Se il business mette a rischio le nostre democrazie
Le grandi società possono influire sulle istituzioni. Arrivando persino a distorcere la realtà, manipolando l’opinione pubblica. Per questo è necessario un serio processo di responsabilizzazione.
Gli attacchi alla democrazia sono sempre più frequenti, strutturati e imprevedibili. Le minacce, al giorno d’oggi, provengono da più fronti: dalla finanza al web fino alla globalizzazione, sono tantissimi i fattori che influenzano negativamente l’andamento delle democrazie globali e minano il ruolo delle istituzioni. Non è un caso, infatti, che il premio Nobel per l’Economia, Joseph Stiglitz, lo scorso sabato a Roma al Festival Economia Come: l’impresa di crescere, abbia ribadito che i sistemi democratici sono sotto attacco, incrinando così il rapporto fiduciario tra cittadini e istituzioni. Nel suo discorso, Stiglitz, una delle voci più autorevoli nella critica della globalizzazione e del liberismo, ha sottolineato che l’aspetto più inquietante del presente momento politico risiede nell’attacco al nostra conoscenza con effetti di vasta portata sulla civiltà, sul nostro standard di vita e sul funzionamento dei nostri sistemi di organizzazione politica e sociale. Un chiaro esempio di questi effetti, ha aggiunto Stiglitz, risiede nella negazione del cambiamento climatico e nella disinformazione perpetrata a riguardo negli ultimi anni. Tale negazione e manipolazione di informazioni ha provocato, infatti, effetti «esistenziali», come li ha definiti lo stesso premio Nobel, mettendo in crisi la credibilità delle istituzioni stesse.
PIÙ UN’ISTITUZIONE È NEUTRALE E PIÙ È CONSIDERATA AFFIDABILE
I continui attacchi alla democrazia hanno instillato sospetto e incertezze nei confronti delle istituzioni, accrescendo sentimenti di sfiducia da parte dei cittadini. I recenti studi condotti da Fondapol.org (Fondation pour l’innovation politique), think tank francese liberale, insieme con l’Iri (International Republican Institute), un’organizzazione no profit e non profit, già richiamati in altri articoli, hanno rilevato, a riguardo, un dato sorprendente: il governo (64%), il parlamento (59%), i partiti politici (77%), i sindacati (55%) e i media (66%) non sono ritenuti affidabili dalla maggioranza degli intervistati. Più un’istituzione appare neutrale e non legata alla politica, più questa viene percepita come essenziale e affidabile per rispondere ai bisogni fondamentali dei cittadini. Non è un caso, quindi, che le Ong (60%) ottengano un livello di fiducia maggioritario. Si tratta, quindi, di una relazione che associa fiducia e prossimità, servizi forniti e neutralità politica.
TRA I BIG TECH SCRICCHIOLA SOLO FACEBOOK
Diversa è, invece, la percezione e la fiducia dei cittadini nei confronti delle imprese. Nonostante la maggior parte degli intervistati affermi di non fidarsi delle grandi imprese e di prediligere le piccole e medie (78%), Microsoft (77%), Google (75%), Amazon (71%) e Apple (69%) ricevono un buon tasso di fiducia. Solo Facebook genera la maggior parte della sfiducia (58%). Questa è causata dal coinvolgimento dell’azienda in numerose controversie, compresa la sua influenza politica, la sua associazione con le notizie false e il suo trattamento dei dati personali degli utenti.
GLI ATTACCHI DI WARREN A EXON MOBIL
Nonostante il loro successo in termini di credito, le Big Tech e le grandi imprese pesano sulla democrazia e sono in grado di inficiare il lavoro delle istituzioni democratiche, dei politici e del sistema giudiziario attivando processi mirati di disinformazione, come ricordato dallo stesso Stiglitz. Proprio martedì, la candidata alle primarie democratiche per le Presidenziali Usa del 2020, Elizabeth Warren, di cui abbiamo già avuto modo di parlare relativamente alla sponsorizzazione intenzionale di fake news su Mark Zuckerberg, ha lanciato una nuova campagna su Twitter contro alcuni operatori dell’industria accusati di fornire consapevolmente informazioni false e fuorvianti alle agenzie di regolamentazione federali, fornendo così materiale da utilizzare come scusa per invalidare le regole vigenti. Nello specifico, la campagna di Warren si rivolge alla Exxon Mobil, uno dei principali gruppi mondiali del settore energetico. Gli scienziati del gigante petrolifero, pur avendo confermato negli Anni 70 e 80 che i combustibili fossili hanno contribuito al riscaldamento globale, avrebbero poi successivamente chiuso la loro ricerca sul clima, secondo quanto riportato, abbracciando una campagna di pubbliche relazioni per diffondere dubbi sulla scienza del clima e finanziare la negazione del cambiamento climatico. Dunque, secondo la candidata, la Exxon avrebbe speso milioni di dollari in think tank per generare incertezza sulla scienza del clima, pubblicando e promuovendo una scienza non revisionata per fuorviare il popolo americano sui cambiamenti climatici.
I GUAI GIUDIZIARI DEL GIGANTE PETROLIFERO
La Exxon è attualmente coinvolta in molteplici cause legali che sostengono che l’azienda abbia ingannato i suoi azionisti sui rischi climatici. New York ha citato in giudizio l’azienda per presunte frodi climatiche ed è in attesa di una sentenza del giudice della Corte Suprema di New York, Barry Ostrager. Qualora le accuse trovassero fondamento, si tratterebbe di una delle tante falsità intenzionalmente diffuse da grandi aziende per agevolare il business, ostacolando, però, la comprensione dei fatti per i cittadini e influenzando agenzie federali come l’Epa (United States Environmental Protection Agency). Le agenzie federali, in alcuni casi, sollecitano il pubblico a fornire informazioni sulle regole proposte attraverso un processo chiamato notice-and-comment, che dovrebbero aiutare l’agenzia a sollecitare il feedback degli esperti, rendendo chiaro, trasparente e responsabile il processo.
SONO NECESSARI PROCESSI DI RESPONSABILIZZAZIONE
Investimenti finalizzati alla disinformazione possono minare, dunque, i processi democratici. Se questi provengono da aziende, in particolare grandi aziende, risulta essere sempre più necessario dare vita a processi di responsabilizzazione. Questo può avvenire, non solo attraverso l’istituzione di una legge sulla “falsa testimonianza aziendale“, come suggerito da Warren, ma attraverso la creazione di una nuova sensibilità e di un piano strategico di comunicazione istituzionale interna ed esterna volta a evitare quanto preannunciato da Stiglitz, ovvero un attacco incontrastato al sistema epistemologico di base.
SONO IN GIOCO LA REPUTAZIONE E IL BUSINESS DELL’AZIENDA
Comunicazione e digitalizzazione ricoprono un ruolo fondamentale in questo campo e rappresentano attori cruciali e preziosi per lo sviluppo di una coscienza responsabile, in grado di mettere al primo posto il benessere dei cittadini e ispirare loro fiducia e solidità. Per quanto difficile possa essere trasmettere la complessità delle istituzioni e verificare la serietà e responsabilità aziendale, questo risulta essere necessario per il futuro, non solo delle istituzioni, ma delle aziende stesse: il conseguimento di una buona responsabilità aziendale può rappresentare un’ottima leva per incrementare la reputazione dell’azienda stessa e il suo business.
*Professore di Strategie di Comunicazione, Luiss, Roma
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