ottenere pochi giorni dopo l’omicidio.

La laurea in Ingegneria e il fiocco rosso nel giorno dei funerali

«Domani inviterò tutte le scuole», ha annunciato Valditara a proposito del minuto di silenzio in memoria della vittima. Lo stesso ha annunciato che mercoledì verrà presentato il piano Educare alle relazioni, il progetto pensato dal suo ministero per combattere la violenza sulle donne e introdurre la cultura del rispetto nelle scuole. Contestualmente, la ministra dell’Università Annamaria Bernini ha reso noto che Giulia riceverà la sua laurea in Ingegneria biomedica all’università di Padova. Non si tratterà di una laurea honoris causa ma di una laurea vera e propria, avendo di fatto la ragazza concluso il suo percorso di studi: «Le mancava solo la discussione della tesi. È già dottore, manca solo la formalità». Tra le altre iniziative proposte per onorare la memoria di Cecchettin anche quella di indossare un fiocco rosso, divenuto simbolo contro la violenza di genere, e di esporre nei luoghi pubblici e privati oggetti di colore rosso nel giorno dei suoi funerali. Si tratta di un’idea del governatore del Veneto Luca Zaia, che per quella giornata ha anche disposto il lutto regionale.

Materiali critici, terre rare, rapporti con Cina e Usa: così l’Indonesia punta a diventare la prossima tigre asiatica

Investimenti mirati per sviluppare il business delle terre rare e dei minerali critici. Un inserimento programmato nei settori chiave dell’economia globale, in primis quello delle auto elettriche. Una posizione geografica strategica, a metà strada tra l’Oceano Indiano e il Pacifico, a due passi dal tumultuoso Mar Cinese Meridionale epicentro di possibili conflitti. L’Indonesia di Joko Widodo, presidente del quarto Paese più popoloso al mondo (273 milioni di abitanti) e prossimo alla fine del suo mandato, è questo e molto altro. È, ad esempio, la terza democrazia più grande del Pianeta dopo Stati Uniti e India, nonché una nazione desiderosa di scalare i vertici dell’economia globale. Candidandosi a essere la prossima Tigre asiatica.

Materiali critici, terre rare, rapporti con Cina e Usa: così l'Indonesia punta a diventare la prossima tigre asiatica
Il presidente dell’Indonesia Joko Widodo (getty Images).

Nel 2022 il Pil indonesiano ha segnato un +5,31 per cento, la crescita più rapida dal 2013

Già nel 2015, considerando il Pil complessivo e a parità di potere d’acquisto l’Indonesia risultava essere l’ottava economia del Pianeta. Nel 2022 ha fatto registrare un Pil pari a 1.391 miliardi di dollari, in aumento su base annua del 5,31 per cento, la crescita più rapida dal 2013. Per la cronaca, soltanto il Vietnam (+6,2 per cento) era riuscito a far meglio. Per quanto riguarda il 2023, secondo i dati riportati da BPS-Statistics Indonesia, l’economia nazionale ha continuato a crescere pur mostrando timidi segnali di rallentamento: +4,94 per cento annuo nel trimestre luglio-settembre, al di sotto della crescita del 5,17 per cento rilevata nel periodo compreso tra aprile e giugno. Sono tuttavia le proiezioni future a tratteggiare un futuro ancora più brillante per il sistema economico dell’Indonesia. Il report The Path to 2075 di Goldman Sachs, per esempio, ipotizza che Giacarta possa trasformarsi nella quarta potenza mondiale nell’arco dei prossimi 50 anni, dietro a Cina, India e Stati Uniti. La stessa banca statunitense ha inserito lo Stato indonesiano nei cosiddetti Next Eleven, ovvero gli 11 Paesi emergenti considerati ad alto potenziale di sviluppo economico mondiale grazie al binomio di stabilità politica e investimenti diretti esteri.

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Una moschea a Giacarta (Getty Images).

Dal petrolio al gas, dal gas naturale al nichel e al carbone: l’export di Giacarta

Il successo economico dell’Indonesia non è certo casuale. Il Paese dispone infatti di un numero enorme di materie prime. Dal petrolio al gas naturale, dall’olio di palma al caucciù, dal carbone al nichel rappresentano la maggior parte dell’export. Peraltro cresciuto in seguito allo scoppio della guerra in Ucraina, e di pari passo all’aumento delle tensioni internazionali. Scendendo nei dettagli, a trainare le esportazioni di Giacarta troviamo i bricchetti di carbone, con un giro d’affari annuo di circa 28,4 miliardi di dollari secondo i dati Oec e una quota pari all’11,5 percento dell’export nazionale, gas di petrolio liquefatto (8,06 miliardi, 3,25 percento), ferroleghe (7,16 miliardi, 2,89 percento), olio di palma (27,3 miliardi, 11 percento) e acciai inossidabili laminati di grandi dimensioni (6,68 miliardi, 2,7 percento). In uno scenario del genere, nel bel mezzo del braccio di ferro tra Usa e Cina, l’Indonesia è stata abile a ritagliarsi uno spazio d’azione economico, iniziando a sfruttare anche la carta delle terre rare. Secondo le stime, le riserve del Paese si aggirano sulle 300 mila tonnellate, al momento concentrate tra Bangka Belitung, Kalimantan e Sulawesi. Nel frattempo, l’Indonesia dispone già l’80 per cento dei minerali necessari per produrre batterie al litio. Per questo il governo punta a potenziare l’industria dei veicoli elettrici.

Materiali critici, terre rare, rapporti con Cina e Usa: così l'Indonesia punta a diventare la prossima tigre asiatica
Uno stabilimento per la lavorazione del nichel nel Sulawesi (Getty Images).

L’equidistanza tra Cina e Usa e l’incognita del futuro politico

Sul fronte politico, l’Indonesia mantiene una posizione equidistante tra Stati Uniti e Cina, attenta a non farsi risucchiare in una contesa che le farebbe smarrire ogni possibilità di guadagnarsi un posto al sole. Recentemente, prima di incontrare Xi Jinping, il presidente statunitense Joe Biden ha accolto alla Casa Bianca Widodo. Forte della presidenza indonesiana del G20 nel 2020 e di quella dell’Asean nel 2023, il leader di Giacarta ha firmato con Washington un accordo di cooperazione in materia di Difesa, consentendo così agli Usa di aggiungere un’altra intesa alla collezione dei patti stipulati con i partner asiatici per contrastare l’influenza cinese nell’Indo-Pacifico. Durante l’incontro sono stati discusse modalità per portare avanti la cooperazione sul fronte dei minerali critici, così da aprire il mercato indonesiano del nichel alle aziende Usa. Attenzione però, perché da quando Widodo è entrato in carica, la Cina è diventata il principale partner commerciale e investitore dell’Indonesia. Secondo il database Comtrade delle Nazioni Unite, le importazioni cinesi verso Giacarta sono passate da meno di 40 miliardi di dollari del 2014 a 71,32 miliardi di dollari nel 2022. Le prossime elezioni presidenziali indonesiane sono in programma il prossimo 14 febbraio. Sarà importante capire cosa avrà intenzione di fare il successore di Widodo: continuare a promuovere una sorta di terza via economica o avvicinarsi a una delle due superpotenze.

Giulia Cecchettin, stasera a Vigonovo la fiaccolata in memoria della giovane

Tutta Vigonovo si è stretta intorno ai familiari di Giulia Cecchettin, la ragazza di 22 anni uccisa a coltellate e abbandonata nei pressi del lago di Barcis dall’ex fidanzato Filippo Turetta, arrestato in Germania in attesa di essere estradato in Italia. Pupazzi, disegni e mazzi di fiori hanno circondato l’abitazione della vittima, con centinaia di persone accorse nel comune del Veneziano per esprimere la propria vicinanza alla famiglia. Per la serata di domenica 19 novembre è stata anche organizzata una fiaccolata in memoria della giovane.

La fiaccolata per Giulia Cecchettin organizzata da Vigonovo e Saonara

Il sindaco di Vigonovo Luca Martello ha dichiarato due giorni di lutto cittadino, per sabato 18 e domenica 19, e le bandiere esposte fuori dal municipio sono state listate a lutto. Congiuntamente con l’amministrazione comunale di Saonara (Padova), ha poi proceduto a organizzare il corteo per le strade del paese. «Le nostre comunità si riuniranno per essere vicine alla famiglia di Giulia. In questo momento non ci sono altre parole da aggiungere», hanno dichiarato. La fiaccolata inizierà alle 19 presso il Parco Norma Cossetto di via Scarpis, a ridosso dell’edificio postale, e si snoderà lungo le vie di Vigonovo. Passerà davanti all’abitazione di Giulia e si concluderà in Piazza Marconi, nello slargo più grande e centrale del paese.

Filippo Turetta, i tempi e le procedure per l’estradizione in Italia dopo l’arresto in Germania

Ci sono dei tempi tecnici per l’estradizione di Filippo Turetta, arrestato in Germania con l’accusa di aver ucciso a coltellate e aver abbandonato il corpo dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, il cui cadavere è stato trovato nei pressi del lago di Barcis. Secondo le prime informazioni, il giovane sarebbe stato fermato mentre era fermo nella corsia di emergenza lungo l’autostrada A9 all’altezza della cittadina di Bud Durremberg. Dopo l’arresto, è stato condotto in un ufficio della polizia tedesca.

La Germania ha fino a 60 giorni di tempo per decidere 

Nelle prossime ore il ragazzo dovrà comparire davanti a un giudice per la procedura di validazione del mandato di arresto europeo che pendeva su di lui, emesso dalla procura di Venezia dopo la conferma della sua fuga oltreconfine – la sua auto mercoledì era stata registrata in Austria. Turetta ha diritto ad avere un legale, un interprete e il gratuito patrocinio. Dopodiché la Germania avrà fino a 60 giorni di tempo per adottare la decisione finale sull’esecuzione del Mae. I giorni si riducono a 10 se il giovane acconsente alla consegna. Una volta deciso, il ricercato dovrà essere consegnato il più rapidamente possibile a una data convenuta tra le autorità incaricate (al massimo entro 10 giorni dalla decisione relativa all’esecuzione del mandato d’arresto).

Gli agenti andranno a prenderlo oltreconfine e lo porteranno in Italia con volo diretto a Fiumicino

La consegna avverrà attraverso lo Scip, il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia che opera presso la Direzione centrale della Polizia criminale. Gli agenti andranno in Germania a prendere il giovane e lo porteranno in Italia, in genere con un volo diretto a Fiumicino dove sarà eseguito l’ordine di custodia cautelare in carcere con l’accusa di omicidio (a cui potrebbero aggiungersi le aggravanti della premeditazione e della crudeltà).

Violenza sulle donne, Schlein a Meloni: «Mettiamo da parte lo scontro, subito una legge in Parlamento»

Dopo la svolta nel caso di Giulia Cecchettin, trovata morta nei pressi del lago di Barcis dopo essere stata uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, arrestato in Germania dopo una settimana di fuga, la segretaria dem Elly Schlein ha rivolto un appello alla premier Giorgia Meloni: «Almeno sul contrasto a questa mattanza di donne e di ragazze, lasciamo da parte lo scontro politico e proviamo a far fare un passo avanti al Paese. Non basta la repressione se non si fa prevenzione. Approviamo subito in Parlamento una legge che introduca l’educazione al rispetto e all’affettività in tutte le scuole d’Italia».

Schlein: «Bisogna partire dall’educazione»

La leader del Partito democratico ha poi allargato l’appello a tutte le forze del Parlamento, affinché la politica non si riduca a dichiarazioni e riti ripetuti su questi temi: «Dobbiamo fermare questa spirale di violenza, ci riguarda tutte e tutti. E riguarda anzitutto gli uomini, perché non può essere un grido e un impegno solo delle donne in lotta per la propria libertà. Il problema della violenza di genere è un problema maschile. Serve consapevolezza per sradicare la cultura patriarcale di cui è imbevuta la nostra società. Giulia Cecchettin avrebbe dovuto laurearsi due giorni fa, le è stato impedito, le è stato violentemente strappato via il futuro. È profondamente ingiusto, e finché le donne saranno meno libere non esisterà vera libertà in questo Paese». Di qui la proposta di partire dalle scuole: «Non basterà mai aumentare solo leggi e punizioni che intervengono dopo le violenze già compiute: serve l’educazione, serve la consapevolezza. Se non si agisce già a partire dalle scuole e nella cultura per sradicare l’idea violenta e criminale del controllo e del possesso sul corpo e sulla vita delle donne, sarà sempre troppo tardi».

La replica di Valditara: «Ci stiamo già lavorando»

Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha così risposto all’appello di Schlein: «Apprezzo che l’onorevole condivida con noi l’idea di educare al rispetto nelle scuole contro la violenza e la cultura maschilista. Già ci stiamo lavorando. Dopo aver consultato associazioni studentesche, associazioni dei genitori, sindacati, ordine degli psicologi la proposta è pronta e verrà nei prossimi giorni presentata ufficialmente».

Giulia Cecchettin, Zaia annuncia il lutto regionale in Veneto nel giorno dei funerali

Il governatore del Veneto Luca Zaia ha dato disposizioni perché nel giorno dei funerali di Giulia Cecchettin sia dichiarato il lutto regionale. La giovane è stata trovata morta sabato 18 novembre nei pressi del lago di Barcis dopo essere stata uccisa con diverse coltellate, abbandonata al bordo della strada e lasciata scivolare in un dirupo per 50 metri. L’ex fidanzato Filippo Turetta, accusato dell’omicidio, è stato arrestato in Germania dopo oltre una settimana di fuga.

Bandiere delle istituzioni a mezz’asta nel giorno dei funerali di Giulia Cecchettin

«Avremo tutte le bandiere delle istituzioni a mezz’asta e l’intero Veneto si stringerà in un abbraccio alla famiglia, gli amici di Giulia, a tutti coloro che le hanno voluto bene», ha annunciato il presidente della Regione. «Il dolore e lo sgomento», ha aggiunto, «coinvolgono, in queste giornate, l’intera comunità veneta. Ci si interroga sui perché di una vita spezzata senza senso, sull’oltraggio a una ragazza che era simbolo per il proprio impegno nella vita e per il suo sorriso gentile. Propongo quindi di indossare non solo il 25 novembre ma anche nel giorno dei funerali il fiocco rosso, divenuto simbolo contro la violenza di genere, e di esporre nei luoghi pubblici e privati oggetti di colore rosso». Non è ancora noto quando potranno avere luogo le esequie della giovane, dato che prima dovrà essere svolta l’autopsia.

Sinner-Djokovic, oggi la finale delle Atp Finals di Torino: orario e dove vederla in tv e in streaming

Si terrà domenica 19 novembre alle 18 l’attesissima finale delle Atp Finals che vedrà scontrarsi Jannik Sinner e Novak Djokovic. Il tennista altoatesino ha battuto il russo Daniil Medvedev diventando il primo italiano nella storia del torneo a disputare il match finale. La gara avrà luogo al Pala Alpitour di Torino e, come le precedenti, potrà essere seguita in tv e in streaming.

Sinner e Djokovic si sono già affrontati quattro volte

L’azzurro e il campione serbo numero 1 al mondo, arrivato in finale dopo aver sconfitto in due set lo spagnolo Carlos Alcaraz, si sono già affrontati quattro volte: tre volte ha vinto Nole e una Jannik (7-5, 6-7, 7-6 durante la prima fase delle Atp Finals). «Io dedico la mia vita al tennis. Il livello di gioco che ho raggiunto è il risultato della mia mentalità. Fa tutto parte di un percorso», ha dichiarato Sinner dopo aver vinto semifinale. Ora cresce l’attesa per la finalissima, che sarà trasmessa su Rai 2Sky Sport, Sky Sport Uno, Sky Sport Tennis e in streaming su Rai Play, Sky Go e Now.

Filippo Turetta aveva cercato kit di sopravvivenza in montagna su Google

Continuano a emergere nuovi dettagli sul caso di Giulia Cecchettin e Filippo Turetta. A distanza di un giorno dal ritrovamento del cadavere della giovane – accoltellata, abbandonata al bordo della strada e lasciata scivolare in un dirupo per 50 metri -, l’ex fidanzato è stato arrestato in Germania. Su di lui pendeva un mandato di arresto europeo e sarà un giudice tedesco a dover decidere sulla sua consegna alle autorità italiane. Dovrà rispondere dell’omicidio di Giulia e la sua versione potrà fornire nuovi elementi agli investigatori che stanno indagando sulla vicenda.

Le ricerche di Filippo Turetta sui percorsi in Tirolo

Gli inquirenti hanno intanto iniziato ad analizzare il materiale sequestrato a casa di Filippo. Secondo quanto riportato dal Corriere, scandagliando il pc si è scoperto che aveva cercato online come reperire kit di sopravvivenza in montagna ma anche percorsi, mappe e tracciati del Tirolo. Non si sa a quando risalgano queste ricerche, ma se fossero recenti farebbero presupporre una premeditazione della fuga, aggravando così la sua posizione.

Filippo Turetta è stato arrestato in Germania

Dopo una fuga di oltre una settimana, Filippo Turetta, accusato di aver ucciso l’ex fidanzata Giulia Cecchettin, è stato arrestato in Germania. Il giovane aveva oltrepassato il confine con l’Austria mercoledì e su di lui pendeva un mandato di arresto europeo. La conferma dell’arresto è arrivata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani che, su X, ha scritto: «Ringrazio gli inquirenti per il lavoro che ha portato all’arresto di Filippo Turetta in Germania. Una buona notizia che purtroppo non potrà mai lenire il dolore della famiglia e degli amici di Giulia, ai quali rivolgo le mie preghiere».

Era a bordo di un’auto

Filippo «si stava muovendo» in auto a Sud del paese quando è stato arrestato. Un giudice tedesco dovrà ora valutare il Mae (il mandato di arresto europeo) e decidere sulla consegna del giovane. Intanto spunta un nuovo video che lo riprende fare benzina, domenica 12 novembre, presso una stazione di servizio di Cortina. Ha pagato in contanti alla cassa automatica e poi è ripartito. Qualche giorno dopo il titolare dell’impianto si è reso conto che una banconota da 20 euro presentava macchie simili a sangue. Ha dunque chiamato polizia e carabinieri di Belluno che hanno acquisito sia le immagini della videosorveglianza sia le banconote, su cui ora sono in corso analisi per capire se possa trattarsi del sangue di Giulia.

Giulia Cecchettin uccisa con diverse coltellate: il corpo lasciato rotolare in un dirupo per 50 metri

Emergono nuovi dettagli sul caso di Giulia Cecchettin, la ragazza di 22 anni scomparsa insieme all’ex fidanzato e trovata morta dopo una settimana nei pressi del lago di Barcis. Secondo quanto emerso dall’ispezione cadaverica esterna svolta dal medico legale Antonello Cirnelli, la giovane sarebbe stata uccisa da svariate coltellate che l’hanno colpita alla testa e al collo. Avrebbe provato a difendersi, come dimostrano le numerose ferite alle mani e alle braccia. Poi è stata abbandonata al bordo della strada e lasciata rotolare lungo un dirupo per circa 50 metri, fino a quando il suo corpo si è fermato in un canalone. Al momento non è ancora stato stabilito se Giulia fosse già morta quando è stata abbandonata o meno.

La ricostruzione dell’omicidio di Giulia Cecchettin

La zona in cui è stato trovato il cadavere è così impervia da aver richiesto, per il recupero, l’intervento di una squadra speleo-alpino-fluviale. A rinvenirlo è stato il cane di un’unità cinofila della Protezione civile del Friuli Venezia Giulia, che l’ha individuato sotto il piano stradale. Sarà l’autopsia a fornire ulteriori dettagli sulla dinamica di quanto accaduto, mentre gli investigatori hanno fornito una prima possibile ricostruzione delle ultime ore di vita della giovane. Dopo aver cenato con Filippo Turetta, ancora disperso, la coppia si è fermata in un parcheggio accanto alla casa di Giulia, nel centro di Vigonovo, dove ha avuto luogo una prima discussione. «Lasciami! Mi fai male!», ha riferito di aver sentito un vicino affacciato alla finestra.

Il litigio in auto, l’aggressione e la fuga 

Poi il ragazzo l’ha caricata in macchina e si è diretto nella zona industriale di Fossò, fermandosi davanti allo stabilimento della Christian Dior la cui telecamera ha ripreso una seconda, cruenta, aggressione. I due sembrano litigare all’interno dell’auto, poi Filippo sembra colpirla con uno schiaffo o un pugno. Lei è riuscita a scendere per cercare di scappare, ma lui l’ha raggiunta alle spalle colpendola – forse con un coltello. A quel punto la 22enne è caduta a terra, sanguinante ed esanime, e Filippo l’ha trascinata fino alla sua Fiat Punto nera per poi caricarla nel portabagagli. Quindi la fuga e l’abbandono del corpo.

Negoziati Serbia-Kosovo, un leak della bozza di accordo frena il percorso di normalizzazione

Il raggiungimento di un accordo storico tra Pristina e Belgrado sull’autonomia dei Comuni a maggioranza serba nel Nord del Kosovo sembrava cosa fatta, finché l’ex-capo dell’intelligence kosovara, Burim Ramadani, ne ha reso pubblica una bozza, mettendo i bastoni fra le ruote ai negoziati. Il testo garantiva infatti una notevole autonomia alla minoranza serba, cosa che non è mai piaciuta al premier kosovaro Albin Kurti. Eppure un’intesa deve essere trovata se i due Paesi vogliono continuare a percorrere la strada verso l’adesione all’Unione europea e seppellire una volta per tutte l’ascia di guerra.

Gli accordi di Bruxelles del 2013 non sono stati mai attuati 

È dal 2013 che si parla dell’istituzione di un’Associazione dei Comuni serbi in Kosovo e da allora non sono stati fatti significativi passi in avanti. In quell’anno infatti sotto l’egida di Unione europea e Stati Uniti furono firmati gli accordi di Bruxelles: 15 punti che stabilivano la necessità di istituire una forma di autonomia per i Comuni a maggioranza serba del nord del Kosovo come precondizione necessaria per l’adesione di entrambe le parti all’Ue assieme all’impossibilità di esercitare un veto reciproco. A oggi gli accordi non sono ancora stati attuati e in 10 anni dopo il braccio di ferro ci si è inabissati in uno stallo per l’incapacità di trovare un compromesso: i serbi più oltranzisti temono che questo accordo porti alla definitiva ritirata dal Kosovo, i kosovari che si pongano le basi di un’entità separatista in grado di minare la sovranità di Pristina, senza contare il mancato riconoscimento della minoranza albanese nel sud della Serbia.

Negoziati Serbia-Kosovo, un leak della bozza di accordo frena il percorso di normalizzazione
Ursula von der Leyen e il premier kosovaro Kurti (Getty Images).

La ripresa dei negoziati a ottobre e il leak di Ramadani che imbarazza Kurti

Nell’ottobre di quest’anno i negoziati erano ripresi e sembravano promettenti al punto che il presidente serbo Aleksandar Vučić e il primo ministro kosovaro Albin Kurti avevano manifestato la disponibilità, in linea di principio, ad accettare una proposta equilibrata. Si trattava di un passo in avanti sostanziale, soprattutto alla luce delle tensioni che hanno attraversato il Kosovo nell’ultimo anno. Dalla disputa sulle targhe automobilistiche e le relative rivolte scoppiate nell’agosto del 2022 alla sparatoria nel monastero di Banjska, attacco organizzato da un gruppo di militanti serbi orchestrato dal politico, uomo d’affari e criminale Milan Radoičić. L’accordo che a ottobre non era stato reso pubblico proprio per proteggere gli sforzi diplomatici è stato invece diffuso dall’ex-capo dell’intelligence Ramadani che l’11 novembre ha pubblicato sul suo sito quello che afferma essere la bozza approvata dal premier kosovaro Albin Kurti: il portavoce della Commissione europea per gli Affari esteri Peter Stano ha smentito, come da prassi, il contenuto del documento trapelato ai media, ma è difficile non pensare che si tratti di un tentativo di salvare la faccia. Kurti infatti si è sempre opposto alla creazione di un’Associazione di municipalità serbe e il suo partito Lëvizja Vetëvendosje (Lista per l’autodeterminazione) sostiene la causa nazionalista albanese con una piattaforma politica progressista sì, ma intransigente sulla condanna e l’attuazione degli accordi di Bruxelles.

Negoziati Serbia-Kosovo, un leak della bozza di accordo frena il percorso di normalizzazione
Burim Ramadani (dal sito personale).

Nella bozza diffusa sono concesse ampie autonomie alla comunità serba del Kosovo

I 45 articoli della bozza diffusa dall’ex capo dell’intelligence rischiano così di mettere in difficoltà il governo di Pristina. La cosiddetta “Associazione delle municipalità a maggioranza serba” godrebbe infatti di propri simboli ufficiali, di una bandiera e di uno stemma. Manterrebbe inoltre contatti diretti con la Serbia nell’ambito della cooperazione e del commercio. L’associazione gestirebbe le già presenti istituzioni educative e sanitarie finanziate da Belgrado. Dal punto di vista istituzionale, l’associazione avrebbe poi un bilancio autonomo gestito dall’assemblea, organo principale formato da delegati eletti dai consigli municipali rispettando la proporzione etnica. L’assemblea eleggerebbe presidente e vicepresidente e un “governo” di sette membri responsabile dell’esecuzione dei provvedimenti negli ambiti di propria competenza cioè educazione, sanità, cultura,  sviluppo urbano e rurale. In aggiunta l’associazione avrebbe la possibilità di mettere in atto politiche per favorire il ritorno di profughi e rifugiati serbi in Kosovo. Questo accordo se venisse sottoscritto porterebbe alla normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo, considerata un requisito fondamentale per il processo di adesione all’Ue. Il rischio però è lasciare troppa autonomia a una minoranza che potrebbe creare problemi a Pristina. Kurti ne è consapevole ma ha poco margine di manovra. Gli accordi di Bruxelles stretti dai suoi predecessori parlano chiaro: la normalizzazione dei rapporti passa attraverso un riconoscimento di una qualche autonomia ai serbi del Kosovo. La strada verso l’Ue per i due Paesi rimane un percorso a ostacoli.

Cosa manca a Elodie per diventare una vera pop star internazionale

Elodie che si muove sinuosa attorniata da ballerini. Elodie che canta giocando su tinte black. Elodie che si prepara allo show autoconvincendosi di essere una popstar da paura. Elodie che viene accolta da applausi e grida. Elodie che si sente inadeguata. Elodie che in fondo in fondo ancora non ci crede. Elodie che passa con una certa agilità dall’essere la panterona che incanta sul palco alla ragazza che può anche scrollarsi di dosso la borgata che è in lei, borgata che però trova sempre la strada del ritorno, come i cani abbandonati in campagna di certi articoli strappalacrime che a volte si leggono sui giornali.

Cosa manca a Elodie per diventare una vera pop star internazionale
Elodie a Sanremo 2021 (Getty Images).

Elodie, vera popstar in competizione con Annalisa

Elodie Patrizi, con quel nome d’arte inconsapevolmente scelto dai genitori al momento della nascita, una fisicità importante che poco fa il paio con le tante fragilità che ci arrivano guardando il nuovo docu che si trova su Sky, Elodie Show 2023, come in precedenza in Sento ancora la vertigine su Prime Video, una voce soul come ce ne sono poche in Italia poco considerata proprio in virtù della fisicità di cui sopra, è oggi come oggi una delle figure centrali della nostra discografia. Una popstar, diamo i nomi giusti, che per altro ha anche una diretta competitor, come in fondo non accadeva dal periodo che intercorre tra la fine degli Anni 70 e la metà degli 80, almeno in Italia. È da allora infatti che non capitava di avere un paio di popstar donne a dominare in qualche modo la scena, Elodie e Annalisa. Allora, certo, avevamo Anna Oxa, Loredana Bertè, Antonella Ruggiero ancora nei Matia Bazar, Alice, Donatella Rettore, tutte differenti tra loro, tutte dotate di personalità molto molto forti, in quasi tutti i casi ottime voci, con un’estetica importante, di repertorio. Oggi abbiamo lei e abbiamo Annalisa, con la tripletta di platino Bellissima, Mon Amour e Ragazza sola. Due profili completamente diversi, l’una in apparenza più aggressiva, Elodie, l’altra più sofisticata, con quella laurea in Fisica che ogni tanto salta fuori. Entrambe decisamente belle, seppur di bellezze differenti, entrambe dotate di voci importanti, certo Annalisa con una potenza e una limpidezza piuttosto rara nel pop, Elodie con più risultati di pubblico ai live. Annalisa in classifica.

Quattro date al Forum di Assago è una cosa che poche artiste oggi possono permettersi

Ma è di Elodie che stiamo parlando, Annalisa in questa storia veste i panni, pochi e sexy, del suo doppio, non fosse che non siamo in un romanzo di cappa e spada, il villain di turno. Elodie che non solo è diventata icona pop come non se ne vedevano da tempo, ma ha deciso di usare questo suo successo: quattro date al Forum di Assago sono un risultato che si possono permettere in pochi, sul fronte femminile (forse la sola Laura Pausini, che però quest’anno quattro non ne farà), per veicolare messaggi a loro modo politici, femministi, antipatriarcali, inclusivi. Lo ha fatto recentemente, alla presentazione del suo nuovo progetto, Red Light, come lei stessa lo ha definito un clubtape, cioè una via di mezzo tra un album e un EP, sette i brani, tutti legati tra loro senza interruzioni grazie alla sapiente opera di Dardust, qualcosa pensato proprio per le date di Assago e per far ballare il proprio pubblico. Il tutto accompagnato dalle polemiche per il video di A fari spenti, scritta per lei da Elisa, nel quale compare nuda, o quasi, stessa immagine poi finita proprio sulla copertina di Red Light, grazie a un dipinto che riproduce il passaggio del video nel quale Elodie si presenta come una moderna Venere di Botticelli, volendo anche una Lady Godiva senza cavallo, opera di Milo Manara.

In quella occasione Elodie ha tenuto a dire che non vuole un pubblico di uomini eterosessuali. Che preferisce sapersi amata, musicalmente, dalla comunità LGBTQ+, frasi a loro volta finite dentro un vortice di polemiche, come se da una popstar ci si dovesse necessariamente aspettare parole calibrate come fossimo a un lectio magistralis, senza star lì ad applicare un minimo di capacità di comprensione del testo, roba da scuole di primo grado e non, piuttosto, canzoni pop. Ecco, le canzoni pop. Se una cosa in parte sembra mancare a Elodie, è un repertorio più consistente, questo in fondo è anche un po’ il problema che potremmo indicare guardando alla carriera della sua diretta competitor Annalisa. A fronte di alcuni singoli indubbiamente funzionanti e anche funzionali al tipo di show che Elodie ci regala – nello special di Sky è ben visibile: canzoni accompagnate da balletti, in puro stile popstar internazionale – sembra mancare una base di canzoni solide che possano realmente reggere un live così imponente. Live che giocoforza fa molto leva su di lei, meno sulle canzoni. Certo, in questo Elodie è perfetta, con un mood neanche troppo vagamente aggressive, da mangiauomini. È pura interpretazione di un ruolo, la femme fatale, tanto quanto è interpretazione pura di canzoni scritte da altri per lei. Una femmina dominante, personaggio da interpretare, che canta brani che non sempre sono all’altezza di cotanto personaggio. Discorso, questo del non essere “cattiva come la dipingono”, che per altro è ovviamente sottolineato dal mostrare tutte le sue fragilità nei documentari, compresa quella certa coattaggine che poco ha a che fare con la sensuale eleganza che invece viene generosamente palesata alle telecamere e sul palco.

La sensazione è che Elodie debba giocare molto sulla sua bellezza per sopperire alla mancanza di pezzi forti

Che dietro Elodie ci sia una potente macchina da guerra appare evidente. Due speciali televisivi nel giro di nove mesi lo dimostrano. I risultati raggiunti del resto giustificano il tutto. Quel che però viene da chiedersi, magari anche pensando a quanto nel mentre sta capitando ai Maneskin in giro per il mondo, è perché non ci sia stata altrettanta profusione di energie nel cercare canzoni alla sua altezza. Per essere chiari, a parte Due, brano proposto all’ultimo Festival di Sanremo, che avrebbe meritato decisamente di più, e qualche altra canzone di livello – penso a Vertigine, la paolaechiariana Tribale, che quantomeno ha come merito l’aver fatto in qualche modo tornare in auge le sorelle Iezzi, apripista di questa nouvelle vague femminile, volendo anche Ok respira e Pazza musica, in realtà parte del repertorio di Mengoni, e le più leggere Bagno a mezzanotte, Guaranà, Margarita e Andromeda – sembra che Elodie debba giocare ancora molto sulla propria statuaria bellezza per sopperire a una mancanza di pezzi forti. E non si leggano queste parole come frutto di un sessismo patriarcale: una popstar deve saper tenere il palco anche in assenza di canzoni all’altezza, è show, chi dice il contrario non sa di cosa sta parlando.

Mostrare fragilità non sempre paga: meglio seguire l’esempio di Madonna e di Beyoncé

Certo, neanche i Maneskin hanno in effetti un repertorio all’altezza del loro saper tenere il palco, ma almeno ci stanno provando testando il gotha degli autori internazionali, sforzo produttivo che il team di Elodie dovrebbe potersi permettere, anzi, dovrebbe proprio fare, perché Elodie magari non diventerà un’altra Dua Lipa – che non solo è viva e lotta insieme a noi, ma ha anche cinque anni meno della cantante romana – ma potrebbe darci delle belle soddisfazioni. Anche in virtù dei messaggi che Elodie ha deciso di lanciare, la sua lotta contro una mascolinità tossica che caratterizza pure chi la segue, magari attratto più dal suo aspetto che dalle sue canzoni. Riguardo l’ostentare, dietro le quinte, una certa insicurezza e fragilità, Elodie dovrebbe prendere le mosse da quanto fatto a suo tempo da Madonna, ma guardando più a oggi anche da Beyoncé: mostrare orgoglio e tirare su un muro. Un personaggio è tale sempre, lasciare intravedere l’attrice che è in camerino non serve, meglio i lustrini, le guepierre e quella cazzimma che al momento nessun’altra riesce a esibire in Italia. La mascolinità tossica, in fondo, la si può affossare anche a unghiate da pantera, non solo a parole. Niente fa più paura di una donna sicura di sé. Una donna sicura di sé con un repertorio più alla sua altezza sarebbe Bingo.