Mediobanca, il presidente Pagliaro verso l’addio

Lo storico dirigente della banca d’affari pronto a lasciare per sottrarsi alla guerra – che lui ritiene sbagliata – tra Nagel e Del Vecchio, in lotta per controllare l’istituto fondato da Enrico Cuccia e con esso Generali.

Impegnato nella guerra con Leonardo Del Vecchio, che punta a controllare Mediobanca per arrivare a comandare in Generali, Alberto Nagel sta facendo la conta degli amici e dei nemici. E non solo tra i soci esistenti, ma anche tra i dirigenti.

L’amministratore delegato della banca d’affari creata da Enrico Cuccia, infatti, teme defezioni proprio tra coloro che lo circondano ogni giorno. Per questo si è sfogato in modo accorato con alcuni interlocutori, raccontando loro che il presidente Renato Pagliaro gli ha confessato di avere l’intenzione di lasciarlo solo.

Nagel si è lamentato di una scelta fatta in una fase cruciale della battaglia per il controllo dell’istituto situato alle spalle della Scala, senza capire che Pagliaro lo fa per sottrarsi a una guerra che non solo sente non sua ma ritiene profondamente sbagliata.

PAGLIARO, UNA VITA IN MEDIOBANCA

Pagliaro, che è presidente del consiglio di amministrazione di Mediobanca dal maggio 2010, era entrato in piazzetta Cuccia nel 1981, subito dopo essersi laureato in Bocconi. E lì ha sempre lavorato, ricoprendo diversi ruoli tra cui quello di vice direttore generale a partire dall’aprile del 2002, di condirettore generale e segretario del Consiglio di amministrazione dall’aprile 2003, di direttore generale dall’ottobre 2008 al maggio 2010, quando ha preso il posto che fu di Cuccia e di Vincenzo Maranghi.

Si libera un posto di prestigio, merce di scambio pregiata che può tornar buona all’attuale amministratore delegato

E proprio per questo percorso professionale tutto per linee interne, oltre per la stima che gli è unanimemente riconosciuta, la sua uscita – ragionevolmente non per andare in pensione, visto che ha appena 62 anni – diventerebbe un caso traumatico, destinato a incidere sulle vicende in corso.

L’amministratore delegato di Mediobanca, Alberto Nagel.

Tuttavia, a Nagel un amico malizioso ha fatto notare che non tutto il male viene per nuocere, e che c’è l’altra faccia della medaglia di cui deve essere contento: si libera un posto di prestigio, merce di scambio pregiata che può tornar buona all’attuale ad deciso a difendere con i denti Mediobanca dalle mire del paperone di Agordo.

Quello di cui si occupa la rubrica Corridoi lo dice il nome. Una pillola al giorno: notizie, rumors, indiscrezioni, scontri, retroscena su fatti e personaggi del potere.

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La procura di Milano indaga sull’ingresso di Delfin in Mediobanca

Il fascicolo sul blitz di Del Vecchio è stato aperto su segnalazione della Consob.

Sulla base di una segnalazione di Consob la Procura di Milano la procura di Milano ha aperto un fascicolo a modello 45, quindi senza ipotesi di reato né indagati, sul blitz che ha portato Leonardo Del Vecchio con la sua Delfin a entrare in forze in Mediobanca portandosi a ridosso del 10% dell’istituto. Il fascicolo, nato a seguito dell’attività ispettiva della Commissione di Borsa, è coordinato dal pm Stefano Civardi.

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La procura di Milano indaga sull’ingresso di Delfin in Mediobanca

Il fascicolo sul blitz di Del Vecchio è stato aperto su segnalazione della Consob.

Sulla base di una segnalazione di Consob la Procura di Milano la procura di Milano ha aperto un fascicolo a modello 45, quindi senza ipotesi di reato né indagati, sul blitz che ha portato Leonardo Del Vecchio con la sua Delfin a entrare in forze in Mediobanca portandosi a ridosso del 10% dell’istituto. Il fascicolo, nato a seguito dell’attività ispettiva della Commissione di Borsa, è coordinato dal pm Stefano Civardi.

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Mediobanca, sarà Cimbri il cavaliere bianco di Nagel

L’argine costruito con Doris e in parte Bolloré in funzione anti-Del Vecchio non può reggere a lungo. E non sarebbe sufficiente in caso il patron di Luxottica ottenesse l’ok per arrivare al 20%. E così l’ad di Piazzetta Cuccia ha chiamato in suo soccorso il numero 1 di Unipol.

Si chiama Carlo Cimbri la carta segreta di Alberto Nagel nella guerra che lo vede contrapposto a Leonardo Del Vecchio per il controllo di Mediobanca e, suo tramite, di Generali. Complici gli errori che il patron di Luxottica sta commettendo nella gestione strategica dell’operazione, che gli stanno costando i tempi lunghi e la molta circospezione, per non dire diffidenza, con cui la Bce esamina la richiesta di poter superare la quota del 10% in Mediobanca, l’amministratore delegato della banca che fu di Enrico Cuccia sta organizzando la difesa e la controffensiva sapendo di avere del tempo davanti. Inizialmente Nagel ha cercato di serrare le fila degli attuali azionisti, trovando soprattutto in Ennio Doris il più disponibile. E anche Vincent Bollorè tutto sommato gli ha dato retta, avendo per ora venduto a Del Vecchio solo poche azioni. 

CIMBRI, CAVALIERE BIANCO IN AIUTO ALL’AD DI MEDIOBANCA

Ma Nagel ha capito che quell’argine non può reggere a lungo, e che comunque non sarebbe sufficiente se e quando l’uomo di Agordo dovesse ottenere luce verde per arrivare al 20%. Allora ha scorso la sua agendina alla voce “amici del cuore”, e ha subito capito che l’uomo di Unipol, ormai anche banchiere con Bper, sarebbe perfetto nella veste di cavaliere bianco gradito. Il rapporto tra i due è antico e solido, cementato dall’operazione Sai-Fondiaria e dalla vicenda giudiziaria, poi archiviata, relativa al famoso “papello” sottoscritto da Mediobanca con Salvatore Ligresti. A quanto è dato sapere, Cimbri avrebbe risposto «eccomi» alla chiamata dell’amico, anche se resta ancora non del tutto definita la modalità con cui Unipol-Bper potrebbe intervenire in soccorso di Nagel.

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La fretta di Mustier e i pentimenti grillini

Ha destato qualche perplessità la celerità con cui il Ceo di Unicredit ha venduto la quota in Mediobanca. Anche perché la scalata di Del Vecchio avrebbe fatto aumentare il prezzo delle azioni. Mentre in casa grillina, Buffagni si mangia le mani per l’endorsement a Luicia Morselli.

La celerità con cui l’ad di Unicredit, Jean Pierre Mustier, sta vendendo di tutto negli ultimi mesi forse sta diventando una cattiva consigliera. Il banchiere francese ha da tempo avviato una raffica di dismissioni che stanno restringendo progressivamente il perimetro del gruppo: prima la polacca Pekao, poi Pioneer, la banca ucraina Ukrsotsban, gli immobili, l’impianto eolico di Ocean Breeze in Germania. Oltre all’aumento di capitale da 13 miliardi definito all’inizio del 2017. Poi la gallina dalle uova d’oro Fineco e ora la storica quota posseduta in Mediobanca.

PERCHÉ ACCELERARE LA VENDITA DELLA QUOTA IN MEDIOBANCA?

Al netto della girandola di retroscena sulla battaglia che si giocherà in quel che resta del salotto di Cuccia, nelle sale operative si chiedono: perché Unicredit ha fatto partire mercoledì sera l’accelerated bookbuilding riservato a investitori istituzionali (stessa modalità, per altro, della cessione di Fineco) sull’8,4% della banca di Nagel? Dall’operazione l’istituto di piazza Gae Aulenti ha incassato 785 milioni, con un effetto neutro sul Cet1 e una plusvalenza di circa 50 milioni. Certo, la mossa è stata fatta in un particolare momento di mercato, favorevole alle quotazioni del titolo Mediobanca asceso ai massimi dal 2008 con un rialzo da inizio anno di oltre il 46%. Unicredit aveva in carico la partecipazione a 9,89 euro e ha fatto il collocamento a 10,53 euro per azione, con uno sconto del 2,3% rispetto alla chiusura di fine seduta di giovedì (10,78 euro). 

LE AZIONI SONO DESTINATE AD AUMENTARE ANCORA

Ma se Leonardo Del Vecchio, che pare aver già rastrellato un altro 2,5% arrivando a ridosso del 10% di Mediobanca, riceverà l’autorizzazione della Bce a comprare ancora fino al 20%, il valore delle azioni in Piazzetta è destinato ad aumentare ancora.

LEGGI ANCHE: Unicredit, il tramonto della zarina Louise (e di Elkette)

Non solo. I broker di Kepler Cheuvreux, in un lungo report diffuso a metà ottobre, avevano escluso la cessione del pacchetto Mediobanca prima del 22 novembre, ovvero dopo il nutrito stacco di dividendo, 36 milioni di euro «cui Unicredit  non rinuncerà. Con uno yield del 4,7%, che corrisponde a un payout del 50%, ma che Piazzetta Cuccia può alzare al 60% con il prossimo piano industriale, la cui presentazione è prevista per il 12 novembre», scriveva Kepler. Non facendo i conti con la fretta di Mustier. La stessa che l’ad di Unicredit aveva avuto nel liberarsi di Fineco.

L’ad di Unicredit Jean Pierre Mustier.

Quando ha venduto l’ultimo pacchetto della ormai ex controllata, sollevando perplessità da parte degli analisti, Mustier si è giustificato dichiarando che il valore era ai massimi e che la plusvalenza incassata con la vendita del 17% della società guida da Alessandro Foti corrispondeva a 17 anni di dividendi. Ma proprio giovedì Fineco ha svelato al mercato una trimestrale con numeri ancora in crescita: +10,8%  dell’utile netto dei nove mesi a 198,1 milioni e 489 milioni di ricavi (+5,2% anno su anno).  E nell’ultimo mese il titolo in Borsa ha guadagnato quasi il 14%.

LUCIA MORSELLI E I PENTIMENTI DEL M5S

«Una manager dura, diretta, che ha eseguito con metodi discutibili il mandato che le era stato dato dalla casa madre ThyssenKrupp», ma anche «un’interlocutrice preparata e di livello», dicono di Lucia Morselli sindacalisti e dipendenti della Ast di Terni dove l’attuale ad di ArcelorMittal Italia ha ricoperto lo stesso ruolo dal luglio 2014 al marzo 2016, in concomitanza con la difficile vertenza che portò a circa 300 esuberi volontari dall’azienda. Eppure, dicono nelle stanze dei palazzi romani, il viceministro dello Sviluppo economico, Stefano Buffagni (in quota cinque stelle), si starebbe mangiando le mani per averla sponsorizzata.

Stefano Buffagni, viceministro M5s al Mise.

Nei mesi scorsi l’aveva addirittura spinta verso una poltrona nel consiglio di amministrazione di StMicroelectronics (carica da oltre 100 mila euro l’anno, si dice) al posto di Claudia Bugno, già nello staff dell’ex ministro dell’Economia, Giovanni Tria. D’altra parte Morselli è anche «co-programme leader del corso di laurea magistrale in Gestione Aziendale – Business Management» della Link Campus University di Vincenzo Scotti, fucina dell’establishment grillino.  

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La fretta di Mustier e i pentimenti grillini

Ha destato qualche perplessità la celerità con cui il Ceo di Unicredit ha venduto la quota in Mediobanca. Anche perché la scalata di Del Vecchio avrebbe fatto aumentare il prezzo delle azioni. Mentre in casa grillina, Buffagni si mangia le mani per l’endorsement a Luicia Morselli.

La celerità con cui l’ad di Unicredit, Jean Pierre Mustier, sta vendendo di tutto negli ultimi mesi forse sta diventando una cattiva consigliera. Il banchiere francese ha da tempo avviato una raffica di dismissioni che stanno restringendo progressivamente il perimetro del gruppo: prima la polacca Pekao, poi Pioneer, la banca ucraina Ukrsotsban, gli immobili, l’impianto eolico di Ocean Breeze in Germania. Oltre all’aumento di capitale da 13 miliardi definito all’inizio del 2017. Poi la gallina dalle uova d’oro Fineco e ora la storica quota posseduta in Mediobanca.

PERCHÉ ACCELERARE LA VENDITA DELLA QUOTA IN MEDIOBANCA?

Al netto della girandola di retroscena sulla battaglia che si giocherà in quel che resta del salotto di Cuccia, nelle sale operative si chiedono: perché Unicredit ha fatto partire mercoledì sera l’accelerated bookbuilding riservato a investitori istituzionali (stessa modalità, per altro, della cessione di Fineco) sull’8,4% della banca di Nagel? Dall’operazione l’istituto di piazza Gae Aulenti ha incassato 785 milioni, con un effetto neutro sul Cet1 e una plusvalenza di circa 50 milioni. Certo, la mossa è stata fatta in un particolare momento di mercato, favorevole alle quotazioni del titolo Mediobanca asceso ai massimi dal 2008 con un rialzo da inizio anno di oltre il 46%. Unicredit aveva in carico la partecipazione a 9,89 euro e ha fatto il collocamento a 10,53 euro per azione, con uno sconto del 2,3% rispetto alla chiusura di fine seduta di giovedì (10,78 euro). 

LE AZIONI SONO DESTINATE AD AUMENTARE ANCORA

Ma se Leonardo Del Vecchio, che pare aver già rastrellato un altro 2,5% arrivando a ridosso del 10% di Mediobanca, riceverà l’autorizzazione della Bce a comprare ancora fino al 20%, il valore delle azioni in Piazzetta è destinato ad aumentare ancora.

LEGGI ANCHE: Unicredit, il tramonto della zarina Louise (e di Elkette)

Non solo. I broker di Kepler Cheuvreux, in un lungo report diffuso a metà ottobre, avevano escluso la cessione del pacchetto Mediobanca prima del 22 novembre, ovvero dopo il nutrito stacco di dividendo, 36 milioni di euro «cui Unicredit  non rinuncerà. Con uno yield del 4,7%, che corrisponde a un payout del 50%, ma che Piazzetta Cuccia può alzare al 60% con il prossimo piano industriale, la cui presentazione è prevista per il 12 novembre», scriveva Kepler. Non facendo i conti con la fretta di Mustier. La stessa che l’ad di Unicredit aveva avuto nel liberarsi di Fineco.

L’ad di Unicredit Jean Pierre Mustier.

Quando ha venduto l’ultimo pacchetto della ormai ex controllata, sollevando perplessità da parte degli analisti, Mustier si è giustificato dichiarando che il valore era ai massimi e che la plusvalenza incassata con la vendita del 17% della società guida da Alessandro Foti corrispondeva a 17 anni di dividendi. Ma proprio giovedì Fineco ha svelato al mercato una trimestrale con numeri ancora in crescita: +10,8%  dell’utile netto dei nove mesi a 198,1 milioni e 489 milioni di ricavi (+5,2% anno su anno).  E nell’ultimo mese il titolo in Borsa ha guadagnato quasi il 14%.

LUCIA MORSELLI E I PENTIMENTI DEL M5S

«Una manager dura, diretta, che ha eseguito con metodi discutibili il mandato che le era stato dato dalla casa madre ThyssenKrupp», ma anche «un’interlocutrice preparata e di livello», dicono di Lucia Morselli sindacalisti e dipendenti della Ast di Terni dove l’attuale ad di ArcelorMittal Italia ha ricoperto lo stesso ruolo dal luglio 2014 al marzo 2016, in concomitanza con la difficile vertenza che portò a circa 300 esuberi volontari dall’azienda. Eppure, dicono nelle stanze dei palazzi romani, il viceministro dello Sviluppo economico, Stefano Buffagni (in quota cinque stelle), si starebbe mangiando le mani per averla sponsorizzata.

Stefano Buffagni, viceministro M5s al Mise.

Nei mesi scorsi l’aveva addirittura spinta verso una poltrona nel consiglio di amministrazione di StMicroelectronics (carica da oltre 100 mila euro l’anno, si dice) al posto di Claudia Bugno, già nello staff dell’ex ministro dell’Economia, Giovanni Tria. D’altra parte Morselli è anche «co-programme leader del corso di laurea magistrale in Gestione Aziendale – Business Management» della Link Campus University di Vincenzo Scotti, fucina dell’establishment grillino.  

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La Borsa italiana e il valore dello spread del 7 novembre 2019

Piazza Affari in positivo: occhi puntati su Unicredit, che ha messo in vendita la sua quota in Mediobanca. Il differenziale Btp-Bund riparte da 132 punti base. I mercati in diretta.

Avvio di giornata positivo per Piazza Affari nella seduta di giovedì 7 novembre. L’indice Ftse Mib ha segnato in apertura un rialzo dello 0,49% a 22.490 punti, per poi crescere a +0,9%. La giornata precedente era terminata con un +0,04%. Occhi puntati su Unicredit, che ha messo in vendita l’intera quota di azioni possedute in Mediobanca. Seduta in rialzo per le principali Borse europee. Parigi guadagna lo 0,3% a 5.888 punti, Francoforte lo 0,7% a 13.258 punti e Londra lo 0,3% a 7.423 punti.

LO SPREAD APRE A QUOTA 132 PUNTI BASE

Lo spread tra Btp e Bund è poco mosso in avvio di giornata. Il differenziale ha segnato 132,4 punti, sostanzialmente sugli stessi livelli del giorno precedente. Il rendimento del titolo decennale italiano è pari allo 0,99%.

SEDUTA POSITIVA PER LE BORSE ASIATICHE

Listini di Borsa positivi in Asia e nel Pacifico dopo le dichiarazioni di Gao Feng, portavoce del governo cinese, sul raggiungimento di un accordo con gli Usa per ridurre «gradualmente» le tariffe incrociate che erano state poste sulle importazioni dai due Paesi. Tokyo ha guadagnato lo 0,11%, Shanghai ha chiuso a differenza di Taiwan (-0,4%). Stabile Seul (+0,01%), in deciso rialzo Sidney (+1%), favorita dal rialzo del greggio (Wti +0,5%). Positivi i futures sull’Europa e su Wall Street nonostante il rallentamento della produzione industriale tedesca e in attesa delle vendite al dettaglio in Italia e del bollettino economico della Bce.

GLI AGGIORNAMENTI DEI MERCATI IN DIRETTA

10.27 – L’EUROPA PROSEGUE IN TERRITORIO POSITIVO

Borse europee moderatamente positive in prospettiva di una soluzione sulla guerra dei dazi, dopo l’accordo con gli Usa annunciato da un portavoce del governo cinese. Milano (Ftse Mib +0,9%) è in testa, spinta dalle trimestrali di Unicredit (+4,55%), Generali (+3,63%) e da Pirelli (+2,46%), esposta sulla Cina. Seguono Francoforte (+0,7%), Madrid (+0,5%), Parigi e Londra (+0,3% entrambe). Al rallentatore la produzione industriale tedesca in settembre (-0,6%), mentre sono salite le vendite al dettaglio in Italia (+0,7%) e la Bce ha diffuso il tradizionale bollettino economico mensile. Positivi i futures su Wall Street, in vista delle richieste settimanali di sussidi e del rilascio di credito al consumo. Sugli scudi sulla piazza di Amsterdam ArcelorMittal (+7,27%), dopo un trimestre in linea con le stime degli analisti e le previsioni sulle vendite a fine anno, che rimarranno stabili.

9.58 – MILANO SALE ANCORA

Piazza Affari procede in territorio positivo (Ftse Mib +0,66%), spinta da Unicredit (+4,15%) dopo la cessione dell’8,4% in Mediobanca (-0,33%), piuttosto fiacca, e a seguito di un utile trimestrale salito di oltre l’8%.

9.21 – TUTTI I LISTINI EUROPEI IN RIALZO

Apertura in rialzo per le principali Borse europee. Parigi guadagna lo 0,38% a 5.888 punti, Francoforte lo 0,59% a 13.258 punti e Londra lo 0,36% a 7.423 punti.

9.06 – UNICREDIT CORRE IN BORSA

Avvio sprint per Unicredit in Piazza Affari dopo la cessione del pacchetto dell’8,4% in Mediobanca e i conti trimestrali. Il titolo ha segnato un rialzo del 3,8% a 12,55 euro. Piatto l’andamento delle azioni di Piazzetta Cuccia (-0,23% a 10,77 euro).

9.02 – PIAZZA AFFARI APRE IN POSITIVO

Avvio di seduta positivo per Piazza Affari. L’indice Ftse Mib segna un rialzo dello 0,49% a 22.490 punti.

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Unicredit ha messo in vendita tutta la quota detenuta in Mediobanca

Si tratta dell’8,4% del capitale. L’operazione ha un controvalore di circa 800 milioni di euro. La mossa va in direzione contraria rispetto alla recente crescita di Del Vecchio nell’azionariato di Piazzetta Cuccia.

Unicredit ha messo in vendita, attraverso un accelerated book building, l’intera quota dell’8,4% detenuta in Mediobanca. Agli attuali valori di mercato l’operazione ha un controvalore di circa 800 milioni di euro. L’istituto guidato da Jean Pierre Mustier ha fatto sapere che il collocamento sarà effettuato nei confronti di «alcuni investitori istituzionali», dunque il “pacchetto” verrà spezzettato. Ma la ratio che sta dietro all’iniziativa è difficile da afferrare.

IN DIREZIONE CONTRARIA RISPETTO A DEL VECCHIO

Unicredit è il primo azionista di Mediobanca e la mossa dell’amministratore delegato, che ricalca le modalità con cui è stata ceduta Fineco, è l’ultima di una serie ininterrotta di dismissioni, che comprendono la polacca Bank Pekao, l’asset manager Pioneer, le attività di elaborazione dei pagamenti con carte in Italia, Germania e Austria e la banca ucraina Ukrsotsbank. In vendita anche un pacchetto di immobili non strumentalii per un valore complessivo di 1 miliardo, mentre nel corso del 2019 sono state emesse obbligazioni per circa 10 miliardi. L’addio a Mediobanca va inoltre in direzione contraria rispetto alla recente crescita della Delfin di Leonardo Del Vecchio nell’azionariato di piazzetta Cuccia, che nel giro di un mese si è portata al 7,52%. Vincent Bolloré è invece sceso al 6,73%. Sullo sfondo la partita per le assicurazioni Generali, di cui Mediobanca possiede il 13%.

UNICREDIT «NON INTERFERIRÀ» CON IL COLLOCAMENTO

Il book building per la cessione di Mediobanca inizierà immediatamente. BofA Securities, Morgan Stanley e Unicredit Corporate & Investment Banking sono i Joint Bookrunners. Unicredit, come detto sopra, ha dato mandato di collocare le azioni presso più investitori e si è impegnata a «non interferire» con la loro assegnazione. La banca ha inoltre dichiarato che il ricavato della dismissione sarà reinvestito «nello sviluppo delle attività dei suoi clienti».

PLUSVALENZA LORDA DI 50 MILIONI EURO O POCO PIÙ

Il collocamento sta avvenendo in un range di prezzo compreso tra i 10,53 euro per azione e i 10,78 euro del prezzo di chiusura di Borsa del 6 novembre. Al prezzo minimo della forchetta ci sarebbe uno sconto del 2,3%. La quota posseduta da Unicredit è iscritta nel bilancio 2018 a 9,89 euro per azione. Dunque l’istituto, che il 7 novembre presenterà i conti dei primi nove mesi del 2019, ne uscirà con una plusvalenza lorda piuttosto esigua: 50 milioni di euro o poco più.

GLI SCENARI PER IL FUTURO

L’addio a Mediobanca può comunque aprire scenari nuovi per Unicredit. Negli ultimi due anni non sono mancate le speculazioni su una possibile virata sempre più prepotente verso l’estero. Al gruppo di piazza Gae Aulenti è stata accostata prima Societè Generale, dove lo stesso Mustier ha lavorato; poi la tedesca Commerzbank, che in primavera era alla ricerca di un partner dopo il fallimento delle trattative con Deutsche Bank. Ipotesi che Unicredit ha sempre rifiutato di commentare. D’altro canto il consolidamento del settore, anche a livello europeo, è diventata una chiara esigenza. E lo stesso Mustier ha rimarcato la necessita di avere istituti più grandi e paneuropei. Qualche schiarita potrebbe arrivare con il nuovo piano industriale, la cui presentazione è prevista fra un mese.

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