Il leader socialista sovietico e quello tedesco furono immortalati il 5 ottobre del 1979 durante le celebrazioni del trentennale della Ddr. Una foto diventata prima murale nel 1990 e poi icona del Novecento. La storia.
Era il 5 ottobre del 1979 e si celebravano i 30 anni dalla nascita della Repubblica democratica tedesca. Leonid Breznev, segretario del Partito comunista sovietico, aveva appena concluso il suo discorso pubblico. Ed Erich Honecker, segretario del Partito socialista della Germania, gli si avvicinò a braccia spalancate per congratularsi con lui. Si trovarono uno di fronte all’altro. E non si opposero allo scambio di quel “bacio fraterno socialista“. Una particolare forma di saluto in voga tra i leader dei Paesi marxisti-leninisti, che serviva a dimostrare il feeling esistente tra i capi politici fedeli all’area Est, in un mondo tenuto sotto scacco dalla Guerra fredda.
FOTO STORICA DIVENTATA MURALE NEL 1990
Quando quelle due bocche maschili si appoggiarono piano l’una sull’altra, la folla di presenti se ne stava tutta intorno, a festeggiare e a testimoniare quel rito figlio della tradizione di sinistra. Tra chi osservava c’erano decine di fotografi. Ma, tra tutti, soltanto il francese Regis Bossu riuscì a immortalare lo schiocco di labbra diventato un’icona del Novecento. Quello scatto ha fatto il giro del mondo. E la sua fortuna non è finita lì. Ha raccolto nuova linfa vitale trasformandosi in un murale nel 1990, grazie al talento creativo dell’artista russo Dmitri Vrubel. Il titolo è My God, Help Me to Survive This Deadly Love (Dio, aiutami a sopravvivere a questo amore letale). Ancora oggi è il più fotografato dai turisti su quel che resta oggi del Muro di Berlino.
UN RITO MOLTO… COMUNISTA
Il bacio fraterno socialista è un rituale che consiste in un abbraccio e in una serie di tre baci reciproci sulle guance o, più raramente, sulla bocca. La tradizione, che proviene dalla Chiesa ortodossa, è stato adottata dai leader politici comunisti. Per questo motivo, quando Honecker andò ad abbracciare Breznev e poi si passò alla bocca, non ci fu nulla di così eclatante. Ma ciò che porta alla fama qualcosa e qualcuno, spesso, ha una logica insondabile.
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Nell’ex Ddr residenti in calo, maggiore invecchiamento della popolazione e meno giovani. Più disoccupati e reddito medio inferiore del 20%. Le infografiche sul divario.
C’è un paradosso, in Germania, che mostra un Paese ancora diviso a metà, nonostante il 9 novembre 2019 l’orologio della storia abbia segnato il 30esimo anniversario dalla caduta del Muro di Berlino. Un simbolo che ha separato Repubblica democratica tedesca e Repubblica federale di Germania per 28 anni, ma questo periodo ha segnato il Paese forse più della fine della Guerra fredda. E i dati infatti dimostrano che la Ddr esiste ancora.
Nel rapporto annuale sullo Stato dell’unità tedesca pubblicato nel 2018, le autorità del Paese hanno scritto che il “recupero” dei länder dell’Est procede più lentamente del previsto. Non solo. Il 57% dei residenti dell’ex Germania Est si considera cittadino di Serie B. Il primo dato per capire questo scollamento è quello della popolazione. Oggi, con la sola eccezione di Berlino, i distretti orientali mostrano residenti in calo, invecchiamento e diminuzione dei tassi di natalità.
La popolazione in Germania in numero di residenti per chilometro quadrato (fonte: ergebnisse.zensus2011.de)
Tra il 1989 e la metà degli Anni 2000 il numero di figli per donna è sceso da 1,58 a 0,78, salvo poi crescere leggermente negli ultimi anni, con un sorpasso solo nel 2017, quando le regioni orientali hanno superato quelle della ex Germania Ovest con 1,61 bambini per donna contro 1,57. Con questa inerzia demografica l’Est si trova ora con un’età media più alta: 46-48 anni contro i 40-44 dell’Ovest. L’altra mancanza endemica ha riguardato i giovani. Si stima che negli ultimi 30 anni siano passati dall’Est all’Ovest almeno 1,9 milioni di persone nate dopo il crollo del Muro.
La percentuale di giovani sotto 18 anni.
DISOCCUPAZIONE, L’EST DOPPIA IL DATO NAZIONALE
Lo spettro delle “due Germanie” si fa ancora più vivo osservando i dati economici e lavorativi. Una delle imprese più difficili per i governi di Berlino è stata quella di far riassorbire la disoccupazione. Basti pensare che nel 2019 nei cinque länder che componevano la Ddr il tasso delle persone senza lavoro si è attestato al 6,9%, oltre il doppio della media nazionale ferma al 3,1%.
La percentuale di disoccupati in Germania.
Dati analoghi anche sul fronte della disoccupazione giovanile. Secondo i dati dell’Eurostat nel 2019 la percentuale di lavoratori tra 15 e 24 anni senza lavoro si attestava al 6,2% a livello nazionale, mentre nei cinque land della ex Ddr, senza contare Berlino, il tasso cresceva al 7,8%, un divario anche più ampio se si conta il 5,8% della ex Germania Ovest.
La disoccupazione giovanile in Germania in %.
OLTRE 3 MILA EURO DI DIFFERENZA NEI SALARI
Anche il fronte economico non sorride appieno all’ex Repubblica democratica. Il governo federale tedesco ha calcolato che il Pil pro capite è cresciuto per tutto il Paese e che il divario è sceso, ma comunque resta: nel 1990 quello dei cittadini dell’Est era meno della metà – il 43% – di quello degli abitanti dell’Ovest, mentre nel 2018 è diventato il 75% di quello dei vicini. Mentre il reddito medio dell’Est è inferiore del 20% rispetto a quello dell’Ovest. Nel 1989 la forbice tra i salari era al suo apice (4.432 euro) e otto anni dopo, nel 1997, si è dimezzata passando a 2.092 euro. Ma con l’inizio degli Anni 2000 è tornata a crescere: nel 2016 è stata infatti di 3.623 euro.
Il Pil dei singoli länder in milioni di euro.
C’è un altro dato che separa Est e Ovest e riguarda la presenza di cittadini stranieri. L’ex Ddr ha mostrato uno scarso fattore attrattivo per i migranti e i tassi ti presenza sono molto bassi. Negli ultimi anni, soprattutto dopo l’emergenza profughi del 2015, la percentuale di stranieri sulla popolazione tedesca si è attestata intorno a 5,8%, superando i 10 milioni di residenti non tedeschi nel 2017. Numeri che però non hanno attecchito a Est. Quasi tutti i länder hanno infatti indici che si fermano intorno al 2%.
Percentuale di presenza straniera in rapporto alla popolazione.
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Il 9 novembre del 1989 la Germania tornava a essere un Paese unito. Per celebrare la riunificazione, ecco le pellicole che raccontano i drammi e i controsensi di un blocco di cemento che ha segnato la storia.
Il 9 novembre di 30 anni fa la Germania tornava a essere un Paese unito. Spariva l’ufficiale suddivisione tra Est e Ovest, almeno sulla carta e nelle intenzioni. Ma quella spartizione territoriale che per circa 28 anni aveva scavato un solco tra due mondi irriducibili si è affievolita solo molti anni dopo, e forse mai del tutto. È infatti sopravvissuta nei ricordi di chi ne subì le conseguenze più dure. E nelle quotidianità stravolte dei tedeschi che, da un giorno all’altro, si sentirono stranieri in un Paese che era sempre stato il loro. Ma il faccia a faccia tra Repubblica democratica e Repubblica federale si è impresso anche nelle pellicole degli artisti e dei registi, che tradussero in linguaggio cinematografico la realtà di una nazione divisa a metà dalla logica bipolare.
GOODBYE LENIN
È il 1989 quando Christiane, una fervente comunista che vive nella Germania dell’Est va in coma, dopo aver visto il figlio Alex picchiato e arrestato dalla polizia durante una delle sempre più frequenti manifestazioni di piazza. Mancano ormai pochi giorni alla caduta del muro di Berlino. La donna esce dal coma soltanto otto mesi dopo, quando il mondo attorno è ormai cambiato. I suoi figli, però, fanno di tutto per difendere i suoi nervi deboli. Come? Nascondendole la caduta del muro e convincendola che la realtà è rimasta identica a come lei l’aveva lasciata. La pellicola ha vinto numerosi riconoscimenti, tra cui il premio César nel 2004 come miglior film dell’Unione europea e, nello stesso anno, il premio Goya come miglior film europeo. Anno di uscita: 2003. Regia di Wolfgang Becker. Principali interpreti: Daniel Brühl e Katrin Sass.
IL CIELO SOPRA BERLINO
Negli Anni Ottanta due angeli vagano per Berlino. Si mettono in ascolto dei pensieri dei passanti. In particolare, si interessano ai pensieri formulati da una donna incinta, da un pittore, da un uomo che pensa alla sua ex fidanzata. Il loro compito è preservare per sempre la realtà, memorizzare in che modo Berlino cambia e attraversa il costante flusso della storia. Presentato nel 1987 al 40esimo Festival di Cannes, ha vinto il premio per la migliore regia. Anno di uscita: 1987. Regia di Wim Wenders. Interpreti principali: Bruno Ganz e Otto Sander.
LE VITE DEGLI ALTRI
Nel 1984 il capitano della Stasi Gerd Wiesler ha il compito di spiare Georg Dreyman, scrittore teatrale e intellettuale ritenuto un pericoloso dissidente e un potenziale traditore del governo comunista. In molti spingono Wiesler, che svolge ogni suo compito in modo impeccabile, a trovare delle prove per accusare Dreyman. L’operazione di spionaggio ha un risvolto sentimentale. È fortemente sostenuta dal ministro della cultura Bruno Hempf, che vuole Dreymann fuori dai piedi per avere la sua compagna, l’attrice Christa-Maria Sieland. La spia Wiesler entra così nella vita dello scrittore e della sua compagna. Ma il suicidio di un amico della coppia gli restituisce un’immagine nuova della Germania Est e del suo stesso ruolo. Nel 2007 la pellicola ha vinto l’Oscar come miglior film straniero. Anno di uscita: 2006. Regia di Florian Henckel von Donnersmarck. Interpreti principali: Ulrich Mühe, Martina Gedeck, Sebastian Koch e Ulrich Tukur.
SONNENALLEE
Micha e Mario sono due cari amici e vivono nella Sonnenallee, la strada del sole. Sono due giovani in attesa del diploma, che si chiedono se intraprendere la carriera universitaria o meno. La loro quotidianità è fatta dei primi amori adolescenziali, di ore passate ad ascoltare i Rolling Stones (vietati dal regime) e di lotte contro gli abusi della Ddr. Anno di uscita: 1999. Regia di Leander Haussmann. Interpreti principali: Alexander Scheer e Alexander Beyer.
FUNERALE A BERLINO
Harry Palmer è un agente del servizio segreto inglese che ha il compito di far attraversare il muro di Berlino a Stock, un colonnello dell’Urss che vuole abbandonare la causa comunista e passare a Ovest. Dietro il consiglio dell’esperto di fughe Kreuzmann, Palmer decide di far nascondere il colonnello nella bara di un criminale nazista, sostituendo Stock con la salma. Ma a confine attraversato, si scopre che dentro la bara giace il corpo senza vita di Kreuzmann. E a Palmer resta il compito di scoprire chi sia stato il traditore. Anno di uscita: 1966. Regia di Guy Hamilton. Interpreti principali: Michael Caine, Paul Hubschmid, Oskar Homolka ed Eva Renzi.
IL TUNNEL
Già finito nei guai per le sue attività eversive nella Germania dell’Est, il nuotatore professionista Harry Melchior riesce finalmente a fuggire nella repubblica federale tedesca. Ma, una volta in salvo, decide di costruire un tunnel sotterraneo per permettere anche alla sua famiglia di passare alla zona Ovest. Il progetto però incontra diverse difficoltà, tra cui il tradimento dei suoi stessi amici. Anno di uscita: 1987. Regia di Antonio Drove. Interpreti principali: Jane Seymour, Peter Weller, Manuel de Blas e Fernando Rey.
IL SILENZIO DOPO LO SPARO
La ribelle Rita è una donna che, dopo un passato da terrorista nella Raf, gruppo di estrema sinistra, fugge nella Repubblica democratica tedesca. Qui incontra Tatjana, l’amica cara che invece sogna una vita nella zona Ovest. Con la caduta del muro, i nodi vengono però al pettine: Rita deve fare i conti con la legge e con il suo passato e tutta la sua vita ne sarà stravolta. Anno di uscita: 2000. Regia di Volker Schlöndorff. Interpreti principali: Bibiana Beglau, Nadja Uhl e Martin Wuttke.
IL SIPARIO STRAPPATO
Un rinomato fisico statunitense sceglie di mettersi a collaborare con gli scienziati sovietici, dimostrando di voler sposare la causa comunista. I colleghi e la stessa fidanzata restano attoniti quando l’uomo si stabilisce nella Germania Est per continuare le sue ricerche scientifiche. C’è però chi sospetta, e forse a ragione, che la sua nuova scelta di campo non sia poi così cristallina come lo studioso vuole far credere. Anno di uscita: 1966. Regia di Alfred Hitchcock. Interpreti principali: Paul Newman, Julie Andrews e Lila Kedrova.
LA SPIA CHE VENNE DAL FREDDO
Tratto dall’omonimo romanzo di John Le Carrè, la pellicola vede protagonista una spia inglese. Il suo compito è eliminare il capo dello spionaggio tedesco orientale. Per entrare nel giro si lega a una ragazza iscritta al Partito comunista britannico. Il suo sistema di valori, però, crolla quando la ragazza muore e lui comprende di essere solo una pedina in un gioco molto più grande di lui. Nel 1967 la pellicola ha vinto ai Bafta come miglior film britannico, miglior attore britannico a Richard Burton, migliore fotografia e migliore scenografia. Anno di uscita: 1965. Regia di Martin Ritt. Interprete principale: Richard Burton.
UNO, DUE, TRE
Il protagonista di questa commedia è un direttore della filiale della Coca Cola a Berlino Ovest, col sogno di esportare la celebre bibita scura e gasata anche nei Paesi che ruotano attorno all’orbita sovietica. Ma le sue ambizioni sono messe in secondo piano da un altro e più urgente problema: il matrimonio della figlia del suo capo con un comunista nella Berlino Est. Il film ha ricevuto una nomination ai Premi Oscar 1962 (miglior fotografia) e due nomination ai Golden Globe 1962. Anno di uscita: 1961. Regia di Billy Wilder. Interprete principale: James Cagney.
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Il simbolo per eccellenza della Germania divisa ha ispirato artisti da tutto il mondo. Per celebrare i 30 anni dalla riunificazione tedesca avvenuta il 9 novembre del 1989, ecco le colonne sonore che raccontano il crollo del blocco di cemento.
Ce ne sono alcune che parlano di libertà, di amore, di voglia di resistere contro tutti e tutto. Altre che sono un inno al cambiamento e al bisogno di ribellarsi per non soccombere. In occasione della caduta del muro di Berlino, avvenuta il 9 novembre del 1989, ecco dieci canzoni per ricordare un evento che ha segnato la storia. E ha influenzato il modo in cui oggi leggiamo il nostro stesso mondo.
SCORPIONS – WIND OF CHANGE
Il “vento del cambiamento” ha ispirato una delle più celebri canzoni degli Scorpions. Il leader della band tedesca, Klaus Meine, ha composto Wind of change nel settembre 1989, per narrare dei cambiamenti politici che stavano sconvolgendo l’ordine bipolare. Era proprio in quei mesi che Berlino si preparava alla «magia del momento in una notte gloriosa».
NEIL YOUNG – AFTER BERLIN
«Won’t you help me make my way on home, after Berlin?». Non vorrai aiutarmi a costruire la via di casa, dopo Berlino? Questa è la domanda che si pone Neil Young in After Berlin, la canzone scritta nel 1982. Quando mancavano ancora sette anni alla caduta del Muro che spezzava la Germania, la star canadese mise in note una Berlino in cui «o ti rinchiudono fuori o ti rinchiudono dentro».
LUCIO DALLA – FUTURA
Scritta da Lucio Dalla nel 1979, Futura racconta di un uomo e di una donna qualunque, il cui amore è ostacolato dal muro di Berlino. Il cantautore bolognese ha steso il testo proprio mentre si trovava nella città divisa, traendo ispirazione dalla vista dell’imponente costruzione di cemento, che sarebbe stata abbattuta solo dieci anni dopo.
ARCADE FIRE – SURF CITY EASTERN BLOC
I blocchi stradali e la paura di essere arrestato sono al centro di Surf City Eastern Bloc, la canzone del 2009 degli Arcade Fire che vede protagonista un ragazzo in fuga da Berlino Est e diretto a Berlino Ovest. Il regime e le minacce nulla possono contro la voglia di libertà che anima un giovane uomo.
DAVID HASSELHOFF – LOOKING FOR FREEDOM
È rimasta in cima alle classifiche tedesche per otto settimane, quell’estate del 1989. Looking for freedom, la hit di David Hasselhoff, (il beniamino di Baywatch e Supercar), ha conquistato il pubblico della Germania poco prima che il Muro fosse abbattuto. Merito del suo testo dedicato alla «ricerca della libertà, una ricerca che ancora va avanti, da quando ho lasciato la mia città natale».
YANN TIERSEN – GOODBYE, LENIN (SUMMER 78)
Goodbye, Lenin(Summer 78) di Yann Tiersen è il sottofondo che accompagna le immagini dell’omonimo film uscito nel 2003. Ma la scia strumentale partorita dal genio creativo del compositore francese ha finito per diventare essa stessa una delle colonne sonore che, più naturalmente, vengono collegate al muro di Berlino.
EDOARDO BENNATO – FRANZ È IL MIO NOME
Franz è il mio nome di Edoardo Bennato, datata 1976, racconta di un uomo che «vende la libertà, a chi vuol passare dall’altra parte della città». «West Berlino» diventa, nella voce del cantautore napoletano, un luogo aperto ai desideri, e ai sogni «proibiti fino a ieri». Una distinzione che con la caduta del Muro diventerà sempre più sfumata.
DAVID BOWIE – HEROES
Heroes è tra le canzoni più belle di sempre e David Bowie la compose nel 1977, proprio a Berlino, un luogo che aveva significato per lui rinascita artistica e personale. Quando un giorno fu preso dall’ispirazione e i suoi occhi si posarono su una coppia concentrata nel proprio amore, i versi che fecero la storia della musica gli uscirono di getto: «Stavamo vicino al Muro, e i fucili spararono sopra le nostre teste. E noi ci baciammo, come se niente potesse cadere, e la vergogna stava dall’altra parte. Oh, noi possiamo batterli, sempre e per sempre».
PINK FLOYD – A GREAT DAY FOR FREEDOM
«Nel giorno in cui cadde il muro, gettarono a terra i lucchetti. E coi bicchieri alzati ci fu un urlo poiché la libertà era arrivata». Con queste parole inizia la canzone dei Pink Floyd del 1994, dedicata al crollo del muro di Berlino. Il testo, scritto cinque anni dopo la caduta, sottolinea in realtà la delusione seguita alle tante speranze disattese dopo lo storico evento.
SEX PISTOLS – HOLIDAYS IN THE SUN
Composta dai Sex Pistols nel 1977, Holidays in the sun vide la genesi grazie a una vacanza sull’isola di Jersey finita male. Sbattuta fuori da lì, infatti, la band britannica ripiegò su Berlino. Una città dove i musicisti riuscirono a trovare riparo dalla difficile quotidianità di Londra, come ha ricordato il leader John Lydon, alias Johnny Rotten: «Essere a Londra in quel periodo ci faceva sentire come prigionieri in un campo di concentramento. La cosa migliore che potevamo fare era quella di cambiare campo di prigionia. Berlino e la sua decadenza furono una buona idea. La canzone nacque così. Amo Berlino. Amavo il muro e la pazzia del posto. I comunisti guardavano all’atmosfera da circodi Berlino ovest, che non dormiva mai, e quella sarebbe rimasta la loro immagine dell’occidente».
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Berlino si è aperta. Rossa e solidale, attrae migliaia di alternativi. L’ex Ddr, però, è rimasta chiusa. E guarda all’ultradestra. Un bilancio per l’anniversario del 1989, oltre i festeggiamenti e la retorica.
Come per ogni grosso anniversario del 1989 le celebrazioni per la caduta del Muro popolano per più di una settimana Berlino. Installazioni e concerti davanti alla Porta di Brandeburgo, proiezioni in 3D ad Alexanderplatz, giochi di luce sulla Sprea e lungo i chilometri dei 28 anni di barriera, esposizioni e rievocazioni sulla Ddr disseminate in tutti i quartieri: il giubileo del 30ennale va in scena nella capitale dal 4 al 10 novembre 2019, alcune mostre si prolungano fino al 30ennale della riunificazione tedesca nel 2020. Viverlo dovrebbe essere un must per gli europei (anche dall’ex Germania Ovest) chiamati a comprendere la svolta («Wende») del 1989 che ha spostato a Est il cuore dell’Ue. Mentre per i tedeschi dell’ex Ddr la trasformazione dalla caduta del Muro è ancora una quotidianità. Incompiuta quanto combattuta, si scopre dalle testimonianze e dalle cronache dalle città delle Ddr che restano definite, nel bene e nel male, dall’eredità di un regime socialista.
LE LOTTE DELLA ROSSA BERLINO
A Berlino la rossa («povera ma sexy» agli occhi dell’ex sindaco storico post- Wende, Klaus Wowereit) resistono i valori anti-capitalisti e della solidarietà contro la spinta della gentrificazione e della speculazione. Il fenomeno è di aree centrali come Mitte o la multietnica Kreuzberg (l’ex settore Ovest del Checkpoint Charlie), piuttosto che delle estreme periferie, e contiene anche l’espandersi delle estreme destre. La metropoli che da 30 anni cambia visibilmente pelle vive male l’arrivo delle multinazionali e sfida i colossi privati immobiliari. «Google fuck off» è la scritta propagata a Kreuzberg alla notizia di un grande campus per start up della compagnia della Silicon Valley al posto di una vecchia centrale elettrica. Alla fine, diventata una Casa per l’impegno sociale con associazioni benefiche e piattaforme per raccogliere fondi per minori bisognosi. Scacciata dal popolo, alla fine del 2018 Google ha ridimensionato il progetto aprendo solo degli uffici in centro.
ESPROPRIARE E NAZIONALIZZARE
Non lontano da Kreuzberg, sempre nell’ex settore Ovest, si è vinta la battaglia per sottrarre l’ex aeroporto di Tempelhof (quello del dirigibile Zeppelin e poi del ponte aereo americano) agli appetiti dei grandi costruttori. Grazie a un referendum del 2014, le piste sono conservate come parco pubblico e gli hangar, poco più di un anno dopo, hanno accolto una cospicua parte dell’ondata di profughi dai Balcani verso la capitale tedesca.
A Berlino il mercato del lavoro cresce del 13%, quasi doppio della media nazionale
Sarà più dura, ma da giugno 2019 un’altra petizione con oltre 77 mila firme (ne bastavano 20 mila) pende al Senato della città-Stato per ottenere con una consultazione popolare l’esproprio di centinaia di migliaia di appartamenti ai grandi fondi immobiliari. Poi per la loro nazionalizzazione in un’azienda comunale. Nel mirino dei residenti raccolti attorno a gruppi come Il referendum sugli affitti edEspropriare Deutsche Wohnen c’è innanzitutto l’omonimo gigante privato intestatario di 112 mila abitazioni.
MENO AFFITTI, PIÙ LAVORO
Anche a Prenzlauer Berg delle ex comuni gentrificate si dimostra contro la bolla immobiliare che fa esplodere gli affitti raddoppiati in 10 anni. Per evitare un referendum bloccato dai ricorsi delle società immobiliari (entrambe le parti si appellano ad articoli della Costituzione, il 14 e il 15) l’Amministrazione tenta la strada del tetto ai canoni fino al 2025. Ma di per sé socialdemocratici (Spd), comunisti (Linke) e Verdi al governo a Berlino appoggiano la mobilitazione, in altri contesti rivoluzionaria. Si è sfilato a ottobre, sotto i preparativi per l’anniversario del 9 novembre 1989, allo slogan: «Prima un tetto, poi l’esproprio». Si manifesta regolarmente anche contro lo sgombero di locali alternativi da immobili occupati. Nella capitale a 30 anni dalla riunificazione il mercato del lavoro cresce il quasi doppio (13%, Prognos 2019) che della media nazionale (7%). Berlino è meno povera, ma per principio resta comunarda e anti-consumista.
L’EST RESTA CHIUSO E DIFFIDENTE
La metropoli tedesca diretta verso i 4 milioni di abitanti, libera dal Muro che spaccava l’Europa, è diventata un brillante modello di convivenza multietnica. Un’oasi di integrazione circondata da 12 milioni di ex cittadini dell’Est che – anche tra le nuove generazioni – spingono nella direzione opposta. La presa dei programmi autoritari delle estreme destre in Land come – si è visto dalle Regionali del 2019 – la Turingia, la Sassonia e il Brandeburgo è il rovescio della medaglia del lascito del regime della Ddr all’interno del tessuto sociale.
Il numero di abitanti dell’ex Ddr resta ai livelli del 1905, complice lo spopolamento al crollo del regime
La chiusura verso l’esterno, in un territorio ancora pressoché estraneo all’immigrazione a differenza dell’Ovest, è il riflesso dal timore per gli stranieri dopo 40 anni di isolamento dall’Occidente. I tedeschi dei Land dell’Est – nonostante la costante, graduale crescita economica dal 1990 – restano i meno soddisfatti della qualità della vita e dei servizi, conferma anche l’Atlante del successo 2019 di Deutsche Post.
LA FRATTURA CON L’OCCIDENTE
Berlino attrae. Gli altri Land dell’Est no, e continuano a volgersi all’orbita dell’ex Urss da dove l’immigrazione non fa paura. Dai rilevamenti dell’Istituto di Ricerche Economiche di Dresda, dove il Comune ha dichiarato l’«emergenza nazismo», il numero di abitanti dell’ex Ddr resta ai livelli del 1905, complice lo spopolamento al crollo del regime. Gli attacchi di neonazi (omicidi e ferimenti politici, attentati, aggressioni agli stranieri) montano in tutta la Germania, ma nell’Est ancora di più. È mancato il decollo dal 1989 anche perché l’opinione pubblica risponde in maniera diversa dell’Ovest ai trend. Una delle cartine di tornasole è il fallito boom degli ambientalisti tra i 20enni – più richiamati dall’estrema destra di AfD. In controtendenza anche dalle ultime Amministrative a Berlino, dove migliaia di voti sono migrati ai Verdi dalla Linke e dalla Spd. Ma se la Berlino aperta e marxista guarda ancora a Rosa Luxemburg, l’altra ex Ddr preferisce la Russia sovranista di Vladimir Putin.
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