Piercamillo Davigo, ex consigliere del Csm e pm di Mani pulite, è stato condannato a un anno e tre mesi per rivelazione di segreto d’ufficio, nell’ambito del caso Amara sulla presunta esistenza della Loggia Ungheria e sui verbali secretati resi dall’avvocato alla procura di Milano. Il tribunale di Brescia ha deciso di accogliere la richiesta della pubblica accusa mentre era stato assolto in precedenza in via definitiva, al termine del processo abbreviato, uno degli altri protagonisti della vicenda, il pm milanese Paolo Storari. Davigo ha già dichiarato, insieme all’avvocato Francesco Borasi: «Faremo appello».
Piercamillo Davigo, ex magistrato del Csm (Imagoeconomica).
Davigo dovrà risarcire Sebastiano Ardita con 20 mila euro
Oltre alla reclusione, Davigo dovrà anche risarcire l’ex collega al Csm Sebastiano Ardita, che da Amara era stato indicato come appartenente alla Loggia Ungheria. Si parla di 20 mila euro più 5 mila di spese legali. All’ex pm, che non era in aula, sono state concesse le attenuanti generiche. La sentenza è stata letta nell’aula della Corte d’assise di Brescia dal presidente della prima sezione penale, Roberto Spanò, ed è arrivata dopo dieci udienze. La prima è stata oltre un anno fa, il 24 maggio del 2022. Nel corso dei mesi sono stati chiamati a testimoniare tutti i vertici della magistratura e del Csm durante il periodo compreso tra il 2018 e il 2022.
I legali di Davigo avevano chiesto l’assoluzione
Mentre la procura di Brescia aveva chiesto la condanna a un anno e quattro mesi, i legali di Piercamillo Davigo puntavano all’assoluzione. Con Francesco Borasi c’è stato anche l’avvocato Domenico Pulitanò, che durante la sua arringa ha parlato di «insussistenza» del presunto danno provocato dai verbali al magistrato Ardita. E inoltre ha parlato di «ricostruzione totalmente indiziaria e obiettivamente paranoica», riferendosi alla tesi secondo cui l’obiettivo di Davigo sarebbe stato quello di condizionare la nomina sul procuratore di Roma.
Kataleya potrebbe essere stata rapita per errore, al posto di un’altra bambina. Lo sostiene il padre Miguel Angel Romero Chicclo, che ne ha parlato con il sostituto procuratore Christine von Borries. Come scrive La Nazione, il papà della piccola scomparsa nel nulla – che il 10 giugno si trovava nel carcere di Sollicciano – avrebbe ricordato dei fatti avvenuti all’ex hotel Astor qualche mese fa, che lo avrebbero indirizzato a formulare questa ipotesi.
L’ex hotel Astor di Firenze.
Il vero obiettivo dei rapitori era una coetanea di Kataleya?
Miguel Angel ha spiegato che il vero obiettivo dei rapitori poteva essere una coetanea di Kataleya. Tuttavia, pare che il papà della bambina scomparsa non abbia raccontato nulla di così rilevante da far scatenare una sorta di vendetta tramite rapimento. Tra l’altro, la possibilità di uno scambio di persona era già stata presa in carico dalla procura e, comunque, mancherebbe in generale un valido movente per il rapimento di un qualsivoglia minore.
La piccola Kataleya, cinque anni.
Le piste seguite dagli investigatori non hanno portato a nulla
È praticamente ormai certo che Kataleya non si trovi – viva o morta – all’interno della struttura di via Maragliano, appena sgomberata. L’ultima ispezione ha visto l’entrata in scena di droni e autospurghi, ma della bimba nessuna traccia. Una notizia tutto sommato positiva agli occhi degli inquirenti. Il problema è che le varie piste seguite al momento, da quella del racket degli affitti al rapimento a scopo estorsivo (non è stato chiesto alcun riscatto), fino alla vendetta personale, non hanno portato a nulla. La madre di Kataleya aveva detto ai giornalisti di sapere chi fosse stato a rapire la figlia, facendo riferimento a uno scontro avvenuto tra gruppi rivali presenti nell’edificio, risalente al 28 maggio. A niente ha poi portato la posta degli occupanti che si sono allontanati dall’Astor proprio in concomitanza del 10 giugno, giorno della scomparsa. Il fratello maggiore, di otto anni, ha parlato di un uomo con i palloncini presente nel cortile dell’albergo, quel giorno: la sua identità rimane un mistero.
Intorno alle 3:30 di notte del 20 giugno la Polizia di Firenze ha soccorso un clochard riverso a terra e ferito nel parcheggio dell’aeroporto di Firenze Perentola, proprio di fronte alle partenze.
Clochard aggredito nella notte all’aeroporto di Firenze: è gravissimo
La vittima dell’aggressione è un uomo tedesco di 72 anni che al momento del ritrovamento presentava una terribile e profondissima ferita a livello della gola, causata evidentemente da un’arma da taglio. Dopo essere stato trovato dalle autorità, l’uomo è stato trasportato d’urgenza al vicino ospedale Careggi, dove si trova attualmente ricoverato in prognosi riservata.
Indagini in corso: tre giorni fa un caso simile
Le forze dell’ordine sono attualmente al lavoro sul caso per cercare di ricostruire cosa possa essere accaduto con precisione. Nessuno ha idea di chi si potrebbe essere reso protagonista di un gesto così folle, per ora. Sul grave episodio di cronaca sta dunque lavorando la squadra mobile di Firenze, con la collaborazione della polizia scientifica.
Tre giorni fa Firenze era finita al centro delle cronache per un’altra grave aggressione dove un altro clochard aveva perso la vita. Tutto è accaduto nella notte fra il 17 e il 18 giugno, sulla soglia della chiesa di Santa Maria Novella, in una zona che di norma è gremita di turisti. In questo caso a morire è stato un uomo senza fissa dimora di origini ceche, Jacob Kuapil, il cui corpo esanime è stato trovato in mattinata. La vittima avrebbe sbattuto la testa a terra in modo violento dopo aver avuto un acceso diverbio con un altro clochard, pare di nome Peter. L’alterco, stando alle ricostruzioni di un terzo uomo che ha assistito alla scena, sarebbe avvenuto per futili motivi. Il 118 aveva provato ad assistere Kuapil dopo l’incidente, ricevendo però un netto rifiuto da parte dell’uomo. Sul caso, il pubblico ministero Sandro Cutrignelli ha aperto un fascicolo per omicidio colposo.
Nella giornata di ieri, lunedì 19 giugno, le autorità locali di Rimini ha trovato un uomo e una donna privi di vita all’interno della loro abitazione, situata al numero civico 74 di via Gambalunga. La coppia era sposata da tempo: al momento della morte il marito aveva 50 anni mentre la moglie, di origine moldava, era di due anni più giovane del compagno.
Coppia trovata morta in casa a Rimini: spunta l’ipotesi omicidio-suicidio
Gli inquirenti sono tuttora al lavoro per cercare di capire cosa possa essere accaduto ai due, ma dalle prime informazioni trapelate pare che si stia facendo sempre più insistente la voce secondo cui si sarebbe trattato di un caso di omicidio-suicidio.
A lanciare l’allarme è stato il figlio della coppia, di soli 16 anni, che era rimasto lontano da casa per qualche giorno per passare un po’ di tempo insieme alla fidanzata. Quando è tornato il giovane ha trovato sbarrata la porta di casa e si è affidato ai vicini. Dopo essere riusciti a forzare l’entrata dell’abitazione, al terzo piano di una palazzina, il ragazzo e i vicini hanno fatto la terribile scoperta: i due corpi delle vittime giacevano ormai privi di vita nella loro camera da letto, in mezzo ad un lago di sangue. Accanto ai corpi c’era l’arma utilizzata per il delitto, una pistola. Le forze dell’ordine mantengono ancora il massimo riserbo sulle indagini, ma si pensa che uno dei due coniugi abbia sparato all’altro prima di togliersi la vita.
Indagini in corso
Immediato l’intervento dei soccorsi del 118, che non hanno però potuto fare altro che confermare il decesso di marito e moglie. Sul posto sono anche arrivati in breve tempo le volanti della polizia e gli agenti della polizia scientifica, oltre alle pattuglie dei carabinieri. In base alle prime ricostruzioni sembra che il delitto sia avvenuto circa tre giorni fa, con un’arma che il 50enne possedeva con un regolare permesso per uso sportivo.
Proseguono le ricerche del Titan, il sottomarino scomparso mentre si avvicinava al relitto del Titanic sul fondo dell’Oceano Atlantico. A bordo cinque persone che, come hanno confermato gli esperti, avrebbero al massimo 96 ore di ossigeno. Confermata la presenza di Hamish Harding, 58enne imprenditore britannico a capo della Action Aviation, società legata all’aviazione negli Emirati Arabi. Poche ore prima di iniziare il viaggio, aveva condiviso il suo entusiasmo sui social. Assieme a lui Paul-Henri Nargeolet, 76enne fra i più esperti del Titanic che nel 1987 guidò il Nautilus, sommergibile che certificò la presenza della nave sul fondale oceanico. Probabile, anche se non vi sono conferme, che a bordo del Titan ci sia anche Stockton Rush, ingegnere aerospaziale nonché ceo e fondatore della OceanGate Expeditions che ha organizzato la visita.
Hamish Harding in uno scatto pubblicato poco prima della partenza (Harding, Facebook)
Cos’è il sottomarino Titan e cosa può essere andato storto
Sottomarino di ricerca e rilevamento, il Titan è uno dei più avanzati mezzi in grado di operare immersioni a grandi profondità. Lungo appena 6,7 metri, grazie allo scafo in titanio e fibra di carbonio secondo OceanGate può raggiungere il transatlantico con buoni margini di sicurezza. Per muoversi, come riporta il Guardian, utilizza quattro propulsori elettrici che alimentano anche telecamere, luci e scanner. Quanto alle comunicazioni, non potendo fare affidamento su torri radio e cellulari, si appoggia alla tecnologia satellitare di Starlink di Elon Musk. La riserva di ossigeno al suo interno è di 96 ore, ma la missione è partita alle 6 del mattino di domenica 18 giugno. Pertanto, con un rapido calcolo, dovrebbe esaurirsi completamente nella mattinata di giovedì 22 giugno. Il limite è però indicativo, in quanto potrebbe assottigliarsi a seconda della frequenza respiratoria degli occupanti.
— OceanGate Expeditions (@OceanGateExped) June 19, 2023
Al momento è difficile stabilire cosa sia andato storto, tanto che gli esperti hanno presentato più ipotesi. Si pensa infatti a un guasto elettrico oppure a un problema con il sistema di comunicazione. Non si esclude però che il sottomarino sia rimasto incastrato nel relitto del Titanic oppure nei detriti che lo circondano. «È molto pericoloso, perché ci sono detriti ovunque», ha spiegato al Guardian Frank Owen, direttore del progetto di salvataggio del sommergibile. In tal caso, lo stesso Titan potrebbe utilizzare alcuni strumenti in grado di riportarlo in superficie, dove attirare l’attenzione grazie a segnali luminosi e altre apparecchiature. Secondo le prime ricostruzioni di velocità e rotta, al momento della sua sparizione il sottomarino non era lontano dal relitto.
Veicoli telecomandati e perlustrazioni aeree, le opzioni per il recupero
Al momento, aerei statunitensi e canadesi stanno perlustrando l’area nell’eventualità che il sottomarino sia riuscito ad emergere. «La ricerca è complessa», ha sottolineato John Mauger, primo comandante distrettuale della Guardia costiera americana. OceanGate è invece al lavoro per portare sul luogo un veicolo telecomandato in grado di raggiungere i 6 mila metri di profondità, ben oltre dunque quella stimata del Titan. Agganciandolo allo scafo di una nave, è possibile mappare la zona con sonar e telecamere. Potrebbe però servire molto tempo per distinguere i detriti e le rocce dal mezzo. Inoltre, qualora fosse intatto ma incastrato nel relitto, sarebbe quasi impossibile raggiungerlo con i mezzi di soccorso. «C’è ancora tempo e a bordo hanno gli strumenti adatti», ha concluso l’ad di OceanGate, Mark Butler. «Preghiamo che tornino tutti sani e salvi».
Il sottomarino Titan usato per la visita (Harding, Facebook)
Un sottomarino che avrebbe dovuto portare alcuni turisti a vedere il relitto del Titanic, nelle profondità dell’Oceano Atlantico, si è perso da qualche parte lungo le coste degli Stati Uniti o del Canada. A riportarlo è la Bbc, che cita le informazioni fornite dalla Guardia Costiera di Boston, subito attivatasi per rintracciarlo e recuperare i passeggeri prima che sia troppo tardi. Non si sa ancora quante siano le persone a bordo del sommergibile. Si cerca nell’area intorno al relitto della gigantesca nave, che si trova a 600 chilometri dal Canada e alla profondità di 3 mila 800 metri.
Una ricostruzione del Titanic in un museo di Lipsia nel 2017 (Getty).
Il sottomarino è della OceanGate Expeditions
Il sommergibile scomparso appartiene alla OceanGate Expeditions, l’azienda che organizza le spedizioni verso il relitto e che nei giorni scorsi aveva annunciato anche una partnership con Starlink per poter portare la linea internet sul mezzo. La Bbc ha raccolto le prime dichiarazioni dai vertici della società: «Stiamo esplorando tutte le opzioni per riportare a casa l’equipaggio in sicurezza. Tutta la nostra attenzione è rivolta ai membri dell’equipaggio del sommergibile e alle loro famiglie». Viaggiare verso il Titanic costa circa 250 mila dollari e la spedizione dura, in condizioni normali, otto giorni.
The wreck of the Titanic lies about 400 miles off the coast of Newfoundland. Without any cell towers in the middle of the ocean, we are relying on @Starlink to provide the communications we require throughout this year’s 2023 Titanic Expedition.
— OceanGate Expeditions (@OceanGateExped) June 14, 2023
L’esperto del film Titanic: «Perdita delle comunicazioni insolita»
Al programma PM di Radio4, riporta la Bbc, è poi intervenuto anche Parks Stephenson. Si tratta del direttore tecnico del film Titanic, capolavoro del regista James Cameron. L’esperto ha affermato che la perdita di comunicazione tra le torri radio e il sommergibile è un «evento molto insolito». Per lui servono circa due ore per raggiungere la profondità in cui si trova il relitto e altrettante, quindi, per risalire. Ciò nonostante, i mezzi della Guardia Costiera di Boston non riescono a rintracciare il sottomarino.
Lutto nel mondo della musica rap e hip hop. È morto a soli 45 anni Milton Powell, noto come Big Pokey. Fondatore del collettivo Screwed Up Click, è crollato durante un concerto a Beaumont, in Texas, nella serata del 17 giugno. Ancora ignote le cause del decesso. «Vi chiediamo di rispettare la sua famiglia e la loro privacy», si legge nel messaggio pubblicato sul canale Instagram del cantante. «Era molto amato dai suoi amici e da tutti i suoi fan».
Chi era Big Pokey, dal debutto alla collaborazione con Megan Thee Stallion
Fra le voci più promettenti della scena hip hop di Houston, Big Pokey ha collaborato con diversi artisti tra cui DJ Screw, con lui fondatore di Screwed Up Click. Ha debuttato come solista nel 1999 grazie a The Hardest Pit in the Litter, Lp ricordato anche nel messaggio di addio su Instagram. Appena un anno dopo, alla morte di DJ Screw, ha pubblicato il suo secondo lavoro D-Game, mentre nel 2002 ha rilasciato un terzo album dal titolo Da Sky’s Da Limit. Il suo ultimo disco, Sensei, risale invece al 2021, mentre lo scorso anno aveva collaborato con Megan Thee Stallion. Fra i suoi brani più ascoltati su YouTube Change Your Life e Who Dat Talking Down, che contano rispettivamente 2,1 e 1,3 milioni di visualizzazioni.
Big Pokey in uno dei suoi videoclip musicali (YouTube)
Numerosi i messaggi di cordoglio sui social network da parte di colleghi e amici. Particolarmente colpiti i rapper Juicy J, che lo ha definito una leggenda, e Bun B. «Era facile da amare e difficile da odiare», ha scritto su Instagram quest’ultimo, a lungo collaboratore di Big Pokey. Lo ha salutato anche Sylvester Turner, sindaco di Houston, con un tweet sul suo profilo personale. «Assieme alla città, estendo le mie preghiere e condoglianze alla famiglia e agli amici», ha scritto il primo cittadino. «La sua presenza ha catapultato la nostra scena hip hop su scala nazionale». In tanti lo hanno ricordato come un pioniere dello stile chopped-and-screwed, prodotto rallentando tono e tempo della traccia sottostante.
The City of Houston and I extend our prayers and condolences to our own Screwed Up Click legendary rapper #BigPokey family and friends.
Though many called him “low key”, his presence was larger than life in helping to catapult our hip hop scene nationally.
Lutto nel mondo della musica rap e hip hop. È morto a soli 45 anni Milton Powell, noto come Big Pokey. Fondatore del collettivo Screwed Up Click, è crollato durante un concerto a Beaumont, in Texas, nella serata del 17 giugno. Ancora ignote le cause del decesso. «Vi chiediamo di rispettare la sua famiglia e la loro privacy», si legge nel messaggio pubblicato sul canale Instagram del cantante. «Era molto amato dai suoi amici e da tutti i suoi fan».
Chi era Big Pokey, dal debutto alla collaborazione con Megan Thee Stallion
Fra le voci più promettenti della scena hip hop di Houston, Big Pokey ha collaborato con diversi artisti tra cui DJ Screw, con lui fondatore di Screwed Up Click. Ha debuttato come solista nel 1999 grazie a The Hardest Pit in the Litter, Lp ricordato anche nel messaggio di addio su Instagram. Appena un anno dopo, alla morte di DJ Screw, ha pubblicato il suo secondo lavoro D-Game, mentre nel 2002 ha rilasciato un terzo album dal titolo Da Sky’s Da Limit. Il suo ultimo disco, Sensei, risale invece al 2021, mentre lo scorso anno aveva collaborato con Megan Thee Stallion. Fra i suoi brani più ascoltati su YouTube Change Your Life e Who Dat Talking Down, che contano rispettivamente 2,1 e 1,3 milioni di visualizzazioni.
Big Pokey in uno dei suoi videoclip musicali (YouTube)
Numerosi i messaggi di cordoglio sui social network da parte di colleghi e amici. Particolarmente colpiti i rapper Juicy J, che lo ha definito una leggenda, e Bun B. «Era facile da amare e difficile da odiare», ha scritto su Instagram quest’ultimo, a lungo collaboratore di Big Pokey. Lo ha salutato anche Sylvester Turner, sindaco di Houston, con un tweet sul suo profilo personale. «Assieme alla città, estendo le mie preghiere e condoglianze alla famiglia e agli amici», ha scritto il primo cittadino. «La sua presenza ha catapultato la nostra scena hip hop su scala nazionale». In tanti lo hanno ricordato come un pioniere dello stile chopped-and-screwed, prodotto rallentando tono e tempo della traccia sottostante.
The City of Houston and I extend our prayers and condolences to our own Screwed Up Click legendary rapper #BigPokey family and friends.
Though many called him “low key”, his presence was larger than life in helping to catapult our hip hop scene nationally.
Tragedia sul Monviso, dove nelle scorse ore due scialpinisti sono morti in circostanze ancora da chiarire con precisione. I soccorsi hanno recuperato i loro corpi senza vita all’interno di un canalone: ecco tutti gli ultimi aggiornamenti nel merito della vicenda.
Incidente sul Monviso, morti due scialpinisti francesi
Le vittime sono due persone di nazionalità francese, un uomo e una donna le cui generalità ancora non sono state rivelate da parte delle autorità. Le salme sono state recuperate al confine delle province di Cuneo e Torino da parte dei tecnici del soccorso alpino e speleologico piemontese nella serata di domenica 18 giugno.
Nella mattinata di domenica era partito l’allarme. I soccorritori francesi del peloton de gendarmerie de haute montagne avevano infatti ricevuto una chiamata da parte dei familiari dei due individui, preoccupati perché non li avevano più visti tornare dopo l’escursione in alta quota. In base alle prime ricostruzioni, sembra che i due fossero teoricamente partiti nella giornata di sabato 17 giugno per percorrere la cresta Berhault che dal colle delle Traversette porta in vetta sul Monviso.
Il ritrovamento dei corpi rallentato dalle condizioni meteo
Una volta arrivata la segnalazione, è immediatamente scattata la macchina dei soccorsi. In un primo momento le ricerche sono state rallentate dalle avverse condizioni del meteo: un miglioramento intorno alle ore 19.30 ha reso così possibile far partire l’elisoccorso in zona, per un’ultima perlustrazione subito prima che calasse la notte.
Nel corso di uno degli ultimi trasferimenti le due vittime sono finalmente state individuate all’interno di un canalone alla base della cresta, fra il passo del Colonnello e la punta Gastaldi. Non c’è ovviamente stato nulla da fare per i due, che erano morti ormai da diverse ore. L’equipe sanitaria giunta sul posto non ha potuto fare altro che constatare il decesso recuperando poi i corpi con il verricello.
Tragedia sul Monviso, dove nelle scorse ore due scialpinisti sono morti in circostanze ancora da chiarire con precisione. I soccorsi hanno recuperato i loro corpi senza vita all’interno di un canalone: ecco tutti gli ultimi aggiornamenti nel merito della vicenda.
Incidente sul Monviso, morti due scialpinisti francesi
Le vittime sono due persone di nazionalità francese, un uomo e una donna le cui generalità ancora non sono state rivelate da parte delle autorità. Le salme sono state recuperate al confine delle province di Cuneo e Torino da parte dei tecnici del soccorso alpino e speleologico piemontese nella serata di domenica 18 giugno.
Nella mattinata di domenica era partito l’allarme. I soccorritori francesi del peloton de gendarmerie de haute montagne avevano infatti ricevuto una chiamata da parte dei familiari dei due individui, preoccupati perché non li avevano più visti tornare dopo l’escursione in alta quota. In base alle prime ricostruzioni, sembra che i due fossero teoricamente partiti nella giornata di sabato 17 giugno per percorrere la cresta Berhault che dal colle delle Traversette porta in vetta sul Monviso.
Il ritrovamento dei corpi rallentato dalle condizioni meteo
Una volta arrivata la segnalazione, è immediatamente scattata la macchina dei soccorsi. In un primo momento le ricerche sono state rallentate dalle avverse condizioni del meteo: un miglioramento intorno alle ore 19.30 ha reso così possibile far partire l’elisoccorso in zona, per un’ultima perlustrazione subito prima che calasse la notte.
Nel corso di uno degli ultimi trasferimenti le due vittime sono finalmente state individuate all’interno di un canalone alla base della cresta, fra il passo del Colonnello e la punta Gastaldi. Non c’è ovviamente stato nulla da fare per i due, che erano morti ormai da diverse ore. L’equipe sanitaria giunta sul posto non ha potuto fare altro che constatare il decesso recuperando poi i corpi con il verricello.
Dopo l’incidente stradale a Casal Palocco (Roma) in cui un bimbo di 5 anni è stato travolto e ucciso dal Lamborghini Suv che avevano noleggiato per girare un video, gli youtuber di TheBorderline hanno deciso di chiudere il loro canale social. L’annuncio è avvenuto tramite un filmato in cui hanno espresso anche il loro personale cordoglio alla famiglia della vittima.
I TheBorderline chiudono il canale YouTube dopo l’incidente a Casal Palocco
«L’idea di TheBorderline era quella di offrire ai giovani un intrattenimento con uno spirito sano. La tragedia accaduta è talmente profonda che rende per noi moralmente impossibile proseguire questo percorso. Pertanto, il gruppo interrompe ogni attività con quest’ultimo messaggio. Il nostro pensiero è solo per la vittima», ha spiegato il gruppo di creator content. «I TheBorderline esprimono alla famiglia il massimo, sincero e più profondo dolore. Quanto accaduto ha lasciato tutti segnati con una profonda ferita, nulla potrà mai più essere come prima», recita ancora il messaggio.
Messaggio dei TheBorderline su Youtube (Youtube).
Una decisione, quella di interrompere l’attività creativa su YouTube, giunta dopo giorni di polemiche e la cancellazione di numerosi video, che non avevano però fermato le visualizzazioni (e i conseguenti ricavi) ai loro contenuti rimasti. Il canale dei TheBorderline era stato aperto nel 2020 e, nel giro di tre anni, aveva raggiunto quota 600 mila iscritti intercettando milioni di utenti della Rete. «Non siamo ricchi ma ci piace spendere per farvi divertire a voi», era il messaggio di presentazione sul canale esplicitamente ispirato al MrBeast americano che realizza video in cui vengono portate a termine sfide molto difficili.
L’ultimo video sulla Lamborghini prima dello schianto
Nei 118 contenuti caricati, le challenge andavano da «24 ore sulla minizattera» a «quanto puoi resistere nel ghiaccio» fino a «vivo 50 ore nella Tesla». L’ultima, risultata fatale per il piccolo Manuel, era quella di rimanere alcuni giorni su un Suv Lamborghini senza mai scendere. Una sfida anticipata da un video in cui uno dei ragazzi mostrava la lussuosa automobile descrivendone con ironia le potenzialità: «Ah rega’ quest’auto va più veloce di una Saetta McQueen. Annamo’, me sembra di caricare un drago, daje Jessica che sono il protagonista di Fast & Furious, meeeeeeee».
Dopo l’incidente stradale a Casal Palocco (Roma) in cui un bimbo di 5 anni è stato travolto e ucciso dal Lamborghini Suv che avevano noleggiato per girare un video, gli youtuber di TheBorderline hanno deciso di chiudere il loro canale social. L’annuncio è avvenuto tramite un filmato in cui hanno espresso anche il loro personale cordoglio alla famiglia della vittima.
I TheBorderline chiudono il canale YouTube dopo l’incidente a Casal Palocco
«L’idea di TheBorderline era quella di offrire ai giovani un intrattenimento con uno spirito sano. La tragedia accaduta è talmente profonda che rende per noi moralmente impossibile proseguire questo percorso. Pertanto, il gruppo interrompe ogni attività con quest’ultimo messaggio. Il nostro pensiero è solo per la vittima», ha spiegato il gruppo di creator content. «I TheBorderline esprimono alla famiglia il massimo, sincero e più profondo dolore. Quanto accaduto ha lasciato tutti segnati con una profonda ferita, nulla potrà mai più essere come prima», recita ancora il messaggio.
Messaggio dei TheBorderline su Youtube (Youtube).
Una decisione, quella di interrompere l’attività creativa su YouTube, giunta dopo giorni di polemiche e la cancellazione di numerosi video, che non avevano però fermato le visualizzazioni (e i conseguenti ricavi) ai loro contenuti rimasti. Il canale dei TheBorderline era stato aperto nel 2020 e, nel giro di tre anni, aveva raggiunto quota 600 mila iscritti intercettando milioni di utenti della Rete. «Non siamo ricchi ma ci piace spendere per farvi divertire a voi», era il messaggio di presentazione sul canale esplicitamente ispirato al MrBeast americano che realizza video in cui vengono portate a termine sfide molto difficili.
L’ultimo video sulla Lamborghini prima dello schianto
Nei 118 contenuti caricati, le challenge andavano da «24 ore sulla minizattera» a «quanto puoi resistere nel ghiaccio» fino a «vivo 50 ore nella Tesla». L’ultima, risultata fatale per il piccolo Manuel, era quella di rimanere alcuni giorni su un Suv Lamborghini senza mai scendere. Una sfida anticipata da un video in cui uno dei ragazzi mostrava la lussuosa automobile descrivendone con ironia le potenzialità: «Ah rega’ quest’auto va più veloce di una Saetta McQueen. Annamo’, me sembra di caricare un drago, daje Jessica che sono il protagonista di Fast & Furious, meeeeeeee».
Yahya Hkimi è il 18enne che nei giorni scorsi si era gettato nel fiume Secchia, a Modena, senza però più riuscire a tornare a galla. Nelle scorse ore una squadra fluviale dei vigili del fuoco ha recuperato il corpo senza vita del giovane, che si era buttato in acqua perché voleva registrare un video da pubblicare sui social.
Chi era Yahya Hkimi, morto annegato nel fiume Secchia
A raccontare qualcosa in più sul ragazzo e sulla drammatica vicenda è stato un amico che si trovava sul posto insieme a lui al momento del tuffo fatale, avvenuto mercoledì 14 giugno. Il suo compagno di avventure ha a proposito raccontato: «Mi aveva chiesto di fare un video. Un filmato scherzoso dove voleva fingere di essere portato via dall’acqua. Poi, dopo il tuffo, il terzo della serie, purtroppo è scomparso».
A parlare della vittima è stato anche l’istituto Cattaneo-Deledda, dove Hkimi studiava. La dirigente della scuola Alessandra Zoppello a riguardo ha aggiunto: «Siamo tutti profondamente dispiaciuti per la perdita di un ragazzo volenteroso, che si affacciava all’età adulta pieno di sogni, con la spensieratezza dei suoi 18 anni».
Il ragazzo. che si stava preparando per affrontare gli esami di Maturità, era inoltre impegnato nel sociale. Come racconta la coordinatrice responsabile della Cra Ramazzini di Modena dove il giovane aveva fatto uno stage di recente gli anziani della struttura avevano composto una canzone (Noi Eroi) dove Yahya era citato nel testo.
Il video dell’amico come elemento chiave per le ricerche
Il corpo del ragazzo è stato affidato al medico legale: è stato possibile recuperarlo proprio grazie al video girato dall’amico della vittima, che ha aiutato la polizia di Stato ad identificare il luogo esatto dov’era annegato.
Yahya Hkimi è il 18enne che nei giorni scorsi si era gettato nel fiume Secchia, a Modena, senza però più riuscire a tornare a galla. Nelle scorse ore una squadra fluviale dei vigili del fuoco ha recuperato il corpo senza vita del giovane, che si era buttato in acqua perché voleva registrare un video da pubblicare sui social.
Chi era Yahya Hkimi, morto annegato nel fiume Secchia
A raccontare qualcosa in più sul ragazzo e sulla drammatica vicenda è stato un amico che si trovava sul posto insieme a lui al momento del tuffo fatale, avvenuto mercoledì 14 giugno. Il suo compagno di avventure ha a proposito raccontato: «Mi aveva chiesto di fare un video. Un filmato scherzoso dove voleva fingere di essere portato via dall’acqua. Poi, dopo il tuffo, il terzo della serie, purtroppo è scomparso».
A parlare della vittima è stato anche l’istituto Cattaneo-Deledda, dove Hkimi studiava. La dirigente della scuola Alessandra Zoppello a riguardo ha aggiunto: «Siamo tutti profondamente dispiaciuti per la perdita di un ragazzo volenteroso, che si affacciava all’età adulta pieno di sogni, con la spensieratezza dei suoi 18 anni».
Il ragazzo. che si stava preparando per affrontare gli esami di Maturità, era inoltre impegnato nel sociale. Come racconta la coordinatrice responsabile della Cra Ramazzini di Modena dove il giovane aveva fatto uno stage di recente gli anziani della struttura avevano composto una canzone (Noi Eroi) dove Yahya era citato nel testo.
Il video dell’amico come elemento chiave per le ricerche
Il corpo del ragazzo è stato affidato al medico legale: è stato possibile recuperarlo proprio grazie al video girato dall’amico della vittima, che ha aiutato la polizia di Stato ad identificare il luogo esatto dov’era annegato.
Il mondo della danza italiano è attualmente in lutto: nelle scorse ore è morto prematuramente Luigi Piccione in arte Swan, un apprezzatissimo coreografo e ballerino di origini pugliesi (era nato a Taranto) ma vissuto negli ultimi anni a Bologna.
L’annuncio della morte del ballerino Swan
Il danzatore, di soli 41 anni al momento della morte, era molto noto a livello italiano e internazionale soprattutto per una particolare tecnica di hip hop, il cosiddetto popping e locking. Considerato tra i pionieri dell’arte nel nostro Paese, ha formato numerosissimi ballerini con le sue lezioni e workshop organizzati nel corso degli anni in tutta Italia.
Il ballerino Luigi Piccione in arte Swan con due amici (Instagram).
Piccione era molto attivo a Roma, dove aveva tenuto diverse lezioni presso la Santinelli Dance Acedemy di Balduina e in via Mattia Battistini. A ricordarlo sui social è stato l’amico storico MOKO Lils, che con un toccante post Facebook ha omaggiato il compagno di numerose avventure scrivendo: «Il mio mondo si ferma e tutto a d’un tratto il fiume in pienaprecisamente 3 settimane fa abbiamo passato due giornate insieme come i vecchi tempi dove ti ho presentato le mie bimbe e tutta la mia nuova vita eri entusiasto…forse più di me ! Dal lontano 2003 ad oggi ho colorato il mio percorso artistico con una tavolozza tutta tua! Eri… oppure preferisco pensare SEI ancora ! Per me lo sarai sempre UNICO e INIMITABILE. Se prima eri un esempio da portare adesso sei la legenda da nominare, cercherò di continuare a gridarlo al mondo intero. Certo amico mio troppo inaspettato Ma una cosa la so certe cose te le porti dentro tutta la vita! Tu nella mia eri fondamentale MISS YOU MUCH my TEACH/FRIEND And FAM!».
Il cordoglio per la moglie del ballerino sui social e le cause della morte
Sono state tantissime le persone che sotto al post Facebook di cui sopra hanno scritto i loro messaggi per ricordare Swan. Nel frattempo, come riporta Leggo, trapelano via social le possibili cause della morte, che però non sono state confermate: sembra il ballerino abbia avuto un malore improvviso mentre si trovava in casa.
Il mondo della danza italiano è attualmente in lutto: nelle scorse ore è morto prematuramente Luigi Piccione in arte Swan, un apprezzatissimo coreografo e ballerino di origini pugliesi (era nato a Taranto) ma vissuto negli ultimi anni a Bologna.
L’annuncio della morte del ballerino Swan
Il danzatore, di soli 41 anni al momento della morte, era molto noto a livello italiano e internazionale soprattutto per una particolare tecnica di hip hop, il cosiddetto popping e locking. Considerato tra i pionieri dell’arte nel nostro Paese, ha formato numerosissimi ballerini con le sue lezioni e workshop organizzati nel corso degli anni in tutta Italia.
Il ballerino Luigi Piccione in arte Swan con due amici (Instagram).
Piccione era molto attivo a Roma, dove aveva tenuto diverse lezioni presso la Santinelli Dance Acedemy di Balduina e in via Mattia Battistini. A ricordarlo sui social è stato l’amico storico MOKO Lils, che con un toccante post Facebook ha omaggiato il compagno di numerose avventure scrivendo: «Il mio mondo si ferma e tutto a d’un tratto il fiume in pienaprecisamente 3 settimane fa abbiamo passato due giornate insieme come i vecchi tempi dove ti ho presentato le mie bimbe e tutta la mia nuova vita eri entusiasto…forse più di me ! Dal lontano 2003 ad oggi ho colorato il mio percorso artistico con una tavolozza tutta tua! Eri… oppure preferisco pensare SEI ancora ! Per me lo sarai sempre UNICO e INIMITABILE. Se prima eri un esempio da portare adesso sei la legenda da nominare, cercherò di continuare a gridarlo al mondo intero. Certo amico mio troppo inaspettato Ma una cosa la so certe cose te le porti dentro tutta la vita! Tu nella mia eri fondamentale MISS YOU MUCH my TEACH/FRIEND And FAM!».
Il cordoglio per la moglie del ballerino sui social e le cause della morte
Sono state tantissime le persone che sotto al post Facebook di cui sopra hanno scritto i loro messaggi per ricordare Swan. Nel frattempo, come riporta Leggo, trapelano via social le possibili cause della morte, che però non sono state confermate: sembra il ballerino abbia avuto un malore improvviso mentre si trovava in casa.
Il 21 giugno, fra un paio di giorni appena, migliaia di studenti delle scuole superiori di tutta Italia torneranno sui banchi per cominciare i tanto temuti esami di Maturità 2023. Come ogni anno i maturandi sperano di riuscire in qualche modo ad anticipare le tracce del MIUR, provando ad indovinare quello che il Ministero ha in serbo per loro per quanto riguarda la prima prova, il tema di italiano. Quale sarà dunque l’autore per la traccia dell’analisi del testo? Quali gli argomenti di attualità e storici al centro della prova? Ecco quali potrebbero essere gli scenari più probabili.
Esami di Maturità 2023, prima prova: i possibili autori per l’analisi del testo
Anche quest’anno, come sempre, saranno essenzialmentre tre le categorie di traccia che gli studenti potranno selezionare: l’analisi del testo letterario, il saggio breve/testo argomentativo e il tema storico o di attualità. Per quanto riguarda il primo si dice che l’autore più papabile sia Alessandro Manzoni, del quale nel 2003 si celebrano i 150 anni dalla morte. Si parla però anche della possibilità che in prima prova escano testi di Gabriele d’Annunzio, di Giovanni Verga, o ancora di Luigi Pirandello o Italo Svevo. Inoltre, è possibile che il MIUR abbia selezionato un testo di Italo Calvino, di cui si ricordano i 100 anni dalla nascita.
I temi di attualità e storici: dalla nascita del Mercato Unico Europeo alla Costituzione
30 anni fa nasceva il Mercato Unico Europeo, il primo step verso la creazione di una moneta unica come l’Euro. 75 anni fa, inoltre, entrava in vigore la Costituzione italiana. Ma non sono certo gli unici argomenti possibili per il tema storico, che potrebbe includere la morte della Regina Elisabetta, oppure il ricordo degli 80 anni della caduta del Fascismo in Italia.
Per quanto riguarda il saggio breve d’opinione, chi lo sa, potrebbe essere prevista una riflessione sull’arrivo dell’Intelligenza Artificiale e di ChatGPT, che com’è noto potrebbe rivoluzionare le nostre vite per sempre. Di grande interesse in questo periodo storico è anche il tema del femminicidio e delle violenze sulle donne, o ancora quello dei diritti civili e delle recenti proteste contro il regime iraniano. Sempre nel 2023, inoltre, si celebra un altro importante anniversario, ovvero quello relativo alla prima chiamata con il cellulare, avvenuta 50 anni fa, il 3 aprile 1973.
Il 21 giugno, fra un paio di giorni appena, migliaia di studenti delle scuole superiori di tutta Italia torneranno sui banchi per cominciare i tanto temuti esami di Maturità 2023. Come ogni anno i maturandi sperano di riuscire in qualche modo ad anticipare le tracce del MIUR, provando ad indovinare quello che il Ministero ha in serbo per loro per quanto riguarda la prima prova, il tema di italiano. Quale sarà dunque l’autore per la traccia dell’analisi del testo? Quali gli argomenti di attualità e storici al centro della prova? Ecco quali potrebbero essere gli scenari più probabili.
Esami di Maturità 2023, prima prova: i possibili autori per l’analisi del testo
Anche quest’anno, come sempre, saranno essenzialmentre tre le categorie di traccia che gli studenti potranno selezionare: l’analisi del testo letterario, il saggio breve/testo argomentativo e il tema storico o di attualità. Per quanto riguarda il primo si dice che l’autore più papabile sia Alessandro Manzoni, del quale nel 2003 si celebrano i 150 anni dalla morte. Si parla però anche della possibilità che in prima prova escano testi di Gabriele d’Annunzio, di Giovanni Verga, o ancora di Luigi Pirandello o Italo Svevo. Inoltre, è possibile che il MIUR abbia selezionato un testo di Italo Calvino, di cui si ricordano i 100 anni dalla nascita.
I temi di attualità e storici: dalla nascita del Mercato Unico Europeo alla Costituzione
30 anni fa nasceva il Mercato Unico Europeo, il primo step verso la creazione di una moneta unica come l’Euro. 75 anni fa, inoltre, entrava in vigore la Costituzione italiana. Ma non sono certo gli unici argomenti possibili per il tema storico, che potrebbe includere la morte della Regina Elisabetta, oppure il ricordo degli 80 anni della caduta del Fascismo in Italia.
Per quanto riguarda il saggio breve d’opinione, chi lo sa, potrebbe essere prevista una riflessione sull’arrivo dell’Intelligenza Artificiale e di ChatGPT, che com’è noto potrebbe rivoluzionare le nostre vite per sempre. Di grande interesse in questo periodo storico è anche il tema del femminicidio e delle violenze sulle donne, o ancora quello dei diritti civili e delle recenti proteste contro il regime iraniano. Sempre nel 2023, inoltre, si celebra un altro importante anniversario, ovvero quello relativo alla prima chiamata con il cellulare, avvenuta 50 anni fa, il 3 aprile 1973.
«Eravate pesci!». Questo diceva ai padani della redazione di CuoreRoberto Perini, meraviglioso e indimenticabile vignettista e illustratore, autore, fra le altre cose, delle più belle copertine dei libri di Stefano Benni per Feltrinelli. Romano con lontane radici romagnole, Perini voleva rimarcare scherzosamente la superiorità di chi veniva dai Sette Colli rispetto a noi, oriundi di quello che in origine era un lembo di Adriatico, progressivamente riempito decine di migliaia di anni di fa dai sedimenti trascinati dai fiumi che vi sfociavano e dai detriti morenici portati a valle dalle masse d’acqua prodotte dal disgelo dei ghiacciai. Quanto mi aveva fatto ridere, l’iperbolica provocazione di Perini.
Sala di Cesenatico (da un video su Fb).
L’acqua che ci ha regalato, un’era dopo l’altra, la terra su cui camminiamo può portarcela via in una notte
Trent’anni dopo, mentre vedo la mia terra e i paesi dei miei antenati (Cesena, Sarsina, Mercato Saraceno) sommersi o assediati dall’acqua, rido un po’ meno. Mi suona sinistramente come «ricordati che pesce sei e pesce ritornerai»: l’acqua che ti ha regalato, un’era dopo l’altra, la terra su cui cammini e su cui sorgono le tue case, può portartela via in una notte. Perché non è più l’acqua lenta e costante del disgelo post Würm. Anche lei, come gli esseri umani contemporanei, è diventata più iraconda, aggressiva, esagerata. Vuole dare spettacolo, come se sapesse che finirà su TikTok e su Instagram e le sue gesta diventeranno virali su Internet. In un’ora trasforma un rigagnolo in un mostro torbido e possente e un borgo in Atlantide. Ma non ci darà il tempo di farci ritrovare pinne e branchie, anche se i tempi dell’evoluzione sono sicuramente più rapidi di quelli necessari a cacciarci nella zucca l’importanza della prevenzione, della manutenzione, della cura degli argini. Già è molto se ci farà sentire più vicini ai bengalesi e agli indiani, alle prese con monsoni incattiviti dai cambiamenti climatici.
Soccorsi a Massa Lombarda (Getty Images).
La Romagna oggi come l’Assam un anno fa, ma un’alluvione in Asia è una non-notizia
Le immagini che ci arrivano dalla Romagna – tetti che spuntano dall’acqua, campi trasformati in lagune, visi sbigottiti – somigliano molto a quelle che arrivavano un anno esatto fa dall’Assam e dalla regione di Sylhet e che guardavamo distrattamente quando passavano sui canali all-news (per i tiggì generalisti un’alluvione in Asia è una non-notizia). Le alluvioni eurasiatiche in genere sono catastrofi meno glamour degli uragani e dei cicloni americani, costruiti e gestiti come cattivi dell’universo Marvel: hanno un nome, una data e un luogo di nascita, si avvicinano alle città in un crescendo di suspence e di terrore scandita dalle raccomandazioni e dagli allarmi pressanti di tivù e radio. Quando la calamità si tinge di epopea, sopravvivere non è una fortuna, è una vittoria, anche se non hai più una casa e il ciclone non ti ha portato nel magico regno di Oz, ma su una brandina di fortuna in uno stadio con una dozzina di bagni per migliaia di senzatetto. Essere scampato alla furia di Katrina ti rende speciale, attiva la tua resilienza, crea legami con chi ha vissuto la tua esperienza, anche in luoghi e tempi diversi. Si erigono memoriali, si organizzano convention per ricordare ed elaborare, come fanno i veterani di guerra.
Lugo, in provincia di Ravenna (Getty Images).
Risorgere dopo una guerra devastante come dieci alluvioni ci ha obbligato a tirare fuori le nostre risorse migliori
Forse anche nel Vecchio continente dovremmo imparare a chiamare per nome gli eventi meteorologici estremi cui bisognerà fare l’abitudine, e a fronteggiarli, almeno psicologicamente, all’americana. E se c’è qualcuno che può provarci sono i romagnoli. E non solo perché la nostra riviera è stata ribattezzata “la Florida d’Italia“. La gente di qui ha qualcosa che sa di America. Si è reinventata, proprio come fanno gli emigranti, ma restando nella propria terra. Da razza misera e violenta di briganti con il grilletto facile e il pugnale in tasca anche quando diventavano presidenti del Consiglio (no, non mi riferisco a Mussolini, ma al ravennate Luigi Carlo Farini, che nel 1863, capo del governo, puntò un coltello alla gola di re Vittorio Emanuele per costringerlo a schierarsi con gli insorti polacchi contro la Russia), siamo riusciti a costruirci un’immagine completamente diversa e a diventare simpatici e apprezzati da tutti, in Italia e all’estero. Risorgere dopo una guerra devastante come dieci alluvioni ci ha obbligato a tirare fuori le nostre risorse migliori e a fare un oculato restyling di quelle peggiori. E così il nostro accento, che un secolo fa metteva in allarme i carabinieri, oggi mette di buonumore, evoca solo buon cibo, ospitalità e divertimento.
Perfino i deprecati bagnini anti-Bolkenstein si riscattano mentre sgobbano h24 per ripulire l’arenile
Avere investito tanto sul fare star bene gli altri, anche solo per qualche settimana all’anno, in queste ore si sta traducendo in un’incredibile corrente di simpatia, solidarietà e affetto, anche da parte di chi non può esimersi dal ricordare il rovescio della medaglia del “modello romagnolo“, lo sfruttamento insensato del territorio e le manchevolezze dei politici locali. Non c’è articolo o servizio televisivo in cui non si sottolinei il carattere unico dei romagnoli. Twitter, una volta tanto, gronda di belle parole, di calore e di partecipazione. Perfino i deprecati bagnini anti-Bolkenstein si riscattano davanti all’opinione pubblica, mentre da Cesenatico a Cattolica sgobbano h24 per ripulire l’arenile dagli ammassi di legname accumulati dalle mareggiate e sistemare lettini dispersi e cabine allagate. Entro il weekend tutto sarà come prima, assicurano. Ehi, non commuovetevi troppo, io li conosco: nel caso peggiore erano pronti a trasformare la spiaggia in un parco acquatico a tema Spongebob. Anche quando diventeranno pesci si nutriranno di turismo.
La fine delle restrizioni prevista nella bozza del decreto del governo. Il governo potrà intervenire se si saranno nuovi focolai. Per il resto autonomia agli enti locali. Che mostrano tutti basso rischio. Tranne la Lombardia.
Libertà di movimento all’interno della propria regione senza limiti dal 18 maggio e tra le regioni dal 3 giugno. Secondo il quotidiano La Stampa è quanto prevede la nuova bozza del decreto voluto dal governo che dovrebbe essere presentato oggi e poi avere il vaglio del parlamento. La grande novità, secondo quanto riporta il quotidiano di Torino, è che saranno le Regioni a decidere eventuali restrizioni o istituzione di zone rosse.
A woman wearing a protective face mask walks at Piazza Affari where Palazzo Mezzanotte, headquarters of the Italian Stock Exchange, is located, in Milan, Italy, 25 February 2020. So far seven people with the coronavirus have died in Italy – all of them over 60 and several with pre-existing conditions.
ANSA / MATTEO BAZZI
I POSSIBILI INTERVENTI DEL GOVERNO
Tuttavia il governo dovrà essere informato dell’andamento epidemiologico dei contagi e potrà intervenire se veranno individuati dei focolai.
L’ECCEZIONE LOMBARDA
La decisione dell‘esecutivo è stata presa dopo che tutte le regioni hanno mostrato di aver raggiunto un basso rischio di diffusione dell‘epidemia, tutte con l’eccezione della Lombardia.
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