Gal Start 2020: Basilicata Slow protagonista in Lussemburgo

Tesori nascosti, interazione con la popolazione locale, condivisionedi saperi, sostenibilità economica, ecologica e sociale, racconto e viaggio lento, non sono solo slogan o parole chiave di una campagna di comunicazione, ma sono le pietre angolari su cui poggia il progetto “Cultrips”.
Il GAL START 2020 “Matera Orientale – Metapontino” – si legge in una nota –  ha partecipato dal 17 al 20 novembre al seminario transnazionale “Train the Trainer” dedicato allo sviluppo e all’attuazione del progetto “CULTRIPS 2.0 European Slow Travel Experiences” organizzato presso il partner di progetto del Lussemburgo
"Cultrips, ha dichiarato Il Presidente del GAL START 2020 Leonardo Braico, è un progetto di cooperazione transnazionale Misura 19.3 del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 della Regione Basilicata, nel quale il nostro GAL aderisce ad una rete in cui sono presenti partner italiani ed europei. Hanno partecipato al seminario i GAL di: Umbria, Germania, Austria, Lituania, Svezia. Lussemburgo e l’altro GAL lucano, “La Cittadella del Sapere”, con cui da tempo ci sono reciproci rapporti di collaborazione e di progettazione condivisa. Le proposte e gli elaborati del GAL START 2020, presentati e poi discussi con gli altri partener si sono distinti per attinenza alla filosofia slow trip e alla capacità di svilupparsi sul proprio territorio e integrarli con le offerte già esistenti.
I progetti, hanno dichiarato il Responsabile Tecnico Gianluca Gariuolo e il Consulente alla Cooperazione Giuseppe Mellillo presenti per il GAL START in Lussemburgo, prevedono il coinvolgimento delle popolazioni locali che saranno parte attiva nell’ accoglienza e nell’ospitalità. Le risorse umane e le risorse culturali, tangibili e intangibili, presenti sul territorio saranno coniugate con la quotidianità che si trasforma in elemento valoriale distintivo e soprattutto non replicabile. Le feste, i luoghi, i prodotti della tradizione e i prodotti della terra saranno i connettori tra l’ospite e l’abitante. Cineturismo, enogastronomia, rappresentazioni sceniche e accoglienza diffusa sono stati punti cardine dei progetti presentati.
I numerosi esempi – ha evidenziato il Direttore del GAL START 2020 Giuseppe LALINGA – di approccio a un turismo esperenziale con una comunicazione adeguata e una corretta gestione del marchio, come Albergo Diffuso, Glamping, Bergsteigerdörfer, Alpine Pearls, Citta Slow, dimostrano che Slow può anche essere coordinato con successo in termini commerciali come offerta turistica sostenibile. Il tempo diventa il nuovo lusso e l’approccio Culturtrips adotta la filosofia di un “tempo migliore” che deriva dalla lentezza in opposizione alla velocità e al consumo del tempo stesso. Cultrips amplia la visione di sviluppo locale e sostenibile dei territori che avranno il compito di aumentare e migliorare le opportunità già esistenti con forme più incisive e partecipate e azioni diffuse nel tempo, caratteristiche che rispondono a una domanda di turismo esperienziale sempre più in crescita.
Il Gal Start 2020 – ha concluso il Presidente Leonardo Braico – ha già avviato progetti in linea con la filosofia di Cultrips e l'attenzione si concentra sulla creazione congiunta di innovazioni turistiche e valorizzazione del capitale sociale, culturale e territoriale coinvolgendo aziende agricole, imprese artigiane, mediatori culturali e artisti e creativi, in una visione strategica che punta a sostenere la creazione ma soprattutto lo sviluppo qualitativo e la diffusione dei diversi prodotti che il territorio saprà proporre. A partire dalle prossime settimane il GAL START 2020 avvierà una ricognizione territoriale e azioni di ascolto con il territorio per trasmettere i principi del progetto Cultrips e accogliere le manifestazioni di interesse dei partner locali".

Bas 05

  

Incendio in un sottotetto a Milano: morta una coppia

Le fiamme si sono sviluppate intorno alle 3 e mezza di notte. Le vittime, un uomo di 29 anni e una donna di 27, sorprese nel sonno. In corso gli accertamenti dei Vigili del fuoco.

Due persone sono morte, a Milano, a seguito dell’incendio di un sottotetto avvenuto la scorsa notte nella zona dei Navigli. Quando i pompieri hanno spento le fiamme hanno trovato un uomo e una donna deceduti. Una terza persona invece si è salvata e non ha avuto bisogno di cure mediche.

Secondo quanto riferito dai Vigili del fuoco le fiamme si sono sviluppate intorno alle tre e mezza di notte in una palazzina in alzaia Naviglio Grande 156, quando i due stavano dormendo profondamente. Secondo le prime informazioni di 118 la coppia sarebbe stata sorpresa nel sonno e sarebbe morta sia per l’intossicazione sia per le ustioni.

Si tratta di una donna di 27 anni e di un uomo di 29. La terza persona sarebbe, invece una parente della donna. L’autorità giudiziaria ha demandato gli accertamenti tecnici al Comando provinciale dei Vigili del Fuoco mentre le indagini sono a cura dei Carabinieri.

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Hacker in manette per il furto di dati sensibili alla Pubblica Amministrazione

L’arrestato, residente a Imperia, trafugava dati sensibili da vari enti, come l’Agenzia delle Entrate e l’Inps per poi rivenderli con un sistema informatizzato. Denunciati anche altri sei complici.

Hackerate centinaia di credenziali di accesso a dati sensibili, migliaia di informazioni private contenute in archivi informatici della pubblica amministrazione, relativi a posizioni anagrafiche, contributive, di previdenza sociale e dati amministrativi appartenenti a centinaia di cittadini e imprese del nostro Paese. Il principale sospettato, R.G., originario della provincia di Torino e residente a Imperia, è stato arrestato dalla Polizia postale su provvedimento del Gip di Roma.

ATTACCHI A INPS, AZI E AGENZIA DELLE ENTRATE

L’arrestato, ha spiegato la Polizia postale, ha «un know how informatico di altissimo livello e numerosi precedenti penali» e, tramite ripetuti attacchi ai sistemi informatici di numerose Amministrazioni centrali e periferiche italiane, sarebbe riuscito ad intercettare illecitamente centinaia di credenziali di autenticazione (user ID e password). Dapprima attaccando i sistemi informatici di alcuni Comuni italiani, il sospettato è riuscito ad introdursi in banche dati di rilievo istituzionale, appartenenti ad Agenzia delle Entrate, Inps, Aci ed Infocamere, veri obiettivi finali dell’attività delittuosa.

DENUNCIATI ANCHE SEI COMPLICI

Ha quindi esfiltrato preziosi dati personali di ignari cittadini ed imprese italiane. Denunciati a piede libero, per le stesse violazioni, sei complici dell’arrestato, tutti impiegati all’interno di note agenzie investigative e di recupero crediti operanti in varie città d’Italia. L’attività investigativa condotta dagli uomini del Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche ha permesso di ricostruire come R.G., nel corso degli anni, avesse ingegnerizzato un vero e proprio sistema di servizi, tra cui il portale illecito ‘PEOPLE1‘, commercializzato clandestinamente ed offerto alle agenzie interessate che, pagando una sorta di canone, potevano istallare il software con una semplice pen-drive Usb e riuscire così a connettersi clandestinamente alle banche dati istituzionali e fare interrogazioni dirette.

COME FUNZIONAVA LA VENDITA DEI DATI

Per ottenere l’accesso clandestino alle banche dati, il gruppo criminale utilizzava sofisticati virus informatici per infettare i sistemi degli uffici pubblici riuscendo ad ottenere le credenziali di login degli impiegati. Ingenti i proventi dell’attività criminale, se si pensa alle decine di migliaia di interrogazioni illecite su commissione già accertate e che una singola interrogazione delle banche dati istituzionali veniva venduta a partire da 1 euro «a dato», anche attraverso sistemi di pagamento evoluto e attraverso l’acquisto in modalità prepagata di «pacchetti di dati sensibili».

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Hacker in manette per il furto di dati sensibili alla Pubblica Amministrazione

L’arrestato, residente a Imperia, trafugava dati sensibili da vari enti, come l’Agenzia delle Entrate e l’Inps per poi rivenderli con un sistema informatizzato. Denunciati anche altri sei complici.

Hackerate centinaia di credenziali di accesso a dati sensibili, migliaia di informazioni private contenute in archivi informatici della pubblica amministrazione, relativi a posizioni anagrafiche, contributive, di previdenza sociale e dati amministrativi appartenenti a centinaia di cittadini e imprese del nostro Paese. Il principale sospettato, R.G., originario della provincia di Torino e residente a Imperia, è stato arrestato dalla Polizia postale su provvedimento del Gip di Roma.

ATTACCHI A INPS, AZI E AGENZIA DELLE ENTRATE

L’arrestato, ha spiegato la Polizia postale, ha «un know how informatico di altissimo livello e numerosi precedenti penali» e, tramite ripetuti attacchi ai sistemi informatici di numerose Amministrazioni centrali e periferiche italiane, sarebbe riuscito ad intercettare illecitamente centinaia di credenziali di autenticazione (user ID e password). Dapprima attaccando i sistemi informatici di alcuni Comuni italiani, il sospettato è riuscito ad introdursi in banche dati di rilievo istituzionale, appartenenti ad Agenzia delle Entrate, Inps, Aci ed Infocamere, veri obiettivi finali dell’attività delittuosa.

DENUNCIATI ANCHE SEI COMPLICI

Ha quindi esfiltrato preziosi dati personali di ignari cittadini ed imprese italiane. Denunciati a piede libero, per le stesse violazioni, sei complici dell’arrestato, tutti impiegati all’interno di note agenzie investigative e di recupero crediti operanti in varie città d’Italia. L’attività investigativa condotta dagli uomini del Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche ha permesso di ricostruire come R.G., nel corso degli anni, avesse ingegnerizzato un vero e proprio sistema di servizi, tra cui il portale illecito ‘PEOPLE1‘, commercializzato clandestinamente ed offerto alle agenzie interessate che, pagando una sorta di canone, potevano istallare il software con una semplice pen-drive Usb e riuscire così a connettersi clandestinamente alle banche dati istituzionali e fare interrogazioni dirette.

COME FUNZIONAVA LA VENDITA DEI DATI

Per ottenere l’accesso clandestino alle banche dati, il gruppo criminale utilizzava sofisticati virus informatici per infettare i sistemi degli uffici pubblici riuscendo ad ottenere le credenziali di login degli impiegati. Ingenti i proventi dell’attività criminale, se si pensa alle decine di migliaia di interrogazioni illecite su commissione già accertate e che una singola interrogazione delle banche dati istituzionali veniva venduta a partire da 1 euro «a dato», anche attraverso sistemi di pagamento evoluto e attraverso l’acquisto in modalità prepagata di «pacchetti di dati sensibili».

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L’impatto del voto “emiliano” di Rousseau sul governo Pd-M5s

Di Maio dopo la scelta degli iscritti di presentarsi alle Regionali: «Nessuna ripercussione per l’esecutivo». E ribadisce: «Parlamentari ed esponenti locali ci chiedono di non allearci». Ma tra i dem sono al lavoro i “pontieri”. Perché si teme una dispersione di preferenze che penalizzerà Bonaccini. Una cena con tutti i ministri ha provato a smorzare le tensioni.

E adesso? Rousseau ha votato, la linea di Luigi Di Maio è stata sconfessata. Gli iscritti al Movimento 5 stelle chiamati a esprimersi hanno deciso che bisogna correre alle elezioni regionali del 26 gennaio 2020 in Emilia-Romagna e Calabria, contrariamente a quanto voleva il capo politico grillino. Una scelta che avrà ripercussioni sul governo giallorosso? Lo stesso Di Maio ha scacciato fantasmi: «No, non ce ne saranno», ha detto al termine della cena con gli altri ministri. Ma le nubi sull’esecutivo restano.

DI MAIO: «TUTTI I NOSTRI CI CHIEDONO DI NON ALLEARCI»

Innanzitutto il M5s vuole presentarsi da solo. Anche se su questo aspetto non è stato interpellato Rousseau: «Non lo facciamo votare perché tutti i nostri parlamentari e i consiglieri hanno chiesto di non allearci alle Regionali», ha ribadito Di Maio.

BOCCIA: «NOI ANDIAMO AVANTI E VINCIAMO ANCHE DA SOLI»

Eppure nel Partito democratico qualcuno continua a lasciare la porta aperta. Come il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia: «Allearsi con noi? Lo spero per loro. Noi andiamo avanti e vinciamo anche da soli. Stefano Bonaccini è stato il presidente migliore per l’Emilia-Romagna».

SCAMBI DI BATTUTE ALLA CENA DELLE TENSIONI

Nella serata di giovedì 21 novembre il premier Giuseppe Conte ha riunito i ministri a cena. E ovviamente si è parlato anche della scelta del M5s di correre alle Regionali. Stando a quanto raccontato da più di un partecipante, tra gli esponenti dei diversi partiti di governo ci sarebbero stati scambi di battute, dal tono per lo più scherzoso.

TIMORI PER LA DISPERSIONE DEL VOTO ALLE REGIONALI

Ma, al di là delle dichiarazioni, qualche preoccupazione è trapelata per le ripercussioni che potrebbe avere anche sul governo la scelta annunciata da Di Maio di correre da soli (per parlare alla stampa il leader M5s ha lasciato il Consiglio dei ministri a riunione in corso). I dem temono che la dispersione del voto possa favorire i candidati del centrodestra, in particolare in Emilia-Romagna («Speriamo di no», ha commentato un ministro).

PONTIERI DEM AL LAVORO PER INDURRE A UN RIPENSAMENTO

Ma più d’uno nel Pd confida che i “pontieri” in azione aprano una discussione nel Movimento, che induca il ripensamento. Per quacuno «è vero che gli esponenti locali hanno chiesto a Di Maio di non allearsi, ma tra i loro dirigenti la questione è aperta: tanti volevano escludere la candidatura proprio per evitare i rischi che la scelta di correre divisi comporta anche per il governo. Vedremo nei prossimi giorni». Ma un collega è stato più pessimista: «Mi sembra un caso chiuso».

LO STESSO RISTORANTE DOVE CONTE PORTÒ SALVINI

La cena, al di là di questo, come è andata? Si è inserita tra un Consiglio dei ministri serale e un vertice mattutino. Conte ha invitato fuori la sua squadra di governo in un ristorante nel centro di Roma dove un anno prima portò Di Maio e Matteo Salvini per placare lo scontro che si era aperto sulla manovra. Non andò benissimo alla fine. «Le sorti dei governi non si decidono a tavola», ha risposto sorridendo Conte a chi gli ha sottolineato che il precedente non faceva ben sperare.

VOLTI SCURI TRA I MINISTRI GRILLINI

Anche questa volta in effetti i motivi di tensione tra alleati non sono mancati, a partire dal voto su Rousseau. A tavola si è parlato di Emilia-Romagna e Calabria, sono state fatte battute, ci si è punzecchiati. All’ingresso, subito dopo il Cdm, si è notato qualche volto scuro, soprattutto tra i ministri M5s. A microfoni spenti più d’uno ha ammesso che il voto di gennaio è delicato anche per la tenuta del governo.

TUTTO OFFERTO DA CONTE E FIORI ALLE MINISTRE

Il premier, che ha offerto la cena a tutti e regalato fiori alle ministre, è stato l’ultimo ad arrivare, intorno alle 23, al termine di un lungo Cdm, e l’ultimo ad andare via, verso l’una. Tavolo per 22: c’erano i rappresentanti di tutti i partiti. E a un certo punto è spuntata anche la torta, per festeggiare il compleanno di Lorenzo Guerini, con “tanti auguri a te” cantato in coro tra applausi e risate.

ARCHIVIATA L’IDEA DI UN CONCLAVE DI MAGGIORANZA

L’idea era quella di fare squadra: Conte aveva annunciato un “conclave” con i leader di maggioranza, forse un’idea del tutto archiviata. Per ora è bastata una cena post-Cdm, a base di amatriciana e cicoria. I ministri sono arrivati e andati via alla spicciolata, a piedi, in auto o in vespa come il dem Peppe Provenzano. Di Maio è stato il primo a entrare, poco dopo è toccato alla renziana Teresa Bellanova: tra gli ultimi Dario Franceschini («Che c’è di strano se ceniamo insieme?»), Luciana Lamorgese, Roberto Gualtieri e infine Conte.

DOSSIERI SCOTTANTI SU ILVA, ALITALIA E MES

Nell’attesa si è bevuto prosecco. E il presidente del Consiglio ha scherzato con i giornalisti: «Vi do una notizia, ho cucinato io», prima di assicurare che «non c’è alcun litigio, nessuna tensione». Ma i dossier scottanti sono tanti, dal voto di gennaio in Emilia-Romagna e Calabria che fa temere ripercussioni sul governo, a Ilva e Alitalia, fino al Mes, di cui si deve discutere in un vertice mattutino convocato alle 8.30 di venerdì. All’uscita dal ristorante si ostentavano sorrisi, dentro si brindava e si scherzava. Basta una cena per risolvere i problemi e iniziare davvero a fare squadra? Conte ha cercato ancora la battuta: «Se non ne basta una, ne facciamo due».

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L’impatto del voto “emiliano” di Rousseau sul governo Pd-M5s

Di Maio dopo la scelta degli iscritti di presentarsi alle Regionali: «Nessuna ripercussione per l’esecutivo». E ribadisce: «Parlamentari ed esponenti locali ci chiedono di non allearci». Ma tra i dem sono al lavoro i “pontieri”. Perché si teme una dispersione di preferenze che penalizzerà Bonaccini. Una cena con tutti i ministri ha provato a smorzare le tensioni.

E adesso? Rousseau ha votato, la linea di Luigi Di Maio è stata sconfessata. Gli iscritti al Movimento 5 stelle chiamati a esprimersi hanno deciso che bisogna correre alle elezioni regionali del 26 gennaio 2020 in Emilia-Romagna e Calabria, contrariamente a quanto voleva il capo politico grillino. Una scelta che avrà ripercussioni sul governo giallorosso? Lo stesso Di Maio ha scacciato fantasmi: «No, non ce ne saranno», ha detto al termine della cena con gli altri ministri. Ma le nubi sull’esecutivo restano.

DI MAIO: «TUTTI I NOSTRI CI CHIEDONO DI NON ALLEARCI»

Innanzitutto il M5s vuole presentarsi da solo. Anche se su questo aspetto non è stato interpellato Rousseau: «Non lo facciamo votare perché tutti i nostri parlamentari e i consiglieri hanno chiesto di non allearci alle Regionali», ha ribadito Di Maio.

BOCCIA: «NOI ANDIAMO AVANTI E VINCIAMO ANCHE DA SOLI»

Eppure nel Partito democratico qualcuno continua a lasciare la porta aperta. Come il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia: «Allearsi con noi? Lo spero per loro. Noi andiamo avanti e vinciamo anche da soli. Stefano Bonaccini è stato il presidente migliore per l’Emilia-Romagna».

SCAMBI DI BATTUTE ALLA CENA DELLE TENSIONI

Nella serata di giovedì 21 novembre il premier Giuseppe Conte ha riunito i ministri a cena. E ovviamente si è parlato anche della scelta del M5s di correre alle Regionali. Stando a quanto raccontato da più di un partecipante, tra gli esponenti dei diversi partiti di governo ci sarebbero stati scambi di battute, dal tono per lo più scherzoso.

TIMORI PER LA DISPERSIONE DEL VOTO ALLE REGIONALI

Ma, al di là delle dichiarazioni, qualche preoccupazione è trapelata per le ripercussioni che potrebbe avere anche sul governo la scelta annunciata da Di Maio di correre da soli (per parlare alla stampa il leader M5s ha lasciato il Consiglio dei ministri a riunione in corso). I dem temono che la dispersione del voto possa favorire i candidati del centrodestra, in particolare in Emilia-Romagna («Speriamo di no», ha commentato un ministro).

PONTIERI DEM AL LAVORO PER INDURRE A UN RIPENSAMENTO

Ma più d’uno nel Pd confida che i “pontieri” in azione aprano una discussione nel Movimento, che induca il ripensamento. Per quacuno «è vero che gli esponenti locali hanno chiesto a Di Maio di non allearsi, ma tra i loro dirigenti la questione è aperta: tanti volevano escludere la candidatura proprio per evitare i rischi che la scelta di correre divisi comporta anche per il governo. Vedremo nei prossimi giorni». Ma un collega è stato più pessimista: «Mi sembra un caso chiuso».

LO STESSO RISTORANTE DOVE CONTE PORTÒ SALVINI

La cena, al di là di questo, come è andata? Si è inserita tra un Consiglio dei ministri serale e un vertice mattutino. Conte ha invitato fuori la sua squadra di governo in un ristorante nel centro di Roma dove un anno prima portò Di Maio e Matteo Salvini per placare lo scontro che si era aperto sulla manovra. Non andò benissimo alla fine. «Le sorti dei governi non si decidono a tavola», ha risposto sorridendo Conte a chi gli ha sottolineato che il precedente non faceva ben sperare.

VOLTI SCURI TRA I MINISTRI GRILLINI

Anche questa volta in effetti i motivi di tensione tra alleati non sono mancati, a partire dal voto su Rousseau. A tavola si è parlato di Emilia-Romagna e Calabria, sono state fatte battute, ci si è punzecchiati. All’ingresso, subito dopo il Cdm, si è notato qualche volto scuro, soprattutto tra i ministri M5s. A microfoni spenti più d’uno ha ammesso che il voto di gennaio è delicato anche per la tenuta del governo.

TUTTO OFFERTO DA CONTE E FIORI ALLE MINISTRE

Il premier, che ha offerto la cena a tutti e regalato fiori alle ministre, è stato l’ultimo ad arrivare, intorno alle 23, al termine di un lungo Cdm, e l’ultimo ad andare via, verso l’una. Tavolo per 22: c’erano i rappresentanti di tutti i partiti. E a un certo punto è spuntata anche la torta, per festeggiare il compleanno di Lorenzo Guerini, con “tanti auguri a te” cantato in coro tra applausi e risate.

ARCHIVIATA L’IDEA DI UN CONCLAVE DI MAGGIORANZA

L’idea era quella di fare squadra: Conte aveva annunciato un “conclave” con i leader di maggioranza, forse un’idea del tutto archiviata. Per ora è bastata una cena post-Cdm, a base di amatriciana e cicoria. I ministri sono arrivati e andati via alla spicciolata, a piedi, in auto o in vespa come il dem Peppe Provenzano. Di Maio è stato il primo a entrare, poco dopo è toccato alla renziana Teresa Bellanova: tra gli ultimi Dario Franceschini («Che c’è di strano se ceniamo insieme?»), Luciana Lamorgese, Roberto Gualtieri e infine Conte.

DOSSIERI SCOTTANTI SU ILVA, ALITALIA E MES

Nell’attesa si è bevuto prosecco. E il presidente del Consiglio ha scherzato con i giornalisti: «Vi do una notizia, ho cucinato io», prima di assicurare che «non c’è alcun litigio, nessuna tensione». Ma i dossier scottanti sono tanti, dal voto di gennaio in Emilia-Romagna e Calabria che fa temere ripercussioni sul governo, a Ilva e Alitalia, fino al Mes, di cui si deve discutere in un vertice mattutino convocato alle 8.30 di venerdì. All’uscita dal ristorante si ostentavano sorrisi, dentro si brindava e si scherzava. Basta una cena per risolvere i problemi e iniziare davvero a fare squadra? Conte ha cercato ancora la battuta: «Se non ne basta una, ne facciamo due».

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Cos’è il Mes e perché Salvini e Meloni attaccano il governo

Infiamma la polemica sul meccanismo europeo di Stabilità, con Lega e Fratelli d’Italia che accusano il premier Conte di “tradimento”. Ma cos’è e come funziona il fondo Salva Stati e quali sono gli aspetti più criticati della riforma? Il punto.

Se ne parla da giorni, si parla solo di quello, è il tema più cavalcato dalle opposizioni e sta creando spaccature anche all’interno della maggioranza.

È il Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, istituto sovranazionale che ha fatto irruzione nel dibattito politico mettendo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte sotto assedio da parte di Lega e Fratelli d’Italia.

L’accusa? Aver firmato di nascosto un accordo per trasformare «il Fondo Salva Stati in fondo ammazza Stati», ha tuonato il segretario della Lega. «Noi come Lega abbiamo sempre detto a Conte e a Tria che NON avevano il mandato per toccare il Mes», ha rincarato la dose il 20 novembre. «Se qualcuno ha agito, lo ha fatto tradendo il mandato del popolo italiano, e l’alto tradimento costa caro. Non è la prima volta che l’ex avvocato del popolo mente, ma la verità verrà fuori».

CONTE BUGIARDO! #STOPMES

Noi come Lega abbiamo sempre detto a Conte e a Tria che NON avevano il mandato per toccare il MES.Se qualcuno ha agito, lo ha fatto tradendo il mandato del popolo italiano, e l'alto tradimento costa caro. Non è la prima volta che l'ex avvocato del popolo mente, ma la verità verrà fuori.

Posted by Matteo Salvini on Wednesday, November 20, 2019

Ma che cos’è il Mes e perché sta facendo tribolare l’esecutivo?

LA PRIMA RISPOSTA ALLA CRISI GRECA

Chiariamo subito un aspetto. Il Mes non è una novità di questi giorni. Tirato in ballo prima dai leghisti Alberto Bagnai e Claudio Borghi poi da Salvini, il trattato istitutivo fu siglato all’interno dell’Eurozona il 2 febbraio 2012 e l’istituzione vera e propria fu inaugurata alla fine dello stesso anno. Era il periodo in cui l’Europa doveva far fronte alla crisi della Grecia e andava deciso se continuare a provare a salvarla (a Bruxelles era già stato definito un pacchetto di aiuti da 110 miliardi di euro), oppure fosse meglio abbandonare Atene al proprio destino, facendola scivolare fuori dal club europeo.

LEGGI ANCHE: Perché per uscire dalla spirale dei rendimenti negativi serve un’unione bancaria

La crisi greca rivelò ai vertici comunitari che l’Ue era esposta a bordate speculative fatali in momenti di recessione globale. Da qui la necessità di approntare una controffensiva che potesse operare in autonomia e celermente, senza attendere i tempi della politica. La risposta comunitaria fu la creazione di un’organizzazione intergovernativa da 160 dipendenti regolata dal diritto pubblico internazionale, con sede in Lussemburgo

COME FUNZIONA IL MECCANISMO EUROPEO DI STABILITÀ

Studiato per proseguire in modo più efficace l’opera del Fondo europeo di stabilità finanziaria (Fesf) istituito nel 2010, il Mes emette strumenti di debito per finanziare prestiti nei Paesi dell’Eurozona. Gli azionisti dell’organizzazione sono 17 Paesi membri dell’Unione che concorrono pro-quota (in base al proprio peso economico) al versamento di circa 80 degli oltre 700 miliardi di euro totali del fondo. L’Italia, per esempio, con i suoi 14 miliardi messi sul piatto, è il terzo sostenitore dopo Germania e Francia. Venendo alle funzioni, il Mes è autorizzato a concedere prestiti nell’ambito di un programma di aggiustamento macroeconomico, ma può anche acquistare titoli di debito sui mercati finanziari primari e secondari, aprire linee di credito e finanziare la ricapitalizzazione di istituzioni con prestiti ai governi dei suoi Stati membri.

IL MEMORANDUM FIRMATO DAGLI STATI UE

Considerato anche il Fesf, dal 2010 a oggi questo meccanismo è stato attivato cinque volte (per 295 miliardi) per salvare dal fallimento altrettante nazioni: oltre alla Grecia, è servito per rimettere i conti in ordine di Cipro, Spagna, Portogallo e Irlanda. Non si tratta di aiuti integralmente a fondo perduto (anzi, vanno restituiti, seppure a condizioni di favore): è stato infatti previsto che, per potervi accedere, gli Stati sottoscrivano preliminarmente un Memorandum of understanding finalizzato a predisporre pacchetti di riforme strutturali stabiliti dalla famigerata Troika (Commissione Ue, Banca centrale europea e Fondo Monetario Internazionale).

IL NOCCIOLO DELLA RIFORMA

L’intenzione dei Paesi del Nord Europa è ora quella di procedere con una riforma che da un lato aumenti l’indipendenza dell’organismo e, dall’altro, restringa le condizioni d’accesso. Secondo le bozze dell’accordo, infatti, i Paesi in difficoltà che vorranno usufruirne non potranno essere in procedura d’infrazione e dovranno avere da almeno un biennio un deficit sotto il 3% e un debito pubblico sotto al 60%. Il nuovo meccanismo di supporto sarà operativo, stando alla roadmap dell’Eurogruppo, entro dicembre 2023 ma potrebbe essere introdotto prima sulla base di una valutazione dei progressi compiuti nell’ambito della riduzione dei rischi che sarà effettuata nel 2020.

LE CRITICHE ITALIANE ALLA RIFORMA

Le critiche di chi si oppone alla riforma sono diverse, ma semplificando si potrebbero ricondurre a due ordini. Da un lato viene fatto notare che l’Italia, dovesse mai avere bisogno degli aiuti, con le nuove regole verrebbe automaticamente esclusa e, per potervi accedere, dovrebbe accettare, spalle al muro, una pesante ristrutturazione del debito. Questo non significherebbe solo essere costretti ad attenersi a un cronoprogramma scritto dalla Troika che per i gli italiani rischierebbe di essere lacrime e sangue, ma anche di trovarsi maggiormente esposti agli attacchi speculativi. Ristrutturare il debito è infatti ammissione dell’impossibilità di fare fronte a tutti gli impegni presi con i propri creditori. Insomma, una dichiarazione di insolvenza in piena regola, che deflagrerebbe tra gli investitori, mettendoli in fuga. In merito il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha avvertito: «I piccoli e incerti benefici di una ristrutturazione del debito devono essere ponderati rispetto all’enorme rischio che il mero annuncio di una sua introduzione possa innescare una spirale perversa di aspettative di default».

IL TIMORE DI UNA SUPER TROIKA A TRAZIONE TEDESCA

La seconda critica ricorrente riguarda invece la governance del Mes che, per alcuni, diverrebbe persino legibus solutus, vale a dire che potrebbe operare al di sopra della legge. Se a questo aggiungiamo che già oggi il Managing Director del Fondo salva-Stati è il tedesco Klaus Regling e che la Germania è il maggior contributore, potrebbe concretizzarsi – dicono i detrattori – il pericolo di un istituto contemporaneamente sovranazionale e sovralegislativo teleguidato da Berlino.

#STOPMES ALLA CARICA

A opporsi con maggior vigore alla riforma la destra che, oltre a condividere le critiche appena esposte, evidenzia la beffa che l’Italia oggi sia il terzo finanziatore di un Fondo che le sarà precluso (non è del tutto vero: come si è visto, il nostro Paese ha messo 14 miliardi su oltre 700, perché il Mes si autofinanzia stando sul mercato). Come si è detto, è stato Salvini a tirare in ballo la questione (seguito a ruota da Giorgia Meloni e dal popolo del #StopMes), spolverando però qualcosa che era già al vaglio dei parlamentari da almeno cinque mesi. Come testimoniano infatti i resoconti stenografici della Camera, Conte riferì al parlamento dello stato dei lavori lo scorso 19 giugno elencando uno a uno i punti critici. All’epoca Salvini era ministro dell’Interno, eppure non fece alcuna polemica sul Mes. Il 18 giugno aveva twittato invocando la sterilizzazione di una donna rom e nelle ore seguenti avviava una querelle social con l’attrice porno Valentina Nappi, che lo aveva attaccato. Insomma, il leader della Lega in quei giorni pensava a tutt’altro. Ma non il collega Claudio Borghi che aveva presentato con altri deputati del Carroccio un’interrogazione all’allora ministro dell’Economia Giovanni Tria sull’iter della riforma. Tacevano, invece, pure i 5 stelle e il Pd, che pure all’epoca stava all’opposizione.

DICEMBRE, MESE CRUCIALE

Ma c’è un motivo se ora Salvini ha deciso di cavalcare in prima persona una questione già aperta. Nell’accordo raggiunto dall’Eurogruppo lo scorso 13 giugno era stato stabilito che, su richiesta tra gli altri di Italia e Germania, le procedure per le ratifiche nazionali venissero avviate solo quando tutta la documentazione sarebbe stata concordata e finalizzata con previsione quindi di aprire la discussione in parlamento nel prossimo dicembre. Sempre a dicembre e più precisamente il 10, è notizia delle ultime ore, il premier Conte riferirà alle Camere sul Mes. Vedremo se in quella data le forze politiche staranno più attente alle sue parole di quanto non accadde durante la seduta del 19 giugno scorso.

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Le quotazioni di Borsa e lo spread del 22 novembre 2019

Piazza Affari si prepara all’apertura dopo un giornata in calo. Il differenziale Btp Bund a 150 punti base. I mercati in diretta.

La Borsa italiana si prepara all’apertura dopo una giornata negativa in Piazza Affari (-0,3%), nonostante l’Ocse abbia alzato le stime sul Belpaese. Giù i titoli, come per le principali Borse europee, sulle nuove tensioni Usa-Cina, dopo il plauso del Congresso americano alle proteste a Hong Kong.

LO SPREAD A QUOTA 150 PUNTI BASE

Lo spread tra Btp e Bund tedeschi chiude in calo a 150 punti base contro i 155 di ieri. Il rendimento del decennale italiano è all’1,17%.

Pesanti Fca (-3,7%), dopo le accuse da Gm e malgrado le rassicurazioni sui colloqui con Psa, e Exor (-2,8%), insieme ai costruttori come Atlantia (-1,7%) ancora penalizzata dal documento sul crollo del ponte Morandi e Buzzi (-1,7%). Male Snam (-1,1%) aggiornato il piano, Poste (-1,2%) e Stm (-1,9%). Non ha brillato il lusso con Moncler (-0,8%) e Ferragamo (-0,2%). In positivo Tim (+2,8%), promossa da Barclays, e le banche. Tra le migliori Ubi (+3,6%), Banco Bpm (+2,7%) e Unicredit (+0,8%), a distanza Intesa (+0,3%) coi lavori in corso per un possibile ingresso in Nexi (+0,9.%). Cauta Mediaset (+0,3%) in trattativa con Vivendi. Nuovo balzo di As Roma (+3,5%) su indiscrezioni di una possibile offerta da Friedkin.

I MERCATI IN DIRETTA

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La stretta di Google contro le fake news negli spot elettorali

Mountain View ha vietato a politici e candidati di prendere di mira categorie di utenti sulla base della loro affiliazione. Anche Fb corre ai ripari.

Stretta di Google sugli spot elettorali. Nel tentativo di fermare il dilagare della fake news in vista degli appuntamenti elettorali in Gran Bretagna prima e negli Stati Uniti poi, Mountain View vieta a politici e candidati di prendere di mira intere categorie di utenti ed elettori sulla base della loro affiliazione politica. Ma anche di mirare gli spot sulla base degli interessi degli utenti captati dal loro navigare online. Resta invece ancora possibile mirare le proprie pubblicità sulla base del genere e dell’età. La mossa di Google punta a stemperare le critiche contro la Silicon Valley, accusata da più parti di non aver fermato le interferenze russe sulle elezioni americane del 2016. Critiche che hanno riguardato soprattutto Twitter e Facebook.

TWITTER ANTICIPA TUTTI

La società che cinguetta è corsa di recente ai ripari, decidendo di vietare del tutto gli spot elettorali sulla sua piattaforma. Una mossa che ha spiazzato e aumentato la pressione sul social di Mark Zuckerberg. Facebook ha finora resistito a ogni modifica ma sembrerebbe pronta a tornare sui suoi passi. Secondo indiscrezioni, il colosso sta infatti valutando modifiche e lo sta facendo in contatto con gli inserzionisti democratici e repubblicani. La campagna di Donald Trump è una delle più attive su Facebook: da quando è esploso lo scandalo dell’Ucraina il 18 settembre ha lanciato sulla piattaforma circa 5.500 spot, il 40% dei quali con almeno un riferimento all’impeachment.

L’INCONTRO TRUMP-ZUCKERBERG

Zuckerberg ha avuto di recente modo di incontrare privatamente il presidente americano: lo scorso ottobre è andato a cena alla Casa Bianca su invito dello stesso Trump. I contenuti dell’incontro non sono stati resi noti, ma non è escluso che i due si siano soffermati sugli spot elettorali su Facebook, tema caro ai democratici e soprattutto alla candidata Elizabeth Warren che, nella sua piattaforma, ha anche lo smembramento di Facebook e di altri big tecnologici divenuti troppo potenti e una minaccia della democrazia.

L’ALLARME DI AMNESTY INTERNATIONAL

Convinta della pericolosità di Facebook e Google è anche Amnesty International: la loro sorveglianza onnipresente è una minaccia sistemica per i diritti umani, denuncia l’associazione augurandosi un cambio radicale del loro modello di business. Le critiche di Amnesty vanno così ad alimentare il dibattito intorno ai social, che nei prossimi appuntamenti elettorali vedono un esame da dover superare a ogni costo.

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Quali sono i cibi che hanno il maggior impatto ambientale

Nutrirsi ha un costo. Che ricade anche sull’ecosistema. Dall’avocado alle mandorle, un elenco degli alimenti che hanno forti ripercussioni sull’equilibrio del nostro pianeta.

Deforestazione, lavoro minorile, inquinamento, spreco d’acqua. Conoscere i retroscena della produzione alimentare ha riempito di dubbi la nostra tavola. Le numerose informazioni su come vengono allevati gli animali o sull’impatto che hanno certi nostri vizi alimentari ha reso ogni boccone un po’ più controverso. E visto che separare la realtà dalle fake news non è sempre immediato, il Guardian ha stilato un elenco dei prodotti più “problematici” che oggi il mercato propone.

LO SPRECO D’ACQUA PER L’AVOCADO SICILIANO

Il Messico è il principale esportatore di avocado al mondo. Ma il consumo del frutto che va tanto di moda causa ogni anno la perdita di 700 ettari di foresta. Per rispondere alla crescente domanda gli agricoltori piantano sempre più alberi, sacrificando lo spazio dei pini secolari. Il surriscaldamento climatico, tuttavia, sta allargando le possibilità di acquistare il frutto tropicale a chilometro zero. L’aumento delle temperature ha, infatti, trasformato il Sud d’Italia in un habitat ideale per la produzione di avocado. In Sicilia esistono 100 ettari in cui è coltivato il frutto esotico. L’aspetto controverso? Per coltivare anche solo due o tre frutti sono richiesti oltre 272 litri di acqua.

LE EMISSIONI LEGATE AL CONSUMO DI CARNE

Lasciando da parte il tema etico sollevato dall’uccisione di animali, la discussione sul consumo della carne bovina ruota anche attorno ai gas serra. Secondo l’Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), i bovini (allevati sia per la carne che per il latte) sono la specie animale maggiormente responsabile per le emissioni. Secondo i dati forniti dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) l’inquinamento prodotto dagli allevamenti intensivi in Italia è passato dal 10,2% (nel 2000) al 15,1% (nel 2016), diventando così la seconda fonte di inquinamento totale da polveri.

L’IMPATTO DELL’OLIO DI PALMA E DELLA FRUTTA SECCA

Le grandi piantagioni di olio di palma hanno trovato posto a discapito di ampie regioni in Indonesia (maggiore produttore di olio di palma) e in Malesia. Queste aree del mondo sono state coinvolte in pesanti operazioni di disboscamento. Per mantenere il mercato sono state rase al suolo migliaia di chilometri di foresta tropicale, anche attraverso dei roghi, che hanno liberato nell’atmosfera diversi gas serra. Anche le mandorle e la frutta secca hanno un pesante impatto ambientale, per via di tutta l’acqua che la loro coltivazione richiede. Una mandorla per maturare richiede più di tre litri di acqua, una noce 19 litri .

GIAGUARO E ARMADILLO MESSI IN PERICOLO DALLA SOIA

L’impennata che ha coinvolto la soia destinata all’alimentazione animale è una delle cause della scomparsa di significative porzioni di foreste, savane e praterie, tra cui l’Amazzonia, il Cerrado, la foresta Atlantica, la foresta Chaco e Chiquitano che caratterizzano gran parte del territorio di Brasile, Argentina, Bolivia e Paraguay e le praterie del nord America. La soia è uno dei vegetali più coltivati al mondo, anche se la sua produzione sta mettendo a repentaglio l’esistenza di specie come il giaguaro, il formichiere gigante, l’armadillo e l’ara macao.

IL POLPO MINACCIATO DALLA PESCA INTENSIVA

La popolazione globale di polpo è minacciata dalla pesca intensiva. Il Marocco è stato uno dei più grossi produttori di polpo al mondo, con quasi 100 mila tonnellate annue nel 2000, più del doppio della quantità pescata dal secondo Paese nella classifica, il Giappone (in Italia ogni anno se ne pescano 3 mila tonnellate). Ma, a prescindere dalla quantità, la scoperta dell’elevata sensibilità del polpo mette il popolo di consumatori davanti a un dilemma etico: il polpo rappresenta infatti un modello di invertebrato complesso, sensibile e dotato della capacità di risolvere problemi.

LE FORESTE DELLA COSTA D’AVORIO IN PERICOLO PER IL CIOCCOLATO

Più del 70% del cacao mondiale viene prodotto in Costa d’Avorio e in Ghana. La pianta arriva dalla foresta pluviale che, nella Costa d’Avorio è caratterizzata da una scomparsa più rapida rispetto a qualsiasi altro Paese africano. Sul suo territorio, infatti, si è ridotta di oltre l’80% negli ultimi 60 anni. Ma di questo passo, la crescente domanda di cioccolato potrebbe portare alla totale scomparsa della foresta.

LE MANGROVIE A RISCHIO A CAUSA DEI GAMBERI

I gamberi di grandi dimensioni – tigre e reale – sono allevati nelle acque calde dei Paesi come la Thailandia, lo Sri Lanka e il Madagascar, dove la produzione è spesso fortemente coinvolta nella distruzione delle paludi di mangrovie. Secondo la Fondazione per la giustizia smbientale, il 38% circa del disboscamento globale di queste piante è collegato alla crescita delle aziende per l’allevamento dei gamberi.

LA PRODUZIONE DI LATTE A RISCHIO PER GLI OGM

L’Italia ha una posizione di rilievo nel settore caseario europeo, rappresenta il maggior produttore di formaggi a denominazione di origine protetta. Ogni anno, nel Paese, si producono 11 milioni di tonnellate di latte vaccino, 500 mila tonnellate di latte di pecora, oltre 200 mila di latte di bufala e 60 mila di latte caprino. Ma, anche se queste cifre sono alte, il consumo sta calando. Una diminuzione che va rintracciata soprattutto nel calo della natalità. Ma anche nella diffusione di fake news sul cosiddetto “oro bianco“. Una delle più radicate è che nel latte ci siano sostanze inquinanti. Ma tutte le fasi di produzione sono sottoposte a controllo. L’uso di ormoni, inoltre, è vietato in Italia e in tutta Europa. La qualità del latte dipende molto dalla derivazione: diventa poco sicura per l’organismo se arriva da un allevamento intensivo e se gli animali vengono nutriti con Ogm.

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Chi è Madman, il rapper ospite al quinto live di X Factor 2019

Ha esordito nell’ambiente hip hop nel 2006, affermandosi negli anni come uno dei rapper più talentuosi e versatili della sua generazione.

Si chiama Pierfrancesco Botrugno, ma sul palco è noto “solo” come Madman: il rapper pugliese giovedì 21 novembre sarà ospite all’X Factor Dome di Monza, insieme ai colleghi Mahmood e Gemitaiz, per esibirsi durante il quinto live del talent targato Sky. Durante questa puntata i concorrenti si sfideranno presentando al pubblico e ai giudici i propri inediti, esordendo ufficialmente nel mercato musicale.

LEGGI ANCHE: Chi sono i Sierra, i due rapper di X Factor 2019

L’ESORDIO A TECNICHE PERFETTE

Originario di Grottaglie in provincia di Taranto, Madman ha fatto il suo ingresso nell’ambiente hip hop nel 2006, partecipando alla competizione di freestyle Tecniche perfette in Puglia. Un anno dopo, ha esordito con l’album Riscatto mixtape, a cui sono seguiti Prequel, R.i.p. e Escape from heart.

Nel 2011 ha iniziato una collaborazione con il rapper Gemitaiz, pubblicando con l’artista romano Haterproof, Detto, fatto. e Kepler

Nel 2011 ha iniziato una collaborazione con il rapper Gemitaiz, pubblicando con l’artista romano Haterproof, Detto, fatto. e Kepler. Dal 2015 al 2018 ha pubblicato Doppelganger, MM volume 2 mixtape, Back home e MM volume 3. A partire dal 2019, ha riallacciato il sodalizio artistico con Gemitaiz, facendo uscire prima il singolo Veleno VII e poi l’album Scatola nera.

LEGGI ANCHE: X Factor 2019, l’eliminato Marco Saltari: «Ora tifo Sierra»

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Daddy gotta go 👨🏻😕

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Nonostante i generi siano differenti, Madman ha detto in passato che il suo idolo in gioventù è stato Marco Masini, aggiungendo che un giorno vorrebbe cimentarsi in un duetto con lui.

LA SUA RELAZIONE CON FISHBALL SUICIDE

Pugliese d’origine ma cresciuto artisticamente nella scena musicale romana, Madman, classe 1988, ha intrapreso la sua carriera prima dell’avvento del genere trap, facendosi notare come uno dei rapper più versatili e talentuosi della sua generazione. A livello sentimentale, il musicista è stato legato dal 2015 al 2017 alla modella sarda Felisja Piana, altrimenti nota con il nome di Fishball Suicide.

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Chi è Gemitaiz, il rapper ospite al quinto live di X Factor 2019

Classe 1988, ha esordito nel mondo musicale nel 2003, raggiungendo nel corso degli anni un discreto successo. Nel 2014 è stato arrestato con l’accusa di detenzione e spaccio di stupefacenti.

All’anagrafe Davide De Luca, in arte Gemitaiz. Il rapper romano giovedì 21 novembre si esibirà sul palco dell’X Factor Dome di Monza, insieme al collega MadMan e al vincitore della 69esima edizione del Festival di Sanremo, Mahmood. Durante il quinto live del talent, gli artisti faranno compagnia ai sette concorrenti rimasti in gara, che nel corso della puntata sveleranno al pubblico i loro inediti, sancendo definitivamente il loro ingresso nel mercato musicale.

LEGGI ANCHE: Chi sono i Sierra, i due rapper di X Factor 2019

I SUCCESSI E IL PATTEGGIAMENTO PER POSSESSO DI STUPEFACENTI

Classe 1988, Gemitaiz ha esordito nel mondo musicale nel 2003, pubblicando tra il 2006 e il 2009 i suoi primi mixtape, Affare romano, Affare romano volume 2 e Affare romano zero. Nel 2011 ha iniziato un sodalizio artistico con il rapper pugliese Madman, con il quale ha prodotto Haterproof e Detto, fatto. L’anno successivo ha abbandonato la sua casa discografica, la Honiro Label, per entrare a far parte della Tanta roba, l’etichetta fondata Gué Pequeno e Dj Harsh, incidendo con questa uno dei suoi album più famosi, L’unico compromesso. Nel 2014, il rapper è stato arrestato con l’accusa di detenzione e spaccio di stupefacenti, dopo esser stato trovato in possesso, per strada, di ketamina e marijuana. Posto agli arresti domiciliari in seguito a una ulteriore perquisizione a casa sua, dove sono stati trovati un bilancino di precisone, hashish e altri stupefacenti, Gemitaiz ha patteggiato il mese successivo una condanna a un anno e 10 mesi di reclusione (pena sospesa). Nello stesso anno l’artista ha riallacciato la sua collaborazione con Madman, realizzando con lui l’album Kepler. Dal 2015 al 2018, ha pubblicato Nonostante tutto, il singolo Oro e argento e Davide. Nel 2019 ha realizzato, insieme a Madman, il suo ultimo album: Scatola nera.

LEGGI ANCHE: X Factor 2019, l’eliminato Marco Saltari: «Ora tifo Sierra»

UNA GRANDE ATTENZIONE PER LA PARTE MELODICA DELLE CANZONI

Artista talentuoso e di successo, Gemitaiz si è distinto dai rapper coetanei per l’attenzione alla parte melodica delle sue canzoni, mai posta in secondo piano rispetto al parlato.

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Omicidio Loris, confermata la condanna a 30 anni per Veronica Panarello

La Cassazione ha accolto la richiesta del procuratore generale, respingendo il ricorso della difesa.

È stata confermata dalla Cassazione la condanna a 30 anni di reclusione nei confronti di Veronica Panarello, la giovane mamma accusata di aver ucciso il figlioletto di otto anni, Loris Stival, strangolandolo con alcune fascette di plastica e di aver poi gettato il suo corpo in un canalone in campagna. Il bambino è stato ucciso il 29 ottobre 2014 nell’abitazione di famiglia a Santa Croce Camerina (Ragusa). Panarello venne fermata a dicembre.

RESPINTO IL RICORSO DELLA DIFESA

La Cassazione ha accolto la richiesta del procuratore generale. In particolare, il pg della Suprema Corte Roberta Maria Barberino aveva chiesto agli ‘ermellini’ il rigetto del ricorso presentato dalla difesa di Panarello.

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Commissione Ue al via dal primo dicembre, ma senza il Regno Unito

L’esecutivo a guida von del Leyen è in dirittura d’arrivo. Il 25 novembre dovrebbe arrivare il via libera del Consiglio e il 27 dell’Eurocamera. Il punto.

L’Ue ha tenuto la barra a dritta e punta decisa verso il traguardo dell’insediamento della Commissione a guida Ursula von der Leyen, il primo dicembre. Anche senza il commissario britannico. A precisare quali saranno i passaggi dell’ultimo miglio di un percorso piuttosto accidentato, che ha già ritardato l’inizio dei lavori del nuovo Esecutivo europeo rispetto ai tempi previsti dai Trattati, è stato il leader del Parlamento europeo David Sassoli.

VOTO DEL PARLAMENTO IL 27 NOVEMBRE

Al termine della Conferenza dei presidenti, il numero uno dell’Eurocamera ha reso ufficiale la decisione di mettere al voto la squadra della presidente eletta per l’ok finale, mercoledì 27 novembre, alla plenaria di Strasburgo. E il nuovo Esecutivo non si incaglierà sullo scoglio della mancata nomina del commissario britannico, ha chiarito Sassoli. Londra ha «un termine» per designare il proprio rappresentante, «che è venerdì 22 novembre» allo scoccare della mezzanotte. Ma «gli uffici legali» delle istituzioni Ue «sono concordi: ci sarà una dichiarazione del Consiglio dell’Ue per la formazione della Commissione a 27».

POSSIBILE VIA LIBERA AL CONSIGLIO UE DEL 25

In attesa di capire come si muoverà Londra, destinataria la settimana scorsa di una lettera di messa in mora (primo passo della procedura di infrazione), gli ambasciatori degli Stati membri il 22 novembre si riuniranno, per adottare la lista dei 27 commissari. La decisione sarà poi ufficializzata alla riunione del Consiglio europeo del 25, senza necessità di discussione. D’altra parte, il governo di Londra, con Boris Johnson impegnato in una campagna all’ultimo sangue per il voto del 12 dicembre, un paio di settimane fa aveva già fatto sapere, di non poter attribuire incarichi internazionali nel periodo pre-elettorale, in osservanza delle linee guida politiche nazionali, ma di non voler essere di ostacolo. E salvo colpi di scena, non si attendono discostamenti rispetto a quella linea.

ULTIMI PREPARATIVI PER L’ADDIO DI TUSK

Ultimi preparativi per il cambio della guardia sono in corso anche al Consiglio europeo, con l’attuale presidente, il polacco Donald Tusk (appena incoronato leader del Ppe al congresso di Zagabria), che passerà il testimone all’ex premier belga Charles Michel, in una cerimonia simbolica, venerdì 29 novembre. Ma anche in questo caso, per il via ufficiale bisognerà attendere il primo dicembre, quando tutti i tasselli delle istituzioni europee saranno finalmente al loro posto, e la nuova legislatura, che promette di spingere fin da subito sul Green deal, potrà accendere i suoi motori.

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Cade un’acquasantiera: morta bimba a Udine

Il dramma in una chiesa del capoluogo friulano. La bambina di sette anni è deceduta per il grave trauma riportato.

Una bambina di 7 anni è morta a Udine dopo essere stata colpita da una acquasantiera che è caduta. Il dramma è avvenuto in una chiesa del capoluogo friulano. Subito soccorsa, la piccola è stata trasportata in ospedale ma è deceduta a causa dei gravi traumi riportati. Sul posto sono intervenuti i Carabinieri del Norm della Compagnia di Udine, del Nucleo investigativo e gli ispettori dell’azienda sanitaria.

IL CONVITTO DOVE STUDIANO I RAGAZZI

La tragedia è avvenuta tra le 17 e le 18 di questo pomeriggio nella chiesa dell’Educandato Uccellis, un noto convitto di Udine, dove studiano i ragazzi delle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado. Secondo le prime notizie, la bimba potrebbe essere propria una delle alunne che lì studiano. La piccola è italiana, di Udine.

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Seguire l’impeachment di Trump è come guardare Breaking Bad

In audizioni come quella di Sondland spuntano frasi, informazioni, dettagli inaspettati che tengono incollati alla tivù. E che dimostrano come Trump in fondo abbia a cuore solo i suoi interessi personali.

Lo ammetto, mercoledì, quando l’ambasciatore americano presso l’Ue Gordon Sondland è stato interrogato dal Congresso nell’ambito del procedimento per limpeachment di Donald Trump, non sono riuscita a fare altro che ascoltare quello che aveva da dire. È un po’ come guardare Breaking Bad: ogni mezz’ora spunta una frase, un’informazione, un dettaglio inaspettati che mi tengono incollata alla televisione.

LA PRIORITÀ DI TRUMP? VINCERE NEL 2020

Una cosa è certa: il presidente è pronto a tutto pur di mantenere il potere. Un potere, tra l’altro, che non è in grado di gestire. Quando l’ambasciatore ha detto senza mezzi termini che tutti – compresi il vicepresidente Mike Pence, Mike Pompeo e John Bolton – erano al corrente del cosiddetto Ucrainagate, non potevo credere alle mie orecchie. Le sue dichiarazioni hanno confermato che a Trump non interessa nulla del popolo ucraino, dell’invasione russa in Crimea, degli sforzi che il governo di Kiev sta facendo per combattere la corruzione. A lui interessano solamente i suoi interessi personali: vincere le elezioni del 2020 buttando fango su Joe Biden e sul Partito democratico. Stando a quanto detto da Sondland, il tycoon avrebbe dettato condizioni precise al presidente Volodymyr Zelensky durante la famosa telefonata. Gli avrebbe fornito denaro in cambio di un favore: iniziare delle indagini su Biden e sulle presunta interferenza di Kiev nelle elezioni del 2016. I soldi e la visita dell’allora neoeletto presidente ucraino alla Casa Bianca sono stati bloccati e usati come merce di scambio.

REPUBBLICANI SENZA VERGOGNA

Ciò che mi ha più sconcertato ascoltando l’audizione è il modo in cui i repubblicani seduti in aula cercassero senza vergogna di rigirare le informazioni ricevute da Sondland e di ritrarre il presidente come una persona particolarmente interessata a combattere la corruzione in Ucraina. «Il presidente Trump ha deciso di bloccare l’aiuto economico all’Ucraina perché voleva assicurarsi che il nuovo presidente non fosse corrotto!», è il refrain che ripetono fino alla nausea senza tra l’altro avere prove che sostengano in alcun modo questa teoria. «Corruzione» è il termine che fa sobbalzare chi, come me, segue le azioni del presidente dall’inizio del suo mandato: ha pagato pornostar perché non lo mettessero nei guai; ha ripetutamente elogiato i capi di Stato più corrotti e violenti del mondo; ha tentato di zittire il capo del Fbi sul Russiagate e infine lo ha licenziato e umiliato; lo stesso ha fatto con l’ambasciatrice americana a Kiev. Lo sanno tutti, anche chi è devoto al presidente, che non è una persona trasparente, che ha più scheletri nell’armadio di qualsiasi altro suo predecessore. I repubblicani invece sembrano voler dividere ulteriormente questa nazione, sostenendo senza scrupoli teorie cospirazioniste ormai screditate da tutti e appoggiando senza un minimo di moralità azioni al limite della legalità (per usare un eufemismo). Malgrado tutto questo circo, rimango convinta che il presidente vincerà le elezioni del 2020, momento in cui chiederò asilo politico in Nuova Zelanda.

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Per Mario Balotelli è stata una giornata da dimenticare

L’attaccante allontanato dall’allenamento dopo essere stato ripreso dal tecnico Grosso per lo scarso impegno. E poco dopo la Corte Figc sospende la chiusura della curva del Verona per i cori contro di lui.

Giornata da dimenticare in fretta, quella del 21 novembre, per Mario Balotelli. L’attaccante del Brescia è stato prima allontanato dal centro tecnico delle Rondinelle dopo essere stato redarguito per il mancato impegno dall’allenatore Fabio Grosso. Poi, seppure indirettamente, è stato protagonista della decisione della Corte d’Appello della Figc, che ha disposto la sospensione della chiusura del settore Poltrone est dello stadio Bentegodi di Verona, decisa dal giudice sportivo per cori razzisti proprio contro Super Mario.

VIA DAL CENTRO TECNICO DEL BRESCIA A TESTA BASSA

Dopo essere stato ripreso da Grosso, Balotelli a testa bassa si è diretto verso gli spogliatoi, da dove poco dopo è uscito per lasciare in auto il centro sportivo di Torbole Casaglia. Il tutto mentre la seduta era ancora in corso. Sul fronte della giustizia sportiva, invece, la Corte ha ritenuto necessario un supplemento istruttorio «per individuare con esattezza il settore di provenienza dei cori di discriminazione razziale nonché la loro percezione e dimensione» e ha invitato la procura federale a «espletarli entro il termine di 20 giorni per consentire di definire il procedimento nei tempi normalmente previsti».

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Perché i nuovi casi di peste in Cina non sono il preludio di una pandemia

Tre contagi registrati tra la Mongolia e Pechino hanno riaperto al questione di una possibile epidemia globale. Ma i dati dell’Oms degli ultimi anni suggeriscono che il morbo è sotto controllo. Tra il 2010 e 2017 solo 3 mila contagi con 500 morti. Focolai attivi, ma contenuti, in Madagascar, Congo e Perù.

È presto per parlare di pandemia. Ma i recenti contagi in Asia hanno riaperto la questione legata alla pericolosità della peste. Il 17 novembre le autorità sanitarie cinesi hanno accertato un caso di peste bubbonica nella Mongolia interna. La profilassi è scattata con effetto immediato e 28 persone sono state poste in quarantena per verificare un eventuale contagio. L’uomo, un operaio di 55 anni di una cava della contea di Xilin, ha raccontato di aver scuoiato, cucinato e mangiato il 5 novembre un coniglio selvatico, probabilmente il motivo del contagio. Questo episodio si è aggiunto ad altri due casi di peste polmonare registrati a Pechino nelle ultime settimane. Bisogna quindi preoccuparsi?

DA DOVE ORIGINA LA PESTE

Storicamente, soprattutto per gli europei, la peste richiama alla memoria la “morte nera” che a partire dal 1348 ha devastato il continente uccidendo tra i 25 e 50 milioni di persone. La peste può presentarsi in due forme: bubbonica e polmonare. La prima è la più comune e si contrare per il morso o il contatto con animali infetti. La grande epidemia del 14esimo iniziò infatti con l’arrivo di topi infetti dalla Crimea. Se la peste non viene curata in fretta può intaccare i polmoni trasformandosi in una forma più acuta e contagiosa.

I CONTAGI E I TASSI DI MORTALITÀ

Ancora oggi la peste resta una malattia quasi letale. Quella bubbonica ha un tasso di mortalità compreso tra il 30 e 60% se non viene trattata velocemente. Quella polmonare è ancora più grave se non diagnosticata in tempi brevi. Rispetto al 1348, e alle successive ondate come quella del 1630 raccontata nei Promessi Sposi, oggi le cure sono più efficaci. Se individuata in tempo può essere debellata con antibiotici che sono in grado di ripristinare completamente la salute di un ammalato.

L’ULTIMA GRANDE PANDEMIA TERMINATA NEL 1960

Ufficialmente la peste non è mai stata debellata completamente. L’ultima grande epidemia registrata durò circa un secolo con fasi alterne. Si sviluppò in Cina nella provincia di Yunnan per poi colpire soprattutto il Celeste impero e le regioni indiane tra il 1866 e il 1960. La fase più acuta, a cavallo del secolo, venne spinta anche dalle rotte dell’oppio che partivano da Sud-Est asiatico e avevano proprio nello Yunnan uno snodo fondamentale. Alla fine l’epidemia provocò oltre 12 milioni di morti.

I contagi in Madagascar nel 2017
(Fonte: Oms)

LA SITUAZIONE ATTUALE: GLI UTLIMI CONTAGI

Gli ultimi dati dell’Oms rilevati tra il 2010 e 2017 hanno individuato 3.248 casi, dei quali sono 584 si sono rivelati mortali. I Paesi coi focolai più significativi di peste al momento sono Madagascar (2.348 casi e 202 morti nel 2017), Perù e Repubblica democratica del Congo. Quest’ultima, già alle prese con un’epidemia di Ebola, tra il 1900 e 2012 ha confermato 1.006 casi con quattro morti nel 2015. In realtà anche i Paesi occidentali registrano una decina di casi l’anno, come gli Stati Uniti. Secondo il Centers for Disease Control and Prevention ogni anno vengono registrati poco meno di una ventina di contagi. In questo caso gli Stati più colpiti sono stati quelli di Sud-Ovest: New Mexico, Arizona, Colorado, California, Oregon e Nevada.

I casi di peste in Usa tra il 1970 e il 2017
(Fonte: Centers for Disease Control and Prevention)

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Netanyahu è stato incriminato per corruzione

Il premier a processo per una delle tre inchieste che lo riguardano. È la prima volte che un primo ministro viene accusato di questo reato in Israele.

Il procuratore generale Avichai Mandelblit ha deciso di incriminare per corruzione Benjamin Netanyau in una delle tre inchieste in cui il premier israeliano è coinvolto. Confermate anche le accuse di frode e abuso di ufficio. Le inchieste sono il Caso 1000 (regali da facoltosi uomini di affari) e 2000 (rapporti con l’editore di Yediot Ahronot Arnon Mozes) con frode e abuso di ufficio, mentre per il Caso 4000 (affaire Bezez-Walla) oltre la frode e l’abuso di ufficio c’è anche la corruzione.

PRIMO PREMIER ACCUSATO DI CORRUZIONE IN ISRAELE

È la prima volta nella storia di Israele che un premier in carica è accusato di corruzione. Su tutte le reti nazionali sono in corso edizioni speciali di notiziari sulla vicenda.

LE LACRIME DI COCCODRILLO DI GANTZ

«Un giorno triste per lo Stato di Israele», ha scritto su Twitter il leder centrista Benny Gantz, maggiore rivale di Netanyahu, commentando l’incriminazione.

«È una giornata dura e triste per il popolo israeliano e per me personalmente» ha detto il procuratore generale, «ho deciso con cuore pesante, ma in piena coscienza. Questo era il mio dovere di fronte ai cittadini».

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La Maturità cambia ancora: come sarà nel 2020

Le buste all’orale saranno abolite. Torna il tema di storia. Le novità.

«Aboliremo le buste. Manterremo i materiali ma le buste saranno eliminate», ha annunciato in anteprima a Skuola.net il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, durante una videochat con il portale per studenti, dicendo di aver appena firmato una circolare che apporterà i nuovi cambiamenti alla maturità 2020. «Non vogliamo che l’esame di Stato sia un motivo di stress», continua Fioramonti, «questo non fa bene a nessuno. Gli studenti devono andare all’esame fieri della propria preparazione. Non vogliamo trabocchetti».

REINTRODOTTO IL TEMA STORICO

«Verrà reintrodotto il tema storico nella prima prova scritta dell’esame di Maturità», ha confermato il ministro dell’Istruzione. «Ho voluto ascoltare la voce dei docenti», ha sottolineato il ministro, precisando che il tema di storia «sarà nella seconda tipologia di tracce, obbligatoriamente come una delle opzioni».

GLI STUDENTI CONOSCERANNO PRIMA GLI ARGOMENTI

«La commissione manterrà una serie di materiali che serviranno a far partire l’esame. Ma, anziché sorteggiarlo come in una lotteria si sapranno prima quali saranno gli argomenti scelti. Che verranno proposti agli studenti per far iniziare l’orale. Quei materiali saranno a disposizione degli studenti prima dell’inizio dei colloqui», ha detto il ministro. Sopprimendo le buste, viene meno un «elemento di ulteriore nervosismo che veniva creato attorno a questa lotteria».

«NON CI SARANNO ALTRI CAMBIAMENTI»

«Non ci saranno altri cambiamenti alla maturità», ha poi assicurato, spiegando che «il decreto ufficiale con le materie e quant’altro uscirà come sempre a inizio anno». «La mia idea di scuola è quella di non cambiare ma di mantenere. Ho voluto mantenere l’impianto generale dell’esame. Evitiamo che ogni ministro che si siede al Ministero cambi qualcosa».

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