Ilva: blitz della Finanza negli uffici di ArcelorMittal

Perquisizioni e sequestri delle Fiamme Gialle nelle sedi di Milano e Taranto. Al setaccio i documenti del colosso indiano.

Perquisizioni e sequestri da parte della Guardia di Finanza sono in corso negli uffici di ArcelorMittal a Taranto e a Milano. Gli interventi sono stati disposti su ordine della procura di Taranto e di Milano nell’ambito dell’inchiesta avviata dopo l’esposto presentato dai commissari dell’ex Ilva in amministrazione straordinaria. Tra i documenti contabili che la Gdf di Taranto sta acquisendo negli uffici dello stabilimento siderurgico ArcelorMittal, su delega della procura, ci sono quelli che riguardano l’acquisto delle materie prime e la vendita dei prodotti finiti, considerando le ingenti perdite segnalate dalla multinazionale rispetto alla gestione commissariale.

Nell’inchiesta milanese, invece, oltre all’aggiotaggio informativo, i pm contestano il reato di distrazione di beni del fallimento. Gli inquirenti anche oggi stanno sentendo alcuni testimoni nell’indagine e sono previste anche acquisizioni di documenti da parte degli investigatori. Allo stato i fascicoli con ipotesi di reato sono a carico di ignoti.

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Ilva: blitz della Finanza negli uffici di ArcelorMittal

Perquisizioni e sequestri delle Fiamme Gialle nelle sedi di Milano e Taranto. Al setaccio i documenti del colosso indiano.

Perquisizioni e sequestri da parte della Guardia di Finanza sono in corso negli uffici di ArcelorMittal a Taranto e a Milano. Gli interventi sono stati disposti su ordine della procura di Taranto e di Milano nell’ambito dell’inchiesta avviata dopo l’esposto presentato dai commissari dell’ex Ilva in amministrazione straordinaria. Tra i documenti contabili che la Gdf di Taranto sta acquisendo negli uffici dello stabilimento siderurgico ArcelorMittal, su delega della procura, ci sono quelli che riguardano l’acquisto delle materie prime e la vendita dei prodotti finiti, considerando le ingenti perdite segnalate dalla multinazionale rispetto alla gestione commissariale.

Nell’inchiesta milanese, invece, oltre all’aggiotaggio informativo, i pm contestano il reato di distrazione di beni del fallimento. Gli inquirenti anche oggi stanno sentendo alcuni testimoni nell’indagine e sono previste anche acquisizioni di documenti da parte degli investigatori. Allo stato i fascicoli con ipotesi di reato sono a carico di ignoti.

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Maltempo, nuove esondazioni nel Bolognese

Vigili del fuoco al lavoro a Budrio. Allagamenti e strade chiuse nell’Alessandrino. La mappa dei disagi.

Non accenna ad allentarsi la stretta del maltempo sull’Italia. Il 19 novembre si sono abbattuti nuovi rovesci sulla penisola, con disagi in particolare al Centro-Nord.

IL FIUME IDICE NEL BOLOGNESE ESONDA ANCORA

Nuova esondazione del fiume Idice nel Bolognese, nel territorio di Budrio già colpito il 17 novembre. Il Comune ha ordinato l’evacuazione immediata di strade in prossimità degli argini. Il nuovo innalzamento del livello del fiume è stato provocato dalle piogge della notte. La fuoriuscita di acqua dalla ‘falla’ è, a quanto si apprende, di portata inferiore a quella di due giorni fa. Al lavoro diverse squadre di vigili del fuoco, protezione civile, forze dell’ordine e volontari.

ALLAGAMENTI E SCUOLE CHIUSE NELL’ALESSANDRINO

Pioggia e neve continuano a cadere in provincia di Alessandria soprattutto nelle zone appenniniche, al confine con la Liguria, e fino a bassa quota sulle valli Erro e Bormida. La protezione civile ha segnalato allagamenti anche nell’Alessandrino e in Alto Monferrato. Le scuole sono chiuse in 36 Comuni. Ad Alessandria le lezioni sono state sospese nella scuola media del sobborgo di Spinetta Marengo. A Bosco Marengo i vigili del fuoco sono intervenuti per un’automobile bloccata in un sottopasso: al loro arrivo, nella vettura non c’era nessuno.

TRENTASEI STRADE CHIUSE IN ALTO ADIGE

L’Alto Adige, dopo il caos neve dei giorni scorsi, torna lentamente alla normalità. L’ultima ondata di precipitazioni è stata meno intensa del previsto. In mattinata è stata riaperta la strada statale della val Badia, isolata da giorni. Sono comunque ancora 36 le strade statali e provinciali chiuse per motivi di sicurezza. Alle 4 di notte a Chiusa, in valle Isarco, nei pressi del casello autostradale, una colata di fango e sassi è finita su una strada provinciale già chiusa al traffico. In alta val Martello 47 persone, evacuate nei giorni scorsi, per il momento non possono fare ritorno nelle loro abitazioni. Sono ancora 1.200 le utenze in tutta la provincia colpite dal blackout. In val d’Ultimo nella notte sono caduti 10 centimetri di neve fresca, nel corso della giornata sono attesi altri 10 e poi la perturbazione dovrebbe spostarsi.

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Trenta si arrende e rinuncia all’appartamento contestato

Dopo giorni di pressing, l’ex ministra fa dietrofront e dice: «Traslocheremo nel tempo necessario, mio marito ha già presentato la rinuncia».

Dopo giorni di polemiche e levate di scudi, è arrivata la resa. L’ex ministra Elisabetta Trenta ha rinunciato all’appartamento della discordia. «Mio marito, pur essendo tutto regolare, e sentendosi in imbarazzo, per salvaguardare la famiglia ha presentato istanza di rinuncia per l’alloggio». ha detto Trenta intervistata da Radio 24. «Spero che questo atto d’amore serva a tacitare la schifezza mediatica che è caduta su di me».

«CHIEDO E PRETENDO RISPETTO COME CITTADINA»

«Lasceremo l’appartamento nel tempo che ci sarà dato per fare un trasloco e mettere a posto la mia vita da un’altra parte. Sono una cittadina come gli altri, chiedo e pretendo rispetto», ha dichiarato l’ex ministra sfogandosi per le polemiche che l’hanno travolta a causa di quell’alloggio di servizio passato da lei, ministra (con casa di proprietà a Roma), al marito militare. Un benefit rivendicato con forza in virtù della regolarità delle procedure, 180 metri quadrati in centro a Roma, per 540 euro al mese.

«NON HO VIOLATO NESSUNA LEGGE»

«Non ho violato nessuna legge» – ha ribadito Trenta – è tutto in regola, mi sono attenuta alle regole. Hanno speculato sulla mia privacy. Forse da ministro» – ha aggiunto – «ho dato fastidio a qualcuno, non lo so, ma non voglio alimentare polemiche, sono una donna di Stato». Quanto al Movimento 5 stelle, che pare averla scaricata, prima Trenta ha rassicurato dicendo «non sono stata trattata bene, ma io nei valori del Movimento ci credo e non ho nessuna intenzione di abbandonarlo», poi, però, ha ammesso: «Prendermi una pausa di riflessione da Movimento? Chissà, magari me la prendo».

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Le Sardine riempiono anche piazza Grande a Modena

Nel giorno dell’appuntamento elettorale di Matteo Salvini sono tra le 6 e le 7 mila le persone scese in strada nella contro-manifestazione ispirata a quella bolognese di piazza Maggiore.

Il popolo delle ‘sardine’ risponde in massa anche a Modena nel giorno dell’appuntamento elettorale di Matteo Salvini. Dopo aver riempito piazza Maggiore a Bologna, infatti, si è riempita anche piazza Grande a Modena. Secondo le prime stime sono tre le 6 e le 7 mila le persone che hanno raggiunto piazza Grande, nonostante la pioggia battente che sta interessando tutto il territorio modenese. I manifestanti, sotto gli ombrelli aperti, hanno intonato Bella ciao e ripetuto lo slogan «Modena non si lega».

PIAZZA GREMITA NONOSTANTE LA PIOGGIA

«Loro queste cose non le sanno fare», hanno detto gli organizzatori dell’iniziativa, giovani bolognesi, facendo riferimento al «populismo di destra». La folla, che ha riempito piazza Grande completamente con gli ombrelli a causa della pioggia incessante, ha riposta con lo slogan già sentito a Bologna, ma in chiave modenese. Agitando gli ombrelli, con le riproduzioni in cartone di sardine a portata di mano, i manifestanti, soprattutto giovani, ma anche tante famiglie, hanno intonato più volte Bella ciao. Tra i concetti che il popolo delle sardine ha ribadito più volte: «L’Italia intera ci sta guardando, l’Europa intera ci vede». Gli organizzatori avevano inizialmente programmato l’iniziativa in piazza Mazzini, ma poi, visto l’alto numero di adesioni, hanno deciso di spostarsi in piazza Grande, sotto la Ghirlandina, il campanile che è uno dei simboli di Modena.

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Le Sardine riempiono anche piazza Grande a Modena

Nel giorno dell’appuntamento elettorale di Matteo Salvini sono tra le 6 e le 7 mila le persone scese in strada nella contro-manifestazione ispirata a quella bolognese di piazza Maggiore.

Il popolo delle ‘sardine’ risponde in massa anche a Modena nel giorno dell’appuntamento elettorale di Matteo Salvini. Dopo aver riempito piazza Maggiore a Bologna, infatti, si è riempita anche piazza Grande a Modena. Secondo le prime stime sono tre le 6 e le 7 mila le persone che hanno raggiunto piazza Grande, nonostante la pioggia battente che sta interessando tutto il territorio modenese. I manifestanti, sotto gli ombrelli aperti, hanno intonato Bella ciao e ripetuto lo slogan «Modena non si lega».

PIAZZA GREMITA NONOSTANTE LA PIOGGIA

«Loro queste cose non le sanno fare», hanno detto gli organizzatori dell’iniziativa, giovani bolognesi, facendo riferimento al «populismo di destra». La folla, che ha riempito piazza Grande completamente con gli ombrelli a causa della pioggia incessante, ha riposta con lo slogan già sentito a Bologna, ma in chiave modenese. Agitando gli ombrelli, con le riproduzioni in cartone di sardine a portata di mano, i manifestanti, soprattutto giovani, ma anche tante famiglie, hanno intonato più volte Bella ciao. Tra i concetti che il popolo delle sardine ha ribadito più volte: «L’Italia intera ci sta guardando, l’Europa intera ci vede». Gli organizzatori avevano inizialmente programmato l’iniziativa in piazza Mazzini, ma poi, visto l’alto numero di adesioni, hanno deciso di spostarsi in piazza Grande, sotto la Ghirlandina, il campanile che è uno dei simboli di Modena.

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Ilaria Cucchi annuncia la querela a Salvini

In un post su Facebook confermata la volontà espressa nei giorni scorsi. Dopo la sentenza di condanna per i due carabinieri l’ex ministro aveva detto: «Questo caso conferma che la droga fa male».

Le ipotesi circolate nei giorni scorsi hanno trovato conferma in un post su Facebook, pubblicato nella giornata del 18 novembre. Ilaria Cucchi presenterà una querela per le affermazioni fatte dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini dopo la sentenza con cui la Corte d’Assise ha condannato cinque carabinieri, due per omicidio preterintenzionale, in relazione alla morte del fratello Stefano.

IL COMMENTO DI SALVINI SUBITO DOPO LA SENTENZA

Salvini aveva detto che il caso del giovane geometra romano «dimostra che la droga fa male». Facebook non oscura «i commenti e i post di insulti e minacce e falsità che, molto bene organizzati, sono comparsi sui social dopo la presa di posizione pubblica dell’ex ministro», ha scritto Ilaria, aggiungendo, «mi piacerebbe tanto che l’attuale ministro dell’Interno sostituisse la costituzione di parte civile fatta proprio da Salvini con la propria. Non sono un avvocato ma forse potrebbe essere possibile».

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Per la Procura di Roma Silvia Romano è nelle mani di un gruppo islamista somalo

Secondo le indagini la cooperante milanese rapita il 20 novembre 2018 sarebbe stata trasferita in Somalia e tenuta prigioniera di una formazione affiliata ad al-Shabaab.

C’è una svolta nel rapimento di Silvia Romano avvenuto il 20 novembre dello scorso anno in Kenya. Secondo quanto emerge dagli sviluppi dell’indagine della Procura di Roma e dei carabinieri del Ros, la cooperante milanese sarebbe tenuta sotto sequestro in Somalia da un gruppo islamista legato agli jihadisti di Al-Shabaab. Gli inquirenti stanno valutando l’ipotesi di inviare una rogatoria internazionale alle autorità somale.

LE CONCLUSIONI DOPO IL VIAGGIO DEL PROCURATORE IN KENYA

Gli elementi raccolti dal Raggruppamento operativo speciale, coordinato dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco, dopo la trasferta in Kenya dell’agosto scorso, hanno rafforzato la convinzione che Silvia Romano si trovi in Somalia e dall’analisi dei documenti messi a disposizione dalle autorità kenyote la ragazza si troverebbe in una area del Paese dove gravitano milizie locali legate al gruppo terroristico di matrice islamica.

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La presenza in mare delle Ong non fa aumentare le partenze di migranti

Lo ha dimostrato il primo studio sistemico sulla questione, firmato dai ricercatori italiani Villa e Cusumano. I numeri del report.

La presenza in mare delle Ong non provoca un aumento del flusso migratorio. Il fenomeno, spesso citato dai detrattori delle organizzazioni umanitarie e noto come pull factor, è stato smontato dal primo studio sistemico sulla questione firmato per lo European University Institute da due ricercatori italiani, Matteo Villa dell’Ispi ed Eugenio Cusumano dell’Università di Leiden, e fondato sui dati ufficiali dalle agenzie delle Nazioni unite (Oim e Unhcr) e delle guardie costiere italiana e libica. La ricerca, analizzando un arco temporale di cinque anni che va da ottobre 2014 a ottobre 2019, dimostra che la presenza nel Mar Mediterraneo delle navi delle Ong non ha effetto sul numero delle partenze dalle coste libiche.

LA TESI (SMENTITA) DEL PULL FACTOR

I sostenitori della tesi del pull factor ritengono che un aumento del numero delle persone salvate in mare faccia crescere anche il numero di quelle che partono. Villa e Cusumano dimostrano che semmai è vero il contrario, ossia che il numero di salvati dipende dal numero di partenze. Nel 2015, quando le Ong rafforzarono sensibilmente la presenza in mare e i loro soccorsi passarono dallo 0,8 al 13%, il numero totale delle partenze dalla Libia diminuì rispetto all’anno precedente. Stesso copione nella seconda metà del 2017.

La crociata contro le Ong non ha fatto che aumentare il tasso di mortalità tra i migranti

Un crollo riconducibile innanzitutto, secondo i due ricercatori, agli accordi tra Italia e Libia. La crociata contro le Ong, da parte sua, non ha fatto che aumentare il tasso di mortalità tra i migranti. Un terzo indizio arriva dal 2019: negli 85 giorni in cui la zona Search and Reascue (Sar) è stata battuta dalle Ong non si sono registrate più partenze rispetto ai 225 giorni in cui in mare c’erano soltanto le motovedette libiche. Nel complesso, i numeri parlano chiaro: se le Ong non sono in mare, in media partono 53 persone al giorno, in caso contrario il dato scende a 49.

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Il lavoro di cura affonda il tasso di occupazione femminile in Italia

Solo il 57% delle donne con figli piccoli o parenti non autosufficienti riesce ad avere un impiego anche al di fuori dell’ambito familiare. Mentre per gli uomini la quota è pari all’89,3%.

Il lavoro di cura affonda il tasso di occupazione femminile in Italia e il confronto con quello maschile non lascia spazio a dubbi: le donne sono pesantemente penalizzate per quanto riguarda la possibilità di conciliare i tempi da dedicare alla famiglia con quelli richiesti da un impiego nella società.

Secondo gli ultimi dati Istat, infatti, il tasso di occupazione delle madri tra i 25 e i 54 anni che si occupano di figli piccoli o parenti non autosufficienti è fermo al 57%, mentre quello dei padri tocca l’89,3%.

Inoltre, le diverse dinamiche occupazionali tra madri e donne senza figli sono più evidenti al Sud, con uno scarto del 16% a favore delle seconde. Risultano invece più contenute al Centro e al Nord, con una differenza dell’11 e del 10% rispettivamente.

POCO MENO DI UN TERZO DELLE FAMIGLIE FA RICORSO AL WELFARE

In generale poco meno di un terzo delle famiglie italiane con figli piccoli usa servizi pubblici o privati come asili nido, scuole materne, ludoteche, baby sitter o altro. Al Nord il 34,5%, al Centro il 33,3% e al Sud il 24,9%.

AFFIDAMENTO SU NONNI E AMICI

Ben il 38% dei nuclei familiari conta sull’aiuto dei parenti, soprattutto dei nonni, oppure degli amici. I servizi sono infatti considerati troppo costosi nel 9,4% dei casi, oppure assenti o privi di posti disponibili (4,4%). Tra le madri con figli piccoli che dicono di non utilizzare i servizi, tuttavia, il 15% ne avrebbe bisogno. E la quota sale al 23,2% per chi ha figli fino a 5 anni.

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Allarme fiumi nell’Italia flagellata dal maltempo

Nuovi temporali in arrivo. Monitorati l’Arno e il Reno. Mentre in val Pusteria deraglia un treno.

Nell’Italia flagellata dal maltempo resta alta l’allerta anche lunedì 18 novembre. Situazione critica, in particolare, in Toscana ed Emilia-Romagna, dove i livelli di Arno e Reno continuano a destare preoccupazione nonostante il lieve miglioramento delle ultime ore, mentre a Venezia è atteso un picco di 110 centrimetri di acqua in città.

MONITORATO IL LIVELLO DELL’ARNO

Dopo la grande apprensione della domenica per la piena dell’Arno, dalle 4 i livelli del reticolo idraulico di Firenze e della provincia – Arno e suoi affluenti – sono scesi sotto il primo livello di guardia. Rimane, sull’asta dell’Arno, a valle di Firenze, solo l’idrometro di Fucecchio sopra il primo livello di guardia ma dovrebbe rientrare in tarda mattinata. Rimane attivo il monitoraggio dei corsi d’acqua da parte della sala di Piena del Genio Civile e il monitoraggio del territorio da parte della Protezione Civile Metropolitana. Risolte le criticità più importanti sulla viabilità statale, regionale e provinciale e non ci sono strade chiuse al traffico. A Pisa è passata senza procurare danni l’ondata di piena dell’Arno che ha tenuto con il fiato sospeso la città tutta la notte. Restano comunque chiuse scuole, università, attività commerciali, al pari di altri uffici privati aperti al pubblico come banche e uffici postali.

DERAGLIA UN TRENO IN VAL PUSTERIA

Un treno dalla val Pusteria è deragliato a causa di una frana, nei pressi di Rio Pusteria. Non si segnalano feriti. Il treno era partito da Fortezza e diretto a Brunico. La Val Pusteria risulta attualmente isolata. Sono bloccati per motivi di sicurezza tutti gli accessi: la strada statale tra San Sigismondo e San Lorenzo, la Strada del Sole, come anche le strade interpoderali, che i pendolari usano di solito per bypassare eventuali chiusure della Ss48. «Restate a casa, ogni auto in più crea caos», è l’appello lanciato su Facebook dal sindaco di San Lorenzo in Sebato, Martin Ausserdorfer.

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Traffico europeo di beni archeologici: 123 persone indagate

La Procura di Crotone ha disposto 23 misure cautelari nell’ambito di un indagine per scavi non autorizzati. Secondo gli inquirenti c’era un sistema che permetteva di esportare beni trafugati in tutta Europa.

É in corso sul territorio nazionale e in alcuni Paesi esteri un’operazione dei carabinieri del Comando Tutela patrimonio culturale, diretta dalla Procura della Repubblica di Crotone, che stanno eseguendo 23 misure cautelari contro i presunti componenti di una holding criminale che gestiva un ingente traffico di beni archeologici. I reperti, provento di scavi clandestini in Calabria, venivano esportati illecitamente fuori dall’Italia.

123 PERSONE INDAGATE

Nelle carte dell’inchiesta della Procura ci sono complessivamente 123 indagati. Quattro delle persone coinvolte nell’inchiesta, secondo quanto riferito dai carabinieri, sono domiciliate all’estero. Le indagini, avviate nel 2017, hanno permesso di recuperare numerosi reperti archeologici, per un valore di alcuni milioni di euro. I particolari dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa in programma stamattina, alle 10:30, nella sede del Comando provinciale carabinieri di Crotone, alla presenza del Procuratore Giuseppe Capoccia.

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Il punto sulla sicurezza a bordo dei treni e nelle stazioni ferroviarie

Ogni giorno su rotaia si spostano più di 5 milioni di passeggeri. Sotto lo sguardo di 4.400 agenti PolFer. Per i sindacati ancora troppo pochi. Il punto.

Una donna in fin di vita, colpita con 15 coltellate, un viaggiatore ferito in modo più lieve e i passeggeri che alla fine riescono a bloccare l’aggressore arrestato a Bologna. Quanto avvenuto il 7 novembre a bordo del Frecciarossa Torino-Roma riporta all’attenzione il tema della sicurezza sui treni, un contesto operativo e di viaggio certamente particolare per gli spazi ridotti e il grande numero di persone a bordo. 

LEGGI ANCHE: Salvini al Viminale non ha cambiato nulla per la polizia di Stato

Che i treni possano essere obiettivi sensibili, lo dice anche la cronaca. Senza andare lontano, e solo per citarne alcuni, il 21 agosto 2015 veniva divulgata la notizia del tentativo di attentato a bordo del convoglio Thalys, in viaggio da Amsterdam a Parigi: un foreign fighter marocchino, di ritorno dalla Siria e armato di pistole e fucile da assalto, tentò di compiere una strage ma venne fermato da un gruppo di soldati americani liberi dal servizio e da alcuni passeggeri. Mentre – restando nel nostro Paese – nel 2001 un anarchico torinese lanciò una molotov a bordo dell’Eurostar Roma-Milano, poco fuori la stazione di Modena: per miracolo non ci furono morti. Ci sono poi le manomissioni agli impianti di navigazione dei treni (l’ultimo è avvenuto questa estate, sullo snodo di Rovezzano, nel Ffiorentino) o eventi di “ordinaria” delinquenza come le aggressioni nei confronti del personale delle Ferrovie e dei passeggeri. 

donna accoltellata frecciarossa
La stazione di Bologna dopo l’accoltellamento sul Frecciarossa del 7 novembre.

A VIGILARE SU TRENI E STAZIONI 4.400 AGENTI POLFER

Nel nostro Paese ogni giorno viaggiano 9 mila treni passeggeri e 800 convogli merci, su oltre 16.700 chilometri di linea, per più di 5 milioni di passeggeri. A vigilare su treni, passeggeri e stazioni, a oggi ci sono 4.400 agenti della Polizia Ferroviaria (PolFer). Non abbastanza. All’appello, secondo i sindacati, mancano infatti circa 800 agenti

SAP: «AGIAMO IN UN CONTESTO DI ISOLAMENTO»

«Il treno è un ambiente operativo certamente complesso», spiega a Lettera43.it Stefano Paolone, segretario generale del sindacato autonomo di Polizia (Sap), «perché qualsiasi cosa accada, la pattuglia a bordo non può ricevere rinforzi nella tratta di viaggio tra due stazioni ed è costretta a operare con le sole risorse a bordo, in un contesto di isolamento fino alla stazione successiva». Sul treno, aggiunge Paolone, «non è possibile utilizzare neanche lo spray al peperoncino, come PolFer chiediamo che ci venga fornito quello in gel, utilizzabile in ambienti chiusi». A breve, dice il sindacalista, in dotazione dovrebbero arrivare anche 1800 teaser, «una soluzione ottimale in un contesto come quello del treno considerando che, secondo le statistiche, su 15 interventi in cui viene estratto il teaser, 14 volte vi è desistenza da parte di chi delinque alla sola vista dello strumento». Ma all’appello secondo il Sap mancano anche i giubbetti sottocamicia di protezione, più facilmente indossabili in un contesto operativo come quello ferroviario, rispetto al più pesante giubbotto antiproiettile, e dotazioni come i guanti antitaglio.

Controlli in stazione.

I PRIMI RINFORZI IN ARRIVO A DICEMBRE

A dicembre, intanto, dovrebbero arrivare ulteriori rinforzi, ma si tratta di un incremento parziale. «A dicembre di quest’anno» conferma Paolone, «saranno assegnati a livello nazionale 35 uomini alla PolFer. La città che riceverà più agenti sarà Milano perché ha avuto l’inaugurazione della stazione di Milano Rogoredo. Un ulteriore incremento avverrà poi nell’aprile 2020, con 80 uomini: di questi, 10 andranno a Roma». All’appello a quel punto ne mancheranno però ancora quasi 700 per coprire in modo adeguato treni e posti di vigilanza.

LEGGI ANCHE: I problemi dei vigili del fuoco, dalla carenza d’organico ai mezzi inadeguati

SILP: «ANCHE LA POLFER SOFFRE LA CARENZA DI ORGANICO»

Vero è che l’episodio del Frecciarossa, spiega Daniele Tassone, segretario generale del sindacato di polizia Silp Cgil, poteva accadere in qualsiasi contesto: in una discoteca o un supermercato. «Non ha senso dal nostro punto di vista dire che quel treno avesse una particolare criticità», dice a Lettera43.it. «Alcuni treni più di altri sono presidiati dalle scorte della polizia ferroviaria: la scelta è legata a variabili come il numero di viaggiatori presenti, gli orari, le denunce di reati segnalati in quella tratta. I numeri, aggiunge Tassone, «dicono che a oggi non ci può essere una pattuglia a bordo di ogni treno o un presidio PolFer in ognuna delle 2.700 stazioni ferroviarie italiane». Questo perché la polizia ferroviaria «soffre delle carenze di organico di tutta la polizia e delle forze dell’ordine». Come ha denunciato recentemente e più volte anche il prefetto Franco Gabrielli, la polizia ha oggi poco meno di 99 mila uomini rispetto ai 117 mila previsti e ai 106 mila che poi la legge Madia ha certificato. «Nello specifico», conclude il rappresentante Silp, «occorre implementare gli uffici della PolFer nelle stazioni e nelle tratte ove il numero di viaggiatori è maggiore, tenendo conto che si tratta di una situazione in mutamento perché una tratta ferroviaria oggi frequentata domani può diventare secondaria e viceversa».

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La polemica meteo su Venezia coccolata e Matera discriminata

Attacchi via social alla Serenissima sotto i riflettori della destra e della stampa. Mentre il Sud colpito dal maltempo viene considerato «una Cenerentola di cui prende le difese la sinistra». E pure Di Maio si schiera: «No a regioni di serie B».

Neanche sotto il “flagello” del maltempo l’Italia riesce a trovare unità. Anzi: ne approfitta per rimarcare le differenze, in questo caso tra Nord e Sud. Venezia è travolta dall’acqua alta? E allora Matera? E allora il Mezzogiorno? Una polemica che il Paese dei campanili ha cavalcato anche e soprattutto sui social.

DISPUTA FRA MALTEMPO “DI DESTRA” E “DI SINISTRA”

Non soltanto una questione puramente geografica: si tratta di una disputa tra una sorta di “maltempo di sinistra“, cioè quello di Matera, contro il meteo avverso a Venezia che, considerando la Regione da anni governata dai leghisti, diventa di “destra” nello scontro sul web.

IN DIFESA DELLA CAPITALE DELLA CULTURA

Tra post e commenti su Twitter e Facebook molti utenti hanno ribadito la convinzione che Venezia sia una città «coccolata dalla destra», ma anche dalla stampa mainstream, con raccolta di fondi e continui appelli «a non abbandonarla», mentre Matera, nonostante sia capitale della cultura, resta la Cenerentola di cui «prende le difese la sinistra».

Tutti si mobilitano per Venezia: soldi alle aziende, soldi ai cittadini, Iban per raccolta fondi. E Matera?


Un utente sui social

Qualche esempio: «Danni ingenti a tutto il Sud, ma pare non importi a nessuno», ha scritto un account. E un tale Mike ha postato: «Non me ne frega un c… di #Venezia, tutti si mobilitano: soldi alle aziende, soldi ai cittadini, Iban per raccolta fondi in tutti i telegiornali. In questa foto non è ritratta Venezia, bensì #Matera! Non se ne è preoccupato nessuno! Il #Maltempo al Sud non fa rumore!».

ATTACCHI CONTRO MATTEO SALVINI E MARA VENIER

Gli strali dei pro Matera se la sono presa con i politici, anche con Matteo Salvini che, secondo Luisa, «preferisce farsi fotografare nell’acqua alta di Piazza San Marco. Perché del Sud non gliene frega nulla, lo ribadisco ai meridionali che lo osannano». Qualcuno ha azzardato persino previsioni nefaste come «tanto Venezia è destinata a essere sommersa, meglio salvare Matera». Altri hanno attaccato Mara Venier che a Domenica In «parla di Venezia perché è veneziana».

ARRIVA PURE DI MAIO A FARE L’INDIGNATO

In mezzo a questa “indignazione” è arrivato anche il post del ministro degli Esteri Luigi Di Maio: «Venezia è nel dramma, ma non solo Venezia. Altre città e Regioni sono state travolte dal maltempo. Penso alla Basilicata con Matera, la capitale europea della cultura, penso alla Puglia, alla Calabria, alla Sicilia. E nessuno ne parla. Nessuno», ha scritto su Facebook puntando il dito contro quello che considera una sorta di black out mediatico a sfavore del maltempo al Sud.

Non esistono regioni di serie B, dobbiamo occuparci di ogni singolo italiano


Luigi Di Maio

Poi il capo politico del Movimento 5 stelle ha concluso così: «Non esistono regioni di serie B, dobbiamo occuparci di ogni singolo italiano, di ogni singola famiglia, di ogni singolo lavoratore, di ogni singolo commerciante. L’Italia sia unita, perché unita trova la sua forza». Anche se sui social è riuscita a dividersi pure per questioni di meteo.

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Le aziende dell’indotto minacciano ritiro operai dall’ArcelorMittal

Le ditte appaltatrici pronte a incrociare le braccia. Gli autotrasportatori invece hanno intenzione di bloccare le portinerie di ingresso e uscita delle merci. E Di Maio invita i vertici dell’ex Ilva al tavolo della trattativa.

Anche le aziende dell’indotto-appalto contro ArcelorMittal. Nel caso in cui il colosso siderurgico non dovesse pagare le fatture arretrate si potrebbe procedere a un ritiro degli operai dai cantieri. A Taranto è sempre più spinoso il caso dell’ex Ilva. Tanto che, oltre alle aziende dell’indotto, anche gli autotrasportatori tarantini a minacciare l’azienda di bloccare le portinerie d’ingresso ed uscita merci dello stabilimento siderurgico nel caso in cui ArcelorMittal non dovesse saldare a stretto giro di posta le fatture di trasporti effettuati da agosto a oggi. A lanciare il guanto di sfida sono stati i sindacati che hanno anche spiegato come le imprese abbiano maturato un credito complessivo intorno ai 60 milioni.

DI MAIO INVITA MITTAL A RISEDERSI AL TAVOLO DELLE TRATTATIVE

Intanto Luigi Di Maio ha invitato ArcelorMittal a sedersi nuovamente al tavolo delle trattative. «Tutte le scelte che verranno fatte su Ilva derivano dal fatto che Mittal si risieda al tavolo. Qui stiamo parlando di una multinazionale che se ne va. Noi speriamo ci possa essere un incontro a Palazzo Chigi», ha spiegato il capo politico del M5s intervenuto a un incontro con gli attivisti di Acerra a Napoli. «La strada su cui stiamo puntando come governo è far desistere Mittal dall’andare via da Taranto per via giudiziarie. Abbiamo presentato un ricorso ed è su quello che in questo momento aspettiamo una risposta dai giudici», ha aggiunto. Sostenendo che l’esecutivo non possa «permettere a una multinazionale indiana di venire in Italia, firmare un contratto e un anno dopo dire che se ne va perché non gli sta più bene. Perché se lo permettiamo a questa multinazionale lo permettiamo a chiunque».

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Ecco quali sono le città dove si vive meglio in Italia

Trento è la provincia con la miglior qualità dei servizi. Male il Sud dove la prima città, Potenza, è al 69esimo posto. Chiude la classifica Agrigento.

Trento si aggiudica il podio 2019 per la città in cui si vive meglio. Lo dice la classifica annuale stilata da ItaliaOggi e Università La Sapienza con la collaborazione di Cattolica Assicurazioni. La provincia autonoma risulta al primo posto per gli affari, il lavoro, l’ambiente, l’istruzione, il tempo
libero e il turismo. Un amplein che fa da contraltare all’ultima posizione di Agrigento. Secondo quanto scrive ItaliaOggi la città siciliana è risultata carente quasi sotto tutti gli aspetti ad eccezione della dimensione demografica.

AL NORD SI VIVE MEGLIO CHE AL CENTRO E AL SUD

Le città del Nord su quelle in cui si vive meglio. Poi viene il Centro Italia e infine il Sud. Basti pensare che nelle prime 68 città della classifica non se ne trova nessuna del Mezzogiorno. Una classifica sintomatica di una Nazione che ancora una volta sembra spaccata in due. Va detto inoltre che nelle piccole province si vive meglio che in quelle grandi e le città minori risultano più vivibili di quelle grandi seppur con una flessione in positivo di queste ultime. Va comunque detto che nel 2019 la qualità della vita in Italia è complessivamente migliorata. Oggi sono 65 su 107 le province italiane in cui la qualità di vita è buona o accettabile, il miglior dato degli ultimi cinque anni.

LE PRIME DIECI POSIZIONI

Le prime dieci province in testa alla classifica per qualità della vita sono ancora una volta tutte al Nord. Dopo Trento seguono Pordenone, Sondrio, Verbano-Cusio-Ossola, Belluno, Aosta, Treviso, Cuneo, Udine e Bolzano, che scende dal primo al decimo posto rispetto al 2018. Per incontrare le prime province del Sud bisogna scorrere la classifica fino ad arrivare alla 69esima e 70esima posizione dove si trovano le lucane Potenza e Matera. Nel Mezzogiorno e nelle Isole 35 delle 38 province la qualità della vita è risultata scarsa o insufficiente.

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L’Italia stretta nella morsa del maltempo

Da Nord a Sud sono tante le criticità. A Venezia l’acqua è tornata a salire con il picco massimo in mattinata mentre sulle Alpi è caduta la neve. Diverse le esondazioni in Toscana. La situazione.

Neve, acqua alta, mareggiate, piogge torrenziali e venti forti. Non si ferma nemmeno domenica 17 novembre l’ondata di maltempo che sta imperversando sull’Italia. Sono 11 le regioni in allerta per rischio idrogeologico con le situazioni più critiche in Trentino Alto Adige e in Toscana

PERICOLO ALLUVIONI IN TOSCANA

A destare preoccupazioni in Toscana sono le condizioni dell’Arno. A Firenze la protezione civile sta monitoriando le sponde e ha invitato i cittadini a non sostare nelle vicinanze del fiume. Che al momento ha superato anche la seconda soglia di allerta. Il picco di piena è atteso intorno alle 12 con un livello di criticità intorno ai 5,5 metri. A Pontassieve è invece esondato il Sieve. Allerta massima anche a Pisa dove sui lungarni sono state montate delle paratie protettive e contenitive. Nel Livornese sono state evacuate 500 persone a causa della piena del Cecina.

LA NEVE BLOCCA L’ALTO ADIGE

Sin dalla notte tra sabato 16 e domenica 17 novembre i problemi maggiori si sono verificati in Alto Adige dove 11 mila famiglie sono rimaste corrente elettrica e una quarantina le strade sono state chiuse al traffico a causa delle abbondanti nevicate. È stata invece riaperta, dopo una momentanea chiusura, la linea ferroviaria del Brennero. Al contrario risulta chiusa sin dalla tarda mattinata di domenica l’autostrada del Brennero tra Bressanone e Vipiteno. Difficoltà anche nelle comunicazioni con Tim che ha parlato di situazione critica in particolare in Val Pusteria, Val Aurina e Val Badia. Alle 8.50 di domenica, in Val Martello, una valanga si è abbattuta su una zona abitata senza creare fortunatamente vittime.

LA SITUAZIONE IN VENETO

In Veneto non è la sola Venezia a essere stata messa in ginocchio dal maltempo. Le zone del litorale, dal Polesine al Trevigiano, stanno infatti combattendo con forti mareggiate. Lo stesso governatore Luca Zaia ha lanciato l’allarme. «Ricordiamoci che c’è tutta una regione che è martoriata, è in ginocchio. Il pensiero va alle località del litorale veneziano. Pensate a Chioggia, Caorle e Jesolo. Ma anche alla montagna dove ci sono problemi di viabilità e di isolamento di alcuni centri», ha spiegato aggiornando i veneti delle situazioni più critiche sul proprio profilo Facebook.

🔴 Notevoli i danni, che ho constatato questa mattina insieme ai titolari, a quel patrimonio artistico, culturale e identitaria che è l’antico Caffè Florian di piazza San Marco.

Posted by Luca Zaia on Saturday, November 16, 2019

DANNI AL CENTRO-SUD

La pioggia non hanno risparmiato nemmeno il Centro-Sud con Roma spazzata da forti raffiche di vento che ha costretto a oltre 200 interventi dei Vigili del Fuoco per alberi e rami caduti, danni ai tetti e infiltrazioni di acqua. Sempre nella Capitale, in via dei Cappuccini, una pianta si è abbattuta su una vettura al cui interno si trovava un uomo. L’automobilista è stato trasportato in codice rosso, ma non in pericolo di vita, all’ospedale. A causa della piena dell’Arno i lungarni di Pisa sono stati chiusi al traffico per montare delle paratie. Allagamenti anche a Napoli e in particolare nel Rione Sanità, mentre nel Casertano un cacciatore 74enne è stato salvato dalla piena del fiume Volturno straripato a causa delle forti piogge.

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Il vergognoso post di un consigliere laziale contro Ilaria Cucchi

Adriano Palozzi di Cambiamo!, con un passato in Forza Italia, ha scritto su Facebook: «Sfrutta il fratello tossico per avere successo». Dopo le critiche sono arrivate la rimozione del messaggio e le scuse.

Ilaria Cucchi «sfrutta il fratello tossico per il proprio successo». Questo era il messaggio contenuto nel vergognoso post di un consigliere regionale del Lazio di Cambiamo!, Adriano Palozzi, già Forza Italia, poi cancellato con tanto di scuse. Il post però è rimasto su Facebook abbastanza per circolare e indignare il web. Anche per i toni usati. Nel post Palozzi sosteneva che Cucchi «è stato maltrattato» e lo definiva «tossico». gettando un velo anche sulle condanne dei due carabinieri commentando: «Giuste? Bah».

L’OFFESA ALLA MEMORIA DI STEFANO: «ERA UN TOSSICO E PURE SPOCCHIOSO»

«Stefano Cucchi ha avuto finalmente giustizia (Bah)!» – aveva scritto Palozzi – «la sorella finalmente è soddisfatta e si lancia in una nuova e brillante carriera politica o nello spettacolo (insomma cerca un modo per guadagnare). Stefano Cucchi sarà anche stato maltrattato e per questo ci sono state delle condanne (giuste? Bah)! Va però ricordato che non parliamo di uno studente modello o di un bravo ragazzo di città, bensì di un tossico preso con 20 grammi di hashish e con alcune dosi di cocaina destinate evidentemente allo spaccio e pure abbastanza spocchioso».

LE SCUSE IN SERATA: «IMPOSSIBILE NON ESSERE FRAINTESI»

Il post, intitolato ‘Io non sto con Ilaria Cucchi’, si concludeva con l’attacco a Ilaria: «Per carità nessuno può morire e deve morire di botte, ma neanche può passare per vittima o per eroi lui e tanto meno la sorella che sta sfruttando il fratello tossico per il proprio successo!». In serata le parole sono state cancellate e sono arrivate le scuse: «Tolgo il post sulla vicenda Cucchi perché ormai su Facebook non è più possibile esprimere una opinione senza essere fraintesi o giudicati. Mi scuso con chi si è sentito offeso non era questo lo scopo!”. Ilaria Cucchi da sempre è oggetto di episodi di odio online. Anche dopo la sentenza di condanna dei due carabinieri. Un’altra esponente di Cambiamo! dopo la sentenza aveva sempre su Fb: «I carabinieri avranno anche sbagliato!!!!…. ma tuo fratello rimarrà sempre un drogato e spacciatore che uccideva altre persone …. Non c’è nulla da festeggiare!!!!! #ILARIACUCCHI Vergognati». «Parole vergognose», è stato il commento del segretario del Pd Lazio, senatore Bruno Astorre, sul post di Palozzi. «Non varrebbe la pena replicare né fare polemica con chi immagino sia in cerca di visibilità sfruttando il dramma di una famiglia. Voglio, tuttavia, ringraziare Ilaria Cucchi per aver combattuto una battaglia di civiltà, sui diritti che ha aiutato tutto il Paese a compiere passi avanti nelle coscienze di ciascuno perché lo Stato di diritto vale per tutti, anche per chi specula sui drammi».

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Per i disabili pure internet ha le sue invisibili barriere architettoniche

Nonostante la normativa italiana ed europea rimane ancora molto da fare per rendere internet fruibile da tutti. Eppure migliorarne l’accessibilità costituirebbe un arricchimento per l’intera comunità di utenti.

Acquistare un prodotto, prenotare un viaggio, effettuare un bonifico, scoprire quali opere d’arte potremmo ammirare in un certo museo. Per effettuare queste operazioni, ma anche molte altre, oggi non occorre più necessariamente recarsi in loco ma volendo si può stare comodamente a casa.

Basta disporre di un collegamento internet a cui accedere tramite il computer o uno smartphone. Ho appena scritto una bugia: non è sufficiente disporre di una buona connessione e di un efficiente dispositivo, bisogna anche essere messi nelle condizioni di poter entrare all’interno dei siti e delle pagine web tanto quanto di leggerne e comprenderne i loro contenuti.

Quando si parla di internet accessibile i primi utenti che ci vengono in mente sono le persone con disabilità visiva perché il mondo della Rete è composto in buona parte (ma non solo) da immagini e parole. In realtà questo tema non riguarda solo gli utenti ciechi e ipovedenti. L’accessibilità del web interessa anche le persone con disabilità motoria che devono essere messe nelle condizioni di poter navigare facilmente all’interno dei siti o delle pagine.

TUTTE LE DIFFICOLTÀ PER POTER ACCEDERE AI SERVIZI DELLA RETE

Io, ad esempio, per scrivere utilizzo la testa, non solo in senso metaforico: infatti indosso un caschetto da cui, in corrispondenza della fronte, esce un puntatore fisico con cui digito i tasti, opportunamente separati da una griglia di metallo. Come mouse uso il tastierino numerico.

La Rete dovrebbe poter essere fruibile anche da persone sorde e da chi ha difficoltà nella comprensione del linguaggio scritto e orale

Questo sistema di controllo del mouse unito alla scarsa precisione dei miei movimenti causata dal mio deficit motorio mi rende più difficoltoso, ad esempio, posizionare il cursore sui pulsanti virtuali di piccole dimensioni o rallenta la mia navigazione all’interno di un sito dove, per raggiungere l’informazione desiderata, devo cliccare su un infinito numero di link. Le informazioni che offre la Rete dovrebbero inoltre poter essere comprese e fruibili anche da persone sorde – pensiamo ai numerosi video che ormai sono parte integrante della comunicazione online – e da chi ha difficoltà nella comprensione del linguaggio scritto e orale.

L’OBBLIGO DI RENDERE FRUIBILI AI DISABILI I SITI VALE SOLO PER GLI ENTI PUBBLICI

Finora ho fatto riferimento solo alle persone disabili ma in realtà la questione riguarda tutti. Le pagine web dovrebbero poter essere fruibili anche dagli anziani, dagli stranieri che non conoscono la lingua usata nel sito che stanno visitando e da chiunque non abbia dimestichezza con l’uso di internet.

In Italia la legge Stanca impone a tutti gli enti pubblici o agli enti privati che abbiano contributi pubblici di sviluppare i loro siti internet in base a criteri di accessibilità ovvero in modo che risultino fruibili anche da coloro che utilizzano tecnologie assistive, cioè di supporto ad uno specifico tipo di disabilità.

L’Agid sta dedicando molti documenti all’accessibilità del web

Recentemente l’Agid (Agenzia per l’Italia digitale) ha emanato le nuove linee guida per aggiornare le procedure di creazione e manutenzione dei siti delle pubbliche amministrazioni e l’Edf (Forum europeo sulla disabilità) sta dedicando molti documenti all’accessibilità del web. L’obbligo di legge riguarda però solo gli enti pubblici, per quanto riguarda l’accessibilità di siti e pagine di enti privati si entra davvero nel World wild web.

CHI VENDE PRODOTTI ONLINE RINUNCIA A UNA LARGA FETTA DI CLIENTI

Avete mai visitato siti in cui ci fosse la possibilità di ingrandire la dimensione dei caratteri o dessero la possibilità di aumentare il contrasto di colore tra sfondo e caratteri? Vi è mai capitato di imbattervi in pagine che proponessero la traduzione dei video ivi pubblicati in Lis (Lingua italiana dei segni)? Pur navigando molto online i siti anche solo parzialmente accessibili li conto sulla punta delle dita.

Credo che l’estrema carenza di accessibilità online sia un grave deficit tanto per le persone con disabilità quanto per gli stessi enti privati che in questo modo rinunciano a una larga fetta di utenti

La prima volta che ho visto i simboli usati per indicare la possibilità di ingrandire la dimensione delle lettere e il contrasto tra colore e sfondo è stato in Superando.it, un sito interamente dedicato al mondo della disabilità. Credo che l’estrema carenza di accessibilità online sia un grave deficit tanto per le persone con disabilità, che si vedono negare il diritto di accesso alle informazioni, quanto per gli stessi enti privati che in questo modo rinunciano a una larga fetta di platea a cui far conoscere i loro prodotti o servizi.

Pensiamo al settore delle vendite online: se il sito che pubblicizza il prodotto a scopo di venderlo non è fruibile da persone con disabilità l’azienda perderà già in partenza questi potenziali clienti. Esattamente come succede a molti esercizi commerciali fisici che presentano barriere architettoniche. Non rendere accessibile lo spazio web dedicato alla propria ditta vuol dire fare autogoal!

UN SITO ACCESSIBILE SI POSIZIONA MEGLIO NEI MOTORI DI RICERCA

In Italia ci sono circa 4 milioni di cittadini disabili quindi si tratta di una possibile perdita molto ingente. Se tutto ciò è vero alle aziende bisognerebbe spiegare che curarsi dell’accessibilità dei loro siti web non è un solo un obbligo morale ma dovrebbe rientrare anche nel loro interesse. Un sito accessibile e ben curato, infatti, aumenta i visitatori e migliora il posizionamento sui motori di ricerca.

Yeah si occupa proprio di realizzare siti accessibili a tutti gli utenti e offrire consulenza per migliorare la fruibilità di quelli già esistenti

Yeah. Questa non è solo l’esclamazione che faremmo se tutte le aziende e i soggetti privati comprendessero l’importanza di offrire il loro contributo per la creazione di una rete davvero per tutti. È anche il ramo aziendale della cooperativa sociale Quid di Verona specializzato nella fornitura di servizi per l’accessibilità e l’inclusione di persone con disabilità.

Yeah si occupa proprio di realizzare siti accessibili a tutti gli utenti e offrire consulenza per migliorare la fruibilità di quelli già esistenti. Inoltre svolge corsi di formazione per enti pubblici e privati finalizzati migliorare i loro standard in materia. Ma penso che il progetto di questa cooperativa veronese sia importante anche e soprattutto per il messaggio che sta alla base della loro attività e cioè che garantire uno spazio web accessibile è un guadagno per tutti.

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Stupro di Viterbo, condannati i due ex militanti di CasaPound

Erano accusati di aver fatto ubriacare, picchiato e violentato una 36enne in un pub considerato luogo di ritrovo dell’estrema destra. Il giudice ha inflitto 3 anni a Francesco Chiricozzi e 2 anni e 10 mesi a Riccardo Licci, disponendo anche un risarcimento in favore della vittima pari a 40 mila euro.

Erano accusati di aver stuprato lo scorso aprile una donna di 36 anni in un pub di Viterbo riprendendo la violenza con il telefonino. Ora per i due ex militanti di CasaPound è arrivata la condanna. In abbreviato, il giudice ha inflitto 3 anni a Francesco Chiricozzi e 2 anni e 10 mesi a Riccardo Licci, disponendo anche un risarcimento in favore della vittima pari a 40 mila euro.

«VIOLENZA CONTINUA E RIPETUTA»

Dal 13 settembre i due erano agli arresti domiciliari con l’applicazione del braccialetto elettronico. L’accusa era di aver fatto ubriacare la donna, di averla picchiata fino a farle perdere i sensi, di averla violentata per ore, prima l’uno e poi l’altro, riprendendo la scena con i telefonini. Agli atti dell’inchiesta ci sono tre video e quattro foto con l’orrore della violenza. «Le immagini sono agghiaccianti», hanno più volte ripetuto gli investigatori, «una violenza continua e ripetuta».

LA RICOSTRUZIONE DEL GIP

In base alla ricostruzione contenuta nell’ordinanza firmata dal Gip, la donna «intorno alle 23 dell’11 aprile, dopo avere consumato una birra al bancone, si era seduta al tavolo per ordinare una pizza intrattenendosi a conversare con i due ragazzi che nel prosieguo l’avevano invitata a seguirli per continuare a bere gratuitamente nell’altro pub di loro proprietà». Il posto è l’Old Manners tavern, un locale che è registrato come associazione sportiva ma in realtà è considerato uno dei luoghi di ritrovo di Casapound, di cui i due avevano le chiavi. Dopo avere bevuto un superalcolico, la donna aveva subito la violenza dopo essere stata colpita con un pugno al volto sferrato da uno dei due che le ha causato una sorta di ‘black out’, «tale da offuscare ogni ricordo di quanto verificatosi», al punto che la donna non ha saputo spiegare «neppure come fosse tornata nella sua abitazione», dove si era «svegliata il mattino seguente completamente vestita e dolorante». In realtà all’alba i due l’avevano lasciata sotto la sua abitazione, minacciandola di non parlare e poi sono tornati a dormire come se nulla fosse accaduto.

IMMAGINI DIFFUSE IN ALMENO DUE CHAT DI WHATSAPP

Le immagini della violenza nei giorni successivi erano state inviate da Licci ad almeno due chat di whatsapp, così come emerge dall’ordinanza. All’epoca Chirizzozzi, 19 anni, era consigliere comunale di Vallerano, eletto con il movimento di estrema destra alle elezioni del 2018 prese il 21%, circa 300 voti. Ha anche dei precedenti: un‘aggressione a un ragazzo di sinistra, con il suo capogruppo ed ex candidato a sindaco, perché su Facebook aveva fatto ironia su un manifesto del movimento, un Daspo di 3 anni rimediato da ultrà della Viterbese, la ‘cacciata’ dal Blocco studentesco perché «troppo violento». Per Lecci, 21 anni, solo attacchinaggi e banchetti.

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