Attacco hacker all’account bancario di Sigfrido Ranucci

L’attività di spionaggio partita da un Paese dell’Est sarebbe stata finalizzata ad acquisire dati personali. La redazione di Report aveva ricevuto minacce dopo le inchieste relative alle multinazionali delle fake news.

Attacco hacker all’account bancario di Sigfrido Ranucci, conduttore di Report. «La banca di Sigfrido Ranucci ha informato il conduttore di Report che il suo account bancario è stato violato da un hacker operante in un Paese dell’Est europeo. L’attività di spionaggio sarebbe stata finalizzata ad acquisire dati personali relativi all’identità, alla residenza, ai familiari. Tra i dati violati anche quelli aziendali, in particolare mail e cellulare». Lo affermano, in una nota, la Federazione nazionale della Stampa italiana (fasi) e l’Usigrai.

"La banca di Sigfrido #Ranucci ha informato il conduttore di #Report che il suo account bancario e' stato violato da un…

Posted by Report on Friday, November 15, 2019

«Elementi preoccupanti», continua la nota, «che appaiono ancora più inquietanti se collegati alle polemiche e alle minacce ricevute dalla redazione di Report dopo le documentate inchieste relative proprio alle fabbriche dell’odio e alle multinazionali delle fake news che, non casualmente, hanno la loro sede anche nei Paesi dell’Est. Siamo certi che gli apparati di sicurezza individueranno mandanti ed esecutori e li segnaleranno alle autorità competenti, chiunque essi siano e ovunque operino. Fnsi ed Usigrai condivideranno e sosterranno tutte le iniziative che Sigfrido Ranucci e la redazione di Report decideranno di promuovere in tutte le sedi, compresa quella giudiziaria».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

Maltempo: la situazione di sabato 16 novembre

Abbondanti nevicate in tutto l’Alto Adige, bloccata la linea del Brennero, quattro valli isolate e 13 mila utenze senza elettricità. Situazione critica anche in Piemonte. A Saturnia una piena ha travolto le cascate termali.

Il maltempo continua a flagellare l’Italia. Mentre a Venezia la marea ha toccato una nuova punta massima di 115 centimetri sul medio mare poco dopo la mezzanotte di venerdì 15 novembre (per sabato il picco di 120 centimetri è atteso per le 11 e 55), in Alto Adige è emergenza neve. Ancora 13 mila utenze sono senza corrente elettrica. A Brunico invece nella notte è tornata la luce.

ALTO ADIGE: INTERROTTA LA FERROVIA DEL BRENNERO

La linea ferroviaria del Brennero è ancora interrotta all’altezza di Bolzano per una frana, è stato istituito un servizio di bus sostitutivi tra la stazione di Bolzano e quella di Bronzolo. Risultano isolate cinque valli: la val Gardena, la val Badia, la val d’Ega, la val Senales, la val Martello. Sono in tutto 70 le strade chiuse per motivi di sicurezza.

IN PIEMONTE DISAGI PER LA NEVE

Situazione simile in Piemonte dove da venerdì si registrano black-out e disagi nella viabilità. La ferrovia ‘Vigezzina’ è ferma nella tratta italiana, fra Domodossola e il confine di ponte Ribellasca; sospesa la circolazione fra Acqui (Alessandria) e San Giuseppe di Cairo (Savona). Alcuni abitanti della frazione Roncaccio di Cravagliana, in Alta Valsesia (Vercelli) sono rimasti isolati per alcune ore a causa di alberi appesantiti e piegati sulla strada. Uncem (Unione dei comuni montani) segnala «migliaia di distacchi»” nell’erogazione di energia elettrica in provincia di Torino, Cuneo, Verbano-Cusio-Ossola. La neve è caduta fino a 400-500 nella provincia di Cuneo, nelle vallate ossolane fino a 70-100 cm. Oltre il mezzo metro lo spessore a Limone Piemonte (Cuneo), 76 a Sauze d’Oulx (Torino).

Un’ondata di piena ha travolto le cascate termali di Saturnia (Grosseto).

PIENA A SATURNIA

Nel Centro Italia, un’ondata di piena venerdì sera ha travolto le cascate termali di Saturnia (Grosseto).

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

Confermato l’ergastolo per i boss nel processo per la strage di via D’Amelio

La Corte d’Assise d’appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza di primo grado. Condannati a 10 anni i «falsi pentiti» Francesco Andriotta e Calogero Pulci, accusati di calunnia.

La Corte d’Assise d’appello di Caltanissetta, confermando la sentenza di primo grado, ha condannato all’ergastolo i boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino, imputati della strage in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i cinque uomini della scorta. Condannati a 10 anni i «falsi pentiti» Francesco Andriotta e Calogero Pulci, accusati di calunnia. I giudici hanno dichiarato estinto per prescrizione il reato contestato a Vincenzo Scarantino, pure lui imputato di calunnia.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

I Pronto soccorso rischiano lo stop: mancano 2 mila medici

Secondo una valutazione del Simeu nei prossimi anni i turni nei reparti di emergenza degli ospedali potrebbero saltare. Sul piatto una maggiore integrazione degli specializzandi nelle attività d’urgenza.

I Pronto soccorso (Ps), dal Nord al Sud, «sono a rischio chiusura: i medici mancanti sono ormai oltre 2.000 e non si riescono più a coprire i turni». A lanciare l’allarme è stato il presidente della Società italiana di medicina di emergenza urgenza (Simeu), Francesco Rocco Pugliese che, con un documento firmato da 200 direttori di Ps, ha lanciato una proposta «urgente per tamponare i prossimi 5 anni»: assumere medici non specialisti, anche neo-laureati, da iscrivere però contemporaneamente in sovrannumero alle Scuole di specializzazione in Medicina d’urgenza.

IL PIANO PER INTEGRARE GLI SPECIALIZZANDI

Il documento dell’Accademia dei direttori Simeu è indirizzato in primis al capo dello Stato Sergio Mattarella ed al ministro della Salute Roberto Speranza. La prima proposta «per evitare l’esplosione del sistema», si legge nel documento presentato il 15 novembre in un incontro al Senato, è proprio l’introduzione dell’«ospedale d’insegnamento»: ovvero prevedere l’assunzione temporanea nei Pronto Soccorso di medici non specialisti, anche neo-laureati, o con una specializzazione diversa, da iscrivere contestualmente in sovrannumero alle scuole di specializzazione di Medicina di emergenza. La loro formazione avverrebbe per la parte pratica nei dipartimenti d’emergenza, integrata poi dalla formazione teorica nelle sedi universitarie.

In questa maniera, ha sottolineato Pugliese, «si ovvierebbe in tempi rapidi alla drammatica carenza di medici nei Pronto Soccorso, con un provvedimento che consentirebbe nell’arco dei prossimi cinque anni di comporre i futuri organici di Ps con soli specialisti in Medicina d’emergenza urgenza». Tali medici sarebbero destinati nell’immediato, ha chiearito il documento, «alla gestione di pazienti con codice a minore priorità ed eseguirebbero la formazione pratica sul campo sotto la supervisione dei direttori». Non si tratta di «dequalificare i medici d’urgenza ma è necessario tamponare l’emergenza. La nostra è una proposta urgentissima, una misura-tampone temporanea ed eccezionale».

LE ALTRE PROPOSTE: POSTI LETTO, DIFESA DALLE AGGRESSIONI E RISORSE

La Simeu ha chiesto anche di «risolvere le carenze strutturali e organizzative», a partire dalla previsione di un numero congruo di posti letto, e di intervenire sul «grave disagio lavorativo cui sono sottoposti i medici d’urgenza, e che rende poco attrattiva questa professione». Ciò anche intervenendo decisamente contro il fenomeno delle aggressioni sul luogo di lavoro e prevedendo una valorizzazione economica del lavoro in Emergenza. L’obiettivo, ha concluso Pugliese, è pure «arrestare l’attuale fuga dai Ps di professionisti preziosi e difficilmente sostituibili».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

Chi è Vincenzo Vecchi, il black bloc rilasciato dalla Francia

Il ruolo nelle devastazioni del G8 di Genova. La condanna. La latitanza. L’arresto, ora definito «irregolare». Profilo del 46enne di cui l’Italia aveva chiesto l’estradizione.

La giustizia francese ha rimesso in libertà Vincenzo Vecchi, esponente dell’area anarco-autonoma milanese condannato definitivamente a 11 anni e mezzo di carcere, di cui l’Italia aveva chiesto l’estradizione. È stata la Corte d’Appello di Rennes, nella Francia occidentale, a stabilire «l’irregolarità» del mandato d’arresto europeo di Vecchi per i fatti del G8 di Genova, ordinandone il rilascio nonostante le richieste delle autorità italiane.

L’ULTIMO LATITANTE DEL G8 TORNA IN LIBERTÀ

Condannato nel 2009 dalla Corte d’Appello di Genova per i fatti del G8, Vecchi, 46 anni, era stato arrestato lo scorso 8 agosto in Francia, dove viveva in clandestinità da diversi anni dopo una latitanza cominciata nel luglio del 2012, ovvero da quando era scattato l’ordine di esecuzione della pena emesso dalla Procura generale della Corte d’Appello nei suoi confronti. Vecchi è ritenuto tra i protagonisti delle devastazioni al G8 di Genova del 2001. Gli investigatori avevano dimostrato come il 46enne avesse fatto parte di un gruppo di facinorosi che tra il 20 e il 21 luglio 2001, a volto coperto, devastò la città di Genova durante il G8. Gli edifici presi di mira erano istituti di credito, auto e anche un supermercato. Vecchi venne identificato all’epoca come uno dei promotori delle devastazioni, uno «che spingeva gli altri ad agire». Ma l’uomo fu anche sorpreso nell’atto di lanciare bottiglie, sassi e bombe molotov contrapponendosi in modo violento alle forze dell’ordine. Prima dell’arresto in Francia, Vecchi era l’ultimo condannato per i fatti del G8 di Genova ancora irreperibile. Ora, però, tornerà in libertà.

Negando l’estradizione, la giustizia francese ha dato un altro schiaffo, l’ennesimo, all’Italia

Anna Maria Bernini, Forza Italia

Duro il commento di Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia: «Secondo una pessima tradizione iniziata negli anni del terrorismo rosso, la Francia si è confermata un autentico paradiso per i latitanti dell’eversione rimettendo oggi in libertà Vincenzo Vecchi, il black bloc che da anni viveva in clandestinità e che deve scontare una pesante condanna per le devastazioni al G8 di Genova. Negando l’estradizione, la giustizia francese ha dato un altro schiaffo, l’ennesimo, all’Italia».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

La mappa del maltempo in Italia del 15 novembre 2019

Tutto il Paese nella morsa di pioggia e neve. In Trentino varie valli isolate. Smottamenti e frane in Liguria. E una tromba d’aria colpisce Marina di Carrara.

Il maltempo non flagella solo Venezia, finita sott’acqua per la seconda volta in meno di una settimana. Abbondanti nevicate, mareggiate e trobe d’aria hanno colpito tutta la penisola. Ecco la mappa del maltempo.

ISOLATE NUMEROSE VALLI IN ALTO ADIGE

Le piogge in corso nell’intero territorio della provincia di Trento hanno assunto carattere nevoso a tra gli 800 ed i 1200 metri. Al momento si registra la chiusura per neve, per pericolo valanghe o per alberi instabili vicino alla sede stradale, di alcune tratte stradali nelle zone di alta montagna o in prossimità dei passi. Trafoi attualmente risulta isolata, come anche la Val Martello da Ganda, la Val Senales da Certosa, la val Ridanna da Stanghe e la Val Casies da Tesido. Risulta bloccata la statale della Pusteria tra Versciaco e Prato alla Drava e l’Alemagna tra Dobbiaco e Cima Banche. In Val d’Ega, a causa del rischio troppo elevato, sono stati interrotti i lavori di recupero di alberi caduti. Sul Bondone, a Vason, si registrano circa 40 centimetri di neve fresca e sono chiuse, per pericolo di caduta piante, la Sp 25 di Garniga da Garniga Vecchia alle Viote, e, sulla Paganella, la Sp 64 di Fai da Santel ad Andalo. La nevicata sta interessando quasi tutta la val di Sole e parte della val di Non, sopra gli 800 metri e da questa mattina è chiusa la Sp 141 nel tratto tra le frazioni di Bolentina e Montes per pericolo valanghe.

È consentito il transito solo in determinate fasce orarie e sotto la sorveglianza dei vigili del fuoco volontari. Nei boschi, tra 900 e 1200 metri, sono in corso verifiche ed interventi per la messa in sicurezza di alcuni alberi ad alto fusto carichi di neve vicini alla strada. Dalla tarda serata di ieri sono caduti infatti 50 centimetri di neve fresca a Passo del Tonale, circa 40 a Passo Campo Carlo Magno e 15 a Passo Mendola. In val Giudicarie, ed in particolare in val Rendena, sta nevicando intensamente: nella notte e fino ad ora sono caduti fino a circa 40 centimetri di neve a Madonna di Campiglio. In valle di Ledro e val di Gresta, valle di Cavedine si misurano fino a 50 centimetri di neve fresca. Strade di montagna percorribili con attrezzatura da neve.

FRANE E SMOTTAMENTI IN LIGURIA

A Genova, due persone sono state fatte sfollare dalla propria abitazione a causa di un muraglione pericolante reso instabile da una importante infiltrazione di acqua per l’abbondante pioggia. Chiusa la statale 13 a Creto per una frana. Numerosi smottamenti si registrano nella zona del Tigullio, dove si è verificata una forte mareggiata. Una tempesta di fulmini su Genova ha causato numerosi blackout: anche il faro della Lanterna, simbolo di Genova, è stato colpito ed è al buio dal 14 novembre. Disagi alla circolazione dei treni per un guasto agli impianti tra Campo Ligure e Mele sulla linea Genova-Ovada-Acqui Terme. Frane, alberi caduti e allagamenti anche in provincia di Imperia. In via Goethe, a Sanremo, è franata la strada dov’erano parcheggiati alcuni veicoli: un’auto e un furgone sono rimasti in bilico sul cratere mentre gli altri mezzi sono stati spostati dai proprietari allertati dalle forze dell’ordine. In via Bandette, a Ventimiglia, la strada è stata sommersa da una ondata di fango e di terra, in seguito allo smottamento dalla sovrastante collina.

TOSCANA: TROMBA D’ARIA A MARINA DI CARRARA

Tromba d’aria prima delle 5 a Marina di Carrara (Massa Carrara): devastato il ristorante di un hotel sul lungomare, attualmente chiuso, e danneggiati anche alcuni stabilimenti balneari. Nessuno è rimasto ferito. In particolare la tromba d’aria ha fatto volare via la copertura sulla strada del ristorante dell’albergo, finito in strada. La zona del lungomare è tutt’ora bloccato perché i vigili del fuoco stanno bonificando l’area dai detriti sospinti dalle fortissime raffiche di vento.

NEVE IN PIEMONTE: MIGLIAIA DI UTENZE SENZA ELETTRICITÀ

Tecnici E-Distribuzione, la società del Gruppo Enel che gestisce le reti di media e bassa tensione, al lavoro per il ripristino del servizio elettrico interrotto in numerose zone del Piemonte a causa del maltempo. La Provincia più colpita è quella di Cuneo, con 15 mila utenze senza luce. Disservizi anche nel Torinese (8.000 clienti disalimentati) e Verbano-Cusio-Ossola (5.000 clienti disalimentati). Tutti gli interventi, informa la società, sono realizzati in costante coordinamento con istituzioni locali, prefettura e protezione civile, con le quali si stanno concordando gli interventi nelle aree di difficile accessibilità a causa della neve. Il lavoro di E-Distribuzione sul territorio proseguirà fino al pieno ripristino del servizio elettrico, nel rispetto delle procedure di sicurezza che questi delicati interventi richiedono.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

Ilaria Cucchi ha detto che potrebbe querelare Salvini

La sorella del geometra romano ha annunciato che la famiglia potrebbe citare in giudizio l’ex ministro per le sue parole dopo la sentenza di condanna dei carabinieri.

«Che c’entra la droga? Salvini perde sempre l’occasione per stare zitto». È stato il commento di Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano, in diretta a Circo Massimo, su Radio Capital, dopo che commentando la sentenza di condanna per i carabinieri ritenuti responsabili della morte di Stefano Cucchi, il leader leghista Matteo Salvini aveva detto che rispetta la famiglia ma il caso «dimostra che la droga fa male».

«CI BATTEREMO CONTRO QUESTI PREGIUDIZI»

«Anch’io», ha aggiunto Ilaria, «da madre sono contro la droga, ma Stefano non è morto di droga. Contro questo pregiudizio e contro questi personaggi ci siamo dovuti battere per anni. Tanti di questi personaggi sono stati chiamati a rispondere in un’aula di giustizia, e non escludo che il prossimo possa essere proprio Salvini».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

Oltre 50 arresti per mafia tra Puglia, Basilicata e Lazio

Carabinieri in azione in tre regioni. In manette capi e affiliati del clan D’Abramo-Sforza di Altamura.

Dall’alba i carabinieri stanno eseguendo oltre 50 arresti ad Altamura (Bari), Foggia, Cerignola (Foggia), Matera, Lecce e Roma. Le ordinanze di custodia vengono notificate a presunti capi e affiliati del clan D’Abramo-Sforza di Altamura (Bari) ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso armata, detenzione e porto di armi anche da guerra, traffico di sostanze stupefacenti, omicidio, tentato omicidio, estorsione, turbativa d’asta.

OPERAZIONE ESEGUITA DAI CARABINIERI DI BARI

L’operazione è eseguita dai Carabinieri del Comando Provinciale di Bari, supportati dai reparti speciali “Cacciatori di Puglia“, Nucleo Cinofili e VI Elinucleo Cc di Bari. Le misure restrittive sono state emesse dal gip di Bari su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, a seguito di attività d’indagine condotta dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Bari. I particolari dell’operazione verranno resi noti alle 11 nel corso di una conferenza stampa, presieduta dal procuratore di Bari Giuseppe Volpe, negli uffici della Procura della Repubblica a Bari.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

Venezia, peggiorano le previsioni: oggi attesi 160 cm

Peggiorano le previsioni per la marea. Nella città lagunare ci si aspetta un nuovo picco di 160 centimetri. E Piazza San Marco resta allagata.

Peggiora la previsione di marea per il 15 novembre a Venezia. La stima di acqua alta è stata rivista al rialzo dai 150 centimetri precedenti a 160 cm sul medio mare, alle 11.20. Lo comunica il centro maree del Comune, che poco fa ha attivato le sirene di allarme in città. Attualmente il livello di marea è di 115 centimetri, con piazza San Marco già abbondantemente allagata.

CHIUSA PIAZZA SAN MARCO

Il sindaco, Luigi Brugnaro, ha quindi deciso la chiusura della piazza. Questo in considerazione dei gravi problemi causati dall’acqua alta che anche oggi sta allagando l’area Marciana.

«Sono le 9.20», ha detto Brugnaro in un video pubblicato sul proprio profilo di Twitter, «e sono ora costretto a far chiudere la piazza per ogni evenienza, in maniera tale di non mettere a rischio l’incolumità delle persone». Poco prima, in un altro post Brugnaro scriveva: «Un’altra giornata di allerta per Venezia. Il vento di scirocco continua a soffiare. Vi invito a evitare gli spostamenti e a tenervi aggiornati sul livello dell’acqua con il @ICPSMVenezia».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

Le due sentenze sul caso di Stefano Cucchi

Entrambe sono attese il 14 novembre. La prima, che riguarda il pestaggio, vede imputati cinque carabinieri. La seconda i medici dell’ospedale Pertini, dove il geometra romano morì 10 anni fa. I genitori: «Ci aspettiamo una svolta».

Il 14 novembre è atteso come il giorno della possibile svolta sul caso di Stefano Cucchi. Da una parte, la sentenza della Corte d’Assise di Roma su cinque carabinieri imputati a vario titolo per omicidio preterintenzionale, abuso d’autorità, calunnia e falso. Dall’altra, quella della Corte d’Assise d’Appello di Roma su cinque medici dell’ospedale Pertini di Roma, dove nell’ottobre del 2009 il geometra romano morì una settimana dopo essere stato arrestato per droga. «Ilaria [Cucchi, sorella di Stefano, ndr] ci ha dato la forza per andare avanti e cercare la verità», hanno commentato i genitori di Stefano, Giovanni Cucchi e Rita Calore, in mattinata. «Quello che abbiamo giurato davanti a quel corpo massacrato è che non ci saremmo mai fermati e così faremo, andremo sempre avanti. Oggi ci auguriamo una svolta, i dati sono tutti a favore di una sentenza positiva, però ci sono dei segnali».

CHIESTI 18 ANNI PER DUE CARABINIERI

Partiamo dal processo che riguarda il pestaggio. Per l’accusa di omicidio preterintenzionale e abuso d’autorità sono finiti sotto processo i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro; per loro il pm ha chiesto la condanna a 18 anni di reclusione. Per il carabiniere Francesco Tedesco, l’imputato-accusatore che con le sue dichiarazioni ha fatto luce sul presunto pestaggio subito da Cucchi in caserma la notte del suo arresto, il rappresentante dell’accusa ha chiesto l’assoluzione dall’omicidio preterintenzionale e tre anni e mezzo di reclusione per l’accusa di falso. Otto anni di reclusione per falso sono stati richiesti per il maresciallo Roberto Mandolini; mentre per l’ulteriore imputazione di calunnia, contestata al carabiniere Vincenzo Nicolardi e ai colleghi Tedesco e Mandolini, il pm ha sollecitato una sentenza di non procedibilità per prescrizione del reato.

Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, con i genitori Giovanni e Rita durante l’udienza per la sentenza in Corte d’Assise nei confronti di cinque carabinieri.

I CINQUE MEDICI IMPUTATI NELL’ALTRO PROCESSO

Per quanto concerne il processo ai medici, gli imputati sono il primario del Reparto di medicina protetta dell’ospedale Pertini, dove fu ricoverato il geometra romano, Aldo Fierro, e altri quattro medici, Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis Preite e Silvia Di Carlo. Nei loro confronti il pg Mario Remus ha chiesto di non doversi procedere per prescrizione del reato di omicidio colposo. Un terzo processo, per presunti depistaggi, deve ancora entrare nel vivo e vede coinvolti otto carabinieri.

LE TAPPE PRINCIPALI DEL CASO CUCCHI

15 ottobre 2009: Stefano Cucchi viene fermato dai carabinieri al Parco degli Acquedotti a Roma perché trovato in possesso alcuni grammi di droga. Viene portato nelle celle di sicurezza di una caserma dei carabinieri.

16 ottobre 2009: Cucchi appare all’udienza di convalida del fermo con ematomi e difficoltà a camminare. Parla a stento: una registrazione diffusa successivamente testimonierà dello stato di Cucchi all’udienza. L’arresto è convalidato e Cucchi viene portato a Regina Coeli.

22 ottobre 2009: Cucchi, dopo una settimana di detenzione, muore nel reparto protetto dell’ospedale Pertini. Inizia la battaglia giudiziaria della famiglia che una settimana dopo diffonde alcune foto del cadavere in obitorio che mostrano ematomi e segni ‘sospetti’.

25 gennaio 2011: vanno a processo sei medici e tre infermieri del Pertini e tre guardie carcerarie.

5 giugno 2013: vengono condannati quattro medici del Pertini. Assolti gli infermieri e le guardie carcerarie.

31 ottobre 2014: in Appello tutti i medici vengono assolti.

Gennaio 2015: viene aperta l’inchiesta bis dopo che la Corte d’appello trasmette gli atti in procura per nuove indagini.

Settembre 2015: i carabinieri entrano per la prima volta nell’inchiesta: cinque vengono indagati.

Dicembre 2015: la Cassazione annulla con rinvio l’assoluzione dei cinque medici. Vengono nuovamente assolti nel 2016 ma la procura ricorre in Cassazione che dispone un nuovo processo d’Appello.

Gennaio 2017: la procura chiude l’inchiesta bis (quella sui cinque carabinieri). Nel luglio 2017 vengono rinviati a giudizio Di Bernardo, D’Alessandro e Tedesco, accusati di omicidio preterintenzionale e di abuso di autorità. Tedesco è accusato anche di falso e calunnia insieme con il maresciallo Mandolini, mentre della sola calunnia risponde Nicolardi.

11 ottobre 2018: il pm Giovanni Musarò rivela che Tedesco per la prima volta parla di un pestaggio subito da Cucchi da parte di Di Bernardo e D’Alessandro. Le indagini sul pestaggio erano state riaperte grazie alle parole di un altro carabiniere, Riccardo Casamassima. Nel corso del processo emergono anche presunti depistaggi con la sparizione o l’alterazione di documenti di servizio. Si apre l’inchiesta.

16 luglio 2019: nell’ambito dell’inchiesta sui depistaggi vengono rinviati a giudizio il generale Alessandro Casarsa e altri sette carabinieri tra cui Lorenzo Sabatino, all’epoca dei fatti comandante del reparto operativo di Roma.

3 ottobre 2019: il pm chiede la condanna a 18 anni per Di Bernardo e D’Alessandro accusati del pestaggio che viene, per la prima volta, associato alla morte di Cucchi.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

Rogo Thyssen, dalla Corte di Strasburgo procedimento contro Italia e Germania

Sono stati i parenti delle vittime a rivolgersi alla Corte europee dei diritti umani per la presenza in libertà di due manager tedeschi condannati.

La Corte europea dei diritti umani ha avviato un procedimento contro Italia e Germania sul caso del rogo dello stabilimento della ThyssenKrupp a Torino il 6 dicembre 2007. Sono stati i parenti delle vittime e uno dei sopravvissuti, Antonio Boccuzzi, a rivolgersi alla Corte di Strasburgo, accusando i due governi di aver violato i loro diritti, in particolare quello al rispetto della vita, perché nonostante una sentenza di condanna dei tribunali italiani nel 2016 di due manager tedeschi, questi restano in libertà. Secondo i ricorrenti, in tutto 26, la violazione del loro diritto alla vita deriverebbe «dalle omissioni e dai ritardi delle autorità italiane e tedesche nel dare esecuzione alla sentenza di condanna dei due manager». I ricorrenti affermano anche di non aver altro modo, se non attraverso la Corte di Strasburgo, per far valere i loro diritti nei confronti di Roma e Berlino. Il ricorso era arrivato a Strasburgo il 12 aprile dello scorso anno.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

Papa Francesco nomina Guerrero Alves al posto del cardinale Pell

Il gesuita spagnolo è stato scelto per il ruolo di prefetto della Segreteria per l’Economia. Si insedierà a partire da gennaio 2020.

Nuove nomine in Vaticano. Papa Francesco ha infatti scelto il sostituto del cardinale George Pell, sospeso nel 2017 per difendersi nel processo in cui è accusato di abusi sessuali sui minori in Australia. Il suo mandato come prefetto della Segreteria per l’Economia è scaduto a febbraio. Per tale ruolo il pontefice ha scelto padre Juan Antonio Guerrero Alves, che si insedierà a partire da gennaio 2020.

GLI INCARICHI NELLA COMPAGNIA DI GESÙ

Spagnolo, nato a Merida nel 1959, Guerrero Alves è entrato nel noviziato della Compagnia di Gesù nel 1979. Nella biografia diffusa dalla sala stampa vaticana si legge che è stato ordinato sacerdote nel 1992. Laureato in Economia e in Teologia, è stato professore di Filosofia sociale e politica presso l’Università Pontificia Comillas (1994-1997 e 1999-2003), maestro di novizi dei Gesuiti in Spagna (2003-2008), superiore provinciale a Castiglia (2008-2014), economo della Compagnia di Gesù in Mozambico (2015-2017) e direttore del Collegio Sant’Ignazio di Loyola (2016-2017) nello stesso Paese. Dal 2017 è delegato del Superiore generale per le Case e le opere interprovinciali a Roma e consigliere generale della Compagnia di Gesù. Al suo posto il Superiore generale della Compagnia di Gesù, padre Arturo Sosa, ha nominato padre Johan Verschueren.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

Chi è Paolo Orrigoni, l’imprenditore ai domiciliari per le tangenti in Lombardia

Ha ereditato la catena di supermercati Tigros, con più di 60 punti vendita e quasi 2 mila dipendenti. Si era candidato sindaco a Varese per il centrodestra al posto dell’uscente Attilio Fontana. Adesso è accusato di corruzione.

Il presunto “burattinaio” delle tangenti in Lombardia, l’ex coordinatore di Forza Italia a Varese Nino Caianiello, gli consigliava di muoversi «perché questi mi hanno detto che ti vogliono cambiare il progetto giù a Milano». Paolo Orrigoni, proprietario dei supermercati Tigros – 700 milioni di euro di fatturato, più di 60 punti vendita tra Lombardia e Piemonte e quasi 2 mila dipendenti – è finito ai domiciliari insieme all’ex eurodeputata di Forza Italia Lara Comi.

Orrigoni era il candidato sindaco del centrodestra alle ultime elezioni comunali di Varese, sostenuto da liste civiche ma anche da Forza Italia, Fratelli d’Italia e soprattutto dalla Lega, che lo voleva al posto dell’uscente Attilio Fontana, diretto alla Regione Lombardia. Ha perso per un soffio al ballottaggio con il candidato del Pd, Davide Galimberti, che ha riportato il centrosinistra al timone di Varese dopo più di 20 anni, e adesso siede in consiglio comunale come capogruppo di una delle civiche che lo hanno sostenuto.

Orrigoni, 42 anni, laureato in Giurisprudenza, ha ereditato i supermercati Tigros dal padre ed è accusato di corruzione. Insieme a un altro imprenditore che lo ha tirato in ballo, Enrico Tonetti, avrebbe versato un anticipo di 50 mila euro per ottenere la variante di destinazione d’uso di un terreno a Gallarate su cui aprire un nuovo supermercato.

La somma, secondo gli inquirenti, sarebbe stata fatta passare per un incarico di consulenza affidato a uno studio di ingegneristica. Il denaro era destinato a chi aveva indicato loro di rivolgersi proprio a quello studio, ovvero ad Alberto Bilardo, coordinatore di Forza Italia a Gallarate e consigliere di amministrazione di Accam, consorzio che gestisce la raccolta dei rifiuti in 27 Comuni lombardi. Bilardo è considerato una delle figure “fedeli” a Caianiello.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

Contagia l’amante con l’Hiv, in manette 39enne a Rimini

Un uomo di origini brasiliane è stato posto ai domiciliari con l’accusa di aver volontariamente infettato un’altra partner. Al vaglio altri possibili casi.

Un uomo di 39 anni è stato arrestato dai carabinieri di Rimini per aver contagiato una delle sue amanti con l’Hiv e per averne esposto volontariamente al virus altre tre. L’uomo, di origini brasiliane, si trova agli arresti domiciliari e deve rispondere del reato di lesioni gravi.

Stando alle indagini scattate ad agosto su segnalazione della convivente, l’uomo avrebbe intrattenuto diverse relazioni sessuali anche durature con diverse donne, contagiando una di queste. Le indagini dei carabinieri hanno appurato come il 39enne, positivo all’Hiv da alcuni anni, dal 2017 aveva sospeso volontariamente la terapia farmacologica, l’aveva ripresa poi solo sporadicamente nel 2018, per poi interromperla totalmente aumentando esponenzialmente il rischio di contagio in caso di rapporti sessuali non protetti.

Oltre alla convivente, gli accertamenti dei militari hanno permesso di risalire ad altre tre donne, conosciute tramite alcuni social, le quali, ignare dello stato di salute dell’uomo, hanno confermato di aver avuto rapporti sessuali non protetti con l’indagato. Per una di queste i test medici hanno dato esito positivo.

RICERCE PER STABILIRE EVENTUALI ALTRI CONTAGI

Le indagini dei carabinieri di Rimini, coordinate dal sostituto procuratore Paolo Gengarelli, hanno portato all’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa dal gip del Tribunale di Rimini, Manuel Bianchi. Al momento gli investigatori dell’Arma sono al lavoro per risalire, attraverso l’analisi del pc utilizzato dal 39enne, ad eventuali altre donne conosciute su internet, a chat e alle effettive frequentazioni sentimentali dell’arrestato.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

Contagia l’amante con l’Hiv, in manette 39enne a Rimini

Un uomo di origini brasiliane è stato posto ai domiciliari con l’accusa di aver volontariamente infettato un’altra partner. Al vaglio altri possibili casi.

Un uomo di 39 anni è stato arrestato dai carabinieri di Rimini per aver contagiato una delle sue amanti con l’Hiv e per averne esposto volontariamente al virus altre tre. L’uomo, di origini brasiliane, si trova agli arresti domiciliari e deve rispondere del reato di lesioni gravi.

Stando alle indagini scattate ad agosto su segnalazione della convivente, l’uomo avrebbe intrattenuto diverse relazioni sessuali anche durature con diverse donne, contagiando una di queste. Le indagini dei carabinieri hanno appurato come il 39enne, positivo all’Hiv da alcuni anni, dal 2017 aveva sospeso volontariamente la terapia farmacologica, l’aveva ripresa poi solo sporadicamente nel 2018, per poi interromperla totalmente aumentando esponenzialmente il rischio di contagio in caso di rapporti sessuali non protetti.

Oltre alla convivente, gli accertamenti dei militari hanno permesso di risalire ad altre tre donne, conosciute tramite alcuni social, le quali, ignare dello stato di salute dell’uomo, hanno confermato di aver avuto rapporti sessuali non protetti con l’indagato. Per una di queste i test medici hanno dato esito positivo.

RICERCE PER STABILIRE EVENTUALI ALTRI CONTAGI

Le indagini dei carabinieri di Rimini, coordinate dal sostituto procuratore Paolo Gengarelli, hanno portato all’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari emessa dal gip del Tribunale di Rimini, Manuel Bianchi. Al momento gli investigatori dell’Arma sono al lavoro per risalire, attraverso l’analisi del pc utilizzato dal 39enne, ad eventuali altre donne conosciute su internet, a chat e alle effettive frequentazioni sentimentali dell’arrestato.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

Venezia: notte tranquilla in attesa di un altro picco di marea

La città lagunare prova a tornare alla normalità dopo la grande piena. Attesa per il nuovo picco da 125 centimetri previsto per le 10:50.

Una notte tranquilla a Venezia quella appena trascorsa, senza picchi di marea nè allarmi per il maltempo. La città, dopo 48 ore da incubo, ha potuto tirare il respiro. Il 14 novembre la laguna si è risvegliata con il sole, cielo limpido e temperatura più rigida, perchè lo scirocco non c’è.

Dopo l’emergenza per la mareggiata che ha creato gravi danni a monumenti abitazioni e alberghi comincerà la vera e propria conta dei danni. Non tutto è ancora alle spalle, però, perchè se nella serata del 13 la massima si è fermata sotto gli 80 centimetri, le previsioni parlano per il 14 di un altro picco significativo, 125 centimetri sul medio mare (alle 10.50), con la possibilità che le zone più basse, come San Marco, siano nuovamente allagate.

A Venezia c’è anche il premier Giuseppe Conte, che dopo la riunione operativa del 13 e la visita a San Marco, il 14 dovrebbe incontrare anche i commercianti della città. «Per Venezia», ha detto il premier Giuseppe Conte uscendo dall’hotel nel quale ha dormito stanotte, «c’è un impegno a 360 gradi, c’è una situazione drammatica in una città unica, ci dobbiamo essere». Alla domanda se l’impegno per finire il Mose basterà, «Speriamo, confidiamo di sì, è un’opera su cui ormai sono stati spesi tantissimi soldi ed è in dirittura finale, ora va completata e poi manutenuta». E ai veneziani: «Siamo vicini a voi e speriamo di prevenire queste situazioni drammatiche, perchè non si ripetano più».

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

Sequestrata una tonnellata di cocaina al porto di Gioia Tauro

Era nascosta in un container per il trasporto di banane. Una volta “tagliata” avrebbe fruttato guadagni per 250 milioni di euro.

I Carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e del Ros, insieme alla Guardia di finanza, hanno sequestrato oltre una tonnellata di cocaina nel porto di Gioia Tauro. La droga era nascosta in 144 imballi in un container refrigerato adibito al trasporto di banane. Il container, proveniente dal Sud America, era destinato secondo i documenti di spedizione in Germania. La cocaina, una volta “tagliata”, avrebbe fruttato un introito di 250 milioni di euro.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

Sequestrata una tonnellata di cocaina al porto di Gioia Tauro

Era nascosta in un container per il trasporto di banane. Una volta “tagliata” avrebbe fruttato guadagni per 250 milioni di euro.

I Carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e del Ros, insieme alla Guardia di finanza, hanno sequestrato oltre una tonnellata di cocaina nel porto di Gioia Tauro. La droga era nascosta in 144 imballi in un container refrigerato adibito al trasporto di banane. Il container, proveniente dal Sud America, era destinato secondo i documenti di spedizione in Germania. La cocaina, una volta “tagliata”, avrebbe fruttato un introito di 250 milioni di euro.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

Confermata la condanna a Roberto Spada, l’uomo che diede la testata al reporter di Nemo

Sei anni di carcere anche per la Cassazione. Con l’aggravante del metodo mafioso. Il membro del clan di Ostia aveva aggredito il giornalista della trasmissione condotta da Enrico Lucci, fratturandogli il naso, e il suo cameraman. Deve scontare l’ergastolo inflitto in un altro processo.

È stata confermata la condanna a sei anni di reclusione per Roberto Spada, l’uomo accusato di lesioni aggravate dal metodo mafioso per aver aggredito il 7 novembre del 2017 la troupe della trasmissione Nemo – Nessuno escluso (il giornalista Daniele Piervincenzi e il cameraman Edoardo Anselmi) a Ostia. A deciderlo è stata la Quinta sezione penale della Cassazione. La sindaca di Roma, Virginia Raggi, era presente alla lettura del verdetto.

PER SPADA ANCHE L’AGGRAVANTE DEL METODO MAFIOSO

Nella sua requisitoria, il procuratore generale della Cassazione, Pasquale Fimiani, ha confermato che si è trattato di metodo mafioso con gli “indicatori” della intimidazione: «Sono stati correttamente individuati dalla Corte di Appello», ha infatti sottolineato il pg, «gli indici sintomatici che rilevano la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso, con una deliberata e ostentata manifestazione di potere». Secondo Fimiani, uno di questi “indici” è rappresentato dal fatto che «nessuna delle persone presenti nella palestra gestita da Spada, davanti alla quale si è svolta l’aggressione ai giornalisti, è intervenuta in favore delle vittime».

A SPADA PENA DELL’ERGASTOLO IN UN ALTRO PROCESSO

Antonio Marino, legale di parte civile di Piervincenzi e Anselmi, ha così commentato la sentenza: «È importante che questa sentenza sia stata confermata per i segnali che possono derivarne sia in termini di ordine pubblico sia di riaffermazione della presenza dello Stato anche nei quartieri periferici di Roma». A Spada, che al momento si trova in carcere, è stata inflitta a settembre la pena dell’ergastolo in un altro processo per vari reati, tra i quali l’associazione mafiosa.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay

Confermata la condanna a Roberto Spada, l’uomo che diede la testata al reporter di Nemo

Sei anni di carcere anche per la Cassazione. Con l’aggravante del metodo mafioso. Il membro del clan di Ostia aveva aggredito il giornalista della trasmissione condotta da Enrico Lucci, fratturandogli il naso, e il suo cameraman. Deve scontare l’ergastolo inflitto in un altro processo.

È stata confermata la condanna a sei anni di reclusione per Roberto Spada, l’uomo accusato di lesioni aggravate dal metodo mafioso per aver aggredito il 7 novembre del 2017 la troupe della trasmissione Nemo – Nessuno escluso (il giornalista Daniele Piervincenzi e il cameraman Edoardo Anselmi) a Ostia. A deciderlo è stata la Quinta sezione penale della Cassazione. La sindaca di Roma, Virginia Raggi, era presente alla lettura del verdetto.

PER SPADA ANCHE L’AGGRAVANTE DEL METODO MAFIOSO

Nella sua requisitoria, il procuratore generale della Cassazione, Pasquale Fimiani, ha confermato che si è trattato di metodo mafioso con gli “indicatori” della intimidazione: «Sono stati correttamente individuati dalla Corte di Appello», ha infatti sottolineato il pg, «gli indici sintomatici che rilevano la sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso, con una deliberata e ostentata manifestazione di potere». Secondo Fimiani, uno di questi “indici” è rappresentato dal fatto che «nessuna delle persone presenti nella palestra gestita da Spada, davanti alla quale si è svolta l’aggressione ai giornalisti, è intervenuta in favore delle vittime».

A SPADA PENA DELL’ERGASTOLO IN UN ALTRO PROCESSO

Antonio Marino, legale di parte civile di Piervincenzi e Anselmi, ha così commentato la sentenza: «È importante che questa sentenza sia stata confermata per i segnali che possono derivarne sia in termini di ordine pubblico sia di riaffermazione della presenza dello Stato anche nei quartieri periferici di Roma». A Spada, che al momento si trova in carcere, è stata inflitta a settembre la pena dell’ergastolo in un altro processo per vari reati, tra i quali l’associazione mafiosa.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay