Green Deal: l’Ue apre ad aiuti per casi come l’Ilva

Una speranza per l’Ilva di Taranto potrebbe arrivare dall’Europa. Più precisamente dal Green Deal. Il nuovo Fondo europeo per la..

Una speranza per l’Ilva di Taranto potrebbe arrivare dall’Europa. Più precisamente dal Green Deal.

Il nuovo Fondo europeo per la transizione verso un’economia verde partirà con un stanziamento di base di 7,5 miliardi e dal 2021 permetterà di finanziare con risorse pubbliche «la modernizzazione» di grandi impianti industriali e «la bonifica di siti contaminati» – e quindi potenzialmente anche Taranto – senza violare le regole Ue sugli aiuti di Stato.

È quanto emerge dalla bozza delle proposte che la Commissione europea presenterà martedì prossimo di cui l’Ansa ha preso visione.

LEGGI ANCHE: Cosa è il Green Deal dell’Unione europea

PER L’UE IN 7 ANNI SI POTRANNO MOBILITARE FINO A 50 MLD

La Commissione Ue propone che il nuovo fondo (Fte) sia accessibile «a tutti gli Stati membri» e rientri all’interno delle politiche di coesione. Il fondo potrà contare su 7,5 miliardi di euro di risorse fresche per il 2021-2027. A questo stanziamento si aggiungeranno i cofinanziamenti nazionali e le risorse che gli Stati dovranno trasferire dai fondi per lo sviluppo regionale (Fesr) e sociale (Fse+). Il meccanismo alla base della proposta prevede che per ogni euro ricevuto dal Fte, i Paesi trasferiscano «da un minimo di 1,5 a un massimo di 3 euro» provenienti dagli altri fondi Ue. Secondo Bruxelles, grazie a questo meccanismo in sette anni potranno essere mobilitati fondi pubblici «fra i 30 e i 50 miliardi». Lo strumento rientrerà in un più ampio Meccanismo per la transizione verde che ambisce ad attirare investimenti pubblici e privati per 100 miliardi. La Commissione chiede che siano i Paesi a «identificare i territori» bisognosi del sostegno del Fte, che in Italia coincideranno con le Province (categorizzate tecnicamente come NUTS 3), e a redigere piani di transizione territoriale ad hoc. Il Fte potrà finanziare anche «investimenti produttivi in aziende diverse dalle Pmi», quando «sono necessari per l’attuazione dei piani di transizione territoriali».

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L’altoforno 2 dell’Ilva non deve essere spento

Il Tribunale del Riesame ha accolto il ricorso degli amministratori straordinari dell’acciaieria. Evitata la cassa integrazione per oltre 2 mila lavoratori. E le trattative tra governo e ArcelorMittal possono ripartire.

Il Tribunale del Riesame ha accolto il ricorso degli amministratori straordinari dell’Ilva: l’altoforno 2 non deve essere spento. Le trattative tra il governo e ArcelorMittal possono quindi ripartire, alla luce di questo nuovo elemento che arriva dalla magistratura.

Il 10 dicembre il Tribunale di Taranto aveva respinto la richiesta di rimandare lo spegnimento dell’impianto, che non è a norma e che era stato sequestrato nel 2015 dopo la morte dell’operaio Alessandro Morricella. Il giudice aveva ritenuto pericoloso concedere un’ulteriore proroga, ma il Riesame, in sede d’appello, ha stabilito diversamente.

Adesso i commissari dell’Ilva avranno il tempo per eseguire i necessari lavori di ristrutturazione, tra cui l’automazione del campo di colata, mentre altri interventi di messa in sicurezza sono già stati realizzati.

La pronuncia del Riesame, in ogni caso, evita il rischio che l’attuale cassa integrazione ordinaria per 1.273 lavoratori si allarghi fino a coinvolgere 3.500 addetti, mossa annunciata da ArcelorMittal subito dopo il verdetto del giudice di primo grado.

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Conte a Taranto rassicura sul futuro dell’Ilva

Il premier in città fa visita all’ospedale e agli operai. E promette: «Sul piano industriale ci mettiamo la faccia, ho fiducia nel rilancio di quest’area».

La vigilia di Natale a Taranto, per assicurare l’impegno dello Stato sulla delicata questione che vede al centro lo stabilimento ArcelorMittal. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha trascorso la giornata del 24 dicembre prima in ospedale e poi con gli operai, ribadendo la ferma volontà del governo di far fronte alla vertenza.

«SUL PIANO INDUSTRIALE LO STATO CI METTE LA FACCIA»

«Stiamo lavorando al piano industriale, abbiamo ormai confermato che ci sarà il coinvolgimento dello Stato, lo Stato ci metterà la faccia», ha detto Conte. «Vogliamo migliorare questo piano, renderlo sempre meno carbonizzato, lo Stato è una garanzia per tutti». «Sono qui per portare la testimonianza dell’attenzione e della premura per questa comunità ferita», ha spiegato il premier nel corso di un punto stampa. «Quando sono venuto qui ho promesso che il sistema Italia avrebbe lavorato per alleviare le sofferenze».

«MOLTO FIDUCIOSO SUL RILANCIO DI QUESTA CITTÀ»

«Alcune misure le abbiamo approvate, altre le approveremo», ha poi proseguito Conte soffermandosi sul decreto “cantiere Taranto” che il governo è chiamato a varare nei prossimi giorni. «Nel complesso sta venendo una bella risposta che offriamo per il rilancio di questa città. Sono molto fiducioso, l’Italia è membro del G7, è impossibile che l’Italia non riesca a risollevare una città».

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Prima intesa sull’Ilva tra i commissari e ArcelorMittal

Messe nero su bianco le basi della futura negoziazione che si protrarrà fino al 31 gennaio per trovare un accordo vincolante. Resta irrisolta la questione degli esuberi.

I commissari straordinari dell’Ilva e ArcelorMittal hanno raggiunto un’intesa di base per la trattativa della ristrutturazione del contratto originario di affitto e vendita degli stabilimenti e per l’operazione finanziaria di rilancio del polo siderurgico con base a Taranto. «Mi risulta che si stia firmando in questo momento un documento che si chiama heads of agreement che si limita a indicare le basi per una futura negoziazione che si svolgerà fino al 31 gennaio al fini dei raggiungere un accordo vincolante», ha anticipato uno degli avvocati di ArcelorMittal in tribunale a Milano.

RINVIATA L’UDIENZA CON AL CENTRO IL RICORSO

L’avvocato Ferdinando Emanuele, uno dei legali che assistono il gruppo franco-indiano, davanti all’aula dove si terrà l’udienza con al centro il ricorso cautelare presentato dai commissari, ha spiegato che anche loro, come ha fatto la controparte, chiederanno un rinvio. «Siamo abbastanza soddisfatti», ha detto il direttore generale Claudio Sforza dopo la firma del protocollo d’intesa con ArcelorMittal. «Abbastanza perché questo è solo un pre-accordo, ora c’è un percorso da fare, ma ci sono elementi per poter lavorare. La soddisfazione piena arriverà soltanto dopo».

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Il 30 dicembre si decide sul ricorso contro lo stop all’altoforno 2 dell’Ilva

A ridosso della fine dell’anno si deciderà sul ricordo dei commissari straordinari contro la decisone del Tribunale di Taranto sul blocco dell’impianto.

È stata fissata per il 30 dicembre la decisione in camera di consiglio sul ricorso dell’Ilva in amministrazione straordinaria contro lo stop all’altoforno due dell’acciaieria di Taranto. È dello scorso 10 dicembre la decisione del Tribunale di Taranto che ha rigettato la richiesta di proroga presentata dai commissari straordinari Ilva sull’uso dell’Altoforno, sequestrato e dissequestrato più volte nel corso dell’inchiesta sull’incidente che nel 2015 costò la vita all’operaio Alessandro Morricella.

LEGGI ANCHE: Cosa prevede la bozza del decreto Taranto

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Si spegne l’Altoforno 2 dell’Ilva: 3.500 in cassa integrazione

Dopo la decisione dei giudici di Taranto, ArcelorMittal ha comunicato ai sindacati l’avvio della Cig straordinaria.

«L’azienda ha informato le organizzazioni sindacali che, in seguito al rigetto dell’istanza avanzata dai Commissari dell’Ilva in amministrazione straordinaria di proroga allo spegnimento dell’Altoforno 2, a breve invieranno alle stesse l’avvio della procedura di cassa integrazione straordinaria per 3.500 unità», ha annunciato la Fim Cisl Taranto-Brindisi, precisando che «nelle 3.500 unità sono compresi 1.273 che sarebbero stati collocati in Cigo».

I COMMISSARI STRAORDINARI VALUTANO IL RICORSO IN APPELLO

I commissari straordinari dell’Ilva in As stanno valutando il ricorso al Tribunale dell’appello contro la decisione del giudice Francesco Maccagnano, che ieri ha respinto l’istanza di proroga della facoltà d’uso che scadrà venerdì 13 dicembre. L’impianto fu sequestrato nel giugno del 2015 dopo l’incidente sul lavoro costato la cita all’operaio Alessandro Morricella, investito da una fiammata mista a ghisa incandescente mentre misurava la temperatura del foro di colata dell’Altoforno 2.

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No dei giudici alla proroga: l’Altoforno 2 dell’Ilva si ferma

Il tribunale di Taranto dice no alla richiesta dei commissari dell’impianto di rimandare lo spegnimento. Resta il ricorso al tribunale del Riesame.

Mentre governo e ArcelorMittal tentano di individuare un percorso condivisibile per arrivare a un nuovo accordo sul turnaround dell’ex Ilva, tutti gli stabilimenti dell’ultimo colosso siderurgico italiano, sono fermi per lo sciopero indetto dai sindacati. E una tegola arriva in serata: il tribunale di Taranto rigetta la richiesta di proroga per l’attività dell’Altoforno 2 avanzata dai commissari al tribunale di Taranto. Questo tradotto vuol dire il possibile inizio delle operazioni di fermata degli impianti dal 13 dicembre. Anche se c’è un ulteriore spiraglio: fare ricorso al Tribunale del riesame.

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Safilo taglia 700 posti su 2.600: nel nuovo piano via un lavoratore su quattro

La ristrutturazione legata alla fine delle licenze del lusso Lvmh, inclusa quella con Dior. Aperto un tavolo negoziale coi sindacati.

Un piano industriale ‘lacrime e sangue’ con 700 dei 2.600 dipendenti in Italia dichiarati in esubero. In pratica quasi un lavoratore su quattro. Safilo, il gruppo di occhialeria fondato nel 1934 da Guglielmo Tabacchi e dal 2009 controllato dal fondo olandese Hal, ha comunicato il suo nuovo piano quinquennale, che fa leva su una profonda trasformazione digitale e su un drammatico ridimensionamento delle attività italiane.

EFFETTO DELLO STOP A LICENZE DI LVMH

La fine “delle licenze del lusso Lvmh“, inclusa quella con Dior, rende “necessario” un “piano di riorganizzazione e ristrutturazione industriale” con “conseguente riallineamento delle proprie strutture” al “nuovo scenario produttivo che l’azienda si troverà presto a dover gestire”. Dopo il 2021 Safilo, che ha circa 6.700 dipendenti a livello globale, perderà infatti circa 200 milioni di ricavi legati alle licenze con il colosso del lusso francese, che produrrà direttamente i suoi occhiali attraverso The’lios, la joint-venture con Marcolin.

APERTO UN TAVOLO NEGOZIALE CON I SINDACATI

Safilo, che accumula ininterrottamente perdite dal 2015, ha subito «aperto un tavolo negoziale» con i sindacati «al fine di individuare tutti gli ammortizzatori sociali disponibili per limitare gli impatti» sui dipendenti. «Nonostante il tentativo di far emergere soluzioni alternative» il piano ha «un impatto su un numero significativo di persone» ha ammesso l’ad Angelo Trocchia, impegnandosi a cercare le soluzioni “migliori” e più «responsabili» per i lavoratori.

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Conte spinge per l’ingresso dello Stato nell’Ilva

Il premier: «Prevediamo anche la partecipazione di una società pubblica, per rendere il piano industriale più sostenibile». L’obiettivo è ridurre i drastici tagli alla forza lavoro chiesti da ArcelorMittal.

Il premier Giuseppe Conte crede nell’ingresso dello Stato per evitare il drastico ridimensionamento dell’Ilva, dopo che ArcelorMittal ha presentato un piano industriale con la richiesta di 4.700 esuberi entro il 2023 per tenersi gli impianti italiani.

SÌ ALL’INGRESSO DI UNA (O PIÙ) SOCIETÀ PUBBLICHE

Il presidente del Consiglio, a margine di un convegno organizzato da Eni, ha detto infatti che nella trattativa con la multinazionale franco-indiana «il governo prevede anche la partecipazione di una società pubblica, per rendere il piano industriale più sostenibile». Tradotto: per evitare che la forza lavoro venga falcidiata, con costi sociali pesantissimi soprattutto nell’area di Taranto. No comment, invece, sulle indiscrezioni di stampa secondo cui ArcelorMittal potrebbe offrire 1 miliardo di euro allo Stato in cambio del proprio disimpegno.

CONTROPROPOSTA DEL GOVERNO SUGLI ESUBERI

Il premier ha ripercorso le ultime tappe della vicenda, chiamando direttamente in causa Lakshmi Mittal: «È venuto a Palazzo Chigi e nel primo incontro c’è stata un’interruzione del dialogo, perché le posizioni dell’azienda erano inaccettabili. Nel secondo incontro lui stesso ha dichiarato che c’è stato un ottimo dialogo con il governo per l’avvio di un negoziato». Ma i 4.700 esuberi «sono già stati respinti e stiamo facendo delle controproposte».

IPOTESI SGRAVI TRIENNALI PER CHI ASSUME OPERAI IN USCITA

Alla vigilia dello sciopero proclamato dai sindacati, con manifestazione nazionale a Roma il 10 dicembre, anche il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli ha fatto cenno al possibile intervento della mano pubblica: «Lo Stato entra attraverso il ministero dell’Economia». Non è ancora chiaro, tuttavia, quale dovrebbe essere la società chiamata a farsi avanti, né se si tratti di uno o più soggetti. Quanto agli esuberi, Patuanelli ha detto che «lavoriamo perché siano il minor numero possibile, ma anche per dare altre opportunità occupazionali attraverso Fincantieri e Snam». Tra le ipotesi al vaglio un fondo da 50 milioni e incentivi rafforzati, con sgravi che arriverebbero al 100% per tre anni, per chi assume lavoratori in uscita dall’acciaieria.

L’INCHIESTA SULL’ALTOFORNO 2

Intanto, sul fronte giudiziario, è arrivato il parere favorevole dei pm di Taranto alla richiesta di proroga presentata dai commissari sull’uso dell’altoforno 2, sequestrato e dissequestrato più volte nell’inchiesta sulla morte dell’operaio Alessandro Morricella.

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I pm di Taranto favorevoli alla proroga per l’altoforno 2 dell’Ilva

L’impianto è stato sequestrato e dissequestrato più volte dopo la morte dell’operaio Alessandro Morricella. La sentenza del giudice entro il 13 dicembre.

I pm di Taranto sono favorevoli alla richiesta di proroga presentata dai commissari straordinari dell’Ilva sull’uso dell’altoforno 2, sequestrato e dissequestrato più volte nell’inchiesta sulla morte dell’operaio Alessandro Morricella.

LEGGI ANCHE: Conte spinge per l’ingresso dello Stato nell’Ilva

CHIESTO UN ANNO DI TEMPO PER LA MESSA A NORMA

I commissari chiedono un anno di tempo per mettere a norma l’impianto, ottemperando alle prescrizioni che prevedono di automatizzare il campo di colata. La decisione spetta al giudice Francesco Maccagnano, dinanzi al quale si svolge il processo sulla morte di Morricella, che si esprimerà tra l’11 e il 12 dicembre.

LEGGI ANCHE: ArcelorMittal chiede 4.700 teste per non mollare l’Ilva

IL RISCHIO SPEGNIMENTO

Venerdì 13, se non dovesse essere autorizzata la proroga, scatterebbe lo spegnimento dell’altoforno 2, perché scadono i tre mesi concessi dal Tribunale del Riesame. La procura ha dato parere favorevole dopo aver letto la relazione depositata dal custode giudiziario del polo siderurgico, Barbara Valenzano.

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L’ex Ilva e i sindacati contro la proposta di Arcelor Mittal sugli esuberi

Nella causa davanti ai giudici di Milano la vecchia proprietà afferma che il livello occupazionale era il caposaldo del contratto. Per ogni lavoratore prevista una penale da 150 mila euro.

I posti di lavoro non possono essere oggetto di una trattativa, perché sono il caposaldo del contratto. È questa la posizione, dell’ex Ilva nella causa in corso al tribunale di Milano che porta il nodo esuberi al centro dello scontro legale con la società franco indiana.

LA PENALE DA 150 MILA EURO PER OGNI LAVORATORE

Un negoziato sulle basi presentate il 4 dicembre nel piano di ArcelorMittal, che prevede 4700 esuberi, non può nemmeno iniziare, perché il caposaldo del contratto è l’aspetto occupazionale e il gruppo un anno fa si è impegnato a garantire, indipendentemente dalla situazione del mercato, 10 mila posti di lavoro fino al 2023 con una penale prevista di 150mila euro su ogni lavoratore messo alla porta sotto quella cifra. Circa 705 milioni di euro, quindi, per i quasi 5mila esuberi richiesti.

LA FIOM: NIENTE FIRMA, SCIOPERO IL 10 DICEMBRE

«Dopo lo sciopero del 10 dicembre vedremo se il governo deciderà di aprire un tavolo di trattativa sulla crisi congiunturale», ha detto il segretario generale della Fiom-Cgil, Francesca Re David, a margine di una iniziativa a Milano circa la vicenda dell‘Ilva. «Mittal sapeva benissimo – ha aggiunto – già un anno fa che c’erano i dazi e altre questioni da affrontare. Se c’é un problema congiunturale allora bisogna affrontarlo con strumenti congiunturali. Quindi noi siamo aperti a una discussione che migliori la situazione attuale e affronti le criticità, ma il sindacato non firmerà accordi che prevedono esuberi».

L’IMPEGNO A GARANTIRE 10MILA POSTI

Ma lo scontro non è solo politico, ma legale. Nella causa civile tra ArcelorMittal e l’ex Ilva, il 27 novembre era stato messo un punto fermo, davanti al giudice Claudio Marangoni. Il gruppo franco indiano, tramite il suo ad Lucia Morselli, aveva garantito «il normale funzionamento degli impianti e la continuità produttiva», impegno fondamentale per raggiungere un accordo sul contratto di affitto e acquisizione degli stabilimenti che la multinazionale aveva chiesto di sciogliere con un atto che, invece, i commissari dell’ex Ilva ritengono «illegittimo». E per questo hanno depositato un ricorso cautelare d’urgenza. Il giudice ha rinviato il procedimento al prossimo 20 dicembre per consentire, appunto, alla “trattativa” di «svolgersi sulla base delle intese e degli impegni assunti». Con la presentazione del nuovo piano di Mittal, però, il quadro è cambiato, perché per i commissari dell’ex Ilva le affermazioni del gruppo sugli esuberi sono ritenute assolutamente inaccettabili, senza giustificazioni e improponibili. Un anno fa circa, infatti, ArcelorMittal, vincendo la gara e firmando il contratto, si impegnò a garantire, indipendentemente dalla situazione del mercato, 10mila posti di lavoro e a pagare, in caso contrario, una penale di 150mila euro per ogni lavoratore lasciato a casa.

IN ATTESA DELLE DECISIONI DEL GOVERNO

In sostanza, per l’ex Ilva in amministrazione straordinaria si può sì trattare sulla revisione degli accordi presi, ma non certo sul caposaldo del contratto che è l’aspetto occupazionale. A questo punto, anche sul fronte della causa si aspettano le decisioni che prenderà il governo rispetto al nuovo piano del gruppo. Mittal, rappresentata, tra gli altri, dai legali Romano Vaccarella e Ferdinando Emanuele, avrà tempo fino al 16 dicembre per depositare, nell’eventualità di un naufragio delle intese, una propria memoria nel procedimento sul ricorso cautelare dei commissari, assistiti tra gli altri dagli avvocati Giorgio De Nova ed Enrico Castellani. Se si andasse avanti nel negoziato, invece, le parti di comune accordo potrebbero anche chiedere al giudice un rinvio dell’udienza almeno fino a gennaio.

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Il nuovo piano di ArcelorMittal per l’Ilva prevede 4.700 esuberi

Si passerebbe da oltre 10 mila occupati a poco più di 6 mila entro il 2023.

Rispetto alle richieste iniziali, il passo indietro è quasi impercettibile. Il nuovo piano industriale di ArcelorMittal per l’Ilva prevede infatti 4.700 esuberi, da portare a termine entro il 2023.

La forza lavoro passerebbe dunque, nel giro di quattro anni, dagli attuali 10.789 occupati a 6.098. La notizia arriva dai partecipanti al tavolo sulla crisi del polo siderurgico, in corso in queste ore al ministero dello Sviluppo economico

La multinazionale franco-indiana, il 6 novembre, aveva detto al premier Giuseppe Conte di volere 5 mila esuberi per tenersi gli stabilimenti italiani, provocando la levata di scudi di tutto il governo e dei sindacati. Adesso ne chiede 300 in meno.

Il ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli, non si fa troppe illusioni: «La strada è stretta e in salita. L’obiettivo è garantire la continuità produttiva. È necessario un confronto costruttivo e onesto, che si sviluppi nel tempo parallelamente alle previsioni sul piano industriale e a tutto quello che stiamo cercando di fare. Non sarà semplice, ma c’è bisogno di tutti».

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Dalle banche all’Ilva, l’autunno caldo delle vertenze

Non solo gli 8 mila esuberi annunciati da Unicredit. Sindacati sul piede di guerra per i possibili tagli in Alitalia e le crisi che riguardano Auchan, Whirlpool e La Perla.

Gli 8 mila esuberi annunciati da Unicredit nell’arco del piano 2020-2023 in Europa occidentale, di cui circa 5.500-6 mila dipendenti in Italia, sono solo gli ultimi di una serie di tagli, nel settore bancario e non solo, che il mercato del lavoro è chiamato a fronteggiare in realtà più o meno grandi e dislocate da Nord a Sud del Paese.

DALL’EX ILVA AD ALITALIA, SI RISCHIANO ALTRE MIGLIAIA DI ESUBERI

A questi si aggiunge, restando alle vertenze riesplose negli ultimi mesi, il rischio di altre migliaia di esuberi, a partire dall’ex Ilva fino ad Alitalia, sulle quali pendono come una spada di Damocle cifre altrettanto consistenti: casi in cui si è parlato di una possibile richiesta, finora mai ufficializzata, di 5 mila tagli. Segno di una situazione occupazionale in sofferenza, nonostante i passi verso la ripresa certificati dai dati più recenti, che allarma i lavoratori ed i sindacati e travolge rami e settori più disparati: non solo banche, grandi industrie e multinazionali.

NEL MIRINO DEI TAGLI ANCHE SUPERMERCATI ED ELETTRODOMESTICI

Nell’occhio del ciclone ci sono tagli che vanno dai supermercati al comparto degli elettrodomestici alla moda. E per far fronte ai quali è necessario mettere in campo, e rafforzare – è l’imperativo ricorrente dei sindacati -, gli ammortizzatori sociali. Insieme a una politica industriale. «Il tema del lavoro e della crescita è in caduta libera nel nostro Paese. Abbiamo 160 crisi aziendali aperte, ma non ne abbiamo una che sia stata risolta da due anni a questa parte», ammonisce la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan. È «la cartina di tornasole di un Paese fermo, bloccato, della mancanza di una strategia di politica industriale. Tutte le volte che ci sono ristrutturazioni si annunciano esuberi in tutti i settori. Ma la politica intanto parla e discute d’altro», attacca la leader della Cisl.

IN 400 RISCHIANO IL POSTO NELLO STABILIMENTO WHIRLPOOL

Vertenze che spesso non presentano differenze, se non nei numeri. Il piano industriale illustrato poco più di un mese fa da Conad per il salvataggio di Auchan prevede oltre 3 mila esuberi a cui vengono offerte «soluzioni occupazionali diverse», come i ricollocamenti presso la rete Conad o reti di terzi. Tra le ultime vertenze aperte quella dello stabilimento Whirlpool di Napoli, dove attualmente si producono lavatrici, e il futuro per i suoi oltre 400 dipendenti. O, solo per ricordare un altro caso recente, La Perla, lo storico marchio bolognese della lingerie, che nelle scorse settimane ha annunciato 126 esuberi.

TRE MANIFESTAZIONI INDETTE DAI SINDACATI

Una situazione allarmante, per i sindacati. Cgil, Cisl e Uil, proprio contro i licenziamenti, a sostegno dell’occupazione e delle vertenze aperte, per l’estensione degli ammortizzatori sociali e in generale per l’industria e il Mezzogiorno, saranno in piazza il 10 dicembre per la prima delle tre manifestazioni-assemblee nazionali che si svolgeranno a Roma, nell’ambito della settimana di mobilitazione indetta per sostenere la piattaforma unitaria, per la manovra in corso di approvazione sia in vista del prossimo Def. Le altre due iniziative in programma il 12 e il 17 dicembre, per chiedere il rinnovo dei contratti pubblici e privati e una riforma fiscale per una redistribuzione a vantaggio dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, per i quali i sindacati reclamano anche una «effettiva» rivalutazione degli assegni.

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Dalle banche all’Ilva, l’autunno caldo delle vertenze

Non solo gli 8 mila esuberi annunciati da Unicredit. Sindacati sul piede di guerra per i possibili tagli in Alitalia e le crisi che riguardano Auchan, Whirlpool e La Perla.

Gli 8 mila esuberi annunciati da Unicredit nell’arco del piano 2020-2023 in Europa occidentale, di cui circa 5.500-6 mila dipendenti in Italia, sono solo gli ultimi di una serie di tagli, nel settore bancario e non solo, che il mercato del lavoro è chiamato a fronteggiare in realtà più o meno grandi e dislocate da Nord a Sud del Paese.

DALL’EX ILVA AD ALITALIA, SI RISCHIANO ALTRE MIGLIAIA DI ESUBERI

A questi si aggiunge, restando alle vertenze riesplose negli ultimi mesi, il rischio di altre migliaia di esuberi, a partire dall’ex Ilva fino ad Alitalia, sulle quali pendono come una spada di Damocle cifre altrettanto consistenti: casi in cui si è parlato di una possibile richiesta, finora mai ufficializzata, di 5 mila tagli. Segno di una situazione occupazionale in sofferenza, nonostante i passi verso la ripresa certificati dai dati più recenti, che allarma i lavoratori ed i sindacati e travolge rami e settori più disparati: non solo banche, grandi industrie e multinazionali.

NEL MIRINO DEI TAGLI ANCHE SUPERMERCATI ED ELETTRODOMESTICI

Nell’occhio del ciclone ci sono tagli che vanno dai supermercati al comparto degli elettrodomestici alla moda. E per far fronte ai quali è necessario mettere in campo, e rafforzare – è l’imperativo ricorrente dei sindacati -, gli ammortizzatori sociali. Insieme a una politica industriale. «Il tema del lavoro e della crescita è in caduta libera nel nostro Paese. Abbiamo 160 crisi aziendali aperte, ma non ne abbiamo una che sia stata risolta da due anni a questa parte», ammonisce la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan. È «la cartina di tornasole di un Paese fermo, bloccato, della mancanza di una strategia di politica industriale. Tutte le volte che ci sono ristrutturazioni si annunciano esuberi in tutti i settori. Ma la politica intanto parla e discute d’altro», attacca la leader della Cisl.

IN 400 RISCHIANO IL POSTO NELLO STABILIMENTO WHIRLPOOL

Vertenze che spesso non presentano differenze, se non nei numeri. Il piano industriale illustrato poco più di un mese fa da Conad per il salvataggio di Auchan prevede oltre 3 mila esuberi a cui vengono offerte «soluzioni occupazionali diverse», come i ricollocamenti presso la rete Conad o reti di terzi. Tra le ultime vertenze aperte quella dello stabilimento Whirlpool di Napoli, dove attualmente si producono lavatrici, e il futuro per i suoi oltre 400 dipendenti. O, solo per ricordare un altro caso recente, La Perla, lo storico marchio bolognese della lingerie, che nelle scorse settimane ha annunciato 126 esuberi.

TRE MANIFESTAZIONI INDETTE DAI SINDACATI

Una situazione allarmante, per i sindacati. Cgil, Cisl e Uil, proprio contro i licenziamenti, a sostegno dell’occupazione e delle vertenze aperte, per l’estensione degli ammortizzatori sociali e in generale per l’industria e il Mezzogiorno, saranno in piazza il 10 dicembre per la prima delle tre manifestazioni-assemblee nazionali che si svolgeranno a Roma, nell’ambito della settimana di mobilitazione indetta per sostenere la piattaforma unitaria, per la manovra in corso di approvazione sia in vista del prossimo Def. Le altre due iniziative in programma il 12 e il 17 dicembre, per chiedere il rinnovo dei contratti pubblici e privati e una riforma fiscale per una redistribuzione a vantaggio dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, per i quali i sindacati reclamano anche una «effettiva» rivalutazione degli assegni.

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Francesco Caio consulente del governo con ArcelorMittal

L’ex numero uno di Poste scelto dai giallorossi per negoziare con i franco-indiani sul futuro dell’ex Ilva di Taranto. Il ministro dello Sviluppo economico Patuanelli: «Manager di valore che può trattare nell’interesse dello Stato». Da Saipem a Lehman Brothers, passando per il suo super stipendio contestato: la carriera.

Un dirigente di esperienza per negoziare con ArcelorMittal sul futuro dell’ex Ilva di Taranto. La scelta del governo è ricaduta su Francesco Caio, presidente del consiglio di amministrazione di Saipem ed ex amministratore delegato di Poste italiane. A lui l’incarico di consulente dei giallorossi per trattare con i franco-indiani.

«MANAGER ITALIANO DI COMPROVATO VALORE»

Il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha confermato a Radio 24: «È un manager italiano di comprovato valore. Ritengo abbia la capacità di trattare nel pieno interesse dello Stato» e questo «potrebbe essere utile al Paese». In vista dell’incontro di mercoledì 4 dicembre al Mise Patuanelli ha poi spiegato che «ai sindacati illustreremo, insieme all’azienda, l’attuale situazione: stiamo cercando di capire se c’è una soluzione di continuità produttiva, che però non può restare ancorata alle modalità produttive di prima».

SCELTO ANCHE DA LETTA COME MISTER DIGITALE

Non è la prima volta che Caio lavora per il governo italiano. Nel 2013 fu scelto da Enrico Letta come responsabile dell’agenda digitale. Un’altra collaborazione è datata 2009. Caio è stato a Omnitel, Olivetti, Indesit prima di trasferirsi all’estero con gli incarichi di Ceo di Cable & Wireless e di vice chairman di Nomura e Lehman Brothers. Nel 2014 il suo nome spuntò anche nella partita per Finmeccanica. Ma rimase un’ipotesi.

LA GUIDA DI POSTE E QUELLA CONTESTAZIONE SULLO STIPENDIO

In quell’anno andò a guidare invece Poste e nel 2015 fu vittima di una dura contestazione dei suoi dipendenti, tra urla, proteste e insulti. Nel mirino c’era la politica industriale del manager. Quando alla domanda «quanto prende lei?» Caio rispose «guadagno 1 milione e 200 mila euro», si scatenò ulteriormente il parapiglia per quel salario da 100 mila euro al mese contro lo stipendio medio da 1.200 euro di un dipendente di Poste. Con i tarantini, dovesse capitare un confronto, forse è meglio parlare di altro.

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Francesco Caio consulente del governo con ArcelorMittal

L’ex numero uno di Poste scelto dai giallorossi per negoziare con i franco-indiani sul futuro dell’ex Ilva di Taranto. Il ministro dello Sviluppo economico Patuanelli: «Manager di valore che può trattare nell’interesse dello Stato». Da Saipem a Lehman Brothers, passando per il suo super stipendio contestato: la carriera.

Un dirigente di esperienza per negoziare con ArcelorMittal sul futuro dell’ex Ilva di Taranto. La scelta del governo è ricaduta su Francesco Caio, presidente del consiglio di amministrazione di Saipem ed ex amministratore delegato di Poste italiane. A lui l’incarico di consulente dei giallorossi per trattare con i franco-indiani.

«MANAGER ITALIANO DI COMPROVATO VALORE»

Il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha confermato a Radio 24: «È un manager italiano di comprovato valore. Ritengo abbia la capacità di trattare nel pieno interesse dello Stato» e questo «potrebbe essere utile al Paese». In vista dell’incontro di mercoledì 4 dicembre al Mise Patuanelli ha poi spiegato che «ai sindacati illustreremo, insieme all’azienda, l’attuale situazione: stiamo cercando di capire se c’è una soluzione di continuità produttiva, che però non può restare ancorata alle modalità produttive di prima».

SCELTO ANCHE DA LETTA COME MISTER DIGITALE

Non è la prima volta che Caio lavora per il governo italiano. Nel 2013 fu scelto da Enrico Letta come responsabile dell’agenda digitale. Un’altra collaborazione è datata 2009. Caio è stato a Omnitel, Olivetti, Indesit prima di trasferirsi all’estero con gli incarichi di Ceo di Cable & Wireless e di vice chairman di Nomura e Lehman Brothers. Nel 2014 il suo nome spuntò anche nella partita per Finmeccanica. Ma rimase un’ipotesi.

LA GUIDA DI POSTE E QUELLA CONTESTAZIONE SULLO STIPENDIO

In quell’anno andò a guidare invece Poste e nel 2015 fu vittima di una dura contestazione dei suoi dipendenti, tra urla, proteste e insulti. Nel mirino c’era la politica industriale del manager. Quando alla domanda «quanto prende lei?» Caio rispose «guadagno 1 milione e 200 mila euro», si scatenò ulteriormente il parapiglia per quel salario da 100 mila euro al mese contro lo stipendio medio da 1.200 euro di un dipendente di Poste. Con i tarantini, dovesse capitare un confronto, forse è meglio parlare di altro.

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I commissari Ilva e ArcelorMittal verso un accordo per la continuità della produzione

Gli avvocati di entrambe le parti sono fiduciosi dopo la prima udienza al Tribunale di Milano.

I commissari dell’Ilva e i vertici di ArcelorMittal vanno verso un accordo per consentire la continuità della produzione negli stabilimenti italiani.

Gli avvocati di entrambe le parti, dopo l’udienza che si è svolta a Milano sul ricorso d’urgenza presentato dagli amministratori straordinari dell’acciaieria, hanno fatto filtrare un certo ottimismo.

«Ci sono degli impegni assunti secondo quanto previsto», ha detto infatti Giorgio De Nova, legale dei commissari Ilva, «c’è un clima positivo e quando le udienze sono così corte… comunque, c’è sempre da lavorare».

LEGGI ANCHE: L’intervento dei pm di Milano nella vicenda dell’Ilva

Anche per l’avvocato Enrico Castellani «ci sono le basi per una trattativa che possa arrivare a un accordo». E sulla stessa linea si è espresso Ferdinando Emanuele, legale di ArcelorMittal.

Entrambi hanno comunque precisato che il presidente del Tribunale di Milano, Claudio Marangoni, giudice davanti al quale si svolge il procedimento civile, fornirà alla stampa un comunicato in merito all’udienza di oggi, che è stata aggiornata al prossimo 20 dicembre.

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Mittal, trovato l’accordo per il pagamento dell’indotto

Nel frattempo, prende quota l’ipotesi di un rinvio dell’udienza sul ricorso dei commissari. La condizione è che la multinazionale si impegni a riprendere l’attività che aveva iniziato a sospendere.

Spunta l’ipotesi di un rinvio di qualche settimana dell’udienza fissata per il 27 novembre sul ricorso cautelare presentato dai commissari dell’ex Ilva per fermare l’addio di ArcelorMittal. Secondo quanto riferito dall’Ansa, se si troveranno le condizioni, e in particolare se il gruppo franco-indiano si impegnerà a riprendere l’attività che aveva iniziato a sospendere, i legali delle parti in via congiunta potrebbero chiedere una nuova data per dar tempo, nella trattativa a tre in cui si inserisce anche il governo, di arrivare a un accordo anche a seguito dell’incontro di venerdì 22 novembre.

L’INCONTRO DECISIVO TRA MITTAL E UNA DELEGAZIONE DI IMPRESE

Nel frattempo, all’ottavo giorno di presidio, è stato raggiunto l’accordo per il pagamento delle aziende dell’indotto. Ad annunciarlo è stato il governatore pugliese Michele Emiliano: «Abbiamo raggiunto un accordo per il quale entro domani (26 novembre, ndr) sarà pagato il 100% dello scaduto al 31 ottobre. Significa che si allineano con i pagamenti». Emiliano ha parlato a conclusione di un incontro nel siderurgico di Taranto sul pagamento delle imprese dell’indotto con il capo del personale di ArcelorMittal Arturo Ferrucci e altri dirigenti dello stabilimento, il presidente di Confindustria Taranto Antonio Marinaro, il sindaco Rinaldo Melucci e una delegazione di imprese dell’indotto.

Domani, se verrà pagato il 100% dello scaduto al 31 ottobre, il blocco verrà rimosso e si ricomincerà a lavorare normalmente

Michele Emiliano

«L’incontro», ha aggiunto Emiliano, «si è concluso positivamente. Domani ne è previsto un altro qui per verificare, davanti ai nostri occhi, l’emissione dei bonifici. Speriamo che tutto vada bene. Io non sono né ottimista né pessimista: devo però dare atto che dopo la riunione di ieri e con la presa di posizione così severa e forte di tutte le imprese che rimangono unite e compatte, ArcelorMittal ha risposto positivamente e questa sicuramente è una buona notizia. Quindi lo stabilimento rimane ancora e continua pur sotto pressione a funzionare». Il presidio, per ora, resta: «Domani, se verrà pagato il 100% dello scaduto al 31 ottobre, il blocco verrà rimosso e si ricomincerà a lavorare normalmente».

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Giuseppe Conte ha detto che non ci sarà la crisi di governo

Ma, avverte, basta litigi. «Con il nuovo anno dovremo realizzare un cronoprogramma con le riforme che l’Italia attende da anni». E sull’ex Ilva dice: «Mittal è disponibile a tornare sui suoi passi».

Baste con le liti. Non ci sarà la crisi di governo, anzi occorrerà accelerarne l’azione con «una lista di priorità utili a rilanciare il Paese». A parlare è il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che, intervistato da Repubblica in apertura domenica mattina, ha richiamato gli alleati alla «concentrazione» sui nodi più importanti, tra i quali l’ex Ilva, su cui vede possibile una soluzione: «Mittal è disponibile a tornare sui suoi passi». «Con il nuovo anno dovremo realizzare un cronoprogramma con le riforme che l’Italia attende da anni», tra cui anche la revisione del sistema fiscale e in particolare l’Irpef, e «investire più efficacemente nell’istruzione, nella ricerca e nell’innovazione», ha annunciato.

«MAI PENSATO DI PRENDERE IL POSTO DI DI MAIO»

Il premier ha risposto inoltre a Nicola Zigaretti, che ha invitato il governo a trovare una sua anima: «Questo governo lavora per un Paese più verde, più digitalizzato, più equo e inclusivo» e «abbiamo un’anima forte, decisa, ad un tempo visionaria e pragmatica». Quanto allo ius culturae, Conte ha registrato la mancanza di convergenza per un accordo parlamentare e invita a prenderne atto e a concentrarsi sui temi su cui c’è piena condivisione. Il presidente del consiglio ha puntualizzato di non avere alcuna ambizione a prendere il posto di Di Maio come nuovo leader M5s: «Non mi sono mai candidato a questo ruolo. Non nutro alcuna aspirazione o velleità di questo tipo. Il Movimento», ha detto, «sta vivendo una fase di transizione. Sta per operare alcuni significativi cambiamenti, peraltro già annunciati. Auguro a Luigi Di Maio e al Movimento intero di realizzarli nel migliore dei modi». Infine, quanto alla soluzione sull’ex Ilva: «Le premesse ci sono. Un primo risultato l’abbiamo raggiunto: abbiamo bloccato il recesso di Arcelor-Mittal da Taranto» ed «evitato un disastro economico e sociale», «ho rispedito al mittente la loro richiesta di taglio». Non c’è più bisogno di un intervento pubblico? «Non lo escludo. Ma non in sostituzione. Se ci sarà, sarà una presenza di sostegno e, direi, di controllo».

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Cosa c’è dietro il riavvicinamento tra governo e ArcelorMittal

L’esecutivo teme i costi politici dello stallo. L’azienda le ripercussioni giudiziarie. All’indomani del vertice a Palazzo Chigi, la multinazionale si fa più conciliante. Mentre dietro le quinte fervono i negoziati.

La schiarita ancora non c’è, ma paiono diradarsi timidamente le nubi sui rapporti tra il governo e Arcelor Mittal, all’indomani dell’incontro tra il premier Giuseppe Conte e i vertici dell’azienda. All’orizzonte, l’ipotesi di un compromesso per superare il braccio di ferro sugli impianti della ex Ilva. Da una parte, ArcelorMittal costretta dall’offensiva giudiziaria a restare a Taranto. Dall’altra, il governo che apre all’ulteriore ricorso alla cassa integrazione, a un ridimensionamento della produzione nel lungo periodo, fino a un possibile ruolo del settore pubblico nella riconversione ambientale. Il tavolo di Palazzo Chigi, dunque, potrebbe aver sbloccato lo stallo che aveva fatto fibrillare la maggioranza dopo l’annuncio del colosso siderurgico di ‘staccare la spina’ all’ex Ilva a gennaio. Anche se gli ostacoli restano.

GUALTIERI OTTIMISTA: «SIAMO SU BINARI POSITIVI»

Il negoziato si annuncia lungo, al netto di possibili, ulteriori colpi di scena che obbligano alla prudenza. Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano avverte che «non ci si deve fare illusioni, non credo che Mittal si innamorerà nuovamente dell’Ilva». Più ottimista il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri: «Si sono create condizioni e la situazione si è rimessa su binari positivi». Da fonti vicine ad ArcelorMittal trapela una «quadro di normalità» nei livelli produttivi e negli ordini, con l’intenzione di pagare il 60% delle fatture scadute per l’indotto-appalto «entro lunedì 2 dicembre». Le ditte dell’indotto, che rivendicano il saldo delle fatture, sono al sesto giorno consecutivo di presidio delle portinerie dello stabilimento siderurgico di Taranto. Ancora non ha ricevuto risposta la richiesta, ribadita da Conte, di garanzie dalla multinazionale a non staccare la spina agli impianti già a gennaio. I toni di ArcelorMittal, però, si sono fatti più concilianti.

Le discussioni continueranno con l’obiettivo di raggiungere al più presto un accordo per una produzione sostenibile di acciaio a Taranto

ArcelorMittal

L’incontro «per discutere possibili soluzioni per gli impianti ex Ilva è stato costruttivo», si legge in una nota della multinazionale siderurgica. «Le discussioni continueranno con l’obiettivo di raggiungere al più presto un accordo per una produzione sostenibile di acciaio a Taranto». Prevale la volontà di cercare un’intesa. ArcelorMittal teme i rischi derivanti dall’apertura di fronti giudiziari in Italia. Il governo quelli (politici) derivanti dall’attuale stallo. Per facilitare la trattativa, l’esecutivo sarebbe pronto a invitare i commissari dell’Ilva ad acconsentire a una «breve dilazione» – come spiegava il 23 novembre una nota di Palazzo Chigi – dell’udienza del 27 novembre al Tribunale di Milano da cui ci si aspetta una dichiarazione di illegittimità della decisione della multinazionale.

IN CERCA DI UN COMPROMESSO, TRA DECARBONIZZAZIONE ED ESUBERI

Si cerca insomma di guadagnare tempo, per entrare nel vivo di un negoziato che rivedrebbe il piano industriale. Meno altiforni, conversione verso sistemi produttivi innovativi e più sostenibili. Con l’ipotesi di un ingresso dello Stato in una ‘newco’ che si occuperebbe della decarbonizzazione. E quella di un decreto ad hoc per Taranto, probabilmente prima di Natale, con l’intervento di società a controllo pubblico che contribuirebbero a ridurre l’impatto degli esuberi. L’esecutivo sarebbe disposto a concedere una riduzione dei livelli produttivi (già scesi a 4,5 da 6 milioni di tonnellate) nel lungo termine. Ma una linea rossa resta: il ‘no’ all’ipotesi che i 5 mila esuberi dichiarati dall’azienda divengano licenziamenti tout court. La soluzione potrebbe essere il ricorso agli ammortizzatori sociali con cassa integrazione per non più di 2.500 dipendenti.

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