La temperatura media globale ha superato di 2 gradi i livelli preindustriali

La temperatura media globale sta crescendo a ritmi sostenuti. Venerdì 17 novembre, per la prima volta, ha superato di 2 gradi i livelli preindustriali, risalenti al periodo fra il 1850 e l’inizio del XX secolo. Ad affermarlo è il nuovo rapporto del Copernicus Climate Change Service con sede in Europa, condiviso sulla piattaforma X dalla vicedirettrice Samantha Burgess. «Non significa aver violato l’Accordo di Parigi», ha poi aggiunto la dottoressa alla Cnn. «Evidenzia però che ci stiamo avvicinando ai limiti massimi con frequenza costante». L’allarme arriva a due settimane dall’inizio della Cop28, la conferenza delle Nazioni Unite in programma a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre. Urge un intervento immediato al fine di evitare ripercussioni forti e irreversibili sulla Terra. Occorre sottolineare però come i dati siano ancora preliminari e necessitino di altre conferme con studi e misurazioni previsti per il prossimo futuro.

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Temperatura globale, l’Accordo di Parigi è ancora possibile

Nel suo post su X, Burgess ha confermato che la temperatura registrata venerdì 17 novembre è la più alta della storia. Un’analisi che conferma il precedente report di Copernicus che, a inizio novembre, aveva già identificato il 2023 come l’anno più caldo di sempre. «I valori sono stati, in media, 1,17 gradi superiori al periodo fra il 1990 e il 2020», ha sottolineato la vicepresidente Burgess. «Rispetto all’era preindustriale, prima che l’uomo iniziasse a bruciare combustibili fossili e alterare il clima naturale, parliamo di 2,06 gradi in più». Gli esperti hanno sottolineato come si tratti di un superamento temporaneo e non implica che si assisterà a un riscaldamento permanente dell’atmosfera. È tuttavia un indizio allarmante che conferma gli effetti della crisi climatica in corso sul pianeta.

Il 17 novembre la temperatura media globale ha superato di 2 gradi i valori preindustriali. Dati e previsioni del rapporto di Copernicus.
Una ragazza in Brasile cerca ristoro dal caldo torrido (Getty Images).

Il superamento di 2 gradi della temperatura rispetto all’epoca preindustriale mette dunque a repentaglio il rispetto dell’Accordo di Parigi sul clima stipulato nel 2015. Allora, le superpotenze del mondo si imposero di limitare le emissioni di gas serra al fine di contenere il surriscaldamento globale sotto 1,5 gradi rispetto al periodo 1850-1900. «I nuovi dati non indicano una violazione», ha spiegato Burgess alla Cnn. «Tuttavia evidenziano un peggioramento. Possiamo infatti aspettarci una frequenza crescente di giorni con una simile temperatura media globale nei prossimi anni». Un timore condiviso anche dall’Organizzazione climatica mondiale, secondo cui il pianeta potrebbe superare costantemente la soglia massima già entro il 2027 per via di una combinazione fra il fenomeno del Niño e l’inquinamento. «C’è ancora tempo per intervenire, ma bisogna farlo al più presto».

Incendi e inondazioni, gli effetti del surriscaldamento nel 2023

L’aumento della temperatura media globale rispetto ai livelli preindustriali sta causando una lunga serie di eventi meteorologici estremi. Gli incendi alle Hawaii e le tempeste sul Mediterraneo, senza dimenticare le inondazioni in Nord America, sono però solo la punta dell’iceberg. In aumento le possibilità di un collasso delle calotte polari, con relativo innalzamento dei livelli del mare ed estinzione di massa di tutte le barriere coralline. Difficile, in tal caso, anche l’adattamento per umani ed ecosistemi. «Il superamento dei 2 gradi era prevedibile», ha detto Richard Allan dell’Università di Reading. «Dobbiamo limitare i gas serra». Stando all’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, però, l’attuale impegno non è sufficiente. Per sperare di contenere il surriscaldamento globale, tutti gli Stati dovrebbero dimezzare le emissioni entro il 2030. Al ritmo attuale, però, anche se tutti rispettassero i propri impegni, l’inquinamento sarà il 9 per cento superiore al 2010.

Il 17 novembre la temperatura media globale ha superato di 2 gradi i valori preindustriali. Dati e previsioni del rapporto di Copernicus.
Un termometro segna 40 gradi a Roma a giugno (Getty Images).

Katherine Alvarez, la madre di Kata, è stata denunciata per lesioni aggravate

Katherine Alvarez, la madre di Kata, la bimba scomparsa il 10 giugno 2023 dall’ex hotel Astor, è stata denunciata dalla polizia per lesioni aggravate. Avrebbe accoltellato al volto una connazionale durante una lite, nella notte tra domenica 19 e lunedì 20 novembre, nei bagni della discoteca Tenax di Firenze.

La vittima ha riportato cinque ferite al volto

La vittima ha riportato cinque ferite al volto, tra la guancia e la sommità della testa, suturate con 18 punti, e ha ricevuto una prognosi di 20 giorni. Sono in corso ulteriori indagini per risalire alle cause della lite, forse scoppiata per rancori pregressi. Non è stata rinvenuta neanche l’arma utilizzata e gli investigatori non escluderebbero che si tratti di un coltello per la compatibilità del tipo di ferite. La vittima ha raccontato agli agenti di essere stata aggredita dalla mamma di Kata, che l’ha colpita con un corpo contundente, mentre Katherine Alvarez ha spiegato di aver agito per legittima difesa. Pochi giorni prima era finito nuovamente nei guai il padre della bambina, Miguel Angel Chicllo Romero.

Russia, la cantante ucraina Jamala nell’elenco dei ricercati: ha vinto l’Eurovision nel 2016

La cantante ucraina Jamala, vincitrice dell’Eurovision nel 2016 con una canzone che denunciava la deportazione dei tatari della Crimea sotto Stalin, è stata messa nella lista dei ricercati dal ministero dell’Interno russo per crimini non specificati. Il nome di Jamala, al secolo Susana Jamaladinova, compare nella nel database dei ricercati del ministero. L’agenzia Tass, che ha dato la notizia, ha aggiunto che non viene precisato di quali reati sia accusata.

L’ipotesi di «diffusione di false notizie sulle forze armate»

Fonti di polizia sentite dall’agenzia hanno ipotizzato che la cantante possa essere stata incriminata per la «diffusione di false notizie sulle forze armate». Un’accusa prevista in base a una riforma del Codice penale introdotta nel 2022 e mossa contro molti attivisti, giornalisti e oppositori in Russia che si sono schierati contro l’operazione militare in Ucraina. Jamala è nata in Crimea ed è di ascendenza tatara. Sette anni fa trionfò all’Eurovision con 1944, una canzone decisamente anti-russa. Una posizione che ha sempre mantenuto fin dall’annessione della Crimea alla Russia nel 2014 e ribadita con forza dopo l’inizio dell’intervento di Mosca in Ucraina, nel febbraio del 2022.

Sette anni fa la performer ha trionfato con una canzone, 1944, in cui ha denunciava la deportazione dei tartari dalla Crimea voluta da Stalin. Non sono state specificate le accuse.
L’esibizione di Jamala durante l’Eurovision 2023 (Getty Images).

Jamala sostenitrice del movimento Lgbt

Nell’aprile dello stesso anno Jamilova fu inserita nella lista degli artisti ucraini a cui è proibito l’ingresso in Russia per 50 anni. La cantante, sottolinea la Tass, è anche una sostenitrice del movimento Lgbt e del matrimonio tra persone dello stesso sesso in Ucraina. Proprio questa potrebbe essere una discriminante. Pochi giorni fa, infatti, il ministero della Giustizia russo ha chiesto alla Corte Suprema di mettere fuori legge il movimento internazionale per i diritti Lgbt. E questo in quanto le sue attività «incitano alla discordia sociale e religiosa» in violazione delle leggi anti-estremismo del Paese. L’omosessualità è stata un reato in Russia fino al 1993 ed è stata poi considerata una malattia mentale fino al 1999.

L’ex maestro Piatti su Jannik Sinner: «Bravo a non aver ascoltato le critiche»

«La finale di Torino è sicuramente solo la prima di una lunga serie che vincerà e auguro a Jannik Sinner un grande in bocca al lupo per questo presente e per il futuro. Bravo per non aver ascoltato le inutili critiche ricevute durante la sua ultima mancata partecipazione alla Coppa Davis, circa il suo non attaccamento ‘alla maglia’ e sul suo sentirsi o meno italiano. E come ho sempre detto e sempre dirò: forza e divertiti». Così il maestro di tennis Riccardo Piatti, titolare dell’omonima accademia di Bordighera che ha introdotto Sinner nel circuito dei professionisti, commenta la finale del leader del tennis azzurro, sconfitto da Djokovic alle Atp Finals 2023.

Piatti: «Le vittorie di Sinner prova del suo attaccamento all’Italia»

«Critiche sterili che sono arrivate da persone non competenti e che non sanno cosa significa fare la prestazione di alto livello», ha aggiunto Piatti. E rivolgendosi direttamente a Sinner: «Jannik, una settimana così alle Finals, i futuri Slams che vincerai e il ranking mondiale sono il miglior modo per dimostrare il tuo attaccamento all’Italia e di fare sentire tutti gli italiani orgogliosi di avere uno come te tra i migliori atleti al mondo». Sinner è rimasto a Bordighera fino al febbraio del 2022, dove ha vissuto con il maestro Luka Cvetkovic che, con la supervisione di Piatti, ha fatto di un giovane sportivo uno dei più grandi campioni. A lanciare il nome di Sinner contribuì anche il “duetto” in campo con Fiorello, nel febbraio del 2020, a margine del Festival di Sanremo, quando lo showman e il tennista hanno scambiato qualche “rovescio” sui campi del Piatti Center.

L'ex maestro Piatti su Jannik Sinner: «Bravo a non aver ascoltato le critiche»
Riccardo Piatti, Fiorello e Jannik Sinner (da Facebook).

Addio a Marisa Jossa, Miss Italia 1959: era la madre di Roberta Capua

All’età di 85 anni, è morta Marisa Jossa, Miss Italia 1959 e madre di Roberta Capua, a sua volta vincitrice del concorso di bellezza 27 anni dopo, nel 1986. Ad annunciare la scomparsa della donna è stata proprio la conduttrice tv, che ha pubblicato una foto con una semplice scritta: «Ciao mamma».

Chi era Marisa Jossa

Jossa è stata la prima miss della gestione di Enzo Mirigliani, che ha debuttato come patron dell’evento proprio nel 1959. In quell’anno, la donna aveva appena 21 anni e ha vinto davanti alle altre 33 ragazze partecipanti, durante la finale che si è svolta a Ischia. 27 anni dopo, sarà lei ad accompagnare la figlia Roberta Capua, diventata anch’essa Miss Italia. Si tratta di un caso unico e mai più ripetutosi nella storia della manifestazione. Nove anni fa Marisa Jossa è stata investita da uno scooter all’uscita di un mercatino nel quartiere napoletano del Vomero, a Napoli, città in cui ha vissuto ed è morta nelle scorse ore.

Mirigliani: «Vinse la più alta»

Gli organizzatori di Miss Italia hanno ricordato in un comunicato la finalissima, con le parole dello stesso Mirigliani. Il patron Mirigliani, ricordando la vittoria di Marisa Jossa, ha raccontato: «Vinse la più alta, che si era imposta nelle selezioni di Selva di Val Gardena, dove da dieci anni andava in vacanza con la famiglia. Marisa era accompagnata dalla mamma, Anna Vasdeki, di origine greca». Sui giornali dell’epoca, come ricorda Adnkronos, la vittoria della 21enne è stata descritta così: «Ha vinto una di quelle bellezze che non fanno voltare la gente per strada non si trucca gli occhi, né si tinge le sopracciglia e le unghie».

La Norvegia vuole gli infermieri italiani e offre contratti da 3.500 euro più bonus e voli

Nursing Up, il sindaco nazionale degli infermieri, ha lanciato un allarme: migliaia di giovani vengono reclutati dalla Norvegia con proposte allettanti, tanto in termini di ingaggio quanto di vivibilità. Secondo quanto spiegato dalla sigla sindacale, il Paese nordeuropeo ha lanciato decine di offerte verso l’Italia, attraverso un’agenzia di recruitment spagnola. Si parla di stipendi da 3.500 euro netti, premi esclusi. E in molti casi a professionisti e neo laureati vengono garantiti anche affitto e bollette, oltre ai voli pagati e contratti a tempo indeterminato. La Norvegia starebbe puntando anche agli studenti dell’ultimo anno.

Il sindacato: «Proposte difficili da rifiutare»

Il presidente nazionale del Nursing Up, Antonio De Palma, ha spiegato: «Possiamo constatare, senza esagerazione alcuna, che negli ultimi tempi le proposte di lavoro dall’estero si stanno addirittura evolvendo, e per gli ambitissimi professionisti italiani si sono fatte decisamente “più aggressive” e soprattutto davvero difficili da rifiutare per un nostro giovane laureato in infermieristica. Siamo di fronte  ad una vera e propria caccia aperta agli infermieri di casa nostra che va avanti da alcuni anni, con una pericolosa emorragia di professionisti che le nostre istituzioni non riescono in alcun modo ad arginare attraverso piani alternativi di valorizzazione».

La Norvegia vuole gli infermieri italiani e offre contratti da 3.500 euro più bonus e voli
Due infermiere preparano alcune siringhe in ospedali (Getty Images).

De Palma: «Andati via 7mila infermieri»

Le offerte norvegesi, per De Palma, sono allettanti. Viene offerto uno stipendio dai 2.700 ai 3.500 euro al mese anche se il costo della vita, in città come Oslo o Bergen, spiega Repubblica, risulta elevato. A tentare i professionisti italiani sono soprattutto i contratti a tempo indeterminato, i bonus, i premi e le ore di lavoro, 37,5 a settimana di media. Il presidente del Nursing Up ha concluso: «Negli ultimi tre anni, ben 7mila infermieri italiani hanno lasciato il nostro Paese». Un messaggio forte che arriva a pochi giorni dalla protesta del prossimo 5 dicembre, quando i professionisti «stanchi e logorati come non mai, incroceranno le braccia in uno sciopero insieme ad alcuni sindacati dei medici».

Chi è Ettore Prandini, il presidente di Coldiretti e i legami con Fratelli d’Italia

La carne coltivata può piacere o meno, ma di sicuro bisognerebbe coltivare meglio i modi. Lo scontro di piazza tra il focoso presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, e i deputati di +Europa, Benedetto Della Vedova e Riccardo Magi, segnala che la situazione è un po’ sfuggita di mano. Perché se in democrazia e nelle istituzioni la forma è sostanza, non è edificante vedere dei qualificati rappresentanti politici e dei corpi economici intermedi accapigliarsi proprio davanti a Palazzo Chigi come adolescenti di borgata. Ora capiremo che ne sarà della denuncia inoltrata da Della Vedova e Magi al commissariato di Polizia di Montecitorio, ma di certo Prandini, un po’ in imbarazzo nel ricostruire i fatti, ha prima toccato vette di surrealtà situazionista e poi ha corretto il tiro in modo alquanto pasticciato.

 

Siamo infatti partiti con un «non c’è stata alcuna aggressione, solo una piccola spinta nell’allontanarlo», riferito a Della Vedova. E allora, volendo seguire il ragionamento dell’imprenditore agricolo, quale è la soglia di intensità entro la quale una spinta si può definire «piccola»? Poi siamo passati a un accenno di velata autocritica, parlando al Messaggero: «Certo, avrei potuto agire diversamente». Salvo infine negare qualunque contatto fisico con il parlamentare d’area radicale: «Come dimostrano le immagini, al di là di quello che è stato raccontato si è limitato tutto a un confronto verbale acceso. Come abbiamo sempre detto, nessuno ha alzato le mani». In ogni caso, all’ombra della Colonna Antonina, mentre a Montecitorio si approvava il ddl che vieta di produrre la carne cosiddetta “sintetica”, c’erano due manifestazioni contrapposte sul tema, a poche decine di metri l’una dall’altra. E Prandini non ha negato di essere andato lui incontro ai parlamentari di +Europa per uno scambio ravvicinato, giustificando il proprio atteggiamento con la natura dei cartelli «offensivi» sventolati dagli oppositori del partito liberal-centrista.

Chi è Ettore Prandini, il presidente di Coldiretti e i legami con Fratelli d'Italia
Ettore Prandini e Giorgia Meloni (Imagoeconomica).

L’asse tra Coldiretti e Fratelli d’Italia da cui proviene Borriello, capo di gabinetto di Lollobrigida

Dopo l’alterco, la maggioranza ha fatto quadrato attorno a lui e le opposizioni gli hanno del «bullo», del «fascista», dello «squadrista». Magi ha usato il fioretto: «Coltivatore di teppismo». Qualcuno ha osservato che il suo è l’atteggiamento di chi si fa forte in ragione della sponda politica del governo. «Prandini si è sentito legittimato ad aggredire nel momento del suo massimo potere visto che alla fine la Camera ha approvato il ddl», ha chiosato Della Vedova. E in effetti in piazza si è sentito un boato da stadio da parte degli agricoltori di Coldiretti quando si è saputo che la legge era passata. D’altronde la sigla, che dichiara 1,6 milioni di associati, è filogovernativa da sempre, ma adesso appare più influente e ascoltata che mai. Da Fratelli d’Italia in particolare e di rimando dall’esecutivo: la stessa premier Giorgia Meloni è stata il primo capo del governo a visitare il villaggio Coldiretti di Milano. Per non parlare del cognato d’Italia che guida il dicastero dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida: in nome della difesa della “sovranità alimentare” il ministero ha pure cambiato nome e l’attuale capo di gabinetto, Raffaele Borriello, viene dalle fila dell’associazione. Prandini e i suoi hanno vinto la battaglia contro la carne coltivata, ma fanno sentire il loro peso anche su altri dossier: dalle quote di migranti regolari per il lavoro agricolo ai biocarburanti, fino alla pesca a strascico, giusto per fare qualche esempio. Tanto che l’altro giorno lo stesso Lollobrigida ha dapprima condannato la “prodezza” del numero uno di Coldiretti, ma poi ha aggiustato un po’ il tiro: «Nessuna violenza, ha difeso gli agricoltori».

Chi è Ettore Prandini, il presidente di Coldiretti e i legami con Fratelli d'Italia
Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, con Raffaele Borriello (Imagoeconomica).

Figlio di un ex ministro Dc, Prandini è in Coldiretti dal 2006 e ora qualcuno lo dà candidato alle Europee (ma lui smentisce)

E pensare che una volta l’associazione giallo-verde faceva capo alla Democrazia cristiana. Dopotutto Prandini è figlio di cotanto padre: Giovanni, ex ministro scudocrociato della Marina mercantile e soprattutto dei Lavori pubblici, finito nel tritacarne di Tangentopoli e poi prosciolto. Ettore invece ha 51 anni, tre figli, è bresciano di Leno, una laurea in giurisprudenza e fa l’imprenditore agricolo a Lonato del Garda, dove è stato assessore comunale per 10 anni in una Giunta di centrodestra. Lo avevano dato come probabile ministro dell’Agricoltura quando nacque l’esecutivo Meloni. Adesso qualcuno lo dà come possibile candidato alle Europee, ma lui smentisce tutto e dice di voler continuare a guidare l’associazione, magari per un altro mandato. Il suo percorso inizia nel 2006 al comando di Coldiretti Brescia. Sei anni dopo prende le redini della sigla nell’intera Lombardia. E dopo altri sei anni, nel 2018, ecco lo scettro a livello nazionale. Una sua foto in pullover scuro, a braccia conserte, spicca sulla home page dell’azienda vitivinicola Perla del Garda, che produce Vini Garda, Valtenesi e Lugana Dop, avviata nel 2006 con la sorella Giovanna. Ma Prandini è pure presidente dell’Osservatorio Agromafie e guida il Cda dell’Istituto sperimentale italiano Lazzaro Spallanzani.

Chi è Ettore Prandini, il presidente di Coldiretti e i legami con Fratelli d'Italia
Ettore Prandini e Matteo Salvini (Imagoeconomica).

La battaglia dell’associazione contro la carne sintetica e le presunte lobby

Lui dice di voler tutelare la qualità, la sicurezza alimentare e l’italianità contro l’assalto delle perfide multinazionali. Una visione in cui spesso è sottilissimo il confine tra realtà e complottismo naïf. Ma tant’è: anche sul tema della carne coltivata Coldiretti denuncia le pressioni della piovra internazionale, della lobby globale del profitto, una sorta di grande macchinazione dei “signori della carne”, che quindi, celiando, potremmo definire “demo-pluto-sarco-massonica”. Restando sul centrodestra a trazione agricola viene in mente che «è l’aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende». E però la citazione del Duce sembra onestamente sproporzionata: dopotutto il fattaccio dell’altro giorno si è verificato sotto il balcone di Palazzo Chigi, mica sul balcone di Palazzo Venezia.

Editoria, Ciancio Sanfilippo vende La Sicilia a Mirri

Editoria siciliana in subbuglio. La notizia è che il 91enne Mario Ciancio Sanfilippo, storico editore de La Sicilia e di un gruppo di televisioni e radio collegate, ha deciso di vendere il quotidiano catanese, uno dei più diffusi dell’isola. A comprare, secondo indiscrezioni sempre più insistenti, sarà Dario Mirri, dal 2019 presidente del Palermo Calcio e titolare di numerose iniziative imprenditoriali.

Editoria, Ciancio Sanfilippo vende La Sicilia a Mirri
Mario Ciancio Sanfilippo, a sinistra, negli Anni 80 assieme all’Avvocato Agnelli (Imagoeconomica).

Nell’affare anche Perricone, presidente di Magnolia e di Ntv

A fargli da consulente sarà Antonello Perricone, figura ben nota nel mondo dell’editoria, in passato amministratore delegato di Rcs, di Itedi e Sipra, la concessionaria di pubblicità della Rai, nonché presidente della casa di produzione Magnolia e di Ntv, la società proprietaria di Italo treno. Perricone vanta una lunga frequentazione con Mirri, e in passato è stato anche membro del cda del club rosanero.

Editoria, Ciancio Sanfilippo vende La Sicilia a Mirri
Antonello Perricone (Imagoeconomica).

Il nuovo direttore? Si fa già il nome del palermitano Marcello Sorgi

Con La Sicilia verranno anche ceduti gli stabilimenti che fanno capo alla Etis 2000, la più grande tipografia del Sud, le cui rotative oltre al quotidiano catanese stampano le copie dei principali quotidiani nazionali. Intanto già si pensa al nome del futuro direttore del quotidiano. E tra i più gettonati c’è quello di Marcello Sorgi, siciliano doc, ex direttore del Tg1 e de La Stampa, di cui è a tutt’oggi editorialista di punta per la politica.

Editoria, Ciancio Sanfilippo vende La Sicilia a Mirri
Marcello Sorgi (Imagoeconomica).

Ospedale Galliera di Genova, pronto soccorso senza barelle: pazienti per terra

Il consigliere regionale della Liguria Gianni Pastorino, Linea Condivisa e vice presidente della II commissione Salute e Sicurezza sociale, ha denunciato quanto sta accadendo all’interno del pronto soccorso dell’ospedale Galliera di Genova. Pazienti senza nemmeno una barella sulla quale allungarsi, costretti a stare per terra o su lettini da campo. Le fotografie pubblicate dal consigliere regionale e scattate nella notte tra il 19 e il 20 novembre, ritraggono tre persone stese su barelle appoggiate a terra.

Pastorino denuncia: «Non manca solo il personale»

In una nota firmata, Pastorino ha scritto: «Nonostante lo straordinario impegno degli operatori sanitari (medici, infermieri, Oss e tecnici sfiniti) la situazione del Pronto soccorso dell’ospedale Galliera alle 4.30 della scorsa notte, ma che sta continuando per tutta la mattinata di oggi, è quella che vedete in foto: persone letteralmente per terra, in camera calda su lettini da campo e ambulanze in coda in attesa di recuperare le barelle che sono irrecuperabili. Non manca solo personale, ma anche spazi adeguati dove gli operatori possano agire con sicurezza e le persone sostare con tutte le cure del caso».

L’accusa al centrodestra e la replica

E ancora: «All’assessore alla Sanità Angelo Gratarola dico che questa è la situazione esplicita della sanità pubblica che il centrodestra continua a non considerare. Continuate a parlare delle magnifiche sorti della sanità ligure ma la realtà è questa: persone a terra in uno dei più importanti Pronto soccorso della Liguria con gli operatori che si impegnano allo stremo per far fronte a disagi che chi governa non è soltanto in grado di affrontare, ma neanche di vedere». Non si è fatta attendere la replica dell’assessore Gratarola a Pastorino: «È proprio con la riorganizzazione e il potenziamento del territorio previsti dal Piano Socio Sanitario che si decongestionano gli ospedali e i pronto soccorso».

Il premio Pulitzer Anne Boyer lascia il New York Times per come racconta la guerra a Gaza

Anne Boyer, poetessa, saggista e giornalista, si è dimessa dal suo incarico per il New York Times contestando la narrazione sulla guerra a Gaza. Nella sua lettera di dimissioni, ha spiegato che «la guerra dello Stato israeliano sostenuta dagli Stati Uniti contro il popolo di Gaza non è una guerra per nessuno» e che non scriverà «di poesia in mezzo ai toni “ragionevoli” di coloro che mirano ad acclimatarci a questa irragionevole sofferenza».

Boyer: «Il modo più efficace di protesta per gli artisti è rifiutare»

«Non c’è sicurezza in essa o da essa, né per Israele, né per gli Stati Uniti né per l’Europa, e soprattutto non per i molti ebrei calunniati da coloro che affermano falsamente di combattere in loro nome», si legge nella lettera. L’unico profitto di questa guerra, prosegue Boyer, «è il profitto mortale degli interessi petroliferi e dei produttori di armi. Il mondo, il futuro, i nostri cuori: tutto diventa più piccolo e più difficile da questa guerra. Non è solo una guerra di missili e invasioni di terra. E ancora: «È una guerra in corso contro il popolo palestinese, un popolo che ha resistito per decenni di occupazione, sfollamento forzato, privazione, sorveglianza, assedio, imprigionamento e tortura. Poiché il nostro status quo è l’espressione di sé, a volte il modo più efficace di protesta per gli artisti è rifiutare. Niente più eufemismi macabri. Niente più paesaggi infernali verbalmente sterilizzati. Niente più bugie guerrafondaie. Se questa rassegnazione lascia un vuoto nelle notizie delle dimensioni della poesia, allora questa è la vera forma del presente».

Sam Altman guiderà l’intelligenza artificiale di Microsoft

Sam Altman guiderà il nuovo team di intelligenza artificiale di Microsoft. Il 18 novembre il cofondatore di OpenAI era stato estromesso dalla sua startup. Ad affiancarlo in Microsoft ci sarà anche Greg Brockman, membro del consiglio di amministrazione e cofondatore di OpenAI, che ha lasciato l’azienda la scorsa settimana.

L’ad Microsoft: «Fiduciosi di continuare a innovare tutto ciò che abbiamo annunciato» 

«Rimaniamo impegnati nella nostra partnership con OpenAI e siamo fiduciosi nella nostra roadmap di prodotti, nella nostra capacità di continuare a innovare con tutto ciò che abbiamo annunciato al Microsoft Ignite, e nel continuare a supportare i nostri clienti e partner», ha affermato Satya Nadella, amministratore delegato di Microsoft, in un post su Linkedin.

Vannacci premiato per meriti letterari, rissa per il Calendario Pirelli, Caltagirone fa guerra ai tram: le pillole del giorno

Leone d’Oro per meriti letterari al generale Roberto Vannacci. Possibile? Sì, ma «il prestigioso premio a livello mondiale» non c’entra nulla con la Biennale di Venezia, di mezzo c’è il presidente del Leone d’Oro per la Pace che risponde al nome di Mario Baccini, sindaco di Fiumicino e già sottosegretario al ministero degli Affari esteri ex Udc. Vannacci comunque con il suo Il mondo al contrario ha segnato il record di vendite, e di incassi. Sui meriti letterari le opinioni sono discordanti: comunque l’evento si svolgerà venerdì prossimo, 24 novembre, a Roma a Palazzo Giustiniani, nella sala Zuccari.

Vannacci premiato per meriti letterari, rissa per il Calendario Pirelli, Caltagirone fa guerra ai tram: le pillole del giorno
L’invito a Roberto Vannacci per il ritiro del Leone d’Oro.

Pirelli, rissa per partecipare alla festa del celebre calendario

Sono tanti i giornalisti che attendono la fine dell’anno sperando di partecipare alla festa Pirelli per il calendario, ricco di immagini di top model e scenari da favola. E così anche nel 2023 si ripetono scene già viste: quando il direttore di un giornale, di un settimanale o di un mensile, ma ci sono anche i siti internet, declina l’invito mettendo in palio il viaggio premio, quest’anno in programma il 30 novembre a Londra, si scatena l’inferno. C’è chi racconta di grandi firme che arrivano quasi alla rissa per contendersi il prezioso “tour delle gomme”.

Tra il ministro Sangiuliano e Sgarbi, Borgonzoni gode

«Gli altri fanno i ministri, io faccio Sgarbi»: il sottosegretario non smette di polemizzare con Gennaro Sangiuliano, anzi. E pure all’esposizione genovese dedicata ad Artemisia Gentileschi attacca il titolare del dicastero della Cultura: «In questa mostra così importante il ministro non c’è, era distratto», ha dichiarato Sgarbi. Intanto, tra i due litiganti, come recita il detto popolare, il terzo gode. Di chi si tratta? Della sottosegretaria con delega al cinema Lucia Borgonzoni. Che nel caos ministeriale ha scelto da alcune settimane di adottare un bassissimo profilo. Tanto il festival di Venezia e la kermesse romana per il cinema sono ormai state messe in archivio.

Vannacci premiato per meriti letterari, rissa per il Calendario Pirelli, Caltagirone fa guerra ai tram: le pillole del giorno
I sottosegretari alla Cultura Vittorio Sgarbi e Lucia Borgonzoni (Imagoeconomica).

Rai, Radio 1 contro Giorgia Meloni

Alla Rai succede di tutto: nella tarda mattinata di venerdì 17 novembre, RaiNews24 ha mandato in onda in diretta da Zagabria la conferenza stampa di Giorgia Meloni. Negli stessi minuti, su Radio 1, Francesco Storace e Vladimir Luxuria nella trasmissione Il rosso e il nero intervistavano Gianni Alemanno che “sparava” contro Meloni, accusandola di ogni male. A viale Mazzini ad alcuni è andato di traverso il caffè. Nero bollente, ovviamente. E lunedì si tiene la conferenza alla Camera dei Deputati di Alemanno, per presentare il suo nuovo movimento politico.

Caltagirone e la guerra contro i tram

A Roma c’è una guerra in corso, quella contro i tram: a guidarla è l’ingegner Francesco Gaetano Caltagirone, con Il Messaggero in prima linea contro il progetto comunale di mettere i binari a via Nazionale. Gli schieramenti sono chiari: se il quotidiano di via del Tritone ogni giorno spara contro il tram, facendo parlare commercianti, sacerdoti e personaggi di qualsiasi tipo, dall’altra parte la Repubblica si schiera a favore, con in testa il genero di Giulio Andreotti, Marco Ravaglioli, presidente di Per Roma, che insieme all’assessore alla Mobilità Eugenio Patané promuove seminari e incontri per promuovere «un sistema di trasporto pubblico moderno, efficiente e sostenibile». E il Corriere della Sera da che parte sta? Nella pagina romana delle lettere è apparsa una missiva, senza firma, intitolata Basta coi tram, accusando il mezzo di trasporto di essere ormai inadeguato «in un mondo che oggi corre e si evolve con grande velocità sicuramente superiore a quello di un tram».

Qualità della vita 2023, Bolzano al primo posto nella classifica

L’indagine sulla qualità della vita del 2023 realizzata da ItaliaOggi e Ital Communications, in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma, è giunta alla sua 25esima edizione e quest’anno il primo posto è toccato alla città di Bolzano (seconda nel 2022). Milano e Bologna conquistano il secondo e il terzo posto. Come accadde nel 2022, in fondo alla classifica c’è Crotone, insieme alle province siciliane di Messina e Caltanissetta.

Bolzano si conferma al primo posto per qualità della vita

Lo studio prende in considerazione nove settori: affari e lavoro, ambiente, reati e sicurezza, sicurezza sociale, istruzione e formazione, popolazione, sistema salute, tempo libero e turismo, reddito e ricchezza. Dai risultati della ricerca emerge una tendenza confermata: la disparità tra il Centro-Nord, più performante e resiliente, e l’Italia meridionale e insulare, caratterizzata da una persistente vulnerabilità. Quest’anno, la qualità della vita è stata valutata come buona o accettabile in 63 delle 107 province esaminate. Tradotto in termini di popolazione, ciò significa che 21 milioni e 909 mila residenti (pari al 37,2 per cento della popolazione italiana) vivono in territori con una qualità della vita scarsa o insufficiente, rispetto ai 21 milioni e 789 mila della passata edizione, equivalenti al 36,9 per cento della popolazione. Si registra quindi un lieve peggioramento rispetto al 2022. La provincia di Bolzano si conferma al primo posto per qualità della vita, dopo aver ottenuto la medaglia d’argento l’anno precedente.

Il sindaco della città: «L’impegno è tanto»

Ad Adnkronos, il sindaco di Bolzano Renzo Caramaschi ha così commentato la vittoria: «L’impegno è tanto. Abbiamo un bilancio con debiti zero per la città e una grande capacità di investimento. C’è una capacità di programmazione previsionale dei vari interventi e una capacità a spendere bene i soldi che, vorrei sfatare il luogo comune, non arrivano da Roma perché la provincia di Bolzano contribuisce con circa 400 milioni all’anno alla riduzione del debito nazionale».

Polemica tra Sala e Fontana sulle liste d’attesa e sicurezza

Il governatore lombardo Attilio Fontana «dovrebbe preoccuparsi anche un po’ dei suoi problemi perché i cittadini lombardi sono furiosi per le liste d’attesa della sanità e questo mi sembra un problema anche più grave» della sicurezza «perché tocca tutti». Lo ha detto il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, a margine dell’inaugurazione dell’anno accademico del Politecnico, replicando ai commenti dei giorni precedenti del presidente della Regione sul tema sicurezza a Milano.

Le accuse di Sala

«Non c’è una persona che incontro che non manifesti rabbia per il fatto che ormai se non vai attraverso il privato le visite e gli esami te li scordi», ha proseguito. E ancora: «Ogni tanto qualcuno può anche fare l’ammissione che questo tema è in grande parte in mano al governo, ma quando fa comodo si dice e quando non fa comodo invece la colpa è di Sala».

La risposta di Fontana

«Non c’è motivo di attaccarmi, Sala dovrebbe leggere i giornali e rendersi conto che il problema della sanità non è lombardo ma italiano. Sulla sanità ci stiamo già pensando, Sala stia tranquillo», ha replicato il governatore lombardo Attilio Fontana. E ancora: «Io non ho mai attaccato Sala» sulla sicurezza, «ho detto che bisogna riconoscere che il problema esiste e dobbiamo guardarlo e affrontarlo con determinazione», ha aggiunto a margine della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico del Politecnico di Milano.

Le sparate e le posizioni più controverse di Milei, nuovo presidente dell’Argentina

Occhi di ghiaccio, capelli scompigliati da rockstar, motosega (spesso) tra le mani, atteggiamenti costantemente sopra le righe. Il candidato dell’estrema destra e ultraliberista Javier Milei, dichiaratamente antisistema, quel sistema adesso proverà a scardinarlo dall’interno, visto che “El Loco” è appena stato eletto presidente dell’Argentina, tra l’altro col margine più ampio dal ritorno alla democrazia nel 1983. Il Paese sudamericano, attanagliato da una gravissima crisi economica, tra inflazione alle stelle e povertà sempre più diffusa, ha scelto di cambiare affidandosi per l’appunto a un economista. Ma non il solito economista.

Le sparate e le posizioni più controverse dell'anarcocapitalista Javier Milei, nuovo presidente dell'Argentina.
Sostenitori di Mieli celebrano la vittoria elettorale (Getty Images).

La notorietà come personaggio radiofonico e televisivo antisistema

Figlio di un autista e di una casalinga, Milei è stato portiere nelle giovanili del Chacarita Juniors e si è cimentato pure come cantante con gli Everest, una sorta di cover band dei Rolling Stones. Più che a Mick Jagger (capigliatura a parte), nella vita si è ispirato soprattutto agli economisti della scuola austriaca, punto di riferimento della sua carriera accademica iniziata dopo la laurea conseguita all’Università di Belgrano. Docente per oltre vent’anni in vari atenei argentini, Milei ha acquisito notorietà come personaggio radiofonico e televisivo antisistema, riuscendo a farsi eleggere al Congresso nel 2021. La sua ascesa alla Casa Rosada è stata perciò rapidissima.

Dalla dollarizzazione all’eliminazione della Banca centrale: i suoi cavalli di battaglia

Apprezzato soprattutto dai giovani (in Argentina si può votare a 16 anni), Mieli è su posizioni iperliberiste in economia – si autodefinisce anarcocapitalista – e conservatrici nel sociale. Iniziamo dalle prime. Il fondatore di La Libertad Avanza, coalizione che lo ha sostenuto in queste elezioni, auspica un regime di libero scambio con il resto del mondo da realizzare tramite il ritiro l’Argentina dal Mercosur, il mercato comune dell’America meridionale. Tra i suoi cavalli di battaglia ci sono l’adozione del dollaro statunitense come valuta, l’eliminazione della Banca centrale, la privatizzazione delle aziende statali. Così come il taglio della spesa pubblica, tramite la soppressione di vari ministeri (tra cui Sanità, Istruzione, Sviluppo sociale), l’eliminazione dei sussidi sociali e di buona parte degli impieghi statali. Sullo sfondo c’è poi la questione del Brics. L’Argentina è uno dei Paesi che ha annunciato di voler entrare formalmente nell’alleanza geopolitica composta (al 2023) da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Milei ha promesso che, se fosse diventato presidente, avrebbe cancellato l’adesione del Paese.

Le sparate e le posizioni più controverse dell'anarcocapitalista Javier Milei, nuovo presidente dell'Argentina.
Tra i cavalli di battaglia di Milei c’è la dollarizzazione (Getty Images).

Milei è antiabortista, contrario all’eutanasia, favorevole alla vendita degli organi

Per quanto riguarda invece le idee nel sociale, Milei è antiabortista, anche in caso di stupro, e contrario all’eutanasia. Scettico rispetto al riconoscimento sociale del matrimonio, sia etero sia tra persone dello stesso sesso, ha detto che sarebbe opportuno trasformarlo in un contratto tra privati. Come detto, il nuovo presidente dell’Argentina è un seguace della scuola di Vienna, che proclama una stretta aderenza all’individualismo metodologico, ossia alla corrente di pensiero secondo cui ogni fenomeno è riconducibile a un’azione individuale. Il che si traduce nella minimizzazione dell’intervento statale e in una prospettiva liberale in relazione a una vasta gamma di questioni sociali. Insomma, per Milei lo Stato deve farsi gli affari suoi. Da qui il suo motto: «Viva la libertà, maledizione». Vorrebbe così liberalizzare le droghe, la vendita degli organi e delle armi da fuoco, senza dimenticare la prostituzione.

Le sparate e le posizioni più controverse dell'anarcocapitalista Javier Milei, nuovo presidente dell'Argentina.
Javier Milei festeggia con la sorella Karina (Getty Images).

Fautore di grossi tagli, Mieli si è fatto notare per la sua teatrale campagna elettorale, durante la quale è salito sul palco di numerosi comizi imbracciando una motosega. Ma non è certo l’unica bizzarria di un presidente soprannominato El Loco e accostato più volte a Donald Trump (così come al brasiliano Jair Bolsonaro). Amante dei cani, possiede quattro mastini inglesi battezzati tutti in onore di famosi economisti: Murray per Murray Rothbard, Milton per Milton Friedman, Robert e Lucas per Robert Lucas. Ce n’era anche un quinto, Conan, che però è morto: Milei ha raccontato di parlarci attraverso una medium. Il nuovo presidente argentino considera i cani dei figli ed è a loro che ha dedicato la vittoria elettorale. Un pensiero anche alla sorella Karina, la sua spin doctor, e alla compagna Fátima Florez, comica che annovera tra le sue imitazioni quella all’ex presidente Cristina Fernández Kirchner. In un’intervista a Fox News, Milei ha dichiarato che il cambiamento climatico fa parte dell’agenda socialista, esprimendo poi dubbi sui vaccini anti-Covid. Non finisce qui: se da una parte ha individuato il Al Capone il prototipo del «benefattore sociale», dall’altra ha puntato il dito contro il connazionale papa Francesco, definendo Bergoglio «incarnazione del comunismo». Milei è inoltre apparso più volte in pubblico travestito da Generale Ancap (contrazione di “anarcocapitalista”), il suo alter ego da supereroe.

«Oggi inizia la fine della decadenza argentina. Iniziamo a ricostruire e a voltare la pagina della nostra storia», ha commentato dopo la vittoria, destinata a «mettere fine alla casta parassitaria, ladra e inutile del Paese» e arrivata con il 56 per cento al ballottaggio contro il candidato peronista progressista Sergio Massa. Nei piani di Milei sarà una ricostruzione rapidissima: «I cambiamenti che servono al nostro Paese saranno drastici, non ci sarà spazio per la gradualità», ha detto il neo presidente, promettendo che «tra 35 anni l’Argentina sarà una potenza mondiale». Non resta che aspettare. Nel frattempo, auguri.

Giulia Cecchettin, la rettrice dell’Università di Padova: «La laurea ci sarà di sicuro»

«Giulia Cecchettin doveva laurearsi in Ingegneria giovedì 16 novembre, era la prima studentessa attesa alle 8 e mezza. Una laurea che ci sarà, ci sarà di sicuro». Lo ha detto la rettrice dell’Università di Padova, Maddalena Mapelli, durante un convegno in aula magna aperto con un minuto di silenzio in ricordo della giovane uccisa.

Mapelli: «Ora rispetto per la famiglia, la cerimonia quando vorranno loro»

Mapelli ha aggiunto: «Ma questo è il momento di rispettare il dolore della famiglia, del papà e dei fratelli di Giulia. Quando sarà il momento li contatteremo per una cerimonia con le tempistiche e le modalità che vorranno accettare».

Shakira patteggia una multa milionaria per evitare il carcere

Lunedì 20 novembre 2023 Shakira ha accettato di patteggiare una multa milionaria, ammettendo di aver evaso il fisco, per evitare la galera ed eventuali danni all’immagine. La cantante colombiana ha raggiunto, quindi, un accordo con il pubblico ministero spagnolo nell’ambito del processo che si è aperto a Barcellona per frode fiscale.

Shakira evita otto anni di prigione

I procuratori spagnoli avevano richiesto una pena detentiva di oltre otto anni e una multa di 24 milioni di dollari per l’artista. I giudici hanno accusato la 46enne di aver evaso il fisco spagnolo per un ammontare di 14,5 milioni di euro (15,7 milioni di dollari), riferito ai redditi percepiti tra il 2012 e il 2014. Tali accuse sono state negate dalla cantante, la quale sostiene di essersi trasferita in Spagna a tempo pieno solo nel 2015. Alla fine, la pop star ha deciso di accettare il patteggiamento di 7 milioni e 432 mila euro.

Le udienze proseguiranno fino a dicembre 2023

Secondo il piano stabilito, le udienze continueranno fino al 14 dicembre 2023. La celebre cantante colombiana, che ha risieduto in Spagna per diversi anni durante la sua relazione con l’ex calciatore del Barcellona Gerard Piqué, ha costantemente dichiarato la propria innocenza rispetto alle accuse di reati fiscali. Nel frattempo, un giudice ha mantenuto aperta un’ulteriore indagine su possibili illeciti fiscali da parte di Shakira relative al pagamento dell’imposta sul reddito e dell’IVA nel 2018.

Rosalynn Carter morta a 96 anni: addio all’ex first lady degli Stati Uniti

Rosalynn Carter, moglie di Jimmy Carter ed ex first lady degli Stati Uniti, è morta all’età di 96 anni nella sua casa in Georgia. A rendere pubblica la notizia è stata l’organizzazione no-profit Carter Center, fondata dalla donna insieme al marito nel 1982 che persegue lo scopo di promuovere i diritti umani nel mondo. Rosalynn Carter ha portato avanti molte lotte personali nel corso della sua vita, spendendosi in particolare per la sanità mentale e per un più facile accesso alle cure da parte dei malati.

Jimmy e Rosalynn Carter nel 2018
Jimmy e Rosalynn Carter nel 2018 (Getty Images).

«È morta in pace, con la famiglia al suo fianco»

«La nostra co-fondatrice, l’ex first lady Rosalynn Carter, è morta oggi pomeriggio in Plains, Georgia. È morta in pace, con la famiglia al suo fianco», recita la nota diffusa dal Carter Center che non manca anche di ricordare quanto la donna fosse una «appassionata sostenitrice della salute mentale, dell’assistenza e dei diritti delle donne». Da tempo, come detto, soffriva di demenza e la stessa organizzazione, nei giorni precedenti, aveva annunciato l’inizio delle cure palliative.

Jimmy Carter: «È stata la mia guida»

«Rosalynn è stata mia partner in qualsiasi cosa ho fatto. È stata la mia guida e il mio incoraggiamento quando ne ho avuto bisogno. Fino a quando è stata al mondo, sapevo che c’era qualcuno che mi amava e mi sosteneva», queste le parole spese da Jimmy Carter, anche lui sottoposto in questa fase a cure palliative, per ricordare la moglie scomparsa. I due sono stati sposati per 77 anni, con la donna che ha ricoperto il ruolo di first lady durante il mandato del marito come presidente degli Stati Uniti tra il 1977 e il 1981. Proprio durante questo periodo, Rosalynn Carter aveva interpretato il suo ruolo in maniera del tutto inedita per i tempi. Aveva infatti una funzione attiva, esprimendosi su temi controversi e partecipando alle riunioni di gabinetto, tanto da conquistarsi l’appellativo di co-presidente.

Scontro tra Vittoria Baldino (M5S) e Arianna Meloni: «Troppi parenti al governo»

Si è consumato sui social un dibattito acceso tra Arianna Meloni e la deputata del Movimento 5 stelle Vittoria Baldino, la quale si è rivolta alla sorella della premier chiedendosi se in politica conti più il merito o “l’essere parenti di”. Una frecciata a cui Arianna Meloni ha risposto senza mezzi termini, accusando Baldino di essere diventata parlamentare «senza aver dimostrato di avere un consenso personale e senza avere alle spalle una particolare militanza», e ricordandole le assunzioni di amici fatte dal M5s quando era al governo.

Le nomine dei parenti dei componenti del governo 

«Altro che rivoluzione del merito, c’è un limite alla decenza!», ha scritto la deputata M5s su Facebook, in un post in cui riportava un elenco dei parenti dei componenti del governo assunti o promossi da quando Fratelli d’Italia è al governo: la stessa Arianna Meloni, capo segretaria di FdI, Francesco Lollobrigida (cognato della premier) ministro dell’Agricoltura, poi Marta Giorgetti (figlia del ministro Giancarlo Giorgetti) assunta alla Figc, Filippo Tajani (figlio del ministro Antonio Tajani) anche lui assunto alla Figc, Geronimo La Russa (figlio del presidente del Senato Ignazio La Russa) assunto nel cda del teatro Piccolo di Milano per nomina dal ministro della cultura Gennaro Sangiuliano, e Lorenzo La Russa (altro figlio di Ignazio La Russa) nominato nel comitato organizzatore delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina.

 

Arianna Meloni: «Quanti compagni di scuola di Di Maio erano assunti nella società partecipate?»

Non si è fatta attendere la dura risposta di Arianna Meloni, che su Instagram ha scritto: «Gentile “onorevole”, comprendo la necessità di farsi notare nella speranza di una nuova candidatura “blindata” nella prossima legislatura, ma quando si diventa parlamentari senza aver dimostrato di avere un consenso personale e senza avere alle spalle una particolare militanza, si farebbe almeno bene a non giudicare la storia di chi, pur avendo quella militanza politica alle spalle, a differenza sua non percepisce uno stipendio da 10 mila euro al mese pagato dai cittadini». Mentre sulla nomina del marito a ministro dell’Agricoltura: «Non aggiungo nulla per quello che riguarda Lollobrigida perché mi pare lei lo conosca, essendo un suo collega, e sono certa che al di là delle dichiarazioni di maniera abbia avuto occasione di valutare se meriti o meno di essere al suo posto. Se vuole, invece, possiamo parlare delle decine di articoli di stampa che, negli anni del governo del “partito dell’onestà”, ricordavano quanti compagni di scuola dell’allora ministro Di Maio erano stati assunti nelle società partecipate dallo Stato».

La controreplica di Vittoria Baldino

Non è tardata ad arrivare la controreplica di Baldino, che in una dichiarazione a Il Fatto Quotidiano ha detto: «Siamo alla difesa corporativa del familismo. Visto che lei ne fa una questione di soldi, potrei dire che finora ho restituito circa 150 mila euro della mia indennità. Ma se il tema è questo, Arianna Meloni ci potrebbe parlare di come la sorella viva da quasi 20 anni pagata dagli italiani. O magari ci parli di suo marito. Mi sembra si sia innervosita, ma io non sono mai stata nominata da nessuna parte da mia sorella. Quello che ho, ho dovuto guadagnarmelo e lei della mia militanza non sa nulla».

Incidente sul lavoro a Roma: operaio morto schiacciato da un macchinario

A Roma si registra l’ennesimo incidente mortale sul lavoro. A rimanerne vittima un operaio che stava lavorando in un cantiere di via Ludovisi 46, vicino via di Porta Pinciana, deceduto per essere stato schiacciato da un macchinario. A nulla sono valsi i tentativi di soccorso da parte del personale specializzato, con l’uomo che sarebbe morto sul colpo.

Chiuso il cantiere e sequestrato il macchinario

Secondo quanto ricostruito, l’uomo stava lavorando insieme ad altri colleghi quando, per ragioni ancora tutte da accertare, è rimasto schiacciato da un macchinario in uso nel cantiere. Sul posto, oltre ai soccorritori, sono intervenuti anche i carabinieri della stazione di Roma via Vittorio Veneto e della compagnia di Roma Centro, che hanno provveduto a chiudere il cantiere e a sequestrare il macchinario che ha causato la morte del lavoratore.