A Hiroshima il papa ha scritto la sua Pacem in Terris

Nel discorso pronunciato al Memoriale per la pace di Hirsoshima Francesco è si è concentrato sul rischio rappresentato dagli arsenali nucleari, ricalcando i passi di Giovanni XXIII e Paolo VI.

Utilizzare l’energia atomica «per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune». Lo ha affermato papa Francesco durante il suo viaggio pastorale in Thailandia e Giappone durante il quale sta scrivendo un capitolo importante del suo magistero, una sorta di Pacem in Terris per il nostro tempo.

D’altro canto, nel discorso pronunciato al Memoriale per la pace di Hirsoshima, città colpita nell’agosto del 1945 da una delle due bombe atomiche che caddero sul Giappone (l’altra devastò Nagasaki), Francesco ha fatto più volte riferimento all’enciclica di Giovanni XXIII pubblicata nel 1963 che conteneva la visione nuova della Chiesa di fronte ai grandi cambiamenti della seconda metà del secolo scorso: dall’urgenza del disarmo nell’epoca della corsa agli armamenti, alla scossa tellurica prodotta dal processo di decolonizzazione attraverso i continenti, dalle rivendicazioni del movimento dei lavoratori, al nuovo protagonismo civile delle donne, all’affermazione dei diritti umani e civili.

Infine, nel rifiuto totale della guerra da parte del papa, è riecheggiato il magistero di Paolo VI – al cui insegnamento speso guarda Bergoglio – e del celebre discorso pronunciato alle Nazioni Unite il 4 ottobre del 1965 in cui disse li suo «mai più la guerra!».

LA SFIDA DEL FUTURO PER LA CHIESA È LA CONQUISTA DELL’ASIA

Bergoglio, da buon gesuita, sta riprendendo in questi giorni, e più largamente in questi anni di pontificato, la strada dell’oriente che la Compagnia di Gesù ha percorso praticamente fin dalla sua nascita nel XVI secolo seguendo le orme di Francesco Saverio e Matteo Ricci. Dalla Cina al Giappone, infatti, i seguaci di Ignazio di Loyola hanno provato a portare il Vangelo oltre i confini del mondo cristiano aprendo all’evangelizzazione le porte dell’Asia, continente immenso, immensamente popolato e oggi non più misterioso come qualche secolo fa.

La Chiesa non è più organicamente legata all’Occidente, magari lungo l’asse atlantico, guarda ai popoli e alle nazioni di tutti i continenti

Non per caso Francesco ha già visitato Corea del Sud, Myanmar, Bangladesh, Filippine, Sri Lanka, e in questi giorni ha toccato Thailandia e Giappone. La sfida della Chiesa per i prossimi decenni del resto, è quella di riuscire a ‘entrare’ in Asia non più, come pure avvenne spesso nei secoli in passati, a bordo delle navi delle grandi compagnie commerciali europee o sotto scorta dei contingenti miliari delle potenze un tempo coloniali, ma con la forza del messaggio cristiano, un messaggio che, di conseguenza, non può imporsi con la forza di un’ideologia – non può insomma essere inteso come dottrina spirituale ufficiale dell’occidente – ma che deve incontrarsi e amalgamarsi con le tradizioni culturali e religiose incontrate lungo il cammino.

Papa Francesco con l’imperatore del Giappone Naruhito (foto LaPresse).

Se questo è l’obiettivo, il papa da tempo ha messo in atto una strategia globale che va in tale direzione: la Chiesa non è più organicamente legata all’Occidente, magari lungo l’asse atlantico, guarda ai popoli e alle nazioni di tutti i continenti – come dimostrano le tante nomine fatte dal pontefice di cardinali di località e Paesi del Sud del mondo e di tutti i continenti – propone muovi modelli di sviluppo per curare le ingiustizie sociali, affronta i grandi temi globali del disarmo nucleare, della tutela del Creato, delle migrazioni. D’altro canto non va dimenticato che la storia dei gesuiti in Giappone è stata anche segnata da incomprensioni, persecuzioni e martirio racconta Silence, un recente film del grande regista americano Martin Scorsese.

LA SVOLTA GREEN E L’ATTACCO ALLA PROLIFERAZIONE DEGLI ARMAMENTI

Sul piano diplomatico la Santa Sede ha sviluppato un intenso dialogo con Pechino riuscendo, dopo lunghi negoziati, a sottoscrivere un accordo, certo ancora fragile, per la nomina condivisa dei vescovi; accordo che ha spaventato e allarmato la Casa Bianca in pieno conflitto economico con la Cina e che pure in oriente non tutti hanno visto di buon occhio. D’altro canto la battaglia apertasi a Hong Kong fra i giovani e le autorità cinesi ha messo in qualche imbarazzo la Santa Sede, chiusa fino ad ora in uno stretto riserbo sulla crisi nell’ex colonia britannica

Il possesso di ordigni nucleari per Francesco è «immorale»

Ora, con la visita in Giappone, Francesco ha compiuto una tappa fondamentale del suo pellegrinaggio verso oriente e a Hiroshima e Nagasaki è tornato su un tema cruciale che passa dal secolo scorso a quello successivo: quello del rischio rappresentato dagli arsenali nucleari. Se Giovanni XXIII nella Pacem in Terris chiedeva la «messa al bando» degli armamenti nucleari e Giovanni Paolo II nel 1981 a Nagasaki impegnava la Chiesa a battersi per «l’abolizione delle armi nucleari», Francesco ci sta dicendo che finita ormai da un trentennio la Guerra fredda – si celebra in questi giorni il trentesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino – la minaccia nucleare pesa ancora su di noi, tanto che «l’intimidazione bellica nucleare» viene utilizzata dagli Stati come risorsa legittima «per la risoluzione dei conflitti», mentre lo stesso possesso di ordigni nucleari per Francesco è «immorale».

Papa Francesco durante l’incontro con un monaco buddista durante l’incontro per commemorare le vittime di Fukushima (foto LaPresse).

Il papa, inoltre, ha allargato il discorso alla proliferazione delle armi convenzionali sempre più raffinate, al persistere di conflitti tragici, al loro legame con la povertà, con la scarsa attenzione alla cura della «casa comune», cioè della Terra, col diffondersi di odio e discriminazioni. Ancora, incontrando a Tokyo i sopravvissuti del disastro di Fukushima (dove nel 2011 vi fu un gravissimo incidente nella centrale nucleare in seguito a un terremoto), ha espresso «preoccupazione» per l’uso civile dell’energia nucleare, mentre con l’imperatore del Giappone Naruhito ha toccato il tema delle guerre del futuro che potrebbero essere combattute per il controllo delle risorse idriche. Una cosa sembra ormai certa: il papa declina il suo magistero sociale in chiave “green” disegnando un pontificato che collega sempre di più i temi dell’ambiente, della crisi ecologica del Pianeta, all’annuncio cristiano.

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Il terremoto in Francia fa fermare i reattori nucleari

La scossa più forte dal 2003 spaventa i francesi. E porta Edf a chiudere l’impianto di Cruas -Meysse nell’Ardeche. Gli attivisti anti nucleare denunciano che un impiano si trova sulla faglia sismica.

A pensare agli effetti dei terremoti in Italia, verrebbe da chiedersi cosa succederebbe se li avessimo noi i reattori nucleari francesi. L’11 novembre infatti dopo che una scossa di terremoto molto forte, di magnitudo 5.4 ha ferito quattro persone nel Sud della Francia, di cui una in modo molto grave, tre reattori nucleari della centrale nucleare gestita da Edf a Cruas-Meysse, nell’Ardeche sono stati «momentaneamente fermati»

LO STOP NECESSARIO PER «APPROFONDITI CONTROLLI »

Il blocco è stato deciso per per consentire «approfonditi controlli». E sincerarsi che la scossa non li abbia danneggiati. Secondo l’Autorità francese per la sicurezza nucleare (Asn), il terremoto – il più forte in Francia dal 2003 – non ha provocato «danni apparenti» agli edifici della centrale, e l’impianto ha continuato a funzionare normalmente. Ma l’operatore Edf dovrà stabilire quale sia stato l’impatto sismico sull’insieme delle installazioni.

UN FERITO SOTTO IL CROLLO DI UN’IMPALCATURA

Per il prefetto Hugues Moutouh, «non è stato constatato alcun danno» dal terremoto che il Centro di osservazione sismica di Strasburgo ha localizzato alle 11:52 «26 chilometri a sud-est di Privas». Per il resto i danni sono stati contenuti. Dei 4 feriti, tre hanno subito le conseguenze di una crisi di panico, mentre una ha riportato gravi conseguenze per il crollo di un’impalcatura a Montelimar, la città dove il terremoto è stato avvertito con maggior forza.

LA TERRA HA TREMATO DA GRENOBLE A MONTPELLIER

Ma la terra ha tremato da Lione a Grenoble, da Marsiglia a Montpellier. Testimoni intervistati dalle tv hanno detto di aver udito «un boato fortissimo», a Montelimar sono parecchi quelli che denunciano danni agli edifici, soprattutto crepe. Il sindaco di Teil, paese vicino a Montelimar, Olivier Peverelli, ha detto che due campanili «stanno per cadere» e l’ultimo piano del Comune è inaccessibile a causa della caduta dei soffitti. Ha annunciato di aver aperto tre palestre per ospitare fra le 400 e le 500 persone che, nel timore di crolli, non vogliono trascorrere la notte in casa.

EPICENTRO A POCHE DECINE DI KM DA DUE IMPIANTI NUCLEARI

Secondo il collettivo antinucleare del Vaucluse, dipartimento più a sud dell’Ardeche, l’epicentro è stato localizzato «a meno di 20 chilometri dalla centrale nucleare di Cruas, dove la scossa è stata avvertita nella sala macchine dei reattori, e a 30 chilometri dal sito nucleare del Tricastin». Quest’ultimo impianto, aggiunge il collettivo, «sorge su una faglia sismica attiva ed è il più minaccioso di tutta Europa». Da tempo, gli ecologisti ne chiedono la chiusura. .

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