Il leghista la voleva a un convegno sull’antisemitismo a Roma. La senatrice a vita ha rifiutato per gli impegni milanesi in occasione della Giornata della memoria. Non risparmiando una frecciatina: «Tema altrettanto importante è il razzismo».
Tra Liliana Segre e Matteo Salvini proprio non scocca la scintilla politica. Dopo le polemiche di fine 2019 con tutto il centrodestra sull’istituzione della discussa Commissione anti-odio, ora la senatrice a vita è stata invitata dal leader della Lega al convegno “Le nuove forme dell’antisemitismo” in programma il 16 gennaio a Palazzo Giustiniani a Roma. Ma lei ha rifiutato perché «impegnatissima» tutto il mese a Milano con le iniziative per il Giorno della memoria (lunedì 27 gennaio).
FRECCIATA SUL RAZZISMO
Nella sua garbata risposta a Salvini, la Segre ha detto di apprezzare «l’iniziativa sull’antisemitismo, un problema che si riaffaccia virulento nelle cronache del nostro tempo in tanti Paesi d’Europa e del mondo intero». Però ha anche avvertito che è un tema che non va separato da quello del razzismo. Una frecciata all’ex ministro dell’Interno? Proprio per il suo impegno a non far dimenticare l’Olocausto, lei che fu deportata nei campi di concentramento, la Segre è stata nominata senatrice a vita dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e in seguito le è stata assegnata la scorta per le minacce ricevute via social.
ASTENSIONE DELLA LEGA SULLA COMMISSIONE
A novembre si parlò di una visita privata tra la senatrice a vita e Salvini – con tanto di figlia al seguito – anche se poi il segretario della Lega smentì. Adesso la senatrice auspica alla collaborazione nella Commissione parlamentare contro l’odio che lei ha fortemente voluto e che presiederà, istituita nonostante l’astensione del Carroccio nella votazione al Senato: «Confido che il vostro convegno potrà dare un contributo in questo senso e che anche nella Commissione contro lo hate speech deliberata dal Senato».
Salvini ha preso atto replicando: «La capisco, la ringrazio per la risposta. Sarà una bellissima giornata in cui lanceremo dentro e fuori il parlamento una grande campagna in difesa di Israele perché nel 2020 gli antisemiti, quelli che odiano Israele, non possono essere compresi nel contesto civile, quindi i nemici di Israele sono miei nemici».
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Il caso della madre insultata dopo la morte della figlia ha indignato la politica, per una volta senza distinzioni.
Muore una bambina di 5 mesi, la madre urla il suo dolore, nella sala d’attesa non c’è alcuna solidarietà, ma solo commentirazzisti. Lo scrive Sondriotoday, la notizia fa il giro del web. Questi i fatti: la mattina di sabato scorso, 14 dicembre, la mamma della piccola, una donna nigeriana residente a Sondrio, si era accorta che la piccola non stava bene e non respirava normalmente. È scesa in strada chiedendo aiuto e ha trovato un uomo che ha portato lei e la piccolina in ospedale in auto. Quando sono arrivati al Pronto soccorso dell’ospedale civile di Sondrio, però, la bimba era in condizioni disperate e non respirava già da tempo. I medici che l’hanno presa in cura non hanno potuto salvarle la vita. Poco dopo al nosocomio è arrivato anche il papà della neonata, avvisato dalla madre, e i genitori hanno purtroppo ricevuto la terribile notizia.
LA TESTIMONIANZA DI UNA RAGAZZA
Alla scena che è seguita ha assistito una giovane, FrancescaGugiatti, che era al pronto soccorso per un malore e che poi ha scritto su Facebook: «Dalla sala d’attesa iniziano commenti di ogni tipo. Chi parla di b, chi di satanismo, chi di scimmie, chi di ‘tradizioni loro’, chi di manicomi. Giudizi, parole poco appropriate, cattiveria, tanta». «La tristezza ha iniziato ad invadermi», ha raccontato agli amici la ragazza, «nel frattempo ho sperato più che mai che calasse il silenzio fra le voci insopportabili e malvagie di quegli individui. E invece no, anche di fronte alla morte di un innocente, le voci hanno continuato. La più tremenda è stata: ‘tanto loro ne sfornano uno all’anno’. Siete davvero schifosi».
LE REAZIONI DELLA POLITICA
Per una volta, i commenti e le reazioni della politica sembrano essere unanimi.
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L’opera dell’artista Simone Fugazzotto commissionata per sensibilizzare sulla discriminazione negli stadi è stata considerata da molti di cattivo gusto.
È polemica sull’opera dipinta dall’artista Simone Fugazzotto e commissionata dalla Lega Serie A per la campagna sulla lotta al razzismo. Il Trittico presentato da Fugazzotto è composto da tre quadri affiancati raffiguranti tre scimmie, e in teoria avrebbe l’obiettivo di diffondere i valori dell’integrazione, della multiculturalità e della fratellanza. Sarà esposta permanentemente nella sala assemblea della Lega Serie A. «Dipingo solo scimmie», ha spiegato Fugazzotto, «come metafore dell’essere umano. Da qui parte tutto, la teoria evolutiva dice questo. La scimmia come scintilla per insegnare a tutti che non c’è differenza e che siamo tutti scimmie». La campagna ha subito acceso la discussione sui social, con molti utenti convinti del cattivo gusto della Lega Serie Anel scegliere come soggetto proprio una scimmia.
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I due club prendono posizione sulla prima pagina del quotidiano che ha scatenato polemiche e accuse di razzismo. Negato l’accesso ai centri tecnici fino al termine del 2019. L’Ordine dei giornalisti: «Sdegno per l’attacco ai colleghi».
Porte chiuse ai giornalisti del Corriere dello Sport fino alla fine dell’anno: lo hanno deciso Roma e Milan, dopo che il quotidiano sportivo aveva titolato nella prima pagina dell’edizione in edicola Black Friday con una foto di Lukaku e Smalling, a proposito della sfida tra Inter e Roma in programma venerdì 6 dicembre. Una scelta che aveva scatenato un vespaio di polemiche e le accuse di razzismo strisciante in arrivo anche dal Regno Unito.
«GIOCATORI, CLUB, TIFOSI E MEDIA DEVONO ESSERE UNITI CONTRO IL RAZZISMO»
I due club, in un comunicato congiunto, «condannano pubblicamente il titolo di oggi del Corriere dello Sport in prima pagina. Crediamo», si legge, «che tutti i giocatori, i club, i tifosi e i media debbano essere uniti nella lotta contro il razzismo nel mondo del calcio ed è responsabilità di tutti noi essere estremamente precisi nella scelta delle parole e dei messaggi che trasmettiamo».
«NEGATO L’ACCESSO FINO ALLA FINE DELL’ANNO»
«In risposta al titolo Black Friday pubblicato oggi dal giornale» – prosegue la nota – «la Roma e il Milan hanno deciso di negare al Corriere dello Sport l’accesso ai centri di allenamento per il resto dell’anno e hanno stabilito che i rispettivi giocatori non svolgeranno alcuna attività mediatica con il giornale durante questo periodo. Entrambi i club sono consapevoli che comunque l’articolo di giornale associato al titolo Black friday contenga un messaggio anti-razzista ed è questa la ragione per la quale sarà vietato l’accesso al Corriere dello Sport solo fino a gennaio. Restiamo totalmente impegnati nella lotta contro il razzismo».
L’ODG: «SDEGNO PER L’ATTACCO AI GIORNALISTI»
Sulla questione è intervenuto anche l’Ordine dei giornalisti, con il presidente Carlo Verna che in una nota ha commentato: «Non ci sto! Devo usare un’espressione storica nel nostro Paese per dare forza allo sdegno per ciò che sta accadendo verso i colleghi del Corriere dello Sport. Tutto quello che la Lega calcio non ha fatto e non fa contro il razzismo, con cori indecenti che impunemente si ascoltano negli stadi senza che mai una partita sia stata definitivamente fermata e senza significative sanzioni per le curve, ora si traduce in una (presunta) ‘esemplare’ squalifica per dei giornalisti che nessuna responsabilità avrebbero, ammesso che i loro capi avessero sbagliato». «A me», prosegue la nota, «non sembra proprio, forse gli inglesi, da cui sarebbe partita la polemica, si sono fermati al titolo, ma Roma e Milan, nonostante la proprietà straniera, l’italiano dovrebbero comprenderlo».
Cosa volete? Forse far dimenticare la polemica di quel dirigente della Lega calcio che piuttosto che impedire i cori razzisti voleva evitarne la percezione della gente
Carlo Verna, presidente dell’Odg
Verna ha aggiunto: «Leggo che, parlando di Lukaku e Smalling, si parla di idoli e si aggiunge che hanno imparato a stimarsi e che hanno preso posizioni forti contro il razzismo: sono i simboli di due squadre. Cosa volete? Forse far dimenticare la polemica di quel dirigente della Lega calcio che piuttosto che impedire i cori razzisti voleva evitarne la percezione della gente, con la conseguenza che il telecronista tenuto a stigmatizzarli e condannarli o l’arbitro che dovrebbe sospendere la partita siano presi per visionari da casa?». Secondo il presidente dell’Odg, «la lotta al razzismo e per il rispetto merita posizioni più serie. La sfida che lanciamo, come giornalisti, è la tolleranza zero su qualsiasi atteggiamento discriminatorio».
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Diffuso un audio “rubato” in cui l’ad della Lega afferma di aver chiesto ai registi di «spegnere i microfoni verso le curve, così non si sentiranno più». L’interessato si difende e annuncia la querela.
I cori razzisti negli stadi della Serie A fanno il giro del mondo e danneggiano l‘immagine dei club, veicolata anche attraverso i diritti televisivi?
Allora meglio non farli sentire, come fosse polvere da mettere sotto il tappeto.
Fa discutere l’audio “rubato” di Luigi De Siervo, amministratore delegato della Lega Serie A, e diffuso in esclusiva dal quotidiano la Repubblica.
L’audio, registrato all’insaputa del protagonista il 23 settembre 2019 durante il consiglio di Lega, raccoglie un dialogo tra lo stesso De Siervo e Paolo Scaroni, presidente del Milan. Scaroni si dice preoccupato: «Sul New York Times hanno fatto un articolo grande così sui buu razzisti». E De Siervo risponde: «Ti faccio una confessione, non la mettiamo a verbale. Ho chiesto ai nostri registi di spegnere i microfoni verso le curve, così non si sentiranno più i cori razzisti».
De Siervo ha riconosciuto che l’audio è autentico, ma ha annunciato anche di voler sporgere querela: «Nessuna censura, è stato tagliato un audio all’interno di un contesto più grande. Si parlava di produzione televisiva e di come valorizzare al meglio il nostro prodotto. A controllare la regolarità dello svolgimento della gara e documentare a fini legali e sportivi ciò che capita dentro lo stadio ci pensano già gli organi preposti: la polizia, gli ispettori di Lega e Federazione e, non ultimi, gli arbitri. Abbiamo dato istruzioni precise ai registi e sospeso chi, a Cagliari, aveva indugiato troppo sulla curva durante un controllo Var e su chi, a Milano, aveva ripreso l’omaggio della curva interista a Diabolik. Io ho solo suggerito di gestire in maniera più precisa il direzionamento dei microfoni. Capita spesso infatti che da casa si sentano dettagli che allo stadio nemmeno si percepiscono».
E VALORI DA COMUNICARE
Le polemiche, però, non si placano. Un conto è direzionare meglio i microfoni, un altro è spegnerli affinché certi «dettagli» non arrivino nelle case dei telespettatori. Anche perché si tratta dello stesso De Siervo che a ottobre 2019, pochi giorni dopo quel consiglio di Lega, partecipando all’Ey Digital Summit di Capri, dichiarava: «Non comunichiamo solo un evento sportivo, ma un insieme di valori. Negli stadi ci sono i razzisti e noi – che su questo abbiamo tolleranza zero – li andremo a prendere uno per uno. Lo faremo attraverso la tecnologia, grazie al riconoscimento visivo prenderemo il singolo responsabile di un atto e faremo in modo che non entri più in uno stadio».
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L’attaccante nigeriana naturalizzata britannica saluta l’Italia dopo un anno e mezzo: «Città indietro di decenni, io trattata come una ladra o tipo Escobar». La sindaca Appendino: «Parole che pesano, ma la colpa è solo di alcune persone».
Italia e calcio, anno 2019: un altro caso di razzismo. Questa volta non riguarda il mondo maschile del pallone, ma ha coinvolto una giocatrice della Juventus femminile: Eniola Aluko, 32enne nigeriana naturalizzata britannica. Era arrivata in bianconero soltanto a giugno 2018. Ma ha già detto addio per tornare in Inghilterra. E tra i motivi ci sono anche le discriminazioni che ha subito qui da noi.
«NEI NEGOZI SI ASPETTAVANO CHE RUBASSI»
«A volte Torino sembra un paio di decenni indietro nei confronti dei differenti tipi di persona. Sono stanca di entrare nei negozi e avere la sensazione che il titolare si aspetti che io rubi», ha detto Aluko in una intervista al Guardian che ha fatto molto discutere. «Ci sono non poche volte in cui arrivi all’aeroporto e i cani antidroga ti fiutano come se fossi Pablo Escobar».
«IL RAZZISMO È PARTE DELLA CULTURA DEL TIFO»
L’attaccante ha precisato «di non avere avuto esperienza di razzismo dai tifosi della Juventus né tantomeno nel campionato di calcio femminile, ma il tema in Italia e nel calcio italiano c’è ed è la risposta a questo che veramente mi preoccupa, dai presidenti ai tifosi del calcio maschile che lo vedono come parte della cultura del tifo». “Eni” ha invitato la società, per continuare ad attrarre i talenti dell’Europa dall’Italia, a «farli sentire a casa». Questa infatti «è una parte importante di un progetto a lungo termine».
APPENDINO: «TORINO HA UNA STORIA DI PORTE APERTE»
La sindaca di Torino Chiara Appendino è intervenuta sul caso dicendo che le sue parole «pesano come un macigno». Su Facebook ha ricordato che quella della città piemontese è «storia di porte aperte». Ma «purtroppo nel nostro Paese episodi di discriminazione sono tornati a diffondersi, a essere tornata indietro però non è la città, solo alcune persone che non rappresentano che loro stesse. Torino non si rassegna».
Si è tornati a legittimare pensieri e comportamenti che dovevano rimanere sepolti per sempre
Chiara Appendino
Poi la sindaca ha aggiunto: «Negli ultimi tempi qualcosa in Italia è cambiato. In alcuni frangenti si è tornati a legittimare pensieri e comportamenti che dovevano rimanere sepolti per sempre, nelle pagine più vergognose dei libri di storia. Studiati sempre troppo poco». E ancora: «Non mi rassegno io, non si rassegnano migliaia di cittadini che quei pensieri li combattono ogni giorno, non si rassegna Torino. Perché Torino non è così».
«SERVONO RISPOSTE CULTURALI E POLITICHE»
Com’è allora Torino? «Consapevole delle difficoltà, ma profondamente determinata nel rifiutare che queste possano essere ridotte al colore della pelle, alla religione, o a qualsiasi altra caratteristica della persona», ha concluso Appendino. «Rimango convinta che la discriminazione si combatta con risposte culturali e politiche, a tutti i livelli, che non possono tardare ad arrivare. La città proseguirà nel suo costante impegno in questa direzione, con tutti gli strumenti a sua disposizione».
ASCANI DEL PD: «UN COLPO AL CUORE»
La viceministra dell’Istruzione Anna Ascani del Partito democratico ha detto sempre su Facebook: «Il clima di intolleranza nel nostro Paese sta diventando insostenibile. La lettera con la quale la calciatrice della Juventus Eniola Aluko annuncia di lasciare l’Italia per questa motivazione è davvero un colpo al cuore. Mi ha colpito la frase “mi sono stancata di entrare nei negozi e sentirmi come se il proprietario si aspettasse che potessi rubare qualcosa”. Perché, davvero, fa capire come ci si sente, nella vita di tutti i giorni. E stupisce che tutto questo avvenga oggi, nel 2019».
La scuola ha molto da insegnarci: è il luogo dell’inclusione e dell’accoglienza. I bambini non fanno differenze
Anna Ascani, viceministra dell’Istruzione
Quindi Ascani ha osservato: «Davvero incredibile come stiamo tornando indietro. È inaccettabile. Non possiamo permetterlo. Per questo la sua denuncia va presa sul serio: in Italia esiste un problema “razzismo” nel calcio, e non solo. E deve farci riflettere tutti. E soprattutto deve farci reagire. La scuola da questo punto di vista ha molto da insegnarci: è il luogo dell’inclusione e dell’accoglienza. I bambini non fanno differenze. Dobbiamo chiederci dove il sistema fallisce e intervenire immediatamente. Dobbiamo garantire il rispetto dei diritti di ogni persona. È il razzismo che se ne deve andare via dal nostro Paese!».
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L’attaccante nigeriana naturalizzata britannica saluta l’Italia dopo un anno e mezzo: «Città indietro di decenni, io trattata come una ladra o tipo Escobar». La sindaca Appendino: «Parole che pesano, ma la colpa è solo di alcune persone».
Italia e calcio, anno 2019: un altro caso di razzismo. Questa volta non riguarda il mondo maschile del pallone, ma ha coinvolto una giocatrice della Juventus femminile: Eniola Aluko, 32enne nigeriana naturalizzata britannica. Era arrivata in bianconero soltanto a giugno 2018. Ma ha già detto addio per tornare in Inghilterra. E tra i motivi ci sono anche le discriminazioni che ha subito qui da noi.
«NEI NEGOZI SI ASPETTAVANO CHE RUBASSI»
«A volte Torino sembra un paio di decenni indietro nei confronti dei differenti tipi di persona. Sono stanca di entrare nei negozi e avere la sensazione che il titolare si aspetti che io rubi», ha detto Aluko in una intervista al Guardian che ha fatto molto discutere. «Ci sono non poche volte in cui arrivi all’aeroporto e i cani antidroga ti fiutano come se fossi Pablo Escobar».
«IL RAZZISMO È PARTE DELLA CULTURA DEL TIFO»
L’attaccante ha precisato «di non avere avuto esperienza di razzismo dai tifosi della Juventus né tantomeno nel campionato di calcio femminile, ma il tema in Italia e nel calcio italiano c’è ed è la risposta a questo che veramente mi preoccupa, dai presidenti ai tifosi del calcio maschile che lo vedono come parte della cultura del tifo». “Eni” ha invitato la società, per continuare ad attrarre i talenti dell’Europa dall’Italia, a «farli sentire a casa». Questa infatti «è una parte importante di un progetto a lungo termine».
APPENDINO: «TORINO HA UNA STORIA DI PORTE APERTE»
La sindaca di Torino Chiara Appendino è intervenuta sul caso dicendo che le sue parole «pesano come un macigno». Su Facebook ha ricordato che quella della città piemontese è «storia di porte aperte». Ma «purtroppo nel nostro Paese episodi di discriminazione sono tornati a diffondersi, a essere tornata indietro però non è la città, solo alcune persone che non rappresentano che loro stesse. Torino non si rassegna».
Si è tornati a legittimare pensieri e comportamenti che dovevano rimanere sepolti per sempre
Chiara Appendino
Poi la sindaca ha aggiunto: «Negli ultimi tempi qualcosa in Italia è cambiato. In alcuni frangenti si è tornati a legittimare pensieri e comportamenti che dovevano rimanere sepolti per sempre, nelle pagine più vergognose dei libri di storia. Studiati sempre troppo poco». E ancora: «Non mi rassegno io, non si rassegnano migliaia di cittadini che quei pensieri li combattono ogni giorno, non si rassegna Torino. Perché Torino non è così».
«SERVONO RISPOSTE CULTURALI E POLITICHE»
Com’è allora Torino? «Consapevole delle difficoltà, ma profondamente determinata nel rifiutare che queste possano essere ridotte al colore della pelle, alla religione, o a qualsiasi altra caratteristica della persona», ha concluso Appendino. «Rimango convinta che la discriminazione si combatta con risposte culturali e politiche, a tutti i livelli, che non possono tardare ad arrivare. La città proseguirà nel suo costante impegno in questa direzione, con tutti gli strumenti a sua disposizione».
ASCANI DEL PD: «UN COLPO AL CUORE»
La viceministra dell’Istruzione Anna Ascani del Partito democratico ha detto sempre su Facebook: «Il clima di intolleranza nel nostro Paese sta diventando insostenibile. La lettera con la quale la calciatrice della Juventus Eniola Aluko annuncia di lasciare l’Italia per questa motivazione è davvero un colpo al cuore. Mi ha colpito la frase “mi sono stancata di entrare nei negozi e sentirmi come se il proprietario si aspettasse che potessi rubare qualcosa”. Perché, davvero, fa capire come ci si sente, nella vita di tutti i giorni. E stupisce che tutto questo avvenga oggi, nel 2019».
La scuola ha molto da insegnarci: è il luogo dell’inclusione e dell’accoglienza. I bambini non fanno differenze
Anna Ascani, viceministra dell’Istruzione
Quindi Ascani ha osservato: «Davvero incredibile come stiamo tornando indietro. È inaccettabile. Non possiamo permetterlo. Per questo la sua denuncia va presa sul serio: in Italia esiste un problema “razzismo” nel calcio, e non solo. E deve farci riflettere tutti. E soprattutto deve farci reagire. La scuola da questo punto di vista ha molto da insegnarci: è il luogo dell’inclusione e dell’accoglienza. I bambini non fanno differenze. Dobbiamo chiederci dove il sistema fallisce e intervenire immediatamente. Dobbiamo garantire il rispetto dei diritti di ogni persona. È il razzismo che se ne deve andare via dal nostro Paese!».
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Erano recentemente state apposte dal Campidoglio al posto di quelle intitolate ai firmatari del manifesto della razza. La sindaca Raggi: «Una vergogna, ripuliremo subito».
Sono state imbrattate a Roma le due targhe dedicate alle vittime delle leggi razziali che la scorsa settimana per volere del Campidoglio avevano sostituito altre targhe che intitolavano le stesse strade ai firmatari del Manifesto della razza. A darne l’annuncio è stata la sindaca Virginia Raggi con un tweet. «Gesto vergognoso, ripuliamo subito», ha promesso.
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Erano recentemente state apposte dal Campidoglio al posto di quelle intitolate ai firmatari del manifesto della razza. La sindaca Raggi: «Una vergogna, ripuliremo subito».
Sono state imbrattate a Roma le due targhe dedicate alle vittime delle leggi razziali che la scorsa settimana per volere del Campidoglio avevano sostituito altre targhe che intitolavano le stesse strade ai firmatari del Manifesto della razza. A darne l’annuncio è stata la sindaca Virginia Raggi con un tweet. «Gesto vergognoso, ripuliamo subito», ha promesso.
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Per il presidente del Brescia «Mario è nero, sta lavorando per schiarirsi». Poi parla di battuta fraintesa. Un po’ come quelle di Passirani sulle banane a Lukaku, di Tavecchio e Opti Pobà, di Lotito che parlò di «pelle normale» dei bianchi. Il vizietto discriminatorio degli uomini nel pallone.
Il 25 novembre era la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Ma mentre si parlava di femminicidi qualcuno è riuscito a esibirsi in dichiarazioni razziste. Nel mondo del calcio, tanto per cambiare. Troppo difficile portare avanti più di una sensibilizzazione alla volta: probabilmente il presidente del Brescia Massimo Cellino non è dotato di questa abilità di multitasking. Così si è fatto sfuggire un commento poco “tecnico”: «Cos’è successo a Mario Balotelli? Che è nero, cosa devo dire, che sta lavorando per schiarirsi, però c’ha molte difficoltà». Mario Balotelli sarebbe (è, in attesa di sviluppi dal mercato) un suo giocatore, il secondo più prezioso della rosa (valore 20 milioni, dietro solo a Sandro Tonali stando ai dati Transfermarkt). E per di più fresco bersaglio dei versi da scimmia che gli hanno riservato i tifosi delll’Hellas Verona il 3 novembre.
ENNESIMO TASSELLO NEL MOMENTO-NO DI SUPER MARIO
Ma Cellino non deve aver pensato a tutto questo e ha provato a motivare così l’attaccante dopo il periodo-no che, oltre a questioni extra campo, ha riguardato aspetti di gioco: prima la discussa sostituzione all’intervallo nella partita persa 4-0 in casa contro il Torino, poi la mancata convocazione in Nazionale– la qualificazione a Euro 2020 era già in tasca – nonostante il suggerimento del presidente della Figc, Gabriele Gravina, che voleva chiamare Super Mario come gesto simbolico anti-razzista. Infine, dopo la sosta del campionato, la cacciata dall’allenamento per scarso impegno e l’esclusione di Balo dalla trasferta di Roma.
IL RITORNELLO DELLA BATTUTA FRAINTESA
Dopo l’uscita di Cellino, il Brescia ha cercato di cancellare il guaio fatto: «Una battuta a titolo di paradosso, palesemente fraintesa, rilasciata nel tentativo di sdrammatizzare un’esposizione mediatica eccessiva e con l’intento di proteggere il giocatore stesso», è stato scritto in un comunicato.
Se scrivete tutte le cazzate che dico, non smettete più. Se chiarisco faccio ancora più danni. Le persone perbene mi conoscono
La “pezza” di Massimo Cellino
Poi Cellino è tornato sull’argomento: «Chi è che mi ha dato del razzista? Se scrivete tutte le cazzate che dico, non smettete più di scrivere. Io non mi devo mica discolpare di una cosa alla quale non credo. La cosa tragica sapete qual è? È che non sapete più che caz.. scrivere». Infine: «Se chiarisco faccio ancora più danni. Le persone perbene mi conoscono». E comunque Cellino si consoli: è solo l’ultimo di una lunga lista di esternazioni razziste che sono arrivate dai protagonisti del calcio italiano.
PASSIRANI E LE BANANE DA LANCIARE A LUKAKU
Luciano Passirani, ex dirigente di diversi club calcistici e opinionista nelle tivù locali, il 16 settembre 2019 parlando del centravanti dell’Inter Romelu Lukaku aveva detto: «Questo ti trascina la squadra. Questo nell’uno contro uno ti uccide, se gli vai contro cadi per terra. O c’hai 10 banane qui per mangiare che gliele dai, altrimenti…». Telelombardia ha deciso di non invitarlo più alle sue trasmissioni.
TAVECCHIO E IL FAMIGERATO OPTI POBÀ
Restando alla frutta, l’esternazione più famigerata è quella di Carlo Tavecchio del 2014: «L’Inghilterra individua i soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare. Noi, invece, diciamo che Opti Pobà (nome inventato, ndr) è venuto qua, che prima mangiava le banane, adesso gioca titolare nella Lazio». Concetto che non gli impedì di diventare presidente della Federazione italiana giuoco calcio.
LOTITO E I BIANCHI CON LA PELLE «NORMALE»
La Lazio un presidente vero e non inventato ce l’ha, si chiama Claudio Lotito e il 2 ottobre 2019 ha parlato di razzismo dicendo che «non sempre la vocazione “buuu” corrisponde effettivamente a un atto discriminatorio razzista» perché tra le vittime ci sono anche «persone di non colore, che avevano la pelle normale, bianca, e non di colore».
LE CALCIATRICI «LESBICHE» E «HANDICAPPATE»
Parentesi femminile, nel senso delle vittime delle offese. L’ex presidente della Lega Nazionale Dilettanti, Felice Belloli, nel 2015 definì le giocatrici di calcio «queste quattro lesbiche», secondo quanto riportò il verbale di una riunione. Fu inibito per quattro mesi. Il già citato Tavecchio invece nel 2014, in un’intervista a Report, parlò così del movimento: «Finora si riteneva che la donna fosse un soggetto handicappato rispetto al maschio sotto l’aspetto della resistenza, del tempo, dell’espressione atletica. Invece abbiamo riscontrato che sono molto simili».
MALAGÒ E I SIMULATORI PEGGIO DEI RAZZISTI
Tornando al razzismo, il 25 settembre 2019 il presidente del Coni Giovanni Malagò ha detto che «è sbagliato se qualcuno fa “buuu” a un giocatore di colore, ma è ancora più sbagliato quando uno che guadagna 3 milioni di euro si lascia cadere in area e magari è anche contento di prendere un calcio di rigore». Poi si è corretto: «Non dico che il comportamento di chi simula sia peggiore di chi fa cori razzisti, ma ogni attore protagonista deve fare la sua parte nel modo eticamente migliore». Compreso il presidente del Coni.
SACCHI E L’ORGOGLIO ITALIANO ANTI-STRANIERI
Arrigo Sacchi, ex commissario della Nazionale e storico allenatore del Milan, nel 2015 dichiarò: «Io mi vergogno di essere italiano. Per avere successo siamo disposti a vendere l’anima al diavolo. Non abbiamo una dignità, non abbiamo un orgoglio italiano. Ci sono squadre con 15 stranieri. Oggi vedevo il torneo di Viareggio: io non sono un razzista, ho avuto Rijkaard, ma vedere così tanti giocatori di colore, vedere così tanti stranieri, è un’offesa per il calcio italiano».
ERANIO E I NERI NON CONCENTRATI QUANDO C’È DA PENSARE
Sacchi in rossonero incrociò Stefano Eranio, ex centrocampista. Una volta diventato commentatore televisivo, nel 2015 ai microfoni della tivù svizzera Rsi Eranio spiegò che «i giocatori di colore, quando sono sulla linea difensiva, spesso certi errori li fanno perché non sono concentrati. Sono potenti fisicamente però, quando c’è da pensare, spesso e volentieri fanno questi errori». Parlava dell’allora difensore della Roma Antonio Rüdiger. Fu licenziato.
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