L’annuncio è arrivato all’indomani della diffusione della notizia sull’avviso di garanzia per scambio elettorale politico mafioso.
Il presidente della Regione Valle d’Aosta, Antonio Fosson, si è dimesso. Lo ha annunciato lui stesso durante una riunione straordinaria di maggioranza a Palazzo regionale. Le motivazioni sono legate all’avviso di garanzia ricevuto dalla Dda per scambio elettorale politico mafioso in merito a un’inchiesta sul condizionamento delle Regionali del 2018 in Valle d’Aosta da parte della ‘ndrangheta.
LASCIANO DUE ASSESSORI E UN CONSIGLIERE
Anche gli assessori Laurent Viérin (Turismo e beni culturali) e Stefano Borrello (Opere pubbliche) hanno annunciato che si dimetteranno. Il consigliere Luca Bianchi, invece, lascerà l’incarico di presidente di Commissione e di capogruppo dell’Union valdotaine. Tutti e tre sono indagati – assieme a Fosson – per scambio elettorale politico mafioso.
FOSSON: «TOTALMENTE ESTRANEO AI FATTI»
«Sottolineo con forza la mia totale estraneità rispetto ai fatti di cui ho avuto lettura negli ultimi giorni sui giornali», ha detto Fosson spiegando le ragioni che lo hanno portato alle dimissioni. «Per onorare quel senso di responsabilità politica che ho sempre perseguito e anche salvaguardare la mia personale dignità, profondamente ferita dalle infamanti ipotesi che vengono formulate, ho deciso di fare un passo indietro e di dare le mie dimissioni dalla carica di presidente della Regione».
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Inchiesta della Dda di Torino sul condizionamento delle elezioni del 2018 da parte della ‘ndrangheta. E c’è anche un incontro tra l’ex governatore e un boss.
Il presidente della Regione Valle d’Aosta, Antonio Fosson, è indagato per scambio elettorale politico mafioso nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla Dda di Torino sul condizionamento delle elezioni regionali 2018 in Valle d’Aosta da parte della ‘ndrangheta. Oltre a Fosson sono indagati, per lo stesso reato, anche alcuni assessori e consiglieri regionali. L’indagine è stata svolta dai carabinieri di Aosta.
SENATORE, ASSESSORE ALLA SANITÀ E POI PRESIDENTE
Sessantotto anni, medico chirurgo in pensione dal 2011 e noto anche come Sentinella in piedi, Fosson è stato senatore per il movimento autonomista di maggioranza Union valdotaine dal 2008 al 2013. Sposato e padre di quattro figli, è punto di riferimento per Comunione e liberazione. È stato assessore regionale alla Sanità dal 2003 al 2008 e dal 2013 al 2016. Dopo la fine di questa esperienza ha fondato il gruppo Pour Notre Vallée confluito, nel 2017, in Area Civica-Stella Alpina-Pour Notre Vallée. Lista autonomista di centro con cui è stato rieletto in Consiglio regionale il 20 maggio 2018, ottenendo 1.437 voti.
TRA LE SENTINELLI IN PIEDI
Presidente del Consiglio regionale per i primi sei mesi di legislatura con la giunta a trazione leghista guidata da Nicoletta Spelgatti, è arrivato al vertice dell’esecutivo un anno fa, il 10 dicembre 2018, quando le forze autonomiste sono tornate insieme al governo, relegando il Carroccio all‘opposizione. In Parlamento è stato, tra l’altro, segretario del gruppo Udc-Svp-Autonomie e segretario della Commissione parlamentare per le questioni regionali. Risale inoltre al luglio del 2014 la sua comparsa tra le 80 Sentinelle in piedi che in piazza Chanoux, il ‘salotto buono’ di Aosta, manifestavano contro il Ddl Scalfarotto sull’omofobia. In veste di presidente della Regione, oggi ha anche ha presenziato alla cerimonia di posa di una stele in ricordo del pretore Giovanni Selis, che 37 anni fa sopravvisse al primo attentato nella storia d’Italia contro un magistrato. E sull’inchiesta non ha voluto rilasciare dichiarazioni.
L’INCONTRO (FOTOGRAFATO) TRA L’EX PRESIDENTE E IL BOSS
I carabinieri del Reparto operativo del Gruppo Aosta nell’annotazione dell’inchiesta sulle elezioni regionali del 2018 hanno anche documentato con fotografie un incontro a fini elettorali con un boss, durato un’ora circa. Il 4 maggio 2018 l’allora «presidente della Regione autonomaValle d’Aosta» Laurent Viérin «nonché prefetto in carica, ha incontrato uno degli esponenti di vertice del ‘locale’ di Aosta», Roberto Di Donato, «presso l’abitazione di Alessandro Giachino» ad Aymavilles.
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La giovane attivista svedese arrivata in Italia da Madrid a bordo di un’auto elettrica. Con lei in piazza in 5 mila. Ad accoglierla striscioni e tanto entusiasmo.
Quasi 5 mila persone hanno accolto a Torino la visita di Greta Thunberg, sbarcata in città in occasione del presidio cittadino dei Fridays for future. Prima di scendere in piazza l’attivista svedese ha incontrato una delegazione di cinque ragazzi del movimento al Teatro Regio. «Torino è una città stupenda», sono state le sue prime parole davanti a uno stuolo di giornalisti e fotografi, «sono molto felice di essere qui, anche se non ho avuto molto tempo per visitarla».
UNO STRISCIONE PER ACCOGLIERLA IN CITTÀ
Sul balcone d’onore di Palazzo Civico è stato affisso uno striscione per darle il benvenuto. Sfondo verde e con un mondo libero dall’inquinamento, lo striscione reca la scritta ‘Welcome to Turin, Greta’. Greta è arrivata da Madrid in auto elettrica, accompagnata dal padre e dal suo staff, compresi alcuni documentaristi che seguono la giovane attivista in giro per il mondo.
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Secondo la Procura molti percepivano il gettone di presenza ma non si presentavano alle sedute, o lo facevano per un tempo molto limitato.
Percepivano il gettone di presenza per la partecipazione a commissioni quando invece non andavano affatto o erano presenti solo per poco tempo rendendo, di fatto, impossibile il reale svolgimento della riunione. È stata l’accusa mossa dalla Procura di Catanzaro a 29 dei 32 consiglieri comunali del capoluogo, ai quali è stato notificato un avviso conclusione indagini con le accuse, a vario titolo, di truffa aggravata per erogazione pubbliche, falsità ideologica, uso di atti falsi. Gli indagati sono complessivamente 34.
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La relazione della Corte dei Conti: «Politiche pubbliche inefficaci». Non raggiunti nemmeno gli obiettivi minimi che la Regione stessa si era data per la riduzione del deficit. E ora bisogna rimediare.
La Regione Sicilia dovrà trovare nel bilancio 2019 le risorse per coprire il “buco” del rendiconto 2018. La cifra è niente affatto trascurabile: 1,1 miliardi di euro, secondo la relazione delle Sezioni Unite della Corte dei Conti. Un altro miliardo dovrà invece essere coperto nel prossimo triennio, e in ogni caso non oltre la durata della legislatura regionale.
GENERATA UNA CAPACITÀ DI SPESA «IMPROPRIA»
I magistrati contabili, riuniti a Palermo in seduta pubblica, hanno duramente stigmatizzato «il modus operandi della Regione», guidata dal governatore Nello Musumeci dalla fine del 2017. La Corte ha denunciato nella gestione economica la sistematica sottrazione di «una quota rilevante degli accantonamenti di legge», operazione finalizzata a generare un «un’impropria capacità di spesa». Il risultato finanziario complessivo del 2018 non solo è negativo per 1,1 miliardi, ma «una parte consistente di tale deficit si è creata per effetto della gestione parzialmente fuori bilancio dei fondi iscritti nella parte accantonata», per una cifra corrispondente a circa 416 milioni.
VARATA UNA MANOVRA REGIONALE «INCONSISTENTE»
Sempre secondo la Corte dei Conti, l’esame comparato dei documenti contabili dimostra «l’inefficacia delle politiche pubbliche rispetto ai vincoli di riduzione del deficit». Risulta inoltre chiara «l’inconsistenza della manovra finanziaria» regionale, visto che a consuntivo l’equilibrio di parte corrente e l’equilibrio finale 2018 registrano rispettivamente -651,9 e -667 milioni di euro. La Regione, proseguono quindi i giudici, «non è stata in grado di raggiungere nemmeno gli obiettivi minimi che essa stessa si era data con la legge di stabilità». Anzi, «in talune fasi, l’attività della Regione sembra abbia avuto, piuttosto, finalità elusive».
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Ondata di gelo, pioggia e neve in tutta Italia. Primi fiocchi al Nord e pioggia al Sud. A Roma e Napoli scuole chiuse. La situazione.
Maltempo in arrivo oggi per tutto il fine settimana, con neve a nord e piogge, temporali e venti forti al Centro Sud. Secondo 3bmeteo è in arrivo la ‘tempesta di Santa Lucia‘, destinata a colpire, in un modo o nell’altro, gran parte della penisola. Il 12 dicemrbe i sindaci di Roma e Napoli hanno ordinato per tutto il 13 la chiusura di tutte le scuole e dei parchi, raccomandando di limitare gli spostamenti allo stretto necessario.
PIEMONTE: NEVE A TORINO
Primi fiocchi di neve della stagione su Torino. L’attesa perturbazione ha riportato dalla scorsa notte il maltempo sul Piemonte, con deboli nevicate anche in pianura, tra Torinese e Alto Novarese, in estensione a Biellese, Verbano e, in parte, Vercellese e Alessandrino. Fiocchi sparsi qua e la tra Cuneese e Astigiano. Fenomeni comunque intermittenti e di debole intensità. Dal pomeriggio veloce miglioramento, con le nevicate che si ritireranno presso le vallate alpine. Attese nevicate sotto forma di bufera sulle Alpi, specie di confine, con raffiche di vento superiori ai 100 km/h che entro sera potranno guadagnare terreno sotto forma di Foehn fin verso le zone pedemontane e di bassa valle. Attenzione al fenomeno della pioggia congelata, che si potrebbe presentare in alcune vallate dell’Alessandrino e nelle vallate alpine più strette.
PRIMI FIOCCHI SU MILANO
Dalle prime ore del mattino ha cominciato a nevicare anche a Milano. I fiocchi stanno cominciando a imbiancare automobili e tetti delle case, ma per il momento non si registrano particolari disagi alla circolazione.
A ROMA TRAFFICO E ALLAGAMENTI
Rallentamenti e allagamenti in strada sono stati registrati a Roma. In particolare vengono segnalati disagi alla circolazione su via della Magliana, altezza via Marchetti, a causa di un allagamento. Qualche allagamento anche in zona Verano, piazza Bologna e nel quartiere Fleming. Traffico intenso si registra da via Aurelia a via Flaminia, da via del Muro Torto a via Cristoforo Colombo.
CAMPANIA: SCUOLE E PARCHI CHIUSI A NAPOLI
Chiusure di scuole e parchi confermate a Napoli a seguito dell’allerta meteo di criticità ‘Gialla’, a partire dalle ore 12 del 13 dicembre e fino alle ore 9 del 14. L’amministrazione comunale inoltre ha invitato la cittadinanza «a limitare gli spostamenti a quelli strettamente necessari» perché tra gli scenari di impatto al suolo nel bollettino regionale si citano tra l’altro «danni alle coperture e strutture provvisorie dovuti a raffiche di vento, fulminazioni, possibili grandinate e a caduta di rami o alberi. E ancora possibili allagamenti di locali interrati e di quelli a pian terreno, scorrimento superficiale delle acque nelle sedi stradali e possibili fenomeni di rigurgito dei sistemi di smaltimento delle acque meteoriche con tracimazione e coinvolgimento delle aree urbane depresse; possibili occasionali fenomeni franosi superficiali legati a condizioni idrogeologiche particolarmente fragili, in bacini di dimensioni limitate». Nel bollettino della Protezione civile regionale si parla «venti forti occidentali, con possibili raffiche nei temporali, tendenti a molto forti nord-occidentali; di precipitazioni sparse, anche a carattere di rovescio o temporale, localmente anche intense; di mare agitato o localmente molto agitato, soprattutto lungo le coste esposte».
VALLE D’AOSTA: MEZZO METRO DI NEVE A COURMAYEUR
A causa dell’intensa nevicata in corso il pericolo valanghe nella zona del Monte Bianco è salito al livello di 4-‘forte’ (su una scala crescente da 1 a 5) e il sindaco di Courmayeur, Stefano Miserocchi, ha disposto la chiusura della Val Ferret, da La Palud a Planpincieux. Il transito è vietato ai soli mezzi pesanti al traforo del Gran San Bernardo, mentre al tunnel del Monte Bianco non sono segnalate particolari criticità. L’ufficio neve e valanghe della Regione Valle d’Aosta ha segnalato, a 2.000 metri di quota, circa 60 centimetri di neve fresca in Valgrisenche, nella zona del Monte Bianco e del Gran San Bernardo. Quantitativi inferiori (circa 30 cm) a Cervinia e nelle valli del Gran Paradiso. Spostandosi a est, verso il Piemonte, il si scende a 15 cm in Val d’Ayas, Valle del Lys e Valle di Champorcher. Le precipitazioni, prevede l’ufficio meteo, si esauriranno dal pomeriggio di sabato.
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Un’onda artica è pronta a colpire l’Italia da Nord a Sud. Previsto vento forte e gelo. E a Roma la sindaca Raggi chiude le scuole per precauzione.
Fine settimana di dicembre come non si vedeva da tempo, all’insegna del freddo e della neve che ha già imbiancato il Nord, anche la pianura, arrivando fino alla Toscana. Per il momento non si segnalano grandi disagi ma secondo le previsioni dei meteorologi nelle prossime ore, e a ridosso del weekend, è previsto l’arrivo della “tempesta di Santa Lucia“, una sorta di “ciclone” che attraverserà l’Italia da Nord a Sud.
A ROMA SCUOLE CHIUSE PER PRECAUZIONE
Tanto che il Dipartimento della Protezione Civile ha emesso una nuova allerta meteo che prevede a partire dalla tarda mattinata del 13 dicembre venti di burrasca fino a tempeste su Emilia-Romagna orientale, Toscana, specie nei settori costieri e meridionali, coinvolgendo Umbria, Marche, Lazio, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Puglia. Attese, inoltre, precipitazioni diffuse localmente anche molto intense e accompagnate da grandinate su Campania, Basilicata e Calabria, specie sui settori tirrenici. E a seguito dell’allerta meteo diramata dalla Protezione civile della Regione Lazio, la Sindaca di Roma Virginia Raggi ha firmato un’ordinanza per disporre la chiusura di tutte le scuole di ordine e grado, parchi, cimiteri e ville storiche.
PRIME NEVICATE IN VENETO E LOMBARDIA
Intanto a fare i conti con la neve in pianura è stato il Veneto: precipitazioni deboli, ma che hanno interessato Padova, Verona, Vicenza, Rovigo, ma anche l’Altopiano di Asiago e sui monti veronesi della Lessinia. Altra neve anche in Valtellina e Valchiavenna, in provincia di Sondrio con il rischio di gelate notturne per gli annunciati cali delle temperature. Imbiancato anche il Mantovano, mentre la prima neve ha raggiunto la Toscana con i passi dell’Appennino imbiancati e i mezzi in azione per viabilità. Purtroppo anche la zona del terremoto del Mugello è stata interessata nella notte dalle nevicate che poi si sono trasformate in pioggia. Disagi, invece, in provincia di Bergamo, sia alla circolazione che all’aeroporto di Orio al Serio con ritardi dei voli in partenza per consentire le operazioni di disgelo delle ali che hanno comportato un lavoro di circa mezz’ora su ogni velivolo.
LE PREVISIONI PER IL 13 DICEMBRE
L’attenzione si sposta ora sulle previsioni: «Avremo nuove precipitazioni al Nord, nevose in collina se non ancora in pianura tra Piemonte, Lombardia, Emilia occidentale, a tratti mista a pioggia anche sul resto dell’Emilia, Veneto e alto Friuli», ha spiegato il meteorologo di 3bmeteo.com, Edoardo Ferrara. Al Centro-Sud non andrà meglio. Arriveranno infatti piogge e temporali, «in particolare sui versanti tirrenici, dove si potranno avere fenomeni talora di forte intensità con rischio di intensi temporali o nubifragi dalla Toscana al Lazio, compresa la capitale dove è stata diffusa una allerta, e successivamente anche Campania e Calabria». Attenzione inoltre al vento, avverte Ferrara, «che soffierà anche molto forte dapprima di Libeccio e Ponente, poi di Maestrale, con raffiche di oltre 120 chilometri orari tra Tirreno e Isole Maggiori». Nel weekend, infine, ci attende un miglioramento, ma la tregua potrebbe durare poco con una nuova perturbazione in avvicinamento al Nord.
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Un’onda artica è pronta a colpire l’Italia da Nord a Sud. Previsto vento forte e gelo. E a Roma la sindaca Raggi chiude le scuole per precauzione.
Fine settimana di dicembre come non si vedeva da tempo, all’insegna del freddo e della neve che ha già imbiancato il Nord, anche la pianura, arrivando fino alla Toscana. Per il momento non si segnalano grandi disagi ma secondo le previsioni dei meteorologi nelle prossime ore, e a ridosso del weekend, è previsto l’arrivo della “tempesta di Santa Lucia“, una sorta di “ciclone” che attraverserà l’Italia da Nord a Sud.
A ROMA SCUOLE CHIUSE PER PRECAUZIONE
Tanto che il Dipartimento della Protezione Civile ha emesso una nuova allerta meteo che prevede a partire dalla tarda mattinata del 13 dicembre venti di burrasca fino a tempeste su Emilia-Romagna orientale, Toscana, specie nei settori costieri e meridionali, coinvolgendo Umbria, Marche, Lazio, Campania, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Puglia. Attese, inoltre, precipitazioni diffuse localmente anche molto intense e accompagnate da grandinate su Campania, Basilicata e Calabria, specie sui settori tirrenici. E a seguito dell’allerta meteo diramata dalla Protezione civile della Regione Lazio, la Sindaca di Roma Virginia Raggi ha firmato un’ordinanza per disporre la chiusura di tutte le scuole di ordine e grado, parchi, cimiteri e ville storiche.
PRIME NEVICATE IN VENETO E LOMBARDIA
Intanto a fare i conti con la neve in pianura è stato il Veneto: precipitazioni deboli, ma che hanno interessato Padova, Verona, Vicenza, Rovigo, ma anche l’Altopiano di Asiago e sui monti veronesi della Lessinia. Altra neve anche in Valtellina e Valchiavenna, in provincia di Sondrio con il rischio di gelate notturne per gli annunciati cali delle temperature. Imbiancato anche il Mantovano, mentre la prima neve ha raggiunto la Toscana con i passi dell’Appennino imbiancati e i mezzi in azione per viabilità. Purtroppo anche la zona del terremoto del Mugello è stata interessata nella notte dalle nevicate che poi si sono trasformate in pioggia. Disagi, invece, in provincia di Bergamo, sia alla circolazione che all’aeroporto di Orio al Serio con ritardi dei voli in partenza per consentire le operazioni di disgelo delle ali che hanno comportato un lavoro di circa mezz’ora su ogni velivolo.
LE PREVISIONI PER IL 13 DICEMBRE
L’attenzione si sposta ora sulle previsioni: «Avremo nuove precipitazioni al Nord, nevose in collina se non ancora in pianura tra Piemonte, Lombardia, Emilia occidentale, a tratti mista a pioggia anche sul resto dell’Emilia, Veneto e alto Friuli», ha spiegato il meteorologo di 3bmeteo.com, Edoardo Ferrara. Al Centro-Sud non andrà meglio. Arriveranno infatti piogge e temporali, «in particolare sui versanti tirrenici, dove si potranno avere fenomeni talora di forte intensità con rischio di intensi temporali o nubifragi dalla Toscana al Lazio, compresa la capitale dove è stata diffusa una allerta, e successivamente anche Campania e Calabria». Attenzione inoltre al vento, avverte Ferrara, «che soffierà anche molto forte dapprima di Libeccio e Ponente, poi di Maestrale, con raffiche di oltre 120 chilometri orari tra Tirreno e Isole Maggiori». Nel weekend, infine, ci attende un miglioramento, ma la tregua potrebbe durare poco con una nuova perturbazione in avvicinamento al Nord.
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Allarme dei sindacati per licenziamenti e trasferimenti coatti in vista del prossimo anno. Dopo il vertice tra le parti sociali e l’azienda emerge la volontà di chiudere le sedi di Napoli e Cagliari.
Per Tirrenia-Cin c’è «la prospettiva di 1.000 esuberi tra il personale marittimo dal 2020 e della chiusura delle sedi di Napoli e Cagliari con trasferimento coatto di tutto il personale nelle sedi di Portoferraio, Livorno e Milano». L’allarme è arrivato da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti a dopo l’incontro del 11 dicembre dell’incontro con Tirrenia-Cin, che collega tali decisioni alla scadenza della convenzione ministeriale per la continuità territoriale. Prospettiva «inverosimile e, qualora confermata, non esiteremmo a respingerla», hanno aggiunto i rappresentanti dei lavoratori che hanno già proclamato lo stato di agitazione.
TRA LE CAUSE LA SCADENZA DELLA CONVENZIONE MINISTERIALE
Tirrenia-Cin, hanno spiegato i sindacati, collega tali decisioni alla scadenza della convenzione ministeriale che sovvenziona la continuità territoriale di diverse linee ed a una riorganizzazione aziendale. «Abbiamo già proclamato lo stato di agitazione», proseguono Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, e avvieremo le procedure per lo sciopero, che sarà inevitabile se l’azienda persevererà in tale percorso». Dal mese di settembre del prossimo anno potrebbe esserci un esubero del personale navigante proprio in conseguenza della cessazione del contratto relativo alla continuità territoriale con Sardegna e Sicilia. «Per la città di Napoli sarebbe un altro durissimo colpo», ha detto Amedeo D’Alessio della Filt Cgil. Sono, infatti, 65 gli addetti occupati nella sede partenopea.
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Il giudice per le indagini preliminari ha valutato «lacunose e scarsamente plausibili» le dichiarazioni della fidanzata di Luca.
«Lacunose, inverosimili e in più punti scarsamenteplausibili»: così giudica il gip di Roma le dichiarazioni rese da Anastasia, la fidanzata di LucaSacchi, nel provvedimento con cui ha respinto una istanza di revoca della misura dell’obbligo di firma presentata dal difensore al termine dell’interrogatorio svolto il 4 dicembre scorso. Per il giudice Costantino De Robbio le dichiarazione di Anastasia «appaiono del tutto inidonee a scalfire il quadroindiziario» e arrivano da un soggetto «interessato e non obbligato a rispondere dicendo la verità».
L’ORIGINE DELLA PISTOLA
Si aggrava intanto la posizione di uno degli indagati nell’inchiesta. Il gip di Roma ha notificato un provvedimento di custodiacautelare in carcere a Armando De Propris, padre di Marcello, il giovane di San Basilio che ha dato l’arma a Valerio Del Grosso, autore materiale dello sparo. All’uomo,in carcere per possesso di droga, i pm contestano la detenzioneillegale della pistola calibro 38, mai trovata, utilizzata da Del Grosso.
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Secondo il gip di Siena, il post del docente Emanuele Castrucci non integra il reato di propaganda o istigazione all’odio razziale. La procura farà ricorso.
Il tweet pro Hitler del professor Emanuele Castrucci.
Il gip, secondo il quotidiano La Nazione, avrebbe motivato la sua decisione affermando che «non ci sarebbero gli estremi del reato di propaganda e istigazione all’odio razziale, ma solo una rilettura storica e apologetica della figura di Hitler».
ANNUNCIATO IL RICORSO AL TRIBUNALE DEL RIESAME
La procura di Siena farà ricorso al Tribunale del Riesame. I pm si appellano alla legge Fiano e all’articolo 604 bis del codice penale, che punisce «propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa». L’ateneo toscano, da parte sua, per limitare i contatti del prof con gli studenti lo ha sospeso dalle sessioni d’esame. Gli studenti che si erano iscritti sosterranno la prova con un sostituto.
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Secondo il gip di Siena, il post del docente Emanuele Castrucci non integra il reato di propaganda o istigazione all’odio razziale. La procura farà ricorso.
Il tweet pro Hitler del professor Emanuele Castrucci.
Il gip, secondo il quotidiano La Nazione, avrebbe motivato la sua decisione affermando che «non ci sarebbero gli estremi del reato di propaganda e istigazione all’odio razziale, ma solo una rilettura storica e apologetica della figura di Hitler».
ANNUNCIATO IL RICORSO AL TRIBUNALE DEL RIESAME
La procura di Siena farà ricorso al Tribunale del Riesame. I pm si appellano alla legge Fiano e all’articolo 604 bis del codice penale, che punisce «propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa». L’ateneo toscano, da parte sua, per limitare i contatti del prof con gli studenti lo ha sospeso dalle sessioni d’esame. Gli studenti che si erano iscritti sosterranno la prova con un sostituto.
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La città commemora le 17 vittime della bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura del 12 dicembre 1969. Nel pomeriggio il saluto di Mattarella.
Milano ricorda oggi, alla presenza del presidente Sergio Mattarella, la strage di piazza Fontana a 50 anni dalla bomba che uccise 17 persone e per la quale fu ingiustamente accusato l’anarchico Pinelli, morto poi in circostanze mai chiarite cadendo da una finestra della questura. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha chiesto «scusa e perdono» da parte di tutta la città alla famiglia di Pinelli. In suo ricordo, nel quartiere di San Siro, è stata piantata ieri una quercia rossa.
ALLE 16.30 MATTARELLA IN PIAZZA FONTANA
Il presidente Mattarella sarà alle 16.30 in Piazza Fontana per le commemorazioni insieme al segretario della Cgil Maurizio Landini. «Non dimentichiamo le 17 vittime della strage di piazza Fontana. Sono passati 50 anni ma quelle immagini continuano ad addolorarci. Anche le pagine più buie fanno parte della nostra storia. Ci spronano a impegnarci, ogni giorno per consegnare ai nostri figli una storia più luminosa»: così il premier Giuseppe Conte su Facebook.
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Secondo la procura di Paola, anziché lavorare all’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza passava ore ed ore al bar. Sospesi altri tre dipendenti, accusati di complicità.
Più di 650 ore di assenze ingiustificate dal posto di lavoro all’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza. Per questo motivo, con l’accusa di truffa aggravata, è stato arrestatoGennaro Licursi, sindaco di Scalea, rinomata località turistica affacciata sul Tirreno calabrese. Altri tre dipendenti della stessa Azienda sanitaria sono stati sospesi, perché ritenuti suoi complici.
L’operazione della Guardia di Finanza che ha portato all’arresto del primo cittadino, coordinata dal procuratore di Paola Pierpaolo Bruni, è stata ribattezzata “Ghost work”, lavoro fantasma. Le Fiamme Gialle hanno eseguito anche un sequestro di beni per un valore di 12 mila euro. Le indagini hanno portato alla luce quello che secondo gli inquirenti era «un radicato e consolidato meccanismo» illecito, che avrebbe permesso al sindaco di «assentarsi senza alcuna giustificazione dal luogo di lavoro».
Licursi, secondo l’accusa, una volta timbrato il cartellino «lasciava l’ufficio e si dedicava allo svolgimento di quotidiane attività di natura personale. Sovente attestava falsamente di essersi recato in missione per conto dell’ufficio, occupandosi anche in questo caso di questioni non attinenti al servizio». Mentre i tre colleghi accusati di complicità «attestavano che le missioni si erano svolte regolarmente».
Le riprese di telecamere nascoste, le analisi dei tabulati telefonici e un’accurata attività di pedinamento hanno permesso di ricostruire «la marcata disinvoltura con la quale gli indagati hanno agito», rendendo necessario il provvedimento cautelare. In molte circostanze il sindaco Licursi, anziché lavorare, avrebbe passato ore ed ore al bar.
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Decine di arresti e sequestri hanno colpito le cosche di San Leonardo di Cutro e di Siderno. Inchiesta coordinata dai procuratori Gratteri e Bombardieri.
Le cosche della ‘ndrangheta hanno messo le mani sull’Umbria, infiltrando «in modo significativo» il sistema economico della regione.
È quanto emerge da un’indagine della polizia durata diversi mesi, che ha portato a decine di arresti e sequestri per diversi milioni di euro sia in Calabria, sia in Umbria.
L’inchiesta, coordinata dall’Antimafia di Catanzaro e Reggio Calabria, riguarda diversi presunti appartenenti alle cosche Trapasso, Mannolo e Zofreo di San Leonardo di Cutroe i Commisso di Siderno.
I dettagli dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa in programma alle 11 cui parteciperanno il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e il capo della Direzione centrale anticrimine della polizia Francesco Messina.
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La bomba Banca Nazionale dell’Agricoltura. Gli ordigni romani. Le possibili prove andate in fumo. I dubbi sulle indagini. Cronaca di quel 12 dicembre 1969 che aprì le porte agli Anni di Piombo.
Cinquant’anni fa ebbe luogo a Milano la strage di piazza Fontana. «Il giorno in cui perdemmo l’innocenza», come disse qualcuno. Per il quotidiano britannico Observer, fu il giorno in cui ebbe inizio la “strategia della tensione”, termine che entrerà anche nel nostro linguaggio. Il 12 dicembre 1969 oltre alla bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura, si verificarono tre esplosioni a Roma, mentre un quinto ordigno, inesploso, veniva distrutto dagli inquirenti sempre nel capoluogo lombardo. Nell’arco di 53 minuti, saltava la rigida ripartizione tra buoni e cattivi, servitori dello Stato e servizi segreti deviati. Di colpo, le distinzioni si facevano meno nette e l’Italia si immergeva in un lungo e fosco periodo nel quale diventava più difficile discernere tra luci e ombre. In quegli anni verrà coniato un nuovo appellativo per quei fatti, che finirà inesorabilmente appiccicato a tanti altri episodi di cronaca e processi rimasti insoluti: strage senza colpevoli.
I FATTI DEL 12 DICEMBRE 1969
16.00 – LA CHIUSURA DEGLI SPORTELLI E L’AVVIO DELLE CONTRATTAZIONI
Il 12 dicembre 1969 è una giornata fredda e plumbea. Milano ha ancora la sua nebbia e quel giorno una coltre spessa la avvolge. Un palazzo solido e squadrato, di tre piani, affaccia su piazza Fontana. È la sede milanese della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Tutti i venerdì alle 16, dopo la consueta chiusura degli sportelli, l’istituto lascia aperto il proprio salone principale e subito ha inizio il mercato tra allevatori, commercianti di mangimi, mediatori e agricoltori. Basta una stretta di mano per concludere gli affari. Alla formazione dell’accordo spesso partecipa un testimone che, con il “gesto della spada”, taglia la stretta di mano tra le parti, facendosi garante del patto. Sotto Natale molti contadini presenti, arrivati a Milano da tutta la Pianura padana, approfittano del giro in città per comprare regali che vengono depositati sotto il grande tavolo borchiato ottagonale posto al centro della grande sala circolare chiusa da due vetrate a cupola. È quella che i dipendenti e i clienti hanno soprannominato “la rotonda”. Lì, tra i pacchi, in una borsa di pelle, è stata nascosta anche la bomba. Dietro gli sportelli lavorano una settantina di impiegati.
16.25 – LA BOMBA FATTA BRILLARE IN PIAZZA DELLA SCALA
Ma il primo ordigno che cambierà per sempre la storia del Paese non è quello di piazza Fontana. Alle 16.25, in piazza della Scala, sempre a Milano, un commesso della Banca Commerciale trova una borsa elegante abbandonata vicino a uno degli ascensori di servizio. È pesante. La porta a un funzionario. La aprono. Contiene una scatola metallica, chiusa a chiave. Sembra una cassetta di sicurezza. Vicino un dischetto graduato da zero a 60. Insospettito, dà l’allarme. Arrivano gli artificieri che, contrariamente a quanto imporrebbe la procedura, la seppelliscono nel giardino del cortile interno e la fanno brillare. Finiscono così polverizzate assieme all’esplosivo anche tutte le tracce che sarebbero potute essere determinanti per le indagini. Quell’errore, o presunto tale, per anni sarà al centro della tesi secondo cui lo Stato abbia agito per coprire gli attentatori, animando teorie, misteri e complotti che hanno gettato ombre sinistre sulla storia nazionale.
16.37 – L’ESPLOSIONE ALLA BANCA NAZIONALE DELL’AGRICOLTURA
Torniamo alla sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura. L’edificio ospita oltre 300 dipendenti. Quel giorno i saloni dell’istituto sono pieni di gente. Eccezionalmente, si è deciso di lasciare aperti gli sportelli fino alla fine delle contrattazioni. Fuori piove, fa freddo e i famigliari che hanno accompagnato in città chi sta contrattando invece di restare fuori si accomodano all’interno. Alcuni avvertono uno strano odore di bruciato. Alle 16.37 esplode la bomba, sette chili di tritolo. Il grande tavolo ottagonale in mogano solo in parte attutisce il colpo perché si trasforma anche in un nugolo di schegge mortali che si diramano in tutte le direzioni. Al centro della stanza resta un cratere fumante. Le enormi vetrate diventano proiettili di vetro che raggiungono anche la piazza. Alla deflagrazione, racconteranno i testimoni, segue un forte odore di mandorle amare. La decisione di spostarsi per trovare un angolo più tranquillo, l’offerta di una sedia, trovarsi dietro un capannello di persone, per molti fa la differenza tra la vita e la morte. Tra impiegati, clienti e semplici passanti restano uccise 17 persone, 86 sono ferite. Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale l’Italia non veniva scossa da episodi così drammatici. È l’inizio degli Anni di piombo.
16.55 – ESPLODE LA PRIMA BOMBA ROMANA
Ma quella di piazza Fontana non è la sola bomba a squarciare la tranquillità della giornata dicembrina. A Roma, alle 16.55, deflagra un altro ordigno alla Banca Nazionale del Lavoro in via San Basilio, nei pressi della centralissima via Veneto, percorsa sotto le feste natalizie da migliaia di persone. In un primo momento si pensa all’esplosione di una conduttura del gas. Invece è una bomba, collocata in un passaggio sotterraneo, vicino al centralino, che collega due edifici adiacenti degli uffici centrali della Banca Nazionale del Lavoro in cui lavorano più di 2 mila persone. A quell’ora, però, l’istituto è chiuso al pubblico. L’esplosione ferisce di striscio 14 impiegati, per lo più colpiti dai vetri andati in frantumi e, facendo saltare diversi metri di conduttura dell’acqua, allaga gli scantinati dello stabile.
17.22 – 17.30 – ALTRE DUE ORDIGNI SCUOTONO LA CAPITALE
Non è ancora finita. Tra le 17.22 e le 17.30 nella capitale deflagrano altri due ordigni in piazza Venezia. Il primo alla base del pennone all’Altare della Patria e fa crollare persino il cornicione di un palazzo che affaccia sulla piazza, il secondo, a soli otto minuti di distanza, è stato posizionato sui gradini che portano all’ingresso del Museo centrale del Risorgimento. I pesanti battenti del portone vengono scagliati a metri di distanza e solo per puro caso non investono nessuno. Le deflagrazioni lambiscono anche diverse auto posteggiate accanto al Vittoriano. Crollano i soffitti dell’Ara Coeli. Quattro i feriti. In tutto, nella capitale, saranno 18. Uno dei frammenti degli ordigni di piazza Venezia, ciò che resta di un timer, sarà a lungo al centro del processo che seguirà, ritenuto dagli inquirenti la prova regina per affermare la colpevolezza di uno degli arrestati, l’attivista di estrema destra Franco Freda, assolto dalla Corte d’assise d’appello di Bari e da quella di Catanzaro, sentenza confermata in Cassazione nel 1987. Di diverso avviso la Cassazione nel 2005, anche se scagionò comunque Freda e Giovanni Ventura di Ordine Nuovo per il principio del ne bis in idem (per essere cioè stati «irrevocabilmente assolti dalla Corte d’assise d’appello di Bari»)
Il salone della Banca Nazionale dell’Agricoltura dopo l’attentato del 12 dicembre 1969.
I FUNERALI E LA RIAPERTURA DELLA BANCA
I funerali si tengono il 15 dicembre. «Il sangue innocente di Abele, sparso a macchie enormi, offende questa mia diletta città industre e onesta, le tradizioni civili e cristiane della nazione, la stessa umanità», dice durante l’omelia il cardinale Giovanni Colombo, allora Arcivescovo di Milano. Per quel giorno la magistratura ha già dato il proprio nulla osta alla riapertura della banca di piazza Fontana. Una decisione che non manca di sollevare polemiche: viene infatti interrotta la raccolta di prove, indizi forse preziosi finiscono nei rifiuti assieme ai calcinacci, ma per gli inquirenti la pista è una sola, quella anarchica.
LA FALSA PISTA ANARCHICA
Nella notte tra il 12 e il 13 dicembre le forze dell’ordine arrestano oltre 80 militanti di estrema sinistra. Quarantotto ore dopo la strage il cerchio si stringe subito attorno a Pietro Valpreda, artista vicino agli ambienti anarcoidi. Le indagini senza un vero motivo passano da Milano a Roma. Da subito chi conosce il ballerino prova a scagionarlo ma gli inquirenti sembrano sicuri della sua colpevolezza: Valpreda passerà tre anni in carcere, fino al 29 dicembre 1972. Tra gli altri fermati anche il ferroviere Giuseppe Pinelli, che cadrà dalla finestra della questura di Milano quando ormai sono già ampiamente trascorse le 48 ore massime consentite dal codice di procedura e il fermo, dunque, è divenuto illegale.
DALLA MORTE DI PINELLI ALL’OMICIDIO CALABRESI
Aldo Palumbo, giornalista de l’Unità, è il primo a soccorrere il ferroviere. La responsabilità dei fatti viene addossata al commissario Luigi Calabresi. Il “commissario finestra”, il “commissario cavalcioni”, sarà soprannominato da parte della stampa. Si dirà persino che fosse un agente della Cia. Oltre 800 intellettuali, politici e giornalisti firmeranno l’appello contro Calabresi pubblicato il 13 giugno 1971 dal settimanale L’Espresso. Le inchieste lo scagioneranno ma l’odio continuerà fino al giorno del suo omicidio, il 17 maggio del 1972.
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Secondo le prime testimonianze l’uomo sarebbe stato travolto nel mezzo di un attraversamento pedonale. Il conducente sotto choc in ospedale
Investimento su via Casilina, alla periferia di Roma. Dalle prime informazioni, un pedone è stato travolto da un mezzo Ama, l’azienda di raccolta dei rifiuti. Soccorso, è stato trasportato in ospedale in gravi condizioni. Anche il conducente del mezzo, un uomo 35anni, è stato portato in ospedale per gli accertamenti di rito sull’assegnazione di alcol e droga. Alcuni testimoni avrebbero raccontato che il mezzo si era fermato per far attraversare un gruppo di pedoni e nella ripartenza avrebbe investito l’anziano. Sul posto per i rilievi la polizia locale.
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Daspo per 75 membri degli Hooligans Torino: per 71 di loro scatta anche la denuncia. Lo stesso provvedimento anche per 40 tifosi di Napoli e Inter.
Blitz della polizia contro gli ultrà granata appartenenti agli ‘Hooligans Torino’: gli uomini della Digos hanno notificato il Daspo a tutti e 75 i membri del gruppo, 71 dei quali sono stati denunciati per diversi reati tra i quali violenza privata aggravata, rissa, violenza e lesioni nei confronti di incaricato di pubblico servizio. Sono invece oltre 500 le sanzioni amministrative applicate per violazione del regolamento dello stadio, per un importo superiore agli 80 mila euro.
LO SCONTRO INTERNO ALLA CURVA GRANATA
Le indagini hanno portato alla luce anche lo scontro in corso da anni tra i Torino Hooligans e i gruppi storici della Maratona, la curva da sempre occupata dai tifosi granata. Gli ultrà sono accusati anche di travisamento, porto di strumenti atti ad offendere, accensione e lancio di fumogeni. Oltre ai Daspo, i poliziotti hanno notificato un provvedimento di sospensione della licenza a tre locali pubblici che erano frequentati abitualmente dai membri dei Torino Hooligans.
DENUNCIATI 40 ULTRÀ DI NAPOLI E INTER
Una quarantina di ultrà di Napoli e Inter sono, infine, stati denunciati dalla Digos di Torino per gli scontri con i tifosi granata. Per tutti sono in corso di notifica anche i provvedimenti di Daspo. I supporters napoletani che si sono resi protagonisti degli incidenti dopo Torino-Napoli del 6 ottobre sono 32, mentre gli interisti sono otto e i fatti risalgono all’incontro del 23 novembre scorso.
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La giovane è accusata di lesioni stradali gravi e omesso soccorso.
Una ragazza di 22 anni è stata fermata per aver investito il 10 dicembre madre e figlio di due anni a Coccaglio, in provincia di Brescia.
Le forze dell’ordine l’hanno individuata grazie alle telecamere installate nella zona. La giovane è accusata di lesioni stradali gravi e omesso soccorso. Il bambino era nel passeggino ed è stato sbalzato fuori, le sue condizioni restano gravissime.
La mamma, originaria dell’India, era uscita di casa con il piccolo per accompagnare all’asilo la figlia più grande, quattro anni. Pochi passi sulle strisce pedonali e poi, all’improvviso, l’impatto con l’auto. Il passeggino, strappato dalla mano della mamma, è volato via di una decina di metri. Ma la ragazza alla guida non si è nemmeno fermata. Polizia e carabinieri sono andati a prenderla nella tarda serata di martedì, all’uscita dal lavoro.
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Il tribunale di Taranto dice no alla richiesta dei commissari dell’impianto di rimandare lo spegnimento. Resta il ricorso al tribunale del Riesame.
Mentre governo e ArcelorMittal tentano di individuare un percorso condivisibile per arrivare a un nuovo accordo sul turnaround dell’ex Ilva, tutti gli stabilimenti dell’ultimo colosso siderurgico italiano, sono fermi per lo sciopero indetto dai sindacati. E una tegola arriva in serata: il tribunale di Taranto rigetta la richiesta di proroga per l’attività dell’Altoforno 2 avanzata dai commissari al tribunale di Taranto. Questo tradotto vuol dire il possibile inizio delle operazioni di fermata degli impianti dal 13 dicembre. Anche se c’è un ulteriore spiraglio: fare ricorso al Tribunale del riesame.
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