Lo scontro tra Autostrade e governo sulle concessioni

Durissima lettera di Aspi al governo contro la misura contenuta nel Milleproroghe. Si minaccia la risoluzione del contratto e la richiesta di 23 miliardi di danni allo Stato.

Scontro durissimo tra Autostrade e il governo, col Consiglio d’amministrazione di Aspi che ha lanciato il contrattacco sulla norma inserita nel decreto Milleproroghe che stabilisce, in casi eccezionali, il trasferimento immediato del controllo delle strade e della rete all’Anas. Uno strumento destinato a sbloccare i cantieri fermi, ma che potrebbe avere un effetto diretto sulla revoca della concessione chiesta a più riprese dal Movimento 5 stelle dopo il crollo del Ponte Morandi.

LA LETTERA DI AUTOSTRADE A MINISTERI E PALAZZO CHIGI

Con una lettera spedita a Palazzo Chigi, al ministero dei Trasporti e al ministero dell’Economia è la stessa società di Atlantia a minacciare a sua vota la revoca delle concessioni, con tutte le conseguenze del caso. A cominciare dal risarcimento del 100% del valore della concessione (23 miliardi di euro) in ragione dei  «molteplici diritti e principi sanciti dalla Costituzione e dal diritto comunitario, incluso il rispetto del principio di affidamento e a tutela del patrimonio della società e di tutti gli stakeholders». La risposta del ministro Paola De Micheli è stata altrettanto perentoria: minaccia intollerabile, non in linea con il ruolo di un concessionario di un bene dello Stato.

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La lettera dei Benetton per chiarire il loro rapporto con Autostrade

La famiglia ha chiesto maggiore rispetto nei suoi confronti. Ma anche chiarezza nel dare le notizie: «Non abbiamo mai gestito Auto strade. Siamo solo azionisti al 30% di Atlantia». Poi una stoccata alla politica: «Questi attacchi sono assurdi».

Rispetto e serietà. Queste le parole usate dalla famiglia Benetton in una lettera inviata ad alcuni quotidiani nazionali. «Trovo necessario fare chiarezza su un grande equivoco: nessun componente della famiglia Benetton ha mai gestito Autostrade. La famiglia Benetton è azionista al 30% di Atlantia che a sua volta controlla Autostrade», si legge nella lettera a firma di Luciano Benetton. Un chiarimento che è anche una risposta agli attacchi politici arrivati, soprattutto dal M5s, dopo il crollo del Ponte Morandi e la manutenzione dei tratti autostradali gestiti da Autostrade per l’Italia. «Non cerco giustificazioni ma questi attacchi sono assurdi. Credo anche che chi ha sbagliato deve pagare ma è inaccettabile la campagna scatenata contro la nostra famiglia», ha aggiunto il patron della famiglia veneta.

LE MOTIVAZIONI DELLA FAMIGLIA BENETTON

Luciano Benetton ha avuto modo anche di chiarire le notizie degli ultimi giorni in cui si parlava di falsi report legati all’agibilità di alcuni viadotti in realtà a rischio cedimento. «Le notizie su omessi controlli, su sensori guasti non rinnovati o falsi report, ci colpiscono e sorprendono in modo grave, allo stesso modo in cui colpiscono e sorprendono l’opinione pubblica. Ci sentiamo feriti come cittadini, come imprenditori e come azionisti. Come famiglia Benetton ci riteniamo parte lesa». Parole queste che non nasconde il mea culpa per quanto è accaduto a Genova quel 14 agosto del 2018. «Di sicuro ci assumiamo la responsabilità di aver contribuito ad avallare la definizione di un management che si è dimostrato non idoneo, un management che ha avuto pieni poteri e la totale fiducia degli azionisti e di mio fratello Gilberto che, per come era abituato a lavorare, di sicuro ha posto la sicurezza e la reputazione dell’azienda davanti a qualunque altro obiettivo. Sognava che saremmo stati i migliori nelle infrastrutture», si legge ancora.

L’APPELLO ALLE ISTITUZIONI

Poi un appello in cui si augura che la giustizia faccia il suo corso: «Nel frattempo mi appello alle istituzioni e ai media affinché trovino il giusto linguaggio per trattare questi argomenti, la scelta del capro espiatorio da linciare sulla pubblica piazza è la più semplice ma anche la più rischiosa. Chi come noi fa impresa e ha la responsabilità di decine di migliaia di dipendenti si aspetta serietà, soprattutto dalle istituzioni, serietà non indulgenza».

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