La Consulta colma il vuoto legislativo sul suicidio assistito
Pubblicate le motivazioni della sentenza sul caso dj Fabo. Finché il parlamento non interverrà, saranno valide le stesse norme che regolano il testamento biologico. Per i medici nessun obbligo.
La Corte costituzionale ha chiarito che saranno le strutture pubbliche del Servizio sanitario nazionale a verificare l’esistenza delle condizioni che rendono legittimo l’aiuto al suicidio e le relative modalità di esecuzione.
Condizioni che ricorrono quando l’aiuto è prestato a una persona tenuta in vita da idratazione e alimentazione artificiali, affetta da una patologia irreversibile fonte di intollerabili sofferenze fisiche o psicologiche, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli.
Un organo collegiale terzo, cioè il Comitato etico territorialmente competente, garantirà la tutela delle situazioni di particolare vulnerabilità. Ma in ogni caso nessun obbligo di prestare l’aiuto al suicidio ricadrà sui medici. Verrà infatti affidato «alla coscienza del singolo scegliere se esaudire la richiesta del malato».
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LA SENTENZA SUL CASO DJ FABO
Le disposizioni sono contenute nelle motivazioni della sentenza con cui il 25 settembre la Consulta ha dichiarato incostituzionale l’articolo 580 del codice penale, proprio nella parte in cui non esclude l’incriminazione di chi presta aiuto al suicidio nei casi sopra richiamati. Una sentenza nata dalla vicenda di dj Fabo e da molti considerata storica, a partire dall’Associazione Luca Coscioni, ma che una parte della politica, del mondo cattolico e dei medici aveva contestato.
LA LATITANZA DEL PARLAMENTO
I giudici costituzionali, ancora una volta, si rivolgono al parlamento affinché intervenga con una «compiuta disciplina» sul fine vita, dopo la richiesta caduta nel vuoto nel 2017, quando la Corte decise di sospendere il giudizio proprio per dare il tempo alle Camere di legiferare. Ma «in assenza di ogni determinazione da parte del parlamento», l’esigenza di garantire la legalità costituzionale «deve prevalere su quella di lasciare spazio alla discrezionalità del legislatore».
LA SOLUZIONE DEI GIUDICI
Per colmare il vuoto legislativo, la Consulta ha quindi deciso di fare riferimento alle Dat, le Dichiarazioni anticipate di trattamento che regolano il testamento biologico. D’ora in poi la volontà di morire con il suicidio assistito dovrà essere documentata in forma scritta o con la video registrazione; il medico dovrà prospettare le possibili alternative e prestare ogni sostegno al paziente, anche avvalendosi dei centri di assistenza psicologica; e ci dovrà essere come pre-condizione il coinvolgimento del paziente in un percorso di cure palliative.
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