Uruguay, l’aquila nazista della Admiral Graf Spee non diventerà una colomba

Marcia indietro da parte di Luis Lacalle Pou. Il presidente dell’Uruguay ha annunciato di aver abbandonato il suo controverso piano di fondere l’aquila di bronzo – larga quasi tre metri e pesante 350 chilogrammi – che adornava la prua dell’Admiral Graf Spee, corazzata tedesca della Seconda Guerra mondiale affondata al largo delle coste del Paese sudamericano nel 1939, per trasformarla in una colomba simbolo di pace.

Uruguay, l'aquila nazista della Admiral Graf Spee non diventerà una colomba. Passo indietro del presidente Luis Lacalle Pou.
Luis Lacalle Pou, presidente dell’Uruguay dal 2020 (Getty Images).

La decisione di Lacalle Pou aveva sollevato critiche anche da parte della coalizione di governo

Da quando Lacalle Pou aveva annunciato venerdì 16 maggio l’idea di fondere la polena trovata 17 anni fa sul relitto della nave da guerra nazista, una delle più grandi del Terzo Reich, si erano levate pesanti critiche negli ambienti culturali e politici, anche all’interno della sua coalizione di governo. E così alla fine l’artista uruguaiano Pablo Atchugarry, che era stato scelto per realizzare la colomba entro novembre, è stato informato che il progetto è stato annullato. Il futuro dell’aquila di bronzo rimane a questo punto incerto.

Uruguay, l'aquila nazista della Admiral Graf Spee non diventerà una colomba. Passo indietro del presidente Luis Lacalle Pou.
L’autoaffondamento dell’incrociatore nazista Admiral Graf Spee, avvenuto il 17 dicembre 1939 (Getty Images).

Danneggiata nella battaglia del Rio de la Plata, la Admiral Graf Spee fu poi autoaffondata

Varata nel 1934, la Admiral Graf Spee era un incrociatore pesante della classe Deutschland, che servì nella Kriegsmarine tedesca durante le primissime fasi della seconda guerra mondiale. Il 13 dicembre 1939 fu protagonista della battaglia del Río de la Plata, breve scontro a fuoco che la vide opposta a tre incrociatori della Royal Navy britannica. Colpita e danneggiata, la Admiral Graf Spee fu costretta a riparare nel porto neutrale di Montevideo: scaduto il termine di 72 ore per la permanenza concesso dal governo uruguaiano, fu obbligata a ripartire e il capitano Hans Langsdorff ne decise l’autoaffondamento la sera del 17 dicembre. La scultura di bronzo era stata poi recuperata nel 2006, dopo un decennio di ricerche nelle acque uruguaiane. Al termine di una lunga battaglia procedurale, la Corte Suprema dell’Uruguay aveva stabilito che l’aquila era interamente di proprietà dello Stato.

È stata Giorgia Soleri a tradire per prima Damiano dei Maneskin? Chi è l’altro uomo

Nuovi aggiornamenti sulla fine della relazione fra Giorgia Soleri e Damiano David. Secondo Novella 2000, che per prima ha pubblicato la notizia, la influencer avrebbe avuto per diversi mesi una relazione parallela con un imprenditore del settore dei cosmetici. Quest’ultimo però l’avrebbe già lasciata poiché scontento di alcune sue recenti dichiarazioni. Soleri e Damiano avevano ufficializzato la rottura dopo che sui social era trapelato un video in cui il frontman dei Maneskin baciava un’altra ragazza.

Giorgia Soleri: «La nostra relazione non era monogama»

Al momento, come ha sottolineato ancora Novella 2000, non si conosce l’identità dell’imprenditore e (ormai pure lui già ex) fidanzato di Giorgia Soleri. Stando ad alcuni rumors, si pensa possa essere una figura legata ai prodotti che la stessa influencer promuove da tempo sui suoi profili online. Ha infatti da poco lanciato una propria linea di cosmetici, la Neonude, in collaborazione con il brand italiano Mulac. Damiano tramite il suo profilo Instagram aveva fatto sapere: «Sono molto dispiaciuto sia uscito questo video, non era così che volevamo gestire questa situazione. Io e Giorgia ci siamo lasciati da qualche giorno, quindi non ci sono tradimenti di nessun tipo. Spero che questa cosa non infici l’immagine di Giorgia e che possiate rispettare la delicatezza di questo momento».

Secondo Novella 2000, Giorgia Soleri aveva da tempo un’altra relazione, tra l’altro già finita. Ignota però l’identità del partner.
I quattro membri dei Maneskin in un recente evento pubblico (Getty Images)

L’annuncio aveva però diviso l’opinione pubblica sui social network, con i fan dell’uno e dell’altra che hanno commentato a lungo la rottura. Non si era fatta attendere pertanto la replica di Soleri, intervenuta come Damiano tramite i propri canali social: «Trovo che poter vivere la propria sessualità in modo libero, consensuale e completo sia bellissimo e arricchente per sé e per tutte le persone che, in modi diversi, si rapportano a noi». L’influencer aveva proseguito dicendosi aperta sostenitrice dell’inclusività invece che dell’esclusiva. «La relazione tra me e Damiano era, di comune accordo e in modo del tutto consensuale, non monogama». Alcuni utenti hanno però notato che, al momento della separazione, ha smesso di seguire l’intera band dei Maneskin.

È stata Giorgia Soleri a tradire per prima Damiano dei Maneskin? Chi è l’altro uomo

Nuovi aggiornamenti sulla fine della relazione fra Giorgia Soleri e Damiano David. Secondo Novella 2000, che per prima ha pubblicato la notizia, la influencer avrebbe avuto per diversi mesi una relazione parallela con un imprenditore del settore dei cosmetici. Quest’ultimo però l’avrebbe già lasciata poiché scontento di alcune sue recenti dichiarazioni. Soleri e Damiano avevano ufficializzato la rottura dopo che sui social era trapelato un video in cui il frontman dei Maneskin baciava un’altra ragazza.

Giorgia Soleri: «La nostra relazione non era monogama»

Al momento, come ha sottolineato ancora Novella 2000, non si conosce l’identità dell’imprenditore e (ormai pure lui già ex) fidanzato di Giorgia Soleri. Stando ad alcuni rumors, si pensa possa essere una figura legata ai prodotti che la stessa influencer promuove da tempo sui suoi profili online. Ha infatti da poco lanciato una propria linea di cosmetici, la Neonude, in collaborazione con il brand italiano Mulac. Damiano tramite il suo profilo Instagram aveva fatto sapere: «Sono molto dispiaciuto sia uscito questo video, non era così che volevamo gestire questa situazione. Io e Giorgia ci siamo lasciati da qualche giorno, quindi non ci sono tradimenti di nessun tipo. Spero che questa cosa non infici l’immagine di Giorgia e che possiate rispettare la delicatezza di questo momento».

Secondo Novella 2000, Giorgia Soleri aveva da tempo un’altra relazione, tra l’altro già finita. Ignota però l’identità del partner.
I quattro membri dei Maneskin in un recente evento pubblico (Getty Images)

L’annuncio aveva però diviso l’opinione pubblica sui social network, con i fan dell’uno e dell’altra che hanno commentato a lungo la rottura. Non si era fatta attendere pertanto la replica di Soleri, intervenuta come Damiano tramite i propri canali social: «Trovo che poter vivere la propria sessualità in modo libero, consensuale e completo sia bellissimo e arricchente per sé e per tutte le persone che, in modi diversi, si rapportano a noi». L’influencer aveva proseguito dicendosi aperta sostenitrice dell’inclusività invece che dell’esclusiva. «La relazione tra me e Damiano era, di comune accordo e in modo del tutto consensuale, non monogama». Alcuni utenti hanno però notato che, al momento della separazione, ha smesso di seguire l’intera band dei Maneskin.

Pino Daniele: canzoni, moglie, figli e causa della morte del cantautore

Il 19 marzo del 1955 nasceva a Napoli quello che è diventato nel corso degli anni uno dei più grandi poeti della musica italiana: stiamo parlando dell’indimenticabile Pino Daniele, interprete per eccellenza della canzone napoletana nonché apprezzatissimo chitarrista. Ecco tutto quello che c’è da sapere su di lui.

Pino Daniele: biografia e canzoni

Nato nel quartiere napoletano di Porto, in una famiglia piuttosto povera, Pino Daniele iniziò a suonare la chitarra da autodidatta, esordendo nel complesso dei New Jet e contribuendo alla fondazione del gruppo dei Batracomomachia insieme a Enzo Avitabile, Paolo Raffone, Rosario Jermano, Rino Zurzolo ed Enzo Ciervo.

Le prime esperienze musicali come musicista arriveranno per lui nei primi anni ’70, mentre il suo disco d’esordio uscirà nel 1977 (Terra mia). Nel corso della sua lunga carriera Pino Daniele avrebbe poi pubblicato un totale di 21 album in studio, 7 album dal vivo e 19 raccolte.

Tra i più prolifici cantatutori della tradizione napoletana. Pino Daniele è morto nel 2015 per un infarto.
Pino Daniele sul palco del Festivalbar (Getty).

Le sue canzoni sono entrate nell’immaginario collettivo come delle splendide e toccanti cartoline della sua Napoli, i cui colori, suoni, profumi erano spesso al centro dei suoi brani. Celeberrime da questo punto di vista sono state per esempio Napule è, ‘O Scarrafone, ‘Na tazzulella ‘e cafè, Quando, Che male c’è, A me me piace ‘o blues, Quanno chiove e Je so’ pazzo.

Pino Daniele: moglie, figli e causa della morte

Pino Daniele ha avuto due mogli e una compagna. La prima si chiama Dorina Giangrande ed è stata in passato una sua corista: dalla relazione Daniele aveva avuto due figli, Alessandro e Cristina. Dopo il divorzio da Giangrande ha poi sposato, nel 1991, Fabiola Sciabbarrassi, dalla quale ha avuto i tre figli Sara, Sofia e Francesco. L’ultima compagna di Pino Daniele in ordine di tempo è stata infine Amanda Bonini. Affetto da problemi di cuore da tempo, Pino Daniele si è spento all’età di 60 anni dopo essere stato colpito da un infarto.

Pino Daniele: canzoni, moglie, figli e causa della morte del cantautore

Il 19 marzo del 1955 nasceva a Napoli quello che è diventato nel corso degli anni uno dei più grandi poeti della musica italiana: stiamo parlando dell’indimenticabile Pino Daniele, interprete per eccellenza della canzone napoletana nonché apprezzatissimo chitarrista. Ecco tutto quello che c’è da sapere su di lui.

Pino Daniele: biografia e canzoni

Nato nel quartiere napoletano di Porto, in una famiglia piuttosto povera, Pino Daniele iniziò a suonare la chitarra da autodidatta, esordendo nel complesso dei New Jet e contribuendo alla fondazione del gruppo dei Batracomomachia insieme a Enzo Avitabile, Paolo Raffone, Rosario Jermano, Rino Zurzolo ed Enzo Ciervo.

Le prime esperienze musicali come musicista arriveranno per lui nei primi anni ’70, mentre il suo disco d’esordio uscirà nel 1977 (Terra mia). Nel corso della sua lunga carriera Pino Daniele avrebbe poi pubblicato un totale di 21 album in studio, 7 album dal vivo e 19 raccolte.

Tra i più prolifici cantatutori della tradizione napoletana. Pino Daniele è morto nel 2015 per un infarto.
Pino Daniele sul palco del Festivalbar (Getty).

Le sue canzoni sono entrate nell’immaginario collettivo come delle splendide e toccanti cartoline della sua Napoli, i cui colori, suoni, profumi erano spesso al centro dei suoi brani. Celeberrime da questo punto di vista sono state per esempio Napule è, ‘O Scarrafone, ‘Na tazzulella ‘e cafè, Quando, Che male c’è, A me me piace ‘o blues, Quanno chiove e Je so’ pazzo.

Pino Daniele: moglie, figli e causa della morte

Pino Daniele ha avuto due mogli e una compagna. La prima si chiama Dorina Giangrande ed è stata in passato una sua corista: dalla relazione Daniele aveva avuto due figli, Alessandro e Cristina. Dopo il divorzio da Giangrande ha poi sposato, nel 1991, Fabiola Sciabbarrassi, dalla quale ha avuto i tre figli Sara, Sofia e Francesco. L’ultima compagna di Pino Daniele in ordine di tempo è stata infine Amanda Bonini. Affetto da problemi di cuore da tempo, Pino Daniele si è spento all’età di 60 anni dopo essere stato colpito da un infarto.

Moby Fantasy, battesimo ad Olbia per il traghetto più grande mai costruito al mondo

Dopo il battesimo ufficiale venerdì 17 giugno 2023 al porto di Olbia, Moby Fantasy è già entrata in servizio sulla tratta Livorno-Olbia. La nuova ammiraglia e 23esima nave della compagnia, nave da record che consente il doppio della capacità di un qualsiasi traghetto oggi in servizio nel Mediterraneo, sarà seguita, in autunno, dalla gemella Moby Legacy che ha recentemente superato con successo le prove in mare. L’arrivo dei due traghetti, entrambi costruiti nei cantieri cinesi di Guangzhou, rafforza il piano industriale di crescita della compagnia leader nel trasporto merci e passeggeri nel Mediterrane. La loro entrata in servizio avrà importanti ricadute sul territorio sia toscano che sardo generando un impatto occupazionale di 500 nuovi posti di lavoro tra diretti e indotto.

Moby Fantasy entra ufficialmente in servizio

Al comando del genovese Massimo Pinsolo e con i suoi 119 membri di equipaggio, con i suoi 237 metri di lunghezza per 33 di larghezza e una stazza lorda di 69.500 tonnellate, Moby Fantasy può trasportare fino a 3 mila persone che alloggeranno nelle 441 cabine tutte con standard da nave da crociera. Inoltre, grazie agli oltre 3.800 metri lineari di garage, può trasportare fino a 1.300 auto o 300 camion. La potenza dei quattro motori di ultima generazione è di 10,8 megawatt ciascuno, per una velocità di crociera di 23,5 nodi con punte di 25.

Moby Fantasy esprime la rivoluzione nel concetto di traghetto così come lo conosciamo oggi: gli standard degli arredi, delle dotazioni e delle cabine sono ai livelli di quelle delle navi da crociera. Ogni singolo particolare – dalla chiglia, ai garage, agli spazi per i passeggeri – è stato studiato con attenzione dai progettisti danesi dello studio OSK Ship Tech sulla base di un concept ideato dall’Armatore Vincenzo Onorato che ha partecipato allo sviluppo del traghetto sin dal disegno iniziale, per assicurare la massima qualità nelle cabine e negli spazi comuni ma anche negli innovativi servizi di ristorazione per offrire ai viaggiatori i migliori standard possibili a bordo.

La nave Moby Fantasy entra in servizio dopo il battesimo ad Olbia
Moby Fantasy (Moby).

La tradizionale cerimonia di battesimo si è svolta alla presenza della madrina d’eccezione Sofia Goggia, sciatrice italiana, campionessa olimpica nella discesa libera a Pyeongchang 2018 e vice campionessa olimpica a Pechino 2022, quattro volte vincitrice della Coppa del Mondo di discesa libera oltre che di due medaglie mondiali nonché simbolo della determinazione e del coraggio. L’atleta azzurra sarà anche ambasciatrice di Moby facendosi interprete di un più ampio progetto della compagnia per diffondere tra i propri ospiti il concetto di «benessere nel movimento» dove lo sport e il viaggio saranno al centro del messaggio per sostenere la salute fisica e mentale come priorità per tutti.

Le dichiarazioni dell’Ad Achille Onorato

Achille Onorato, amministratore delegato di Moby, ha così commentato l’avvio della nave: «Il battesimo di Moby Fantasy rappresenta per tutti noi un nuovo inizio. Non è un punto di arrivo ma un punto di partenza per guardare al futuro con entusiasmo e con la consapevolezza di aver compiuto un percorso virtuoso di ristrutturazione che ci consentirà di crescere e di consolidare il nostro mercato. Attendiamo in autunno l’arrivo della seconda nave, Moby Legacy, che sarà impiegata sulla rotta per la Sardegna offrendo a questa splendida isola l’opportunità di essere servita dalla flotta più giovane e più sostenibile in mare».

La nave Moby Fantasy entra in servizio dopo il battesimo ad Olbia
Achille Onorato (Moby).

E ancora: «La realizzazione di queste due navi risponde in primis a criteri di sostenibilità ambientale ma anche sociale che sono certo saranno riconosciuti e apprezzati dai nostri clienti. Il settore dello shipping sta attraversando un momento di profondo cambiamento, ci sono ancora molte turbolenze dettate dalle normative europee sui carburanti e le nuove regolamentazioni alle quali dovremo prestare continua attenzione. Per questo abbiamo in programma investimenti nel refitting della flotta per 36 milioni di euro che per il 40 per cento saranno co-finanziati grazie al PNRR e realizzati in cantieri italiani generando un ulteriore impatto positivo sul nostro territorio e che ci consentiranno di raggiungere una riduzione complessiva delle emissioni della flotta del 32 per cento superando i requisiti richiesti dalla Fuel EU».

 

Moby Fantasy, battesimo ad Olbia per il traghetto più grande mai costruito al mondo

Dopo il battesimo ufficiale venerdì 17 giugno 2023 al porto di Olbia, Moby Fantasy è già entrata in servizio sulla tratta Livorno-Olbia. La nuova ammiraglia e 23esima nave della compagnia, nave da record che consente il doppio della capacità di un qualsiasi traghetto oggi in servizio nel Mediterraneo, sarà seguita, in autunno, dalla gemella Moby Legacy che ha recentemente superato con successo le prove in mare. L’arrivo dei due traghetti, entrambi costruiti nei cantieri cinesi di Guangzhou, rafforza il piano industriale di crescita della compagnia leader nel trasporto merci e passeggeri nel Mediterrane. La loro entrata in servizio avrà importanti ricadute sul territorio sia toscano che sardo generando un impatto occupazionale di 500 nuovi posti di lavoro tra diretti e indotto.

Moby Fantasy entra ufficialmente in servizio

Al comando del genovese Massimo Pinsolo e con i suoi 119 membri di equipaggio, con i suoi 237 metri di lunghezza per 33 di larghezza e una stazza lorda di 69.500 tonnellate, Moby Fantasy può trasportare fino a 3 mila persone che alloggeranno nelle 441 cabine tutte con standard da nave da crociera. Inoltre, grazie agli oltre 3.800 metri lineari di garage, può trasportare fino a 1.300 auto o 300 camion. La potenza dei quattro motori di ultima generazione è di 10,8 megawatt ciascuno, per una velocità di crociera di 23,5 nodi con punte di 25.

Moby Fantasy esprime la rivoluzione nel concetto di traghetto così come lo conosciamo oggi: gli standard degli arredi, delle dotazioni e delle cabine sono ai livelli di quelle delle navi da crociera. Ogni singolo particolare – dalla chiglia, ai garage, agli spazi per i passeggeri – è stato studiato con attenzione dai progettisti danesi dello studio OSK Ship Tech sulla base di un concept ideato dall’Armatore Vincenzo Onorato che ha partecipato allo sviluppo del traghetto sin dal disegno iniziale, per assicurare la massima qualità nelle cabine e negli spazi comuni ma anche negli innovativi servizi di ristorazione per offrire ai viaggiatori i migliori standard possibili a bordo.

La nave Moby Fantasy entra in servizio dopo il battesimo ad Olbia
Moby Fantasy (Moby).

La tradizionale cerimonia di battesimo si è svolta alla presenza della madrina d’eccezione Sofia Goggia, sciatrice italiana, campionessa olimpica nella discesa libera a Pyeongchang 2018 e vice campionessa olimpica a Pechino 2022, quattro volte vincitrice della Coppa del Mondo di discesa libera oltre che di due medaglie mondiali nonché simbolo della determinazione e del coraggio. L’atleta azzurra sarà anche ambasciatrice di Moby facendosi interprete di un più ampio progetto della compagnia per diffondere tra i propri ospiti il concetto di «benessere nel movimento» dove lo sport e il viaggio saranno al centro del messaggio per sostenere la salute fisica e mentale come priorità per tutti.

Le dichiarazioni dell’Ad Achille Onorato

Achille Onorato, amministratore delegato di Moby, ha così commentato l’avvio della nave: «Il battesimo di Moby Fantasy rappresenta per tutti noi un nuovo inizio. Non è un punto di arrivo ma un punto di partenza per guardare al futuro con entusiasmo e con la consapevolezza di aver compiuto un percorso virtuoso di ristrutturazione che ci consentirà di crescere e di consolidare il nostro mercato. Attendiamo in autunno l’arrivo della seconda nave, Moby Legacy, che sarà impiegata sulla rotta per la Sardegna offrendo a questa splendida isola l’opportunità di essere servita dalla flotta più giovane e più sostenibile in mare».

La nave Moby Fantasy entra in servizio dopo il battesimo ad Olbia
Achille Onorato (Moby).

E ancora: «La realizzazione di queste due navi risponde in primis a criteri di sostenibilità ambientale ma anche sociale che sono certo saranno riconosciuti e apprezzati dai nostri clienti. Il settore dello shipping sta attraversando un momento di profondo cambiamento, ci sono ancora molte turbolenze dettate dalle normative europee sui carburanti e le nuove regolamentazioni alle quali dovremo prestare continua attenzione. Per questo abbiamo in programma investimenti nel refitting della flotta per 36 milioni di euro che per il 40 per cento saranno co-finanziati grazie al PNRR e realizzati in cantieri italiani generando un ulteriore impatto positivo sul nostro territorio e che ci consentiranno di raggiungere una riduzione complessiva delle emissioni della flotta del 32 per cento superando i requisiti richiesti dalla Fuel EU».

 

Alfredo Cospito, oggi la sentenza sull’attentato alla scuola dei carabinieri di Fossano

È attesa per il pomeriggio di lunedì 19 giugno 2023 la sentenza sul processo legato all’attentato alla scuola dei carabinieri di Fossano in cui sono imputati l’anarchico Alfredo Cospito e la sua ex compagna Anna Beniamino. Il procedimento era stato sospeso a dicembre dopo che i giudici torinesi avevano chiesto che la Corte costituzionale si pronunciasse in merito alla norma che vieta la concessione di attenuanti per lieve entità nel caso di reati puniti col fine pena mai (come la strage politica) a chi, come Cospito, è recidivo. Senza la pronuncia della Consulta, l’inserruzionalista sarebbe stato condannato all’ergastolo. Ma, grazie al parere di quest’ultima, potrebbe ottenere una pena meno dura. Intervenuto in videocollegamento dal carcere di Sassari, l’anarchico ha parlato per una decina di minuti evidenziando come la sua vicenda «sia stata usata dal governo come una clava per colpire la cosiddetta opposizione».

Cospito, l’accusa di strage politica per l’attentato alla scuola carabinieri di Fossano

Il processo riguarda i fatti accaduti a giugno 2006 presso la scuola allievi carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa di Fossano, dove vennero piazzati due ordigni temporizzati programmati per esplodere in due fasi. Il primo, che avrebbe dovuto attirare i militari nell’agguato, esplose alle 3:05 del mattino, mentre il secondo, che nelle intenzioni anarchiche avrebbe dovuto colpirli, 25 minuti dopo. Solo il caso fece sì che non ci fossero morti né feriti.

Per i fatti, Cospito sta già scontando vent’anni di reclusione con l’accusa di strage. La Cassazione, però, ha riqualificato il reato in strage politica, punito in Italia con l’ergastolo (indipendentemente dal fatto che sia tentato o consumato), chiedendo alla Corte d’appello di Torino di rideterminare la pena. I difensori dell’imputato, di fronte ad un fatto senza vittime, puntavano al riconoscimento dell’attenuante della «lieve entità» che, se riconosciuta, avrebbe eliminato il rischio di condanna all’ergastolo riportando i termini sanzionatori nella forbice compresa tra i 21 e i 24 anni.

Il parere della Corte costituzionale e le possibili attenuanti

Ma i giudici si sono trovati davanti alla strettoia dell’articolo 69 quarto comma del codice penale, che non consente di concedere le attenuanti per la lieve entità del fatto a chi, come Cospito, è recidivo. Di qui la decisione di chiedere un parere alla Corte costituzionale, che si è espressa a favore dell’anarchico. «Nel caso di reati puniti con la pena edittale dell’ergastolo, è illegittimo il divieto per il giudice di ritenere prevalenti le circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata», ha sentenziato. Ciò vuol dire che il giudice può operare un bilanciamento tra l’attenuante della «lieve entità» e l’aggravante della recidiva. E siccome quella di Fossano fu una strage di entità minore (non ci furono feriti né morti), l’imputato potrebbe beneficiare di una pena minore rispetto all’ergastolo.

 

 

 

 

 

Alfredo Cospito, oggi la sentenza sull’attentato alla scuola dei carabinieri di Fossano

È attesa per il pomeriggio di lunedì 19 giugno 2023 la sentenza sul processo legato all’attentato alla scuola dei carabinieri di Fossano in cui sono imputati l’anarchico Alfredo Cospito e la sua ex compagna Anna Beniamino. Il procedimento era stato sospeso a dicembre dopo che i giudici torinesi avevano chiesto che la Corte costituzionale si pronunciasse in merito alla norma che vieta la concessione di attenuanti per lieve entità nel caso di reati puniti col fine pena mai (come la strage politica) a chi, come Cospito, è recidivo. Senza la pronuncia della Consulta, l’inserruzionalista sarebbe stato condannato all’ergastolo. Ma, grazie al parere di quest’ultima, potrebbe ottenere una pena meno dura. Intervenuto in videocollegamento dal carcere di Sassari, l’anarchico ha parlato per una decina di minuti evidenziando come la sua vicenda «sia stata usata dal governo come una clava per colpire la cosiddetta opposizione».

Cospito, l’accusa di strage politica per l’attentato alla scuola carabinieri di Fossano

Il processo riguarda i fatti accaduti a giugno 2006 presso la scuola allievi carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa di Fossano, dove vennero piazzati due ordigni temporizzati programmati per esplodere in due fasi. Il primo, che avrebbe dovuto attirare i militari nell’agguato, esplose alle 3:05 del mattino, mentre il secondo, che nelle intenzioni anarchiche avrebbe dovuto colpirli, 25 minuti dopo. Solo il caso fece sì che non ci fossero morti né feriti.

Per i fatti, Cospito sta già scontando vent’anni di reclusione con l’accusa di strage. La Cassazione, però, ha riqualificato il reato in strage politica, punito in Italia con l’ergastolo (indipendentemente dal fatto che sia tentato o consumato), chiedendo alla Corte d’appello di Torino di rideterminare la pena. I difensori dell’imputato, di fronte ad un fatto senza vittime, puntavano al riconoscimento dell’attenuante della «lieve entità» che, se riconosciuta, avrebbe eliminato il rischio di condanna all’ergastolo riportando i termini sanzionatori nella forbice compresa tra i 21 e i 24 anni.

Il parere della Corte costituzionale e le possibili attenuanti

Ma i giudici si sono trovati davanti alla strettoia dell’articolo 69 quarto comma del codice penale, che non consente di concedere le attenuanti per la lieve entità del fatto a chi, come Cospito, è recidivo. Di qui la decisione di chiedere un parere alla Corte costituzionale, che si è espressa a favore dell’anarchico. «Nel caso di reati puniti con la pena edittale dell’ergastolo, è illegittimo il divieto per il giudice di ritenere prevalenti le circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata», ha sentenziato. Ciò vuol dire che il giudice può operare un bilanciamento tra l’attenuante della «lieve entità» e l’aggravante della recidiva. E siccome quella di Fossano fu una strage di entità minore (non ci furono feriti né morti), l’imputato potrebbe beneficiare di una pena minore rispetto all’ergastolo.

 

 

 

 

 

Il rapper americano Big Pokey muore sul palco durante un concerto

Lutto nel mondo della musica rap e hip hop. È morto a soli 45 anni Milton Powell, noto come Big Pokey. Fondatore del collettivo Screwed Up Click, è crollato durante un concerto a Beaumont, in Texas, nella serata del 17 giugno. Ancora ignote le cause del decesso. «Vi chiediamo di rispettare la sua famiglia e la loro privacy», si legge nel messaggio pubblicato sul canale Instagram del cantante. «Era molto amato dai suoi amici e da tutti i suoi fan».

Chi era Big Pokey, dal debutto alla collaborazione con Megan Thee Stallion

Fra le voci più promettenti della scena hip hop di Houston, Big Pokey ha collaborato con diversi artisti tra cui DJ Screw, con lui fondatore di Screwed Up Click. Ha debuttato come solista nel 1999 grazie a The Hardest Pit in the Litter, Lp ricordato anche nel messaggio di addio su Instagram. Appena un anno dopo, alla morte di DJ Screw, ha pubblicato il suo secondo lavoro D-Game, mentre nel 2002 ha rilasciato un terzo album dal titolo Da Sky’s Da Limit. Il suo ultimo disco, Sensei, risale invece al 2021, mentre lo scorso anno aveva collaborato con Megan Thee Stallion. Fra i suoi brani più ascoltati su YouTube Change Your Life e Who Dat Talking Down, che contano rispettivamente 2,1 e 1,3 milioni di visualizzazioni.

Fondatore di Screwed Up Click, Big Pokey è morto a 45 anni dopo essere crollato sul palco. Aveva collaborato con Megan Thee Stallion.
Big Pokey in uno dei suoi videoclip musicali (YouTube)

Numerosi i messaggi di cordoglio sui social network da parte di colleghi e amici. Particolarmente colpiti i rapper Juicy J, che lo ha definito una leggenda, e Bun B. «Era facile da amare e difficile da odiare», ha scritto su Instagram quest’ultimo, a lungo collaboratore di Big Pokey. Lo ha salutato anche Sylvester Turner, sindaco di Houston, con un tweet sul suo profilo personale. «Assieme alla città, estendo le mie preghiere e condoglianze alla famiglia e agli amici», ha scritto il primo cittadino. «La sua presenza ha catapultato la nostra scena hip hop su scala nazionale». In tanti lo hanno ricordato come un pioniere dello stile chopped-and-screwed, prodotto rallentando tono e tempo della traccia sottostante.

Rapper americano Big Pokey muore sul palco durante un concerto

Lutto nel mondo della musica rap e hip hop. È morto a soli 45 anni Milton Powell, noto come Big Pokey. Fondatore del collettivo Screwed Up Click, è crollato durante un concerto a Beaumont, in Texas, nella serata del 17 giugno. Ancora ignote le cause del decesso. «Vi chiediamo di rispettare la sua famiglia e la loro privacy», si legge nel messaggio pubblicato sul canale Instagram del cantante. «Era molto amato dai suoi amici e da tutti i suoi fan».

Chi era Big Pokey, dal debutto alla collaborazione con Megan Thee Stallion

Fra le voci più promettenti della scena hip hop di Houston, Big Pokey ha collaborato con diversi artisti tra cui DJ Screw, con lui fondatore di Screwed Up Click. Ha debuttato come solista nel 1999 grazie a The Hardest Pit in the Litter, Lp ricordato anche nel messaggio di addio su Instagram. Appena un anno dopo, alla morte di DJ Screw, ha pubblicato il suo secondo lavoro D-Game, mentre nel 2002 ha rilasciato un terzo album dal titolo Da Sky’s Da Limit. Il suo ultimo disco, Sensei, risale invece al 2021, mentre lo scorso anno aveva collaborato con Megan Thee Stallion. Fra i suoi brani più ascoltati su YouTube Change Your Life e Who Dat Talking Down, che contano rispettivamente 2,1 e 1,3 milioni di visualizzazioni.

Fondatore di Screwed Up Click, Big Pokey è morto a 45 anni dopo essere crollato sul palco. Aveva collaborato con Megan Thee Stallion.
Big Pokey in uno dei suoi videoclip musicali (YouTube)

Numerosi i messaggi di cordoglio sui social network da parte di colleghi e amici. Particolarmente colpiti i rapper Juicy J, che lo ha definito una leggenda, e Bun B. «Era facile da amare e difficile da odiare», ha scritto su Instagram quest’ultimo, a lungo collaboratore di Big Pokey. Lo ha salutato anche Sylvester Turner, sindaco di Houston, con un tweet sul suo profilo personale. «Assieme alla città, estendo le mie preghiere e condoglianze alla famiglia e agli amici», ha scritto il primo cittadino. «La sua presenza ha catapultato la nostra scena hip hop su scala nazionale». In tanti lo hanno ricordato come un pioniere dello stile chopped-and-screwed, prodotto rallentando tono e tempo della traccia sottostante.

Peste suina africana, Latronico ai Parchi: intensificare controlli

Facendo seguito all’incontro avuto il 14 giugno con il commissario straordinario nazionale alla peste suina africana (PSA) Vincenzo Caputo, l’assessore regionale all’Ambiente Cosimo Latronico ha scritto una lettera ai responsabili dei Parchi naturali della Basilicata (Ente Parco Regionale di Gallipoli Cognato e delle Piccole Dolomiti Lucane, Ente Parco Regionale Archeologico, Storico, Naturale delle Chiese Rupestri del Materano, Ente Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, Val d’agri Lagonegrese, Ente Parco Nazionale del Pollino, Ente Parco Regionale Naturale del Vulture) per sollecitare l’attuazione delle azioni e delle misure previste dall’ordinanza del Presidente della Regione Basilicata n. 5 del 03/06/2023 per prevenire la diffusione della peste suina africana sul territorio regionale.

Nella lettera, indirizzata anche ai presidenti delle Province di Potenza e Matera, si ricorda “la previsione che anche i Parchi e le Riserve, i cui territori non ricadano nelle zone di attenzione, pongano in essere azioni di intensificazione del selecontrollo di propria competenza nonché di monitoraggio attivo di eventuali carcasse che andranno immediatamente segnalate e trattate con le modalità previste nell’ordinanza”.

Latronico ricorda inoltre “i poteri di commissariamento del commissario in caso di inerzia delle strutture competenti”, e in attesa di un incontro che si svolgerà a breve chiede ai responsabili dei Parchi “di voler operare con ogni urgenza come da ordinanza, intensificando le azioni di selecontrollo e monitoraggio previste” nonché di “fornire al competente Ufficio Parchi, Biodiversità e Tutela della Natura un monitoraggio di dettaglio mensile circa il numero di capi oggetto di prelievo, nonché le azioni di monitoraggio attuate e relative risultanze”.

Lettera43 ritorna: l’editoriale del direttore Paolo Madron

Ritorna Lettera43. Nell’editoriale di commiato dalla sua precedente vita chiudevamo dicendo che non di addio si trattava, ma di un arrivederci. Sono passati tre anni. Tanti, forse troppi. Di mezzo c’è stato il Covid e il venir meno di alcuni potenziali compratori hanno ritardato la ripartenza. Nel frattempo, maggio del 2021, abbiamo creato Tag43. Nelle intenzioni un ponte che il prima possibile ci avrebbe dovuto riportare là dove avevamo cominciato.

Lettera43, un’identità editoriale che il mercato apprezzava

Lettera43 aveva chiuso dopo 10 anni di vita (debuttammo nell’ottobre 2010) pur forte di un archivio sterminato di articoli, molti dei quali su episodi importanti della storia recente, un’identità editoriale che il mercato ci riconosceva e, viste le mumerose reazioni di rammarico all’annuncio della chiusura, apprezzava. Per ricominciare abbiamo dovuto aspettare che il vecchio editore mettesse in liquidazione la testata. In più, cosa che ci ha sorpreso non poco, combattere in un’asta competitiva per riprendercela. Ma sarebbe stato un peccato lasciare andare tutto.

La nostra filosofia: molti retroscena, attenzione agli intrecci di potere e alle zone d’ombra dove politica, economia e finanza si fondono con esiti spesso perversi

Ora torniamo, e lo facciamo restando fedeli alla filosofia delle origini: molti retroscena, che i detrattori chiamano gossip, ma che restano imprescindibili per capire cosa accade sulla scena. Attenzione agli attori, noti ma più spesso poco noti, che in essa si muovono. E agli intrecci di potere che ne condizionano decisioni e comportamenti. Formula molto semplice, che si basa su un assunto: nel continuo bulimico scorrere dei flussi, la moltiplicazione delle informazioni e delle piattaforme che le veicolano offre un parziale servizio alla loro comprensione, nascondendo complessità e dinamiche. Questo vale soprattutto per quello che è sempre stato lo specifico di Lettera43, ossia l’esplorazione di quelle zone d’ombra dove politica, economia e finanza si fondono con esiti spesso perversi.

I confini tra informazione e promozione da noi resteranno distinti

Saremo molto indiscreti, decisi, fantasiosi. Cattivi con chi lo merita. Fare un giornale che ha come centro d’attenzione quei gruppi industriali e finanziari che in molti casi sono anche suoi investitori pubblicitari è un laborioso, a volte spericolato esercizio di equilibrio. Tanto più di fronte a un panorama editoriale economicamente deteriorato che ha fiaccato i confini tra informazione e promozione. Ma quei lettori che ci hanno scelto lo hanno fatto sapendo che da noi quei confini resteranno sempre distinti.

C’è ancora spazio per un giornalismo di notizie e contenuti

L’obiettivo è di far convivere qualità e quantità, impresa che già la precedente Lettera43 aveva dimostrato possibile visto che eravamo arrivati a una media quotidiana di oltre 200 mila lettori. Sulla prima e sul posizionamento del giornale siamo confidenti, sulla seconda abbiamo scelto una concessionaria e un partner tecnologico, Evolution adv, la cui competenza e reputazione fanno ben sperare. Durante la lunga pausa seguita alla chiusura di Lettera43, e nello spettrale contesto in cui la pandemia ci aveva precipitato, ci siamo chiesti più volte se avesse un senso tornare, se un certo tipo di giornalismo basato sul primato delle notizie non fosse stato inesorabilmente superato dallo straripante predominio dei social network. E se si potesse ancora ambire a un modello di business sostenibile. La risposta sta in questo nuovo inizio. Che il viaggio dunque cominci. E scusate il ritardo.

Lettera43 ritorna: l’editoriale del direttore Paolo Madron

Ritorna Lettera43. Nell’editoriale di commiato dalla sua precedente vita chiudevamo dicendo che non di addio si trattava, ma di un arrivederci. Sono passati tre anni. Tanti, forse troppi. Di mezzo c’è stato il Covid e il venir meno di alcuni potenziali compratori hanno ritardato la ripartenza. Nel frattempo, maggio del 2021, abbiamo creato Tag43. Nelle intenzioni un ponte che il prima possibile ci avrebbe dovuto riportare là dove avevamo cominciato.

Lettera43, un’identità editoriale che il mercato apprezzava

Lettera43 aveva chiuso dopo 10 anni di vita (debuttammo nell’ottobre 2010) pur forte di un archivio sterminato di articoli, molti dei quali su episodi importanti della storia recente, un’identità editoriale che il mercato ci riconosceva e, viste le mumerose reazioni di rammarico all’annuncio della chiusura, apprezzava. Per ricominciare abbiamo dovuto aspettare che il vecchio editore mettesse in liquidazione la testata. In più, cosa che ci ha sorpreso non poco, combattere in un’asta competitiva per riprendercela. Ma sarebbe stato un peccato lasciare andare tutto.

La nostra filosofia: molti retroscena, attenzione agli intrecci di potere e alle zone d’ombra dove politica, economia e finanza si fondono con esiti spesso perversi

Ora torniamo, e lo facciamo restando fedeli alla filosofia delle origini: molti retroscena, che i detrattori chiamano gossip, ma che restano imprescindibili per capire cosa accade sulla scena. Attenzione agli attori, noti ma più spesso poco noti, che in essa si muovono. E agli intrecci di potere che ne condizionano decisioni e comportamenti. Formula molto semplice, che si basa su un assunto: nel continuo bulimico scorrere dei flussi, la moltiplicazione delle informazioni e delle piattaforme che le veicolano offre un parziale servizio alla loro comprensione, nascondendo complessità e dinamiche. Questo vale soprattutto per quello che è sempre stato lo specifico di Lettera43, ossia l’esplorazione di quelle zone d’ombra dove politica, economia e finanza si fondono con esiti spesso perversi.

I confini tra informazione e promozione da noi resteranno distinti

Saremo molto indiscreti, decisi, fantasiosi. Cattivi con chi lo merita. Fare un giornale che ha come centro d’attenzione quei gruppi industriali e finanziari che in molti casi sono anche suoi investitori pubblicitari è un laborioso, a volte spericolato esercizio di equilibrio. Tanto più di fronte a un panorama editoriale economicamente deteriorato che ha fiaccato i confini tra informazione e promozione. Ma quei lettori che ci hanno scelto lo hanno fatto sapendo che da noi quei confini resteranno sempre distinti.

C’è ancora spazio per un giornalismo di notizie e contenuti

L’obiettivo è di far convivere qualità e quantità, impresa che già la precedente Lettera43 aveva dimostrato possibile visto che eravamo arrivati a una media quotidiana di oltre 200 mila lettori. Sulla prima e sul posizionamento del giornale siamo confidenti, sulla seconda abbiamo scelto una concessionaria e un partner tecnologico, Evolution adv, la cui competenza e reputazione fanno ben sperare. Durante la lunga pausa seguita alla chiusura di Lettera43, e nello spettrale contesto in cui la pandemia ci aveva precipitato, ci siamo chiesti più volte se avesse un senso tornare, se un certo tipo di giornalismo basato sul primato delle notizie non fosse stato inesorabilmente superato dallo straripante predominio dei social network. E se si potesse ancora ambire a un modello di business sostenibile. La risposta sta in questo nuovo inizio. Che il viaggio dunque cominci. E scusate il ritardo.

Evangelos Marinakis, luci e (tante) ombre del Berlusconi greco che vuole prendersi il Monza

Mister Evangelos Marinakis potrebbe arrivare in Italia e nessuno sembra farci caso. Lo shopping straniero di club italiani si è andato incrementando di mese in mese, ormai le proprietà estere dei club della nostra Serie A si apprestano a sopravanzare quelle nazionali, sicché il fatto che ne arrivi una dalla Grecia può sembrare soltanto un ulteriore tocco d’esotico. E invece bisognerebbe guardare con più attenzione al personaggio. Perché si tratta di un soggetto che intrattiene col mondo del calcio un rapporto sui generis: ha costruito un sistema di potere nel calcio greco che rimane tuttora inattaccabile, è alleato di tutti i super agenti in circolazione, è riuscito persino a venir fuori pressoché indenne da uno scandalo di match fixing che ha coinvolto il suo Olympiacos Pireo. E adesso ha deciso di crearsi un sistema di multiproprietà calcistica che guarda alle principali leghe europee. Per questo ha dapprima scelto di acquisire il glorioso Nottingham Forest, portandolo in Premier league dopo anni di seconda divisione, e adesso punta alla Serie A guardando al Monza, che la famiglia Berlusconi è pronta a mettere in vendita dopo la morte di Silvio.

Evangelos Marinakis, luci e (tante) ombre del Berlusconi greco che vuole prendersi il Monza
Silvio Berlusconi e Adriano Galliani (Imagoeconomica).

Magnate dei media coinvolto in politica: vi ricorda qualcuno?

Come da stereotipo dei magnati greci che investono nel mondo dello sport, Marinakis è un armatore. E giusto per proseguire nel solco degli stereotipi, è anche un magnate dei media oltreché direttamente coinvolto in politica (consigliere comunale al Pireo, da indipendente). Elementi, questi ultimi, che facilmente lo collocano nel profilo degli oligarchi che hanno colonizzato il calcio europeo con l’avvio del nuovo secolo. Inoltre, a spianargli il cammino è stato anche il fatto di appartenere a una dinastia ottimamente radicata nell’economia nazionale, col padre Miltiadis che ha consolidato un impero economico oltre a essere stato deputato del partito conservatore Nuova democrazia.

Evangelos Marinakis, luci e (tante) ombre del Berlusconi greco che vuole prendersi il Monza
Evangelos Marinakis in tribuna a guardare il suo Nottingham Forest. (Getty)

Sbaragliata la concorrenza delle rivali Aek e Panathinaikos

In questo contesto familiare il giovane Evangelos cresce respirando un’atmosfera fortemente intrisa dal connubio fra potere e denaro. E dopo essersi laureato a Londra in International Business Administration inizia a prendersi il proprio spazio. Lo fa innovando il sistema di potere costruito da Miltiadis. E in questo senso adotta la ricetta berlusconiana, trasformata nel frattempo in un copyright e esportata in giro per l’Europa: investire nel settore dei media e nel calcio. Due campi nei quali è possibile costruire un’immagine pubblica edificante e acquisire vasto consenso. Nel campo mediatico Marinakis ha fondato due quotidiani (To Vima e To Mea) e una stazione televisiva (Mega Channel). In campo calcistico, ha acquisito l’Olympiacos Pireo nel 2010 inaugurando una fase nella quale la squadra biancorossa ha sbaragliato la concorrenza delle rivali storiche Aek Atene e Panathinaikos.

Evangelos Marinakis, luci e (tante) ombre del Berlusconi greco che vuole prendersi il Monza
Evangelos Marinakis allo stadio durante una partita dell’Olympiacos in Europa league (Getty).

È presidente della lega greca e vicepresidente della federazione

Dal 2010 al 2022 la squadra biancorossa vince 10 campionati nazionali su 13. Lo fa perché è nettamente la più forte, ma anche perché dà proprio l’idea di essere intoccabile. Uno status che deriva anche dall’ascesa di Marinakis nella mappa del potere calcistico. L’armatore arriva a essere infatti, in entrambi i casi per due mandati, presidente della lega professionistica greca e vicepresidente della federazione. E il fatto che un magnate dai così vasti (e impegnativi) interessi trovi tempo da dedicare a due cariche politiche in ambito calcistico dà la misura dell’importanza che il calcio ha per il personaggio: uno strumento di potere per agire in una vasta zona grigia d’intersezione fra politica, economia e affari.

Le inchieste: traffico di droga e presunta corruzione

Ma il fatto che Marinakis venga percepito come un intoccabile è determinato dall’esplosione di vicende giudiziarie che fanno molto scalpore sia in patria che all’estero. Una di queste riguarda una storia di traffico di droga condotto attraverso la nave Noor One. Marinakis è stato coinvolto ma ne è uscito pulito. Va aggiunto che molti dei soggetti cui sarebbe toccato testimoniare sulla vicenda sono morti ammazzati, ma ovviamente si tratta di coincidenze. Una vicenda certamente meno grave sotto il profilo penale ma egualmente inquietante è una vasta manovra di presunte corruzioni calcistiche della quale l’Olympiacos sarebbe stato al centro. Anche in questo caso Marinakis ne è uscito pulito. Anche perché in sede Uefa l’inchiesta ha trovato un’attenzione un po’ discontinua. Ciò è avvenuto nel periodo finale della presidenza di Michel Platini, quando il segretario generale della confederazione calcistica si chiamava Gianni Infantino.

Marinakis fa affari con tutti e continuerebbe a farli a Monza. In certi casi non è soltanto calciomercato: sono relazioni di potere

Dopo lo stravolgimento che mette fuori gioco sia Joseph Blatter sia Platini e spiana a Infantino la strada verso la presidenza della Fifa, il ruolo chiave di segretario generale dell’Uefa viene assunto da Theodore Theodoridis. Che di Infantino era vice da segretario generale e che nella confederazione calcistica europea conta quanto e forse più del presidente Aleksander Ćeferin. Soprattutto, Theodore è figlio di Savvas, ex portiere nonché ex dirigente dell’Olympiacos. Nei giorni in cui lo scandalo sulle accuse di match fixing rivolte all’Olympiacos era nel pieno del clamore, Theodoridis padre chiedeva pubblicamente di non coinvolgere Theodoridis figlio nella vicenda, per non compromettere la nomina a segretario generale Uefa. Ma c’è da credere che nulla e nessuno avrebbe fermato la nomina. Che adesso permette a Marinakis di contare su una sponda solida all’interno della confederazione europea. E sponde ancora più solide vengono trovate presso la categoria dei super agenti, i monopolisti del calciomercato globale che con l’Olympiacos fanno affari tutti quanti. Marinakis era grande amico di Mino Raiola e continua a esserlo di Jorge Mendes, così come di Stellar Group e di Rogon, senza disdegnare i rapporti con Pini Zahavi e Fali Ramadani. Marinakis fa affari con tutti e continuerebbe a farli a Monza. In certi casi non è soltanto calciomercato: sono relazioni di potere.

Evangelos Marinakis, luci e (tante) ombre del Berlusconi greco che vuole prendersi il Monza

Mister Evangelos Marinakis potrebbe arrivare in Italia e nessuno sembra farci caso. Lo shopping straniero di club italiani si è andato incrementando di mese in mese, ormai le proprietà estere dei club della nostra Serie A si apprestano a sopravanzare quelle nazionali, sicché il fatto che ne arrivi una dalla Grecia può sembrare soltanto un ulteriore tocco d’esotico. E invece bisognerebbe guardare con più attenzione al personaggio. Perché si tratta di un soggetto che intrattiene col mondo del calcio un rapporto sui generis: ha costruito un sistema di potere nel calcio greco che rimane tuttora inattaccabile, è alleato di tutti i super agenti in circolazione, è riuscito persino a venir fuori pressoché indenne da uno scandalo di match fixing che ha coinvolto il suo Olympiacos Pireo. E adesso ha deciso di crearsi un sistema di multiproprietà calcistica che guarda alle principali leghe europee. Per questo ha dapprima scelto di acquisire il glorioso Nottingham Forest, portandolo in Premier league dopo anni di seconda divisione, e adesso punta alla Serie A guardando al Monza, che la famiglia Berlusconi è pronta a mettere in vendita dopo la morte di Silvio.

Evangelos Marinakis, luci e (tante) ombre del Berlusconi greco che vuole prendersi il Monza
Silvio Berlusconi e Adriano Galliani (Imagoeconomica).

Magnate dei media coinvolto in politica: vi ricorda qualcuno?

Come da stereotipo dei magnati greci che investono nel mondo dello sport, Marinakis è un armatore. E giusto per proseguire nel solco degli stereotipi, è anche un magnate dei media oltreché direttamente coinvolto in politica (consigliere comunale al Pireo, da indipendente). Elementi, questi ultimi, che facilmente lo collocano nel profilo degli oligarchi che hanno colonizzato il calcio europeo con l’avvio del nuovo secolo. Inoltre, a spianargli il cammino è stato anche il fatto di appartenere a una dinastia ottimamente radicata nell’economia nazionale, col padre Miltiadis che ha consolidato un impero economico oltre a essere stato deputato del partito conservatore Nuova democrazia.

Evangelos Marinakis, luci e (tante) ombre del Berlusconi greco che vuole prendersi il Monza
Evangelos Marinakis in tribuna a guardare il suo Nottingham Forest. (Getty)

Sbaragliata la concorrenza delle rivali Aek e Panathinaikos

In questo contesto familiare il giovane Evangelos cresce respirando un’atmosfera fortemente intrisa dal connubio fra potere e denaro. E dopo essersi laureato a Londra in International Business Administration inizia a prendersi il proprio spazio. Lo fa innovando il sistema di potere costruito da Miltiadis. E in questo senso adotta la ricetta berlusconiana, trasformata nel frattempo in un copyright e esportata in giro per l’Europa: investire nel settore dei media e nel calcio. Due campi nei quali è possibile costruire un’immagine pubblica edificante e acquisire vasto consenso. Nel campo mediatico Marinakis ha fondato due quotidiani (To Vima e To Mea) e una stazione televisiva (Mega Channel). In campo calcistico, ha acquisito l’Olympiacos Pireo nel 2010 inaugurando una fase nella quale la squadra biancorossa ha sbaragliato la concorrenza delle rivali storiche Aek Atene e Panathinaikos.

Evangelos Marinakis, luci e (tante) ombre del Berlusconi greco che vuole prendersi il Monza
Evangelos Marinakis allo stadio durante una partita dell’Olympiacos in Europa league (Getty).

È presidente della lega greca e vicepresidente della federazione

Dal 2010 al 2022 la squadra biancorossa vince 10 campionati nazionali su 13. Lo fa perché è nettamente la più forte, ma anche perché dà proprio l’idea di essere intoccabile. Uno status che deriva anche dall’ascesa di Marinakis nella mappa del potere calcistico. L’armatore arriva a essere infatti, in entrambi i casi per due mandati, presidente della lega professionistica greca e vicepresidente della federazione. E il fatto che un magnate dai così vasti (e impegnativi) interessi trovi tempo da dedicare a due cariche politiche in ambito calcistico dà la misura dell’importanza che il calcio ha per il personaggio: uno strumento di potere per agire in una vasta zona grigia d’intersezione fra politica, economia e affari.

Le inchieste: traffico di droga e presunta corruzione

Ma il fatto che Marinakis venga percepito come un intoccabile è determinato dall’esplosione di vicende giudiziarie che fanno molto scalpore sia in patria che all’estero. Una di queste riguarda una storia di traffico di droga condotto attraverso la nave Noor One. Marinakis è stato coinvolto ma ne è uscito pulito. Va aggiunto che molti dei soggetti cui sarebbe toccato testimoniare sulla vicenda sono morti ammazzati, ma ovviamente si tratta di coincidenze. Una vicenda certamente meno grave sotto il profilo penale ma egualmente inquietante è una vasta manovra di presunte corruzioni calcistiche della quale l’Olympiacos sarebbe stato al centro. Anche in questo caso Marinakis ne è uscito pulito. Anche perché in sede Uefa l’inchiesta ha trovato un’attenzione un po’ discontinua. Ciò è avvenuto nel periodo finale della presidenza di Michel Platini, quando il segretario generale della confederazione calcistica si chiamava Gianni Infantino.

Marinakis fa affari con tutti e continuerebbe a farli a Monza. In certi casi non è soltanto calciomercato: sono relazioni di potere

Dopo lo stravolgimento che mette fuori gioco sia Joseph Blatter sia Platini e spiana a Infantino la strada verso la presidenza della Fifa, il ruolo chiave di segretario generale dell’Uefa viene assunto da Theodore Theodoridis. Che di Infantino era vice da segretario generale e che nella confederazione calcistica europea conta quanto e forse più del presidente Aleksander Ćeferin. Soprattutto, Theodore è figlio di Savvas, ex portiere nonché ex dirigente dell’Olympiacos. Nei giorni in cui lo scandalo sulle accuse di match fixing rivolte all’Olympiacos era nel pieno del clamore, Theodoridis padre chiedeva pubblicamente di non coinvolgere Theodoridis figlio nella vicenda, per non compromettere la nomina a segretario generale Uefa. Ma c’è da credere che nulla e nessuno avrebbe fermato la nomina. Che adesso permette a Marinakis di contare su una sponda solida all’interno della confederazione europea. E sponde ancora più solide vengono trovate presso la categoria dei super agenti, i monopolisti del calciomercato globale che con l’Olympiacos fanno affari tutti quanti. Marinakis era grande amico di Mino Raiola e continua a esserlo di Jorge Mendes, così come di Stellar Group e di Rogon, senza disdegnare i rapporti con Pini Zahavi e Fali Ramadani. Marinakis fa affari con tutti e continuerebbe a farli a Monza. In certi casi non è soltanto calciomercato: sono relazioni di potere.

Aida all’Arena, tra show trash in tv e ostensione della Loren

Visto da lontano, l’ingresso della Diva è parso il solito parapiglia in cui guardie del corpo, accompagnatori illustri (della politica e non) e ammiratori urlanti si mescolano in un pernicioso corpo a corpo, nella fattispecie lungo una trentina di metri, quanto dista l’ingresso principale dell’Arena di Verona dalle prime file di platea. Non a caso, la foto simbolo dell’evento nell’evento a proposito dell’inaugurazione del Festival lirico n. 100 nell’anfiteatro romano di Verona è quella (pubblicata in prima pagina dal Corriere del Veneto) in cui si vede Sophia Loren per mano al figlio, accolta dal ministro Gennaro Sangiuliano, mentre sulla destra il suo sottosegretario, il veronese Gianmarco Mazzi, sta col telefonino all’orecchio come un bodyguard che parla con la centrale operativa perché gli auricolari non gli funzionano più.

L'Aida all'Arena, tra show trash in tv e l'ostensione della Loren
Sangiuliano, Sophia Loren e Mazzi (da Raiplay).

L’ostensione della Sophia nazionale è stata il clou dello show di Rai1

L’acclamata ostensione della Loren – madrina dell’inaugurazione – è stata il clou dello show su Rai1 condotto da Milly Carlucci con cui si è aperta la lunga diretta della rappresentazione di Aida, finalmente in un nuovo allestimento per l’Arena. Indicativo il parterre dei soliti noti – al di là della massiccia presenza di alte cariche dello Stato (Mattarella aveva declinato, ma c’erano i numeri due e tre, La Russa e l’enfant du pays Fontana), con ministri sufficienti per allestire una squadra di basket e sottosegretari in sorte. In platea c’erano Lino Banfi e Orietta Berti, Jerry Calà e Iva Zanicchi, Signorini e Amadeus, Morgan e Beatrice Venezi. E a colorare di trash il tutto, non mancavano le divette dei social e/o dei reality, più o meno vestite. A contornare Carlucci, un Luca Zingaretti molto compreso nel recitare la trama di quel che si sarebbero visto e sentito e un Alberto Angela che l’ha presa alla lontana, mettendosi a parlare di quel che c’era al posto dell’Arena 150 milioni di anni fa. E ciascuno pensi quel che vuole del fatto che appena ha smesso – e sembrava finalmente giunto il momento dello spettacolo – è cominciata una peraltro breve pioggerella che ha fatto incrociare le dita alla sovrintendente Cecilia Gasdia e messo tutti in allarme. In precedenza, il secondo clou dopo la Loren era stato il passaggio a bassa quota delle Frecce Tricolori, con i colori dei loro fumi rispecchiati nelle tuniche bianche rosse e verdi del coro mandato in scena a cantare l’Inno di Mameli. Almeno in quel momento, è cessata la musica di contorno dagli altoparlanti. Prima, riconosciuta quella di Morricone da Nuovo Cinema Paradiso per l’ingresso dell’attrice che farà 89 anni a settembre e che notoriamente nel film di Tornatore non c’è, ma il titolo è suggestivo. Non riconosciuta – il cronista ne fa ammenda – quella che ha accompagnato, si fa per dire, il rombo delle Frecce.

L'Aida all'Arena, tra show trash in tv e l'ostensione della Loren
Ignazio La Russa all’Arena (da Raiplay).

Le istruzioni per gli invitati hanno trasformato l’Arena in uno studio tv

Fuori categoria il volantino consegnato all’ingresso al pubblico, intitolato Amare l’Arena, destinato “a tutti gli invitati dell’Arena” e firmato “Noi della Fondazione Arena”. Vi si leggevano dettagliate istruzioni di comportamento durante la sfilata della Loren, a partire dalla prescrizione di alzarsi in piedi ma senza fare rumore con le sedie. E frasi come questa: «È importante sostenere lo spettacolo con applausi nei momenti appropriati fino alla fine e anche un po’ oltre. Sarete sempre sotto l’occhio di venti telecamere (di cui tre aeree) pensate per enfatizzare la vostra partecipazione […] Verona e la mondovisione hanno bisogno del vostro calore, dei vostri applausi, delle vostre standing ovation da mostrare al pubblico internazionale». Istruzioni di rara goffaggine per trasformare l’Arena in un immenso studio televisivo a cielo aperto, cosa alla quale del resto è assomigliata moltissimo fino a quando non è cominciata la musica, quella per cui si era lì. Solo un passo prima di fare apparire la scritta “Applausi” sugli schermi led posizionati in alto ai lati del palcoscenico. Ma alla prossima diretta tv probabilmente ci sarà qualcuno che ci penserà.

L'Aida all'Arena, tra show trash in tv e l'ostensione della Loren
Il volantino con le istruzioni distribuito prima dell’Aida.

Un’esecuzione di media qualità con i divi Netrebko-Eyvazov poco efficaci

Quanto al risultato di tutto questo circo televisivo costruito intorno alla povera Aida, i dati Auditel avranno raffreddato qualche entusiasmo preventivo. Spettatori 1 milione 798 mila, oltre 200 mila in meno di quelli che hanno seguito la semifinale dell’Isola dei famosi su Canale 5, programma con il quale lo show areniano (Verdi escluso, beninteso) era in diretta concorrenza. Molto meno della media delle inaugurazioni di stagione in diretta dalla Scala, che viaggiano sopra i 2 milioni. E che a parte qualche chiacchiera fastidiosa, mai finora hanno ceduto a queste forme di spettacolarizzazione. Forse è vero che la classe non è acqua, anche se le idee sono quel che sono. Sullo spettacolo che è seguito, bastano poche parole: scenicamente ambizioso nel suo simbolismo astratto, ma irrisolto e poco verdiano nella sua costruzione per immagini che prescinde dalla drammaturgia musicale; musicalmente di media qualità, con un’evidente miglioramento nel corso dell’esecuzione; vocalmente altrettanto, con i divi Netrebko-Eyvazov (Aida e Radames) apprezzabili nella linea di canto, molto meno nell’efficacia attoriale, impietosamente messa in risalto da una regia televisiva troppo prodiga di primo-piano. A conti fatti, la notizia consiste nella rinuncia, da parte di Netrebko e Fondazione Arena, del trucco smaccatamente e volgarmente “black-face” che la scorsa estate aveva scatenato polemiche internazionali. Una correzione di rotta, peraltro mai annunciata. Ma ammettere gli errori è sempre complicato.

L'Aida all'Arena, tra show trash in tv e ostensione della Loren
Anna Netrebko in Aida (dal profilo Instragram di Netrebko).

 

 

Aida all’Arena, tra show trash in tv e ostensione della Loren

Visto da lontano, l’ingresso della Diva è parso il solito parapiglia in cui guardie del corpo, accompagnatori illustri (della politica e non) e ammiratori urlanti si mescolano in un pernicioso corpo a corpo, nella fattispecie lungo una trentina di metri, quanto dista l’ingresso principale dell’Arena di Verona dalle prime file di platea. Non a caso, la foto simbolo dell’evento nell’evento a proposito dell’inaugurazione del Festival lirico n. 100 nell’anfiteatro romano di Verona è quella (pubblicata in prima pagina dal Corriere del Veneto) in cui si vede Sophia Loren per mano al figlio, accolta dal ministro Gennaro Sangiuliano, mentre sulla destra il suo sottosegretario, il veronese Gianmarco Mazzi, sta col telefonino all’orecchio come un bodyguard che parla con la centrale operativa perché gli auricolari non gli funzionano più.

L'Aida all'Arena, tra show trash in tv e l'ostensione della Loren
Sangiuliano, Sophia Loren e Mazzi (da Raiplay).

L’ostensione della Sophia nazionale è stata il clou dello show di Rai1

L’acclamata ostensione della Loren – madrina dell’inaugurazione – è stata il clou dello show su Rai1 condotto da Milly Carlucci con cui si è aperta la lunga diretta della rappresentazione di Aida, finalmente in un nuovo allestimento per l’Arena. Indicativo il parterre dei soliti noti – al di là della massiccia presenza di alte cariche dello Stato (Mattarella aveva declinato, ma c’erano i numeri due e tre, La Russa e l’enfant du pays Fontana), con ministri sufficienti per allestire una squadra di basket e sottosegretari in sorte. In platea c’erano Lino Banfi e Orietta Berti, Jerry Calà e Iva Zanicchi, Signorini e Amadeus, Morgan e Beatrice Venezi. E a colorare di trash il tutto, non mancavano le divette dei social e/o dei reality, più o meno vestite. A contornare Carlucci, un Luca Zingaretti molto compreso nel recitare la trama di quel che si sarebbero visto e sentito e un Alberto Angela che l’ha presa alla lontana, mettendosi a parlare di quel che c’era al posto dell’Arena 150 milioni di anni fa. E ciascuno pensi quel che vuole del fatto che appena ha smesso – e sembrava finalmente giunto il momento dello spettacolo – è cominciata una peraltro breve pioggerella che ha fatto incrociare le dita alla sovrintendente Cecilia Gasdia e messo tutti in allarme. In precedenza, il secondo clou dopo la Loren era stato il passaggio a bassa quota delle Frecce Tricolori, con i colori dei loro fumi rispecchiati nelle tuniche bianche rosse e verdi del coro mandato in scena a cantare l’Inno di Mameli. Almeno in quel momento, è cessata la musica di contorno dagli altoparlanti. Prima, riconosciuta quella di Morricone da Nuovo Cinema Paradiso per l’ingresso dell’attrice che farà 89 anni a settembre e che notoriamente nel film di Tornatore non c’è, ma il titolo è suggestivo. Non riconosciuta – il cronista ne fa ammenda – quella che ha accompagnato, si fa per dire, il rombo delle Frecce.

L'Aida all'Arena, tra show trash in tv e l'ostensione della Loren
Ignazio La Russa all’Arena (da Raiplay).

Le istruzioni per gli invitati hanno trasformato l’Arena in uno studio tv

Fuori categoria il volantino consegnato all’ingresso al pubblico, intitolato Amare l’Arena, destinato “a tutti gli invitati dell’Arena” e firmato “Noi della Fondazione Arena”. Vi si leggevano dettagliate istruzioni di comportamento durante la sfilata della Loren, a partire dalla prescrizione di alzarsi in piedi ma senza fare rumore con le sedie. E frasi come questa: «È importante sostenere lo spettacolo con applausi nei momenti appropriati fino alla fine e anche un po’ oltre. Sarete sempre sotto l’occhio di venti telecamere (di cui tre aeree) pensate per enfatizzare la vostra partecipazione […] Verona e la mondovisione hanno bisogno del vostro calore, dei vostri applausi, delle vostre standing ovation da mostrare al pubblico internazionale». Istruzioni di rara goffaggine per trasformare l’Arena in un immenso studio televisivo a cielo aperto, cosa alla quale del resto è assomigliata moltissimo fino a quando non è cominciata la musica, quella per cui si era lì. Solo un passo prima di fare apparire la scritta “Applausi” sugli schermi led posizionati in alto ai lati del palcoscenico. Ma alla prossima diretta tv probabilmente ci sarà qualcuno che ci penserà.

L'Aida all'Arena, tra show trash in tv e l'ostensione della Loren
Il volantino con le istruzioni distribuito prima dell’Aida.

Un’esecuzione di media qualità con i divi Netrebko-Eyvazov poco efficaci

Quanto al risultato di tutto questo circo televisivo costruito intorno alla povera Aida, i dati Auditel avranno raffreddato qualche entusiasmo preventivo. Spettatori 1 milione 798 mila, oltre 200 mila in meno di quelli che hanno seguito la semifinale dell’Isola dei famosi su Canale 5, programma con il quale lo show areniano (Verdi escluso, beninteso) era in diretta concorrenza. Molto meno della media delle inaugurazioni di stagione in diretta dalla Scala, che viaggiano sopra i 2 milioni. E che a parte qualche chiacchiera fastidiosa, mai finora hanno ceduto a queste forme di spettacolarizzazione. Forse è vero che la classe non è acqua, anche se le idee sono quel che sono. Sullo spettacolo che è seguito, bastano poche parole: scenicamente ambizioso nel suo simbolismo astratto, ma irrisolto e poco verdiano nella sua costruzione per immagini che prescinde dalla drammaturgia musicale; musicalmente di media qualità, con un’evidente miglioramento nel corso dell’esecuzione; vocalmente altrettanto, con i divi Netrebko-Eyvazov (Aida e Radames) apprezzabili nella linea di canto, molto meno nell’efficacia attoriale, impietosamente messa in risalto da una regia televisiva troppo prodiga di primo-piano. A conti fatti, la notizia consiste nella rinuncia, da parte di Netrebko e Fondazione Arena, del trucco smaccatamente e volgarmente “black-face” che la scorsa estate aveva scatenato polemiche internazionali. Una correzione di rotta, peraltro mai annunciata. Ma ammettere gli errori è sempre complicato.

L'Aida all'Arena, tra show trash in tv e ostensione della Loren
Anna Netrebko in Aida (dal profilo Instragram di Netrebko).

 

 

Palermo chiama i suoi fedelissimi come vice in Acea, Luna Berlusconi in pole per il Senato e le altre pillole del 19 giugno

È passato un po’ di tempo da quando Fabrizio Palermo, ora numero uno di Acea, era amministratore delegato di Cdp, ma i suoi fedelissimi non lo hanno dimenticato. Così Pierfrancesco Ragni e Tommaso Sabato, rispettivamente ex direttore finanziario ed ex direttore Cdp Infrastrutture e Pubblica Amministrazione, hanno subito risposto sì alla sua chiamata. Raggiungeranno Palermo, da un anno amministratore delegato della municipalizzata romana, come suoi vice.

Luna monzese

Altro che Luna caprese: alla fine chi rischia di correre per il collegio del Senato “liberato” da Silvio Berlusconi si chiama Luna Roberta Berlusconi, ovvero la figlia prediletta di Paolo, il fratello del Cavaliere. Perché? I cosiddetti figli di secondo letto di Silvio, ovvero Luigi, Barbara ed Eleonora non hanno ancora compiuto 40 anni, ovvero l’età per candidarsi a un seggio di Palazzo Madama. E quelli che potrebbero partecipare? Marina non ci pensa, Pier Silvio non ne ha voglia. E allora che si fa? Visto che tutti parlano di Paolo, l’ipotesi di far scendere in campo Luna sta facendo presa, e rapidamente, come il cemento. Poi c’è il suo ex marito, Edoardo Sylos Labini, che sta sempre in televisione a discettare di cultura. E così sarà “Luna monzese”…

Da Luna Berlusconi che potrebbe correre in Senato a Nicola Porro attacca i giornalisti Sky: le pillole del 19 giugno
Luna Berlusconi (Imagoeconomica).

Porro contro SkyTg24: «Murdoch si è rotto…»

Non mancano mai gli “scarsi professionisti” dell’informazione contro cui puntare il dito: nella sua “zuppa” di sabato sui social Nicola Porro ha preso di mira una giornalista di Sky, Chiara Piotto, corrispondente da Parigi, che aveva detto che Elon Musk va a investire in Francia e non in Italia, dove secondo la cronista va a parlare di decrescita perché la Penisola non risulta attrattiva. Porro afferma l’esatto contrario, forte del fatto che lui a Roma ha intervistato Musk sentendo quali sono le sue idee, non per “sentito dire” come tanti altri ma proprio dalla voce del miliardario sudafricano. «Murdoch si è rotto i coglioni di sovvenzionare questi cialtroni», ha affermato Porro, «questa Chiara Piotto evidentemente ha una bella esperienza di come Murdoch abbia investito in Italia miliardi e li abbia persi grazie a lei e ai suoi colleghi in questa avventura che si chiama SkyTg24 che brucia miliardi da anni».

Da Luna Berlusconi che potrebbe correre in Senato a Nicola Porro attacca i giornalisti Sky: le pillole del 19 giugno
Nicola Porro ai funerali di Berlusconi (Imagoeconomica).

Gelli jr cerca l’Albania

In una delle infinite dirette sui social dove protagonista è Vittorio Sgarbi, ed esattamente quella dove il sottosegretario al ministero della Cultura girava per gli stand di Mercanteinfiera alle Fiere di Parma in mezzo a tonnellate di mobili e oggetti vari, nella giornata riservata agli operatori, appare all’improvviso un messaggio di Raffaello Gelli. Che annuncia: «Ti chiamerò perché avrei pensato di andare a abitare in Albania». Ma sì, il figlio di Licio Gelli punta su Tirana…

Dov’è l’Hilton? A destra

Festa romana per i 60 anni di vita dell’hotel Roma Cavalieri, il caro, vecchio, Hilton di Monte Mario. Il complesso alberghiero che, all’epoca, scatenò i primi ecologisti italiani, contrari alla cementificazione della collina verde (ma la Rai ci mette del suo con la terribile antenna sparaprogrammi). Chi ha condotto la serata a bordo piscina con cena e musiche in tema Beatles? Non era Flavio Insinna. E nemmeno Fabio Fazio. Ebbene sì, il protagonista e mattatore si chiama Pino Insegno. Uno che è di casa da Giorgia Meloni. Infatti la mejo battuta durante l’evento è stata questa: «Scusi, dov’è l’Hilton? A destra».

Da Luna Berlusconi che potrebbe correre in Senato a Nicola Porro attacca i giornalisti Sky: le pillole del 19 giugno
Pino Insegno e Giorgia Meloni (Imagoeconomica).

Palermo chiama i suoi fedelissimi come vice in Acea, Luna Berlusconi in pole per il Senato e le altre pillole del 19 giugno

È passato un po’ di tempo da quando Fabrizio Palermo, ora numero uno di Acea, era amministratore delegato di Cdp, ma i suoi fedelissimi non lo hanno dimenticato. Così Pierfrancesco Ragni e Tommaso Sabato, rispettivamente ex direttore finanziario ed ex direttore Cdp Infrastrutture e Pubblica Amministrazione, hanno subito risposto sì alla sua chiamata. Raggiungeranno Palermo, da un anno amministratore delegato della municipalizzata romana, come suoi vice.

Luna monzese

Altro che Luna caprese: alla fine chi rischia di correre per il collegio del Senato “liberato” da Silvio Berlusconi si chiama Luna Roberta Berlusconi, ovvero la figlia prediletta di Paolo, il fratello del Cavaliere. Perché? I cosiddetti figli di secondo letto di Silvio, ovvero Luigi, Barbara ed Eleonora non hanno ancora compiuto 40 anni, ovvero l’età per candidarsi a un seggio di Palazzo Madama. E quelli che potrebbero partecipare? Marina non ci pensa, Pier Silvio non ne ha voglia. E allora che si fa? Visto che tutti parlano di Paolo, l’ipotesi di far scendere in campo Luna sta facendo presa, e rapidamente, come il cemento. Poi c’è il suo ex marito, Edoardo Sylos Labini, che sta sempre in televisione a discettare di cultura. E così sarà “Luna monzese”…

Da Luna Berlusconi che potrebbe correre in Senato a Nicola Porro attacca i giornalisti Sky: le pillole del 19 giugno
Luna Berlusconi (Imagoeconomica).

Porro contro SkyTg24: «Murdoch si è rotto…»

Non mancano mai gli “scarsi professionisti” dell’informazione contro cui puntare il dito: nella sua “zuppa” di sabato sui social Nicola Porro ha preso di mira una giornalista di Sky, Chiara Piotto, corrispondente da Parigi, che aveva detto che Elon Musk va a investire in Francia e non in Italia, dove secondo la cronista va a parlare di decrescita perché la Penisola non risulta attrattiva. Porro afferma l’esatto contrario, forte del fatto che lui a Roma ha intervistato Musk sentendo quali sono le sue idee, non per “sentito dire” come tanti altri ma proprio dalla voce del miliardario sudafricano. «Murdoch si è rotto i coglioni di sovvenzionare questi cialtroni», ha affermato Porro, «questa Chiara Piotto evidentemente ha una bella esperienza di come Murdoch abbia investito in Italia miliardi e li abbia persi grazie a lei e ai suoi colleghi in questa avventura che si chiama SkyTg24 che brucia miliardi da anni».

Da Luna Berlusconi che potrebbe correre in Senato a Nicola Porro attacca i giornalisti Sky: le pillole del 19 giugno
Nicola Porro ai funerali di Berlusconi (Imagoeconomica).

Gelli jr cerca l’Albania

In una delle infinite dirette sui social dove protagonista è Vittorio Sgarbi, ed esattamente quella dove il sottosegretario al ministero della Cultura girava per gli stand di Mercanteinfiera alle Fiere di Parma in mezzo a tonnellate di mobili e oggetti vari, nella giornata riservata agli operatori, appare all’improvviso un messaggio di Raffaello Gelli. Che annuncia: «Ti chiamerò perché avrei pensato di andare a abitare in Albania». Ma sì, il figlio di Licio Gelli punta su Tirana…

Dov’è l’Hilton? A destra

Festa romana per i 60 anni di vita dell’hotel Roma Cavalieri, il caro, vecchio, Hilton di Monte Mario. Il complesso alberghiero che, all’epoca, scatenò i primi ecologisti italiani, contrari alla cementificazione della collina verde (ma la Rai ci mette del suo con la terribile antenna sparaprogrammi). Chi ha condotto la serata a bordo piscina con cena e musiche in tema Beatles? Non era Flavio Insinna. E nemmeno Fabio Fazio. Ebbene sì, il protagonista e mattatore si chiama Pino Insegno. Uno che è di casa da Giorgia Meloni. Infatti la mejo battuta durante l’evento è stata questa: «Scusi, dov’è l’Hilton? A destra».

Da Luna Berlusconi che potrebbe correre in Senato a Nicola Porro attacca i giornalisti Sky: le pillole del 19 giugno
Pino Insegno e Giorgia Meloni (Imagoeconomica).