Il Pd di Schlein si scopre allergico alle primarie: i casi della Sardegna e di Firenze

Dicono dalle parti di largo del Nazareno, Roma, sede del Pd, che i confronti col governo si fanno in parlamento. Ed è per questo che Elly Schlein non andrà a dialogare, ma che dico, a duellare, alla convention nazionale di Fratelli d’Italia, Atreju. Meglio non fare la fine di Enrico Letta, che prima si prese gli applausi dai meloniani alla loro festa, e poi lanciò l’allarme fascismo e il rischio deriva autoritaria alle elezioni politiche (con noti risultati).

Pd in difficoltà tra sondaggi in calo, iperattivismo di Conte e una linea politica poco cristallina

Sarà che i conti dei sondaggi non tornano e che il Pd è sempre sotto il 20 per cento, nonostante piazza del Popolo e i 50 mila scesi a manifestare contro «le destre», come garba dire ai vertici dei democratici; sarà che le elezioni europee incombono e Beppe Conte imperversa sontuoso come nel 2022, per le Politiche, quando sembrava che dovesse diventare il capo di una forza politica extraparlamentare, e invece sopravvisse a tutto, persino a se stesso; sarà che serve urgentemente una linea politica chiara e il ‘no’ è sempre una risposta sufficientemente cristallina. Sarà insomma quel che sarà, ma tra i progressisti va fortissimo il Frontismo Democratico. Con i fascisti non ci si parla, nientemeno, perché il dialogo rivela debolezza.

Il Pd di Schlein si scopre allergico alle primarie: i casi della Sardegna e di Firenze
Elly Schlein e Giuseppe Conte (Imagoeconomica).

Il ritorno del centralismo democratico e l’allergia per le primarie: il caso sardo

Per la verità, il Pd non sembra interessato a parlare nemmeno con i suoi e tra i suoi, sui territori, in giro per l’Italia. Eppure ne avrebbe di cose di cui occuparsi un partito che è all’opposizione e quindi ha la possibilità di ristrutturarsi senza la preoccupazione di governare. L’anno prossimo non ci sono, d’altronde, solo le elezioni europee ma pure quelle locali, dalle Amministrative alle Regionali, e con il passare del tempo si scopre che il Pd non ama solo il frontismo, ma pure il vecchio centralismo democratico: i candidati si scelgono nelle segrete stanze, come ai vecchi tempi. Il professor Arturo Parisi da giorni si sgola su X, ex Twitter, per spiegare quanto sarebbero necessarie le primarie in Sardegna, dove l’ex presidente di Regione e fondatore di Tiscali Renato Soru se n’è appena andato, dopo la scelta di candidare la candidata unica-unitaria di Pd e M5s, Alessandra Todde, contiana col turbo nonché vicepresidente del M5s. «Non si è capito che le primarie rappresentano il principale strumento disponibile per costruire la coalizione», ha detto Parisi all’AdnKronos.

Il Pd di Schlein si scopre allergico alle primarie: i casi della Sardegna e di Firenze
Arturo Parisi (Imagoeconomica).

Il gran caos fiorentino per il dopo Nardella

E dire che Schlein stessa è stata scelta con le primarie, ed è grazie alle primarie che è diventata segretaria, dopo che gli iscritti durante la fase congressuale avevano premiato il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini. Senza le primarie insomma Schlein non avrebbe potuto lanciare un OccupyPd di successo. Anche a Firenze, città fondamentale per gli equilibri politici del sinistra-centro dei prossimi anni, il Pd sta decidendo di non fare le primarie per scegliere l’aspirante successore di Dario Nardella alla guida del Comune di Firenze nel 2024. La città è così strategica che anche a Roma e Milano si parla di quel che sta succedendo nel capoluogo toscano. In parlamento, sui divanetti del Transatlantico, si ragiona del gran casino fiorentino. Il Pd locale non vorrebbe fare le primarie, appunto, e avrebbe individuato – per interposto Nardella – la candidata giusta, Sara Funaro, attuale assessore in Comune. Funaro, qualora fosse candidata, non romperebbe mai le scatole a Nardella, che si giocherà l’elezione alle Europee in un collegio molto competitivo, quello dell’Italia Centrale, dove c’è anche il popoloso Lazio (e dove abbondano agguerriti aspiranti europarlamentari che conoscono bene le dinamiche del potere romano, tra cui Nicola Zingaretti). Il problema di Nardella, già coordinatore nazionale della mozione Bonaccini, si chiama però Cecilia Del Re. Ex assessora, cacciata da Nardella per alcune sue dichiarazioni favorevoli al passaggio della linea della tramvia dal Duomo di Firenze (un tabù della politica locale), Del Re, che è figlia di un avvocato del lavoro molto potente e che non dimentica gli spregi fatti alla figlia, ha organizzato, mercoledì scorso, una serata al Tuscany Hall da oltre 1000 persone, arrivate nonostante il boicottaggio dei vertici del Pd. Un boicottaggio denunciato dalla stessa possibile candidata sindaca: «C’è chi ha avuto paura stasera a venire qua, chi è stato impaurito a venire da telefonate e non è venuto, e ci dispiace», ha detto Del Re nel suo intervento. «Anche il rifiuto delle primarie nasce dalla paura di un confronto, di un movimento che non si governa, che può togliere la palla di mano a chi vuole mantenerla, e per questo si fa finta che non esista, tanto da spingerci a creare oggi questa iniziativa. Nessuno di noi è stato mai chiamato in questi mesi per un confronto, mentre chi chiedeva primarie è stato sempre disponibile al dialogo». Insomma a Elly Schlein, fra Sardegna e Toscana, fischieranno non poco le orecchie.

Firenze, donna morta dopo aver contratto la febbre Dengue

La Asl Toscana ha comunicato che una donna di 50 anni di Fucecchio, in provincia di Firenze, è morta dopo aver contratto la febbre Dengue. La 50enne era ritornata da un viaggio in Thailandia. Dopo i primi sintomi il quadro clinico è notevolmente peggiorato e la donna, che già soffriva di altre patologie, è stata ricoverata in terapia intensiva all’ospedale fiorentino di Careggi dove poi è deceduta.

Prima del ricovero la donna era andata a lavoro: al via la disinfestazione

Prima del ricovero si era recata anche a lavoro, in una conceria di San Miniato in provincia di Pisa. In accordo con i sindaci dei comuni di Fucecchio e San Miniato è stata disposta un’ordinanza urgente per motivi di sanità pubblica per predisporre una disinfestazione straordinaria nelle aree interessate nel raggio approssimativo di 100 metri dalla residenza e dal luogo di lavoro della donna. Le operazioni sono state svolte nella notte tra giovedì 16 e venerdì 17 novembre.

Raid israleiani nel campo profughi di Jenin in Cisgiordania, allarme Onu: «A Gaza si rischia di morire di fame»

È il 42esimo giorno di guerra: il bilancio tra i palestinesi è di 11.470 morti, di cui 4630 bambini. In Israele si contano 1200 morti nell’attacco del 7 ottobre. Nelle prime ore di venerdì 17 novembre novembre un raid aereo ha colpito Jenin. Fonti palestinesi nella città, in Cisgiordania, affermano che due persone sono state uccise e sette ferite durante un’operazione militare israeliana. Lo riportano i media locali. Secondo il rapporto, alcune persone sono rimaste ferite in un attacco aereo e altre da colpi di arma da fuoco. Due dei feriti sarebbero in gravi condizioni.

Raid israleiani nel campo profughi di Jenin in Cisgiordania, allarme Onu: «A Gaza si rischia di morire di fame»
Il campo profughi di Jenin, in Cisgiordania, il 17 novembre (Getty Images)

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Cisgiordania: «Israele ha circondato ospedale Ibn Sina a Jenin, chiesto sgombero»

Le forze israeliane (Idf) avrebbero chiesto «lo sgombero» dell’ospedale Ibn Sina, a Jenin, in Cisgiordania. Lo affermano fonti locali citate dall’agenzia palestinese Wafa secondo cui i militari israeliani avrebbero circondato all’alba di oggi l’ospedale, perquisito le ambulanze e chiesto lo sgombero della struttura tramite annunci con gli altoparlanti. Secondo le fonti, paramedici sarebbero stati costretti a uscire dall’ospedale con le mani in alto, per poi essere perquisiti nel cortile e alcuni sarebbero stati interrogati.

Israele: «Presa roccaforte Jihad islamica nel nord della Striscia»

I soldati israeliani hanno continuato ad operare nella Striscia durante la notte. Lo ha detto il portavoce militare, secondo cui aerei israeliani hanno colpito «numerosi obiettivi» nell’enclave palestinese. I soldati – ha continuato – hanno preso il controllo di una roccaforte del comandante della Jihad islamica nel nord della Striscia. «La roccaforte conteneva gli uffici di capi terroristi dell’organizzazione e una sito per la produzione di armi». Inoltre, i soldati hanno operato all’interno di una scuola – dove erano nascoste molte armi – in «cui si erano celati terroristi di Hamas» e molti sono stati uccisi.

Onu: «I civili di Gaza rischiano la morte per fame»

I civili di Gaza rischiano di morire fame poiché cibo e acqua sono diventati «praticamente inesistenti». Lo afferma il Programma alimentare mondiale dell’Onu (Pam). «Con l’inverno che si avvicina velocemente, i rifugi insicuri e sovraffollati e la mancanza di acqua pulita, i civili si trovano ad affrontare l’immediata possibilità di morire di fame», ha detto in una nota la direttrice esecutiva del Pam, Cindy McCain.

Netanyahu: «Non riusciamo a ridurre il numero di civili morti»

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha accusato Hamas per gli sforzi «infruttuosi» volti a ridurre al minimo le morti civili a Gaza. In una intervista alla Cbs, Netanyahu ha affermato che Israele sta facendo tutto il possibile per tenere i civili lontani dal pericolo mentre combatte Hamas nella Striscia, anche «lanciando volantini» che li avvertono di fuggire, ma che i suoi tentativi di ridurre al minimo le vittime «non hanno avuto successo».

Per il Comune di Milano ci vorrà un restauro per l’Arco della Pace

Per ripulire l’Arco della Pace dalla vernice gettata mercoledì 15 novembre da alcuni attivisti di Ultima Generazione non sarà possibile procedere con un semplice intervento di idropulizia e potrebbero volerci tempi più lunghi. È quanto precisa il Comune di Milano in seguito a un’analisi più approfondita e al sopralluogo avvenuto nel pomeriggio di giovedì 16 novembre, a cui hanno partecipato gli uffici della soprintendenza della Città Metropolitana di Milano e i tecnici del Nuir, dal quale è emersa infatti la necessità di un accurato intervento di restauro. A gestire tutte le operazioni sarà la Soprintendenza di Milano.

Atp Finals, Sinner batte anche Rune: ora le semifinali

Terza vittoria in tre partite per Jannik Sinner alle Atp Finals di Torino: il campione azzurro – già qualificato per le semifinali grazie al risultato di giovedì pomeriggio Djokovic e Hurkacz – ha battuto il danese Holger Rune, numero otto al mondo, in tre set con il risultato di 6-2, 5-7, 6-4. Sinner ha così chiuso la prima fase del torneo in testa. Anche Novak Djokovic passa il turno e va in semifinale. Non era mai successo che un azzurro arrivasse a questo turno in 54 anni di storia del torneo.

Atp Finals, Sinner batte Rune e "salva" Djokovic
Jannik Sinner durante la partita contro Holger Rune (Getty Images)

Sinner: «Non è stato facile tornare a giocare dopo le emozioni del match con Djokovic»

«Oggi era una partita difficile», ha commentato Sinner dopo la vittoria. «Non avevo mai vinto contro di lui. Sono partito bene, poi nel secondo lui ha servito meglio. Ho giocato un brutto game sul 6-5, poi nel terzo sono ripartito da zero. Grazie del supporto, mi avete dato tantissimo oggi. Vediamo come va sabato». E ancora: «Non è stato facile tornare a giocare dopo le emozioni del match con Djokovic, sono entrato in campo più teso e agitato».

Jovanotti ai fan: «Non so quanto ci vorrà per rimettersi in piedi»

Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, ha voluto aggiornare i fan sulle sue condizioni di salute. A distanza di quattro mesi dall’incidente in bicicletta ai Caraibi, l’artista ha parlato della sua situazione attuale durante una diretta Facebook. Jovanotti ha spiegato: «Sono quattro mesi dal botto. Non cammino ancora senza stampelle ma conto per dicembre di cominciare. Adesso sto iniziando ad appoggiare il piede. I muscoli fanno male ma insomma procediamo».

Jovanotti: «Non so quanto mi ci vorrà»

Il cantante è alle prese con fratture di vario tipo tra la spalla e il femore. Quelle alle gambe sono le più gravi. Jovanotti ha proseguito: «Non so quanto ci vorrà per rimettermi in piedi. Forse sei mesi. Non lo so. Nessuno lo sa, nemmeno gli ortopedici. Mi fanno delle previsioni però poi io le smentisco. Tra poco dovrò operarmi di nuovo per togliermi la placca alla clavicola perché mi sta staccando. Rido per non piangere. Volevo fare un breve bollettino perché in tanti mi scrivete e mi chiedete come va. Va bene. Ci vuole tempo e pazienza ma va bene, va molto bene. Appena mi rimetto ci vediamo e festeggiamo. Nel frattempo prendo appunto, scrivo, leggo molto. Sto leggendo un sacco di libri belli, poi faccio la fisioterapia due volte al giorno e poi penso a quando ci rivedremo».

«Che casino ho combinato»

Poi ridendo ha raccontato: «Che casino che ho combinato. Ho combinato un gran casino. Chi se l’aspettava? Ma gli incidenti non te li aspetti mai. Sto ascoltando tantissima musica, mi sono rimesso ad ascoltare anche del jazz. Soprattutto del jazz elettrico. Mi sono rimesso a sentire musica, soprattutto quella che non ha forma di canzone tradizionale. Musica cosmica che mi apra spazi. Se ascolto canzoni, dopo mi metto a scrivere canzoni. Invece voglio stare senza gravità, visto che la forza di gravità in questo momento è il mio problema. Ci sono tre modi per evitarla: andare nello spazio, che per ora non è previsto, stare nell’acqua, che mi fa stare bene, e ascoltare musica».

Atreju 2023, un festival ridimensionato per la Meloni di governo

Prove di maturità per Fratelli d’Italia. Dopo un anno di governo, i big del partito si rendono conto che le scale di priorità sono cambiate. E mano a mano che si avvicina l’appuntamento identitario di Atreju, il festival per eccellenza di Fdi convocato dal 14 al 17 dicembre a Castel Sant’Angelo a Roma, ci si accorge che rispetto al passato la festa storicamente simbolo della “generazione” omonima che ha seguito Giorgia Meloni dalla lotta al governo potrà apparire sottotono rispetto al passato. Meloni, alla prima Atreju da premier, ha ottenuto la presenza di due leader internazionali come Rishi Sunak ed Edi Rama, primi ministri di Regno Unito e Albania, e ci sta provando con la mossa istituzionale dell’invito (per ora rifiutato) alla rivale Elly Schlein per consolidare una tradizione che ha visto il dialogo tra destra e sinistra centrale nella kermesse. Da Massimo D’Alema a Giuseppe Conte, passando per Fausto Bertinotti, gli inviti ai leader del campo avversario del centrodestra sono un classico. Ma la realtà dei fatti parla della prospettiva di un Atreju ridimensionata.

Atreju 2023, un festival ridimensionato per la Meloni di governo
Giorgia Meloni e Rishi Sunak (Getty).

Da Azione Giovani a Fratelli d’Italia, la scalata verso il potere

«Il domani appartiene a noi», cantavano i giovani nati tra gli Anni 70 e 80 che al seguito di Meloni hanno scalato il partito, da Azione Giovani a Fratelli d’Italia. Dopo lunghi anni di lavoro, lotta identitaria e consolidamento di un “cerchio magico” interno, ora quel «domani» è arrivato. Bocche cucite da Fdi sugli ospiti papabili, al di là dell’indiscrezione Schlein. Ma la sensazione è di un festival scivolato, giocoforza, in secondo piano nella lista di priorità dei suoi storici promotori.

Atreju 2023, un festival ridimensionato per la Meloni di governo
La kermesse di Atreju del 2021 (Imagoeconomica).

Arianna, Donzelli, Lollo: le storiche anime lavorano ad altro

Tra i registi di Atreju, oltre a Meloni, c’è chi è nel governo, come Francesco Lollobrigida. Chi, come il duplex Giovanni DonzelliAndrea Delmastro, ha in passato incarnato posizioni divisive davanti all’opinione pubblica. Arianna Meloni, sorella di «Giorgia» (nel partito la premier è rigorosamente chiamata per nome), storica anima di Atreju, sta lavorando alla gestione dei congressi, a cui si sta impegnando in nome dell’opposizione interna anche il “Gabbiano” Fabio Rampelli.

Atreju 2023, un festival ridimensionato per la Meloni di governo
Arianna Meloni (Imagoeconomica).

Colosimo è sempre stata la regista della macchina organizzativa

Soprattutto, nell’economia dell’organizzazione di Atreju il vero cambio di passo è però quello dell’agenda di Chiara Colosimo, deputata romana vicinissima a Meloni e da sempre attiva nel tirare le fila della macchina organizzativa di Atreju. Colosimo oggi studia da big del partito di domani, guida la Commissione Antimafia del parlamento, un impiego che, spiegano fonti vicine al vertice Fdi romano, «è paragonabile a quello di un ministro per la mole di lavoro, atti e impegni che comporta, e soprattutto per la discrezione che impone» a chi la presiede.

Atreju 2023, un festival ridimensionato per la Meloni di governo
Chiara Colosimo (Imagoeconomica).

Di convention nell’area romana Colosimo ne fa, ma di lavoro: ad Anzio e Nettuno, per esempio, si è tenuta di recente una seduta comune tra le Commissioni Antimafia di governo e Regione Lazio. Nelle quali molti romani di Fdi si sono trovati per motivi di lavoro, dai consiglieri regionali Emanuela Mari e Flavio Cera al presidente del Consiglio Regionale Antonio Aurigemma, passando per il senatore Giorgio Salvitti di Colleferro. Tutti presieduti dalla stessa Colosimo. Una riunione che è da esempio per capire quanto, in seguito alla crescita dimensionale del partito e degli impegni, la priorità debba essere giocoforza sull’attività istituzionale.

Atreju 2023, un festival ridimensionato per la Meloni di governo
Gadget da vecchie edizioni di Atreju (Imagoeconomica).

Com’è difficile evolversi in festa “di governo”

Logico che Atreju passi in secondo piano, anche se il crinale è stretto: Fdi si trova di fronte alla necessità di rimarcare nel suo impegno la visione ideologica e politica tradizionale, nazional-conservatrice e di destra sociale a cui la sua base fa riferimento, coniugandola con le conseguenze dei compromessi di un anno di governo su molti temi, dalle battaglie identitarie all’Europa. Dentro Fdi il leitmotiv è che Atreju nasce come kermesse di posizionamento ideale per un partito di opposizione, ma è difficile evolverla a festa “di governo”.

Pacchetto sicurezza, il Cdm approva il decreto: pene pesanti per truffe e borseggi

Il Consiglio dei ministri ha approvato nel pomeriggio di giovedì 16 novembre il nuovo decreto sicurezza. Il governo ha voluto aumentare in maniera consistente le pene per chi truffa gli anziani, borseggiatori e per chi aggredisce un qualsiasi esponente delle forze dell’ordine. All’interno del documento, stretta anche su reati minori. E adesso anche per le mamme con figli piccoli potrà scattare la detenzione, soprattutto se recidive. Resta off limits il carcere per le donne incinte e per le madri con bambini sotto l’anno di età. Introdotto, inoltre, anche il reato di rivolta in carcere.

Stretta sulle truffe aggravate ad anziani e fragili

Le nuove regole sulle truffe prevedono una forte stretta, soprattutto se le vittime sono anziani o persone con fragilità. La pena di reclusione, nel nuovo decreto, passa da due a sei anni per la truffa aggravata. Inoltre in questi casi sarà data la possibilità agli agenti delle forze dell’ordine di procedere con l’arresto in flagranza.

Pene più severe per chi aggredisce esponenti delle forze dell’ordine

Saranno inasprite le pene per i reati di violenza, minaccia o resistenza a pubblico ufficiale. E questo varrà sia contro gli agenti di pubblica sicurezza sia contro la polizia giudiziaria. Costerà caro anche imbrattare il muro di una caserma o di un commissariato, oltre che di altri soggetti pubblici, qualora la finalità sia quella di ledere il prestigio o il decoro dell’istituzione stessa.

Il reato di rivolta in carcere

Inoltre il Consiglio dei ministri ha introdotto il nuovo reato contro chi organizza o partecipa a una rivolta in carcere. I detenuti non potranno compiere atti di violenza, minacce o altre condotte considerate pericoloso. La pena prevista va dai due agli otto anni per chi organizza la rivolta e da uno a cinque per chi partecipa. Chi istigherà gli scontri, invece, potrà essere punito, anche se a farlo dovesse essere qualcuno dall’esterno. Previste le aggravanti: in caso di armi si va fino a dieci anni di pena.

Meloni: «Orgogliosa»

Giorgia Meloni su X ha commentato: «Orgogliosa dell’importante “pacchetto sicurezza” approvato oggi in Consiglio dei Ministri». La premier ha proseguito sottolineando «tra le iniziative più rilevanti, più tutele per le Forze dell’Ordine; contrasto alle occupazioni abusive con procedure “lampo” per la liberazione degli immobili e l’introduzione di un nuovo delitto che prevede la reclusione da 2 a 7 anni contro gli occupanti abusivi; stretta sulle truffe commesse ai danni degli anziani e delle persone più fragili, con un aumento della pena di reclusione da 2 a 6 anni per il reato di truffa aggravata».

Interrotte le telecomunicazioni nella Striscia, Gallant: «Presa la parte ovest di Gaza»

I servizi di telecomunicazione nella Striscia sono stati interrotti a causa dell’esaurimento di tutte le fonti di energia che sostenevano la rete: lo hanno dichiarato le principali società di Gaza, Paltel e Jawwal, in un comunicato. Questo nella giornata in cui l’esercito israeliano ha completato la «cattura e il rastrellamento della parte occidentale della città di Gaza», come comunicato dal ministro della difesa Yaov Gallant. L’operazione di terra dell’esercito «si sta muovendo verso la fase successiva», ha spiegato.

Interrotti i servizi di telecomunicazioni nella Striscia, Gallant: «Presa la parte ovest di Gaza». Gli aggiornamenti sulla guerra.
Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant (Ansa).

L’Idf aveva già preso il controllo dell’area portuale di Gaza in un’operazione condotta dalle forze dei commando navali Shayetet 13, che «hanno eliminato dieci terroristi e sgomberato tutti gli edifici del porto». Nell’operazione sono anche stati scoperti anche diversi ingressi di tunnel, successivamente distrutti. Il porto, afferma l’Idf, «è stato utilizzato da Hamas come struttura di addestramento per le sue forze di commando navale per pianificare ed eseguire attacchi terroristici».

L’ospedale al-Ahli nella Striscia di Gaza è sotto assedio

L’ospedale al-Ahli nella Striscia di Gaza è sotto assedio da parte dei carri armati israeliani. Lo segnala la Mezzaluna Rossa palestinese su Facebook. L’organizzazione ha denunciato che le loro equipe non sono in grado di muoversi per raggiungere e curare i feriti.

Lazzarini: «Tentativo di paralizzare le operazioni Unrwa»

Philippe Lazzarini, capo dell’Unrwa, ha denunciato la volontà da parte di Israele di paralizzare le operazioni dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. «Credo che ci sia un tentativo deliberato di strangolare il nostro intervento e paralizzare le operazioni dell’Unrwa», ha dichiarato in conferenza stampa a Ginevra.

L’Idf ha scoperto foto e video degli ostaggi nei computer portatili dell’al-Shifa

L’Idf ha scoperto foto e video degli ostaggi nei computer portatili rinvenuti all’interno dell’ospedale al-Shifa di Gaza. Lo riporta l’emittente britannica Bbc, entrata nella struttura insieme con il portavoce militare Jonathan Conricus. L’emittente ha tuttavia precisato di non aver potuto vedere le immagini contenute nei portatili. I soldati israeliani stanno ancora operando nel complesso dell’ospedale al-Shifa, dove ci sono ancora pazienti e personale. Il ministero della Sanità di Hamas ha dichiarato che Israele ha distrutto alcuni dipartimenti medici nel corso di un raid.

Interrotti i servizi di telecomunicazioni nella Striscia, Gallant: «Presa la parte ovest di Gaza». Gli aggiornamenti sulla guerra.
Blackout a Gaza (Getty Images).

Hamas: 200 medici e infermieri uccisi a Gaza

Almeno 200 operatori sanitari sono stati uccisi nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre. Lo affermano le autorità dell’enclave palestinese. Il bilancio delle vittime comprende medici, infermieri e paramedici. Un totale di 25 ospedali e 52 centri medici sono stati messi fuori uso dai pesanti bombardamenti israeliani sull’enclave, hanno detto ancora le autorità di Hamas, aggiungendo che un totale di 55 ambulanze sono state colpite dal fuoco israeliano.

Agguato a Betlemme, uccisi tre palestinesi

Tre palestinesi sono stati uccisi dopo che avevano ferito sei civili israeliani in un agguato condotto all’ingresso di un tunnel nella zona di Betlemme, in Cisgiordania. I tre attentatori erano giunti in automobile da Hebron, facendo poi fuoco con un fucile M-16 e due pistole a un posto di blocco militare.

Bologna, la torre Garisenda a rischio collasso: «Massima allerta»

La torre Garisenda, assieme a quella degli Asinelli, è una delle principali attrazioni di Bologna e rappresenta un simbolo per la città e per l’Italia intera. Mercoledì 15 novembre 2023, i membri del comitato presieduto dalla dirigente dei Lavori pubblici di Palazzo d’Accursio Manuela Faustini hanno siglato un report di 30 pagine per aggiornare sulle condizioni della struttura, il cui basamento è gravemente malmesso. Una relazione recapitata al primo cittadino Matteo Lepore e che gli dà quindi ragione sulla scelta di transennare l’area delle due torri e inibire il passaggio di pedoni, auto e bus.

Condizioni peggiorate dal 2018

Il deterioramento era già stato evidenziato in maniera significativa negli anni precedenti. La prima segnalazione risale al 2018 quando, a seguito dell’analisi dei dati del monitoraggio avviato da Comune e Università di Bologna nel 2011, emersero delle anomalie portate all’attenzione della giunta all’epoca guidata dal sindaco Virginio Merola. In risposta a questa situazione, all’inizio del 2019 venne istituito il primo comitato tecnico-scientifico il quale, alla fine dello stesso anno, consegnò una relazione conclusiva sottolineando la necessità di un piano di emergenza e sicurezza, in quanto superati i limiti di prudenza.

Bologna, la torre Garisenda a rischio collasso: «Massima allerta»
Vista della Torre degli Asinelli (Getty Images).

Gli scenari: caduta verso la chiesa o contro l’altra torre

Durante la riunione più ristretta del comitato del 4 ottobre 2023, è stato chiaramente indicato un livello di criticità «codice rosso». La relazione presentata il 15 novembre suggerisce soluzioni operative moderate, come la posa di barriere di protezione e interventi provvisori. Tuttavia, i professionisti presenti nel comitato hanno avanzato l’ipotesi che, dopo una prima fase di implosione, la Garisenda potrebbe rovesciarsi verso la chiesa di San Bartolomeo. Viene anche menzionata la possibilità di un crollo in direzioni diverse, compresa la torre degli Asinelli. La torsione a Sud della torre, emersa nelle scorse settimane, è un motivo di ulteriore preoccupazione nel comitato, che elogia la scelta precauzionale del sindaco di modificare la mobilità per il bene dei cittadini.

Cei: «Sono 54 le vittime di presunti abusi segnalati nel 2022»

Sono 32 i presunti sacerdoti, i catechisti e insegnanti di religione che hanno compiuto abusi sessuali a danno di 54 presunte vittime che hanno denunciato i fatti nel corso del 2022 agli sportelli della Chiesa cattolica (fatti avvenuti anche in passato). È quanto emerge dal secondo report della Cei presentato ad Assisi.

I presunti abusatori sono quasi tutti uomini

La maggior parte delle segnalazioni fa riferimento a casi dal vivo (29), meno ad episodi via web (tre). La maggior parte dei casi di abuso si è verificata in parrocchia (17 su 29). L’età delle presunte vittime all’epoca dei fatti si concentra nella fascia 15-18 anni (25 su 54) e sono in prevalenza ragazze (44) rispetto ai ragazzi (10). Nel rapporto della Cei vengono inquadrati i profili dei presunti abusatori, che sono sia chierici sia laici sia religiosi. Tra i laici, i ruoli ricoperti dai casi riscontrati sono educatore (cinque casi), catechista (un caso), fondatore di associazione ecclesiale, insegnante di religione, seminarista. Per lo più celibi, ma anche due persone sposate. I soggetti, di età compresa tra i 40 e i 60 anni, con una media di 43 anni, sono per la quasi totalità maschi (31 su 32).

Atp Finals Torino, Jannik Sinner è il primo italiano a raggiungere le semifinali

Il 16 novembre la storia del tennis italiano è cambiata: Jannik Sinner è matematicamente qualificato alle semifinali delle Atp Finals di Torino, primo italiano in 54 anni di storia del torneo. Il passaggio del turno deriva dal fatto che Novak Djokovic ha perso il secondo set per 6-4 nella sfida pomeridiana di giovedì con Hubert Hurkacz (il primo lo ha vinto 7-6). In base alle possibili combinazioni, quindi, con qualsiasi risultato si concluda la sfida prevista per giovedì sera con il danese Holger Rune, il giovane talento azzurro è comunque promosso al secondo turno.

Carne coltivata, via libera definitivo della Camera alla legge sul divieto

È arrivato il via libera definitivo dell’aula della Camera al divieto di produzione e vendita in Italia di carne coltivata. Il nostro è il primo Paese in Europa ad averlo introdotto.

Il Pd astenuto, M5s e Avs contrari

L’assemblea di Montecitorio ha approvato con 159 sì, 53 no e 34 astenuti il disegno di legge presentato dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida che proibisce la produzione e l’immissione sul mercato di alimenti e mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o di tessuti derivanti da animali vertebrati nonché di divieto della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali. Il testo è stato votato dalla maggioranza. Il Pd si è astenuto, mentre il M5s e Avs hanno votato contro il provvedimento. Un tema, quello della carne coltivata, che ha fatto sfiorare una rissa davanti a Palazzo Chigi. Durante la discussione in Aula, infatti, alcuni deputati di +Europa e Sinistra italiana hanno protestato con cartelli e cori. Durante la manifestazione, però, è arrivato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, che si è diretto verso Benedetto Della Vedova e Riccardo Magi urlando loro «delinquenti».

L’ex vicepresidente Ue Timmermans canta l’inno della Roma in tv

L’ex vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans, ha cantato l’inno della Roma in diretta tv durante un programma olandese. Un gesto apprezzato non soltanto dai presenti in studio e dai conduttori, che hanno iniziato a cantare con lui, ma anche da decine di tifosi romanisti, che sui social hanno rilanciato la clip.

Il politico olandese è romanista sin da ragazzo

Timmermans non ha mai nascosto la sua passione per l’As Roma. Il politico è diventato romanista da ragazzino. Nel 1972, allora 11enne, infatti, si è trasferito a Roma dove il padre, archivista, ha lavorato per l’ambasciata olandese in Italia. Nella Capitale ha vissuto per quattro anni. In quel periodo, come ha raccontato lui stesso in più occasioni, è stato di nascosto allo stadio con alcuni amici. Ed è in Curva Sud che è nata la sua passione. A distanza di diversi anni ha dichiarato: «Della partita non ricordo nulla, ma l’atmosfera, i colori, i cori mi emozionarono come niente altro».

L'ex vicepresidente Ue Timmermans canta l'inno della Roma in tv
Frans Timmermans (Getty Images).

Timmermans: «Dopo quarant’anni sono romano e romanista»

L’amore per il club giallorosso non è più svanito. Nel 2016, durante l’evento Growth Goal – The path of the institutional reforms in EU and in Italy, organizzato al Parlamento europeo da Formiche ed Eunews, ha dichiarato: «Da ragazzo ho vissuto e studiato a Roma. Dopo quarant’anni sono rimasto romano e romanista». Tutt’ora sui propri profili social pubblica foto della Roma. Ad esempio, scorrendo fino al 5 maggio 2022, sul profilo Facebook di Timmermans si vede un post del sindaco Roberto Gualtieri. I due, insieme, hanno assistito alla semifinale di ritorno di Conference League vinta dalla Roma 1-0 contro il Leicester.

Precettazione, Landini: «Stiamo lavorando per presentare ricorso»

Non è destinato a cessare nel breve termine lo scontro tra governo e sindacati sulla precettazione dello sciopero del 17 novembre decisa dal ministro Matteo Salvini. «Insieme alla Uil stiamo lavorando per presentare il ricorso», ha annunciato il segretario della Cgil Maurizio Landini, aggiungendo di aver «formalmente deciso» che lo faranno, e di aver per questo dato «mandato ai legali per predisporlo nei tempi previsti, quindi in pochi giorni». La precettazione durante uno sciopero può essere impugnata dai lavoratori interessati, che possono presentare ricorso al giudice amministrativo. Il giudice valuterà se la precettazione è stata disposta in conformità alla legge e se sono state rispettate le garanzie previste per i lavoratori.

 

Semi di piante infestanti germogliano dopo 144 anni

L’erba cattiva non muore mai. Proverbio della tradizione antica, ha ora una conferma in più grazie alle nuove rivelazioni di uno studio secolare della Michigan State University, negli Usa. Dopo 144 anni, infatti, alcuni semi hanno generato dei germogli di verbasco, specie erbacea appartenente alle angiosperme. Si tratta di una ricerca inaugurata nel lontano 1879 dal botanico William J. Beal, che intendeva aiutare gli agricoltori a combattere le erbacce ancor prima dello sviluppo dei fertilizzanti. Oggi fondamentale per il mantenimento delle banche dei semi e per la conservazione delle specie rare e in via di estinzione, tale analisi proseguirà almeno fino al 2100, quando è prevista la raccolta dell’ultimo campione.

Un esperimento secolare della Michigan University ha fatto germogliare 20 piantine da semi di 144 anni. Il prossimo rilevamento nel 2040.
Gli scienziati a lavoro per studiare i semi (MCU, Screenshot YouTube).

Semi di piante infestanti in bottiglia, i dettagli dell’esperimento secolare

Lo studio, che riporta anche l’identikit genetico delle piantine, è disponibile integralmente sulla rivista American Journal of Botany. Qui è possibile anche avere una panoramica dell’intero esperimento, che prosegue ininterrottamente da quasi 150 anni. Nel 1879, infatti, il professor Beal posizionò 50 semi di 23 specie differenti di piante infestanti in 20 bottigliette di vetro. Dopo averle riempite con sabbia, le mise a testa in giù nel terreno affinché l’acqua non potesse accumularsi e stagnare all’interno. Inizialmente, il protocollo prevedeva di disseppellirne una a cadenza regolare di cinque anni per verificare la salute dei semi e controllare che fossero in grado di germogliare. Nel 1920, tuttavia, si decise di allungare l’intervallo a 10 anni, mentre nel 1980 si optò per portarlo a un ventennio.

Il numero dei germogli si è ridotto sistematicamente con il passare del tempo. I semi conservati all’interno della 14esima bottiglia, prelevata nel 2021, hanno generato 20 piantine di verbasco. Sfruttando anche le moderne tecnologie della genetica, gli scienziati americani hanno scoperto sorprendentemente che si tratta di due specie distinte. Sebbene 19 infatti appartenessero al Verbascum blattaria, presente anche in Italia, una è invece un ibrido fra il blattaria e il Verbascum Thapsus. «Nell’Ottocento, il professor Beal disse di aver utilizzato solo semi di un tipo, ma eventualmente deve esserci stato un errore», ha spiegato Grace Fleming, assistente di biologia, sul sito della Michigan University. «Non poteva però saperlo, dato che la struttura del Dna era sconosciuta all’epoca».

La prossima raccolta dei campioni avverrà solamente nel 2040

«Negli oltre 140 anni trascorsi dall’inizio dell’esperimento, la questione della longevità dei semi ha acquisito maggiore rilevanza», ha dichiarato il professor Lars Brudvig. «I risultati aiuteranno a capire quali specie di piante infestanti possono risultare più problematiche di altre». Il prossimo rilevamento è attualmente in programma per il 2040, ma non si esclude che la tabella di marcia possa cambiare ancora. «Potremmo prendere in considerazione di allungare i tempi di raccolta a un trentennio», ha precisato David Lowry, che si è occupato di sequenziare il Dna delle piantine. «È però ancora troppo presto per fare progetti».

Raggiunto l’accordo sulla prima legge Ue per limitare le emissioni di metano

L’Ue ha raggiunto un accordo sulla sua prima legge specificatamente indirizzata alla riduzione delle emissioni di metano nel settore energetico. Secondo la norma le compagnie del carbone, del petrolio e del gas saranno tenute a segnalare le proprie emissioni di metano e, successivamente, ad adottare misure per evitarle, tra cui la limitazione dello sfiato (venting) e della combustione alla fonte (flaring).

Raggiunto l’accordo sulla prima legge Ue per limitare le emissioni di metano. L’intesa è stata raggiunta in vista della COP28.
Le aziende dell’Ue dovranno misurare, comunicare e verificare le emissioni di metano (Getty Images).

Entro quattro anni ogni fonte di metano nell’Ue dovrà essere segnalata e rendicontata annualmente

Il metano è un gas con un potenziale di riscaldamento dell’atmosfera oltre 80 volte superiore a quello dell’anidride carbonica. Questo nel breve periodo (inteso come 20 anni). Non dura però nell’atmosfera quanto la CO2: ridurne le emissioni è un modo tutto sommato semplice ed economico per impedire che le condizioni meteorologiche estreme diventino più violente nel breve termine. In base all’accordo, le aziende dovranno misurare, comunicare e verificare le emissioni di metano. Le società dovranno iniziare a riportare i dati a livello generale di fonte entro i 18 mesi successivi all’entrata in vigore. Entro quattro anni, invece, ogni singola fonte di metano nell’Ue dovrà essere segnalata e rendicontata annualmente. Le autorità, da parte loro, ispezioneranno periodicamente i siti – dalle miniere di carbone abbandonate ai pozzi di petrolio appena perforati – per verificare la conformità ai requisiti stabiliti. Il periodo tra un’ispezione e l’altra non supererà i tre anni.

Raggiunto l’accordo sulla prima legge Ue per limitare le emissioni di metano. L’intesa è stata raggiunta in vista della COP28.
Il rigassificatore Cavaou di Fos-sur-Mer, Francia (Getty Images).

Il regolamento prevede inoltre la limitazione di venting e flaring entro il 2027

Al centro della legge Ue c’è l’obbligo per le società energetiche di rilevare e riparare le perdite dalle infrastrutture del petrolio e del gas, eventualmente rilevate durante le ispezioni. Per quanto riguarda le perdite, i negoziatori hanno stabilito una soglia di 17 grammi di metano all’ora per quelle sottomarine, di cinque grammi per quelle sotterranee e di un grammo per quelle fuori terra. La riparazione/sostituzione dei componenti dovrà avvenire immediatamente dopo il rilevamento di una perdita, in ogni caso non oltre cinque giorni. Per una riparazione completa sono concessi 30 giorni. Il regolamento prevede poi la limitazione di venting e flaring del metano entro il 2027. A partire dal 2030, poi, inizieranno a essere applicati valori massimi di intensità di metano: ciò vuol dire che agli importatori dell’Ue potrebbe essere impedito l’acquisto di gas, petrolio e carbone. Ma tale disposizione si applicherà solo ai nuovi contratti.

L’accordo è stato raggiunto dall’Unione europea in vista della COP28

«L’Unione europea sta finalmente introducendo misure vincolanti per ridurre il metano, il killer del clima», ha dichiarato Jutta Paulus, verde tedesca che ha negoziato l’accordo per conto dell’Europarlamento. «In quanto maggiore acquirente mondiale di gas naturale, l’Ue è pronta a usare la sua influenza per contribuire a ridurre le emissioni globali di metano. È un messaggio molto chiaro da parte dell’Europa in in vista della COP28: la responsabilità climatica non si ferma ai suoi confini», ha detto al Guardian Flavia Sollazzo, esperta di energia della filiale europea del gruppo no-profit Environmental Defense Fund. Con la conferenza globale sul clima inizierà il 30 novembre: Cina e Stati Uniti avevano già annunciato in precedenza i propri piani per affrontare il problema del metano.

Sala a Inter e Milan: «Stadi fuori città? Sarebbe un errore clamoroso»

Il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha definito un «clamoroso errore» l’eventuale scelta di Inter e Milan di costruire i rispettivi stadi fuori dal Comune milanese. Le due società stanno proseguendo per le rispettive strade verso la creazione di impianti di proprietà. I nerazzurri puntano a Rozzano, mentre i rossoneri sembrano ormai vicini a San Donato. E così il primo cittadino ha lanciato il proprio messaggi, parlando della potenziale ingestibilità degli impianti fuori città. E intanto il 21 novembre il Tar della Lombardia si pronuncerà sul vincolo posto dalla Sovrintendenza sul secondo anello dello storico stadio di San Siro.

Sala a Inter e Milan «Stadi fuori città Sarebbe un errore clamoroso»
Lo stadio San Siro di Milano (Imagoeconomica).

Sala: «Si stanno raccontando un sacco di frottole»

Il primo cittadino di Milano ha dichiarato: «Le società possono legittimamente andare a fare lo stadio dove ritengono, io personalmente ritengo che sia un errore clamoroso per le società non fare lo stadio a Milano. Credo che uno stadio fuori Milano sia ingestibile perché io non so quanti vigili ha Rozzano, come fa a schierare 100 vigili quando c’è la partita? Secondo me si stanno raccontando anche un sacco di frottole». E ha fatto anche un esempio: «Una frottola che sento dire – ha aggiunto Sala – è che le società garantiscono la sicurezza, ma dove? Non lo possono fare».

Il sindaco: «La partita non è finita»

«Credo che sia un errore macroscopico delle società», ha proseguito poi Beppe Sala. E come raccontato da Calcio e Finanza, ha insistito sul tema: «Credo che dal loro punto di vista possono recriminare il fatto che da noi c’è il vincolo e le nostre lentezze, non siamo riusciti a dare risposte in tempi brevi. Non voglio considerare questa partita finita». Poi il sindaco ha concluso parlando del possibile stadio del Milan a San Donato: «Ci sarebbero difficoltà perché i parcheggi sono necessari essendo la metropolitana a un chilometro e mezzo. Non credo che si possa fare un parcheggio nel parco Sud né alla Maura. Io invito solamente le squadre a ripensarci».

The Crown 6 stroncata dalla critica internazionale

È disponibile dal 16 novembre la prima parte di The Crown 6, ultima stagione della serie Netflix che segue gli eventi attorno alla famiglia reale britannica. Online le prime quattro puntate, mentre le restanti sei che condurranno all’atteso finale usciranno il 14 dicembre. In attesa di scoprire i dati degli ascolti in streaming, l’epilogo della storia scritta da Peter Morgan deve fare i conti con la spietata critica internazionale, che ne ha bocciato quasi in toto gli episodi inaugurali. Dura soprattutto la stampa britannica, che ha recensito The Crown 6 con votazioni pienamente insufficienti, parlando di «cattiva scrittura» e di «fallimenti formali». C’è però anche chi ha riservato parole al miele, ricordando «scene commoventi e indimenticabili».

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The Crown 6, la critica britannica ha stroncato la serie Netflix

Particolarmente duri il Telegraph e il Guardian, che hanno attribuito rispettivamente due e una stella su cinque a The Crown 6, «una serie ossessionata dal fantasma di Lady Diana». Le prime puntate della sesta stagione, infatti, raccontano gli eventi attorno alla morte della principessa del popolo, pur non mostrando mai l’incidente a Parigi. Tuttavia, l’ex moglie di Carlo appare continuamente sotto forma di spettro o visione alla Royal Family, confortando i figli e l’erede al trono nonché dando consigli persino alla regina Elisabetta II. «Il bizzarro fantasma di Diana rappresenta la disperazione dello sceneggiatore», ha scritto la stampa britannica. «La serie ha iniziato a vacillare già durante la terza stagione, per poi perdere l’equilibrio nelle due successive», ha ricordato il Telegraph. «Ora sta invece precipitando nell’abisso».

Troppe inesattezze storiche e una scrittura scadente. La stampa britannica ha stroncato la serie The Crown 6, dal 16 novembre su Netflix.
Il poster ufficiale della serie The Crown 6 (Netflix, Facebook).

Contrariamente alla narrazione, i media inglesi hanno però elogiato le performance degli attori. Sugli scudi per il Times, curiosamente, proprio la performance di Elizabeth Debicki, che veste i panni di Diana. «La sua empatia nel ritrarre le ultime otto settimane della principessa è straordinaria», si legge nella recensione. Le star della serie rappresentano il punto di forza anche per Empire che, assegnando quattro stelle su cinque a The Crown 6, ha descritto le quattro puntate iniziali come «un mix di lacrime, filmati realistici e fantasmi per piangere ancora una volta la principessa». Sulla produzione Netflix si è espresso anche il Financial Times che per un giorno ha abbandonato l’economia per raccontare lo show del momento, descritto però come «privo di ispirazione».

Non solo il fantasma di Lady D, sotto accusa anche inesattezze storiche

Non sono mancate anche alcune precisazioni circa importanti incongruenze con la realtà. «Come storica, a volte mi è venuto da piangere», ha raccontato Kelly Swaby, esperta della Royal Family, alla Bbc. «La gente si aspetta un elevato grado di precisione, data la qualità eccelsa della produzione. Qualche licenza artistica di troppo però c’è, scaturita dal fatto che nessuno sa come sono andati gli eventi a corte». Per esempio, non è noto come l’allora principe Carlo abbia comunicato ai figli la notizia del decesso di Lady D. Sotto accusa poi anche l’immagine di Mohamed Al-Fayed, padre di Dodi che intraprese una relazione con Diana. «The Crown sostiene che abbia organizzato lui la storia d’amore, ma è una totale assurdità», ha detto a Deadline Michael Cole, ex portavoce dell’imprenditore egiziano. «Era felice di quel rapporto, ma non ha imposto la loro unione».

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