Mihajlovic dimesso dall’ospedale dopo il terzo ciclo di cure

L’allenatore del Bologna è alle prese con la leucemia. Ad attenderlo fuori dal reparto di ematologia dell’Ospedale Sant’Orsola c’era la moglie.

Di solito la parola “dimissioni” associata a un allenatore non ha mai un’accezione positiva. Per Sinisa Mihajlovic sì: perché si intendono quelle dall’ospedale dove era ricoverato per curarsi dalla leucemia. Il tecnico del Bologna ha terminato il terzo ciclo della terapia.

TRE FOTO CON LA MOGLIE ALL’USCITA

Ad annunciarlo, attraverso Instagram, è stata la moglie Arianna, che intorno alle 13 ha pubblicato tre foto che la ritraevano abbracciata al marito all’uscita del padiglione 8 di ematologia del Sant’Orsola di Bologna. «Più bella cosa non c’è. Back Home», è stato il messaggio allegato alle immagini che annunciava il ritorno a casa del serbo.

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Ex Ilva, le aziende dell’indotto minacciano il blocco delle attività

Le società degli appalti riprenderanno lo stop ai lavori alle 12 del 21 novembre se non arriveranno i pagamenti.

Le aziende degli appalti dell’acciaieria ex Ilva di Taranto «in assenza del saldo dei crediti riprenderanno con il blocco delle attività interne allo stabilimento a partire dalle 12 di domani». Lo indica Confindustria Taranto sottolineando che non c’è stato «nessun pagamento effettuato da parte di ArcelorMittal Italia alle aziende dell’indotto neanche in minima percentuale, contrariamente a quanto dichiarato dall’azienda nella serata di ieri a Confindustria e sindacati».

«NESSUN CREDITO È STATO SODDISFATTO»

«Nessun credito è stato soddisfatto neanche come anticipo rispetto alla mole creditizia maturata da parte delle aziende fornitrici», spiega Confindustria Taranto. «Le imprese, che da lunedì scorso continuano a tenere il presidio spontaneo e auto di tutto davanti allo stabilimento hanno assicurato già da ieri sera, accogliendo la richiesta di Confindustria Taranto, gli interventi necessari per la messa in sicurezza degli impianti». Tuttavia, avverte l’associazione degli industriali, «in assenza del saldo dei crediti riprenderanno con il blocco» da domani.

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Tassa sui rifiuti: a Nord tariffe più leggere, Catania la città più cara

Secondo le rilevazioni di Cittadinanzattiva la Tari in media ammonta a 300 euro. La regione più economica è il Trentino Alto Adige dove si spendono 190 euro l’anno, la più tartassata la Campania. La mappa.

L’immondizia costa, e pure parecchio. In media la tassa sui rifiuti nel 2019 (la Tari) è di 300 euro, ma le differenze da regione a regione sono piuttosto marcate. A spendere meno sono i cittadini del Trentino Alto Adige con 190 euro, i più tartassati quelli della Campania con 421 euro l’anno. Scendendo ai capoluoghi di provincia, a Catania la tassa arriva a 504 euro, la più alta d’Italia, con un aumento del 15,9% rispetto al 2018. Potenza, invece, è la città più economica con 121 euro e un decremento del 13,7% rispetto al 2018.

SMALTIRE I RIFIUTI COSTA MENO AL NORD

È questo il quadro che emerge dalla rilevazione dell’Osservatorio prezzi e tariffe della onlus Cittadinanzattiva. L’indagine sui costi sostenuti dai cittadini per lo smaltimento dei rifiuti in tutti i capoluoghi di provincia prende come riferimento nel 2019 una famiglia tipo composta da tre persone e una casa di proprietà di 100 metri quadri. A livello di aree geografiche, i rifiuti costano meno al Nord (in media 258 euro). Segue il Centro (299 euro), infine il Sud, il più costoso (351 euro).

A MATERA L’AUMENTO PIÙ CONSISTENTE

Analizzando le tariffe dei 112 capoluoghi di provincia, sono state riscontrati aumenti in circa la metà, 51 capoluoghi, tariffe stabili in 27 e in diminuzione in 34. A Matera si registra l’incremento più consistente (+19,1%), a Trapani il calo più netto (-16,8%). Le 10 città più costose per la tassa rifiuti dopo Catania sono Cagliari (490), Trapani (475), Benevento (471), Salerno (467), Napoli (455), Reggio Calabria (443), Siracusa (442), Agrigento (425), Messina (419). Quelle più economiche Potenza (121 euro), Udine (167), Belluno (168), Pordenone (181), Vibo Valentia (184), Isernia (185), Bolzano (186), Brescia (191), Verona (193), Trento e Cremona a pari merito (195).

LEGGI ANCHE: Rifiuti: Polonia e Italia divise da 45 tonnellate di plastica

LA CLASSIFICA DELLE REGIONI

Tra le regioni dove la tassa sui rifiuti è più leggera oltre il Trentino Alto Adige ci sono il Molise (219), la Basilicata (221), il Friuli Venezia Giulia (228), il Veneto (234), le Marche (235), la Lombardia (241), l’Emilia-Romagna (274), la Valle d’Aosta (275), il Piemonte (276), la Calabria (296), l’Umbria (301), la Toscana (323), il Lazio (325), l’Abruzzo (326), la Liguria (333), la Sardegna (345), la Puglia (373), la Sicilia (394) e maglia nera la già citata Campania (421). La Tari è diminuita in Lazio (-2%, con Roma che cala del 4,1%), l’Emilia-Romagna con un -0,8%, le Marche (-1,4%), la Sicilia (-1,3%) e la Valle d’Aosta con un calo del 2,3%. 

CITTADINANZATTIVA: «IN MOLTE AREE RITARDI E INEFFICIENZE»

«In tema di smaltimento dei rifiuti continuano a registrarsi in molte aree del Paese ritardi e inefficienze», spiega Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva, «e la transizione verso uneconomia circolare, prevista dalla strategia 2020, sembra essere ancora lontana». Si continua a registrare, continua Gaudioso, «una modalità di calcolo dei costi che non tiene conto dei rifiuti realmente prodotti e quindi non incentiva il cittadino a cambiare i propri comportamenti. Molto marcate sono le differenze territoriali, non solo in termini di costi del servizio, ma anche di qualità: vivere in una città anziché un’altra può voler dire disporre di un servizio gestione rifiuti costoso e insoddisfacente».

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Sorpresa: in Italia i matrimoni sono in crescita

Nel 2018 sono state celebrate 195.778 nozze, quasi 4.500 in più rispetto all’anno precedente (+2,3%). Rito civile al Nord, al Sud prevale quello religioso. E l’età media continua ad alzarsi.

Strano ma vero, in Italia secondo l’Istat i matrimoni sono in crescita. Le nozze celebrate nel 2018 sono state infatti 195.778, circa 4.500 in più rispetto al 2017, con un incremento del 2,3%. Il dato, tuttavia, è nettamente più basso rispetto al 2008, quando i matrimoni furono 246.613.

Il 50,1% delle nozze celebrate nel 2018 si è svolto con rito civile, formula che nel Nord Italia rappresenta ormai il 63,9% del totale. Al Sud, invece, due matrimoni su tre (il 69,6%) si celebrano in chiesa. E alla tradizione restano legati i più giovani, visto che la percentuale degli under 30 che scelgono il rito civile (24,8%) è inferiore a quella di chi si sposa in età più matura (37,8%).

Degli oltre 195 mila matrimoni, il 17,3% del totale ha avuto almeno uno degli sposi straniero. E prosegue la tendenza a sposarsi sempre più tardi. Attualmente gli uomini al primo matrimonio hanno in media 33,7 anni e le donne 31,5. Rispettivamente 1,6 e 2,1 anni in più rispetto al 2008.

Le seconde nozze o successive, dopo una fase di crescita rilevata negli ultimi anni dovuta anche all’introduzione del divorzio breve, rimangono invece stabili. L’incidenza sul totale dei matrimoni raggiunge il 19,9%.

Per quanto riguarda invece le unioni civili, le coppie dello stesso sesso che nel 2019 hanno deciso di registrarsi sono state 2.808. Confermata la prevalenza maschile (64,2%) e del Nord-Ovest come area geografica (37,2%).

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Sorpresa: in Italia i matrimoni sono in crescita

Nel 2018 sono state celebrate 195.778 nozze, quasi 4.500 in più rispetto all’anno precedente (+2,3%). Rito civile al Nord, al Sud prevale quello religioso. E l’età media continua ad alzarsi.

Strano ma vero, in Italia secondo l’Istat i matrimoni sono in crescita. Le nozze celebrate nel 2018 sono state infatti 195.778, circa 4.500 in più rispetto al 2017, con un incremento del 2,3%. Il dato, tuttavia, è nettamente più basso rispetto al 2008, quando i matrimoni furono 246.613.

Il 50,1% delle nozze celebrate nel 2018 si è svolto con rito civile, formula che nel Nord Italia rappresenta ormai il 63,9% del totale. Al Sud, invece, due matrimoni su tre (il 69,6%) si celebrano in chiesa. E alla tradizione restano legati i più giovani, visto che la percentuale degli under 30 che scelgono il rito civile (24,8%) è inferiore a quella di chi si sposa in età più matura (37,8%).

Degli oltre 195 mila matrimoni, il 17,3% del totale ha avuto almeno uno degli sposi straniero. E prosegue la tendenza a sposarsi sempre più tardi. Attualmente gli uomini al primo matrimonio hanno in media 33,7 anni e le donne 31,5. Rispettivamente 1,6 e 2,1 anni in più rispetto al 2008.

Le seconde nozze o successive, dopo una fase di crescita rilevata negli ultimi anni dovuta anche all’introduzione del divorzio breve, rimangono invece stabili. L’incidenza sul totale dei matrimoni raggiunge il 19,9%.

Per quanto riguarda invece le unioni civili, le coppie dello stesso sesso che nel 2019 hanno deciso di registrarsi sono state 2.808. Confermata la prevalenza maschile (64,2%) e del Nord-Ovest come area geografica (37,2%).

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Barillari e il dossier bomba del neofascista Paliani contro Zingaretti

Un sindacalista di Avanguardia nazionale finito agli arresti. Stava raccogliendo informazioni sul segretario Pd e aveva coinvolto il consigliere regionale del M5s.

Un dossieraggio contro Nicola Zingaretti, presidente della regione Lazio e attuale segretario del Partito democratico. Questo stava macchinando, secondo le carte di un’inchiesta della procura di Roma, Andrea Paliani, sindacalista del «sindacato italiano confederazione europea del lavoro» e pure esponente neofascista di Avanguardia nazionale finito agli arresti, secondo quanto riporta il quotidiano Sole 24 Ore. Per il suo obiettivo – attaccare il sistema di clinichhe private accreditate della compagnia Ini spa, Paliani aveva puntanto al presidente della Regione e cercato di coinvolgere e trovato l’apparente sostegno del consigliere regionale M5s Davide Barillari e parlato anche con Mario Borghezio, europarlamentare della Lega. spiegando di avere informazioni sul segretario Pd.

«MO’ DISTRUGGE PURE IL PD»

«Qui tra poco scoppia la bomba contro Nicola Zingaretti», dice Paliani nelle intercettazioni rivelate dal quotidiano salmonato che spiega come il neofascista avesse tentato di arrivare al ministro della Sanità Giulia Grillo attraverso il consigliere M5s. .«Quindi tra poco scoppia la bomba penso…che con questa penso Zingaretti…il Pd…mo distrugge pure il Pd… Questa storia del milione di euro noi la conosciamo perché come danno i soldi questi in giro no! Con la sanità privata, con le porcate loro e questa è la verità», spiega parlando con Barillari che risponde: «Si, si». Il consigliere pentastellato, spiega Il Sole 24 Ore, dichiara di essere intenzionato a mandare gli ispettori all’Ini. E Paliani lo incita: «Li fai male anche a Zingaretti, capito? Che quelli sono gli amici suoi quelli della Asl». Con il sindacalista sono stati arrestati Giuseppe Costantino e Alessandro Tricarico, rispettivamente maresciallo dei carabinieri e consulente del lavoro. de gruppo Ini.

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Barillari e il dossier bomba del neofascista Paliani contro Zingaretti

Un sindacalista di Avanguardia nazionale finito agli arresti. Stava raccogliendo informazioni sul segretario Pd e aveva coinvolto il consigliere regionale del M5s.

Un dossieraggio contro Nicola Zingaretti, presidente della regione Lazio e attuale segretario del Partito democratico. Questo stava macchinando, secondo le carte di un’inchiesta della procura di Roma, Andrea Paliani, sindacalista del «sindacato italiano confederazione europea del lavoro» e pure esponente neofascista di Avanguardia nazionale finito agli arresti, secondo quanto riporta il quotidiano Sole 24 Ore. Per il suo obiettivo – attaccare il sistema di clinichhe private accreditate della compagnia Ini spa, Paliani aveva puntanto al presidente della Regione e cercato di coinvolgere e trovato l’apparente sostegno del consigliere regionale M5s Davide Barillari e parlato anche con Mario Borghezio, europarlamentare della Lega. spiegando di avere informazioni sul segretario Pd.

«MO’ DISTRUGGE PURE IL PD»

«Qui tra poco scoppia la bomba contro Nicola Zingaretti», dice Paliani nelle intercettazioni rivelate dal quotidiano salmonato che spiega come il neofascista avesse tentato di arrivare al ministro della Sanità Giulia Grillo attraverso il consigliere M5s. .«Quindi tra poco scoppia la bomba penso…che con questa penso Zingaretti…il Pd…mo distrugge pure il Pd… Questa storia del milione di euro noi la conosciamo perché come danno i soldi questi in giro no! Con la sanità privata, con le porcate loro e questa è la verità», spiega parlando con Barillari che risponde: «Si, si». Il consigliere pentastellato, spiega Il Sole 24 Ore, dichiara di essere intenzionato a mandare gli ispettori all’Ini. E Paliani lo incita: «Li fai male anche a Zingaretti, capito? Che quelli sono gli amici suoi quelli della Asl». Con il sindacalista sono stati arrestati Giuseppe Costantino e Alessandro Tricarico, rispettivamente maresciallo dei carabinieri e consulente del lavoro. de gruppo Ini.

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Il mandante dell’omicidio di Daphne Caruana Galizia è stato arrestato

Si tratta di Yorgen Fenech, l’uomo d’affari su cui indagava la giornalista di Malta. Stava cercando di scappare in yacht.

Poche ore dopo la promessa di grazia chiesta dal premier maltese Joseph Muscat al presunto mediatore dell’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia, è stato arrestato il businessman Yorgen Fenech, uno dei più noti imprenditori di Malta. Era a bordo del suo yacht, intercettato e bloccato dalle forze armate maltesi (Afm) mentre cercava di uscire dalle acque territoriali, dopo aver saputo che il presunto intermediario lo aveva indicato come mandante. Lo riferisce il Times of Malta. Fenech è anche il titolare del fondo segreto 17 Black su cui aveva indagato la giornalista uccisa con un’auto bomba il 16 ottobre 2017.

L’ARRESTO DEL PRESUNTO INTERMEDIARIO

Giovedì scorso era stato arrestato nell’ambito di un’altra indagine un uomo che aveva confessato di essere l’intermediario tra i mandanti dell’omicidio della giornalista e i presunti autori materiali arrestati già due mesi dopo l’assassinio: Vincent Muscat e i fratelli Alfred e George Degiorgio. I suoi avvocati avevano fatto sapere che avrebbe parlato in cambio di un condono tombale di tutti i suoi reati, da ottenere tramite una grazia presidenziale che a Malta soltanto il primo ministro ha il potere di raccomandare al Presidente della Repubblica. Ed il premier Muscat, dopo una consultazione con il Procuratore generale e il capo della polizia, ha annunciato di aver «deciso da solo», ovvero senza consultazione del gabinetto, per il sì: proporrà la grazia, ma a condizione che l’uomo fornisca elementi decisivi e prove certe valide in tribunale, per l’incriminazione del mandante dell’assassinio di Caruana Galizia.

I DUBBI SULLA CREDIBILITÀ DELLA GOLA PROFONDA

Ufficialmente il nome dell’aspirante ‘gola profonda‘ è secretato e l’uomo è tenuto sotto massima protezione in una località segreta, ma l’edizione online di Malta Today ha fatto il nome di tale Melvin Theuma, un tassista maltese con diversi precedenti nel campo dell’usura. Quali siano le ramificazioni della sua attività, in un campo, quello del riciclaggio, in cui a Malta sono risultati coinvolti esponenti legati a ogni mafia, sono tutte da verificare. E sono in molti sui social ad avanzare il sospetto che Theuma stia facendo nomi di comodo.

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Il mandante dell’omicidio di Daphne Caruana Galizia è stato arrestato

Si tratta di Yorgen Fenech, l’uomo d’affari su cui indagava la giornalista di Malta. Stava cercando di scappare in yacht.

Poche ore dopo la promessa di grazia chiesta dal premier maltese Joseph Muscat al presunto mediatore dell’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia, è stato arrestato il businessman Yorgen Fenech, uno dei più noti imprenditori di Malta. Era a bordo del suo yacht, intercettato e bloccato dalle forze armate maltesi (Afm) mentre cercava di uscire dalle acque territoriali, dopo aver saputo che il presunto intermediario lo aveva indicato come mandante. Lo riferisce il Times of Malta. Fenech è anche il titolare del fondo segreto 17 Black su cui aveva indagato la giornalista uccisa con un’auto bomba il 16 ottobre 2017.

L’ARRESTO DEL PRESUNTO INTERMEDIARIO

Giovedì scorso era stato arrestato nell’ambito di un’altra indagine un uomo che aveva confessato di essere l’intermediario tra i mandanti dell’omicidio della giornalista e i presunti autori materiali arrestati già due mesi dopo l’assassinio: Vincent Muscat e i fratelli Alfred e George Degiorgio. I suoi avvocati avevano fatto sapere che avrebbe parlato in cambio di un condono tombale di tutti i suoi reati, da ottenere tramite una grazia presidenziale che a Malta soltanto il primo ministro ha il potere di raccomandare al Presidente della Repubblica. Ed il premier Muscat, dopo una consultazione con il Procuratore generale e il capo della polizia, ha annunciato di aver «deciso da solo», ovvero senza consultazione del gabinetto, per il sì: proporrà la grazia, ma a condizione che l’uomo fornisca elementi decisivi e prove certe valide in tribunale, per l’incriminazione del mandante dell’assassinio di Caruana Galizia.

I DUBBI SULLA CREDIBILITÀ DELLA GOLA PROFONDA

Ufficialmente il nome dell’aspirante ‘gola profonda‘ è secretato e l’uomo è tenuto sotto massima protezione in una località segreta, ma l’edizione online di Malta Today ha fatto il nome di tale Melvin Theuma, un tassista maltese con diversi precedenti nel campo dell’usura. Quali siano le ramificazioni della sua attività, in un campo, quello del riciclaggio, in cui a Malta sono risultati coinvolti esponenti legati a ogni mafia, sono tutte da verificare. E sono in molti sui social ad avanzare il sospetto che Theuma stia facendo nomi di comodo.

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«Il Morandi è a rischio crollo»: il documento del 2014 ignorato da Aspi e Atlantia

Secondo Repubblica, gli investigatori sarebbero in possesso di un rapporto che dava l’allarme sulle condizioni del Ponte tra il 2014 e il 2016.

Un documento ritrovato nel registro digitale di Atlantia dalla Guardia di Finanza parla esplicitamente di «rischio crollo» per il Ponte Morandi dal 2014 al 2016. La valutazione si è trasformata, dal 2017, in «rischio di perdita di stabilità». Lo fa sapere Repubblica.

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Come costi e burocrazia soffocano la musica dal vivo nei locali

La Fipe, Federazione italiana dei pubblici esercizi, ha presentato una serie di proposte per valorizzare i locali. Sul tavolo sgravi fiscali, depenalizzazione del reato di disturbo della quiete e migliore disciplina Siae.

Depenalizzare il reato di disturbo della quiete e del riposo delle persone, prevedere sgravi fiscali per i locali che intendono adeguarsi alla normativa sull’impatto acustico, ridurre i costi della Siae per i giovani artisti e sottrarre la disciplina sugli spettacoli al controllo del Ministero degli interni. Sono le proposte illustrare dal consigliere delegato di Fipe, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, Rodolfo Citterio, nel corso di un incontro per valorizzare i locali e la musica dal vivo, che mirano a consolidare un settore fondamentale che muove un volume d’affari di un miliardo di euro l’anno.

LA BUROCRAZIA DIETRO LE PERFORMANCE

«Negli ultimissimi anni sono spuntati troppi paletti che rendono impossibile, per chi gestisce un bar o un ristorante, organizzare spettacoli dal vivo», ha spiegato Citterio, «basta che ci sia un piccolo palco o che sia previsto un sovrapprezzo per la prima consumazione ed ecco che una performance live in un locale da 150 persone viene equiparato a un vero e proprio concerto in piazza. Un’assurdità che penalizza anche i giovani talenti che spesso vedono in queste serate un trampolino di lancio».

SPOSTARE GLI SPETTACOLI DAL MINISTERO DEGLI INTERNI

Per Citterio «bisogna spostare la disciplina degli spettacoli in un altro ministero che non sia quello degli Interni, altrimenti continueranno ad essere vissuti solo come tema di ordine pubblico. Ma soprattutto occorre lavorare sugli incentivi economici». Fipe si è augurata che «il governo come anche i Comuni faccia la loro parte, prendendo spunto da Bologna e Milano che da anni stanno lavorando molto bene, tanto che su 3 mila spettacoli musicali organizzati in Italia nel 2017, mille si sono svolti in provincia di Milano».

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Sciopero di 24 ore del trasporto aereo il 13 dicembre

I sindacati hanno proclamato la sospensione dal lavoro per protestare contro la mancanza di sviluppi sul fronte Alitalia e la mancata applicazione del contratto e di nuovi finanziamenti per il fondo solidarietà.

Uno sciopero di 24 ore alle porte del periodo natalizio. Il 19 novembre i sindacati del trasporto aereo hanno annunciato la sospensione dal lavoro per la giornata del 13 dicembre. Le motivazioni? La crisi infinita di Alitalia – sul salvataggio della quale proprio lo stesso giorno Atlantia ha tirato il freno a mano -, e la mancanza di condizioni uguali per i lavoratori del settore. Per questo nell’annunciare lo sciopero Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl Trasporto aereo chiedono anche a tutte le aziende l’applicazione del contratto di settore, e il rifinanziamento del Fondo di Solidarietà.

LEGGI ANCHE: Atlantia frena sull’offerta ad Alitalia

«I PROBLEMI DI ALITALIA SONO IMMUTATI»

Lo sciopero, che fa seguito a quello di 4 ore dello scorso 26 luglio, è proclamato «a seguito della grave crisi che imperversa nel settore del Trasporto aereo e per il proliferare di situazioni fallimentari, in alcuni casi della stessa impresa più volte nel tempo, come nella vicenda Alitalia». «Permangono immutate», si legge nella proclamazione, «tutte le problematiche che hanno determinato la crisi della principale compagnia italiana, ovvero il gruppo Alitalia in amministrazione straordinaria, e non sussistono al momento certezze, al di là delle dichiarazioni di intenti, circa il fatto che essa si possa concludere senza impatti sul fronte del lavoro, in termini di esuberi di lavoratori e lavoratrici e di paventati quanto insostenibili tagli al costo del lavoro, sia per i dipendenti diretti della compagnia che per quelli delle imprese dell‘indotto, effetti «inaccettabili» che i sindacati «ribadiscono ancora una volta di non voler minimamente accettare».

CHIESTA UNA RIFORMA COMPLESSIVA DEL COMPARTO

Alitalia «sta attualmente applicando la Cigs ad oltre 1000 lavoratori del personale di terra e di volo, oltre a presentare una serie di criticità contrattuali non risolte», ricordano i sindacati, evidenziando che questo aggrava «un quadro già altamente critico in termini di incertezza rispetto al futuro aziendale ed al piano industriale della nuova Alitalia» su cui le quattro sigle «chiedono, inascoltate, da mesi l’avvio di un confronto». Oltre a questo, c’è «la non più procrastinabile necessità di dare finalmente corso ad una profonda riforma del comparto del Trasporto Aereo, intervenendo sulle asimmetrie competitive che penalizzano da anni le imprese italiane». «Permane infine – concludono i sindacati – la necessità di prevedere una adeguata e strutturale alimentazione del Fondo di Solidarietà del Trasporto Aereo, in prospettiva dell’avvicinarsi di un altro possibile pesante aggravamento della crisi del settore».

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L’Italia sempre più colpita da eventi meteorologici estremi

Nel 2018 sono stati 148, con un bilancio di vittime e danni di gran lunga superiore rispetto agli ultimi cinque anni. Cosa dice il rapporto “Il clima è già cambiato” di Legambiente.

Il clima è già cambiato e sta mettendo in difficoltà le città italiane da Nord a Sud. Soltanto nel 2018 il nostro Paese è stato colpito da 148 eventi meteorologici estremi, che hanno causato 32 vittime e oltre 4.500 sfollati. Un bilancio di gran lunga superiore alla media degli ultimi cinque anni.

I numeri più aggiornati sono contenuti nel rapporto 2019 dell’Osservatorio CittàClima di Legambiente, intitolato per l’appunto Il clima è già cambiato e realizzato in collaborazione con Unipol. L’impatto del cambiamento climatico mostra chiaramente l’urgenza di quella che l’associazione definisce una «nuova politica di adattamento», e di interventi per fermare il dissesto idrogeologico.

Dal 2010 in poi i Comuni italiani che hanno subito danni rilevanti a causa del maltempo sono stati 350, con 563 eventi meteorologici estremi che hanno causato, tra le altre cose, 73 giorni di stop a metro e treni e 72 giorni di blackout. Le città colpite dal maggior numero di eventi estremi sono state Roma (33), Milano (25), Genova (14), Napoli (12), Palermo (12), Catania (9), Bari (8), Reggio Calabria (8) e Torino (7).

Gli eventi meteorologici estremi che hanno colpito l’Italia tra il 2010 e il 2018 (fonte: Legambiente).

TEMPERATURE IN CONTINUA CRESCITA

Il rapporto CittàClima 2019 evidenzia poi come la temperatura nelle nostre città sia in continua crescita, e a ritmi maggiori rispetto al resto del Paese: la media nazionale delle aree urbane è di +0,8 gradi centigradi nel periodo 2001-2018 rispetto alla media del periodo 1971-2000. Con picchi particolarmente elevati a Milano (+1,5 gradi), Bari (+1) e Bologna (+0,9).

ALLAGAMENTI, TROMBE D’ARIA E FRANE

Nei 350 Comuni Italiani colpiti da eventi estremi si sono verificati 211 allagamenti da piogge, 193 danni alle infrastrutture, 123 trombe d’aria, 75 esondazioni fluviali, 20 frane e 14 danni al patrimonio da piogge intense. Il maggior numero di danni alle infrastrutture si è verificato a Roma con 11 eventi, seguita da Napoli con 8 e da Genova, Palermo e Reggio Calabria con 6. A Milano, invece, è record di esondazioni fluviali: 18 negli ultimi 10 anni.

IL NODO DELL’ACCESSO ALL’ACQUA

L’accesso all’acqua è un altro problema rilevante. In una prospettiva di lunghi periodi di siccità, rischia di diventare sempre più difficile da garantire. La situazione è complicata anche oggi. Basti pensare che nel 2017 nei quattro principali bacini idrografici italiani (Po, Adige, Arno e Tevere) le portate medie annue hanno registrato una riduzione media complessiva del 39,6% rispetto alla media del trentennio 1981-2010.

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Il 2018 anno record per i femminicidi: tre donne ammazzate ogni settimana

Nel 32,8% dei casi i moventi sono gelosia e possesso. In aumento le denunce. Una vittima su quattro è straniera, una su tre anziana.

Tre donne uccise ogni sette giorni. Secondo il rapporto Eures il 2018 è stato l’anno tristemente record per i femminicidi, con 142 donne ammazzate per violenza di genere. I moventi principali degli omicidi restano «gelosia e possesso» sono ancora i moventi principali (32,8%), e sono state 119 (85,1%) le donne uccise in famiglia. Ma non sono questi gli unici dati allarmanti: in aumento anche le denunce per violenza sessuale (+5,4%), stalking (+4,4%) e maltrattamenti in famiglia (+11,7%). Anche nel 2018 la percentuale più alta dei femminicidi familiari è commessa all’interno della coppia, con 78 vittime pari al 65,6% del totale (+16,4% rispetto alle 67 del 2017): in 59 casi (pari al 75,6%) si è trattato di coppie “unite” (46 tra coniugi o conviventi), mentre 19 vittime (il 24,4% di quelle familiari) sono state uccise da un ex partner.

ANZIANA PIÙ DI UNA SU TRE, STRANIERA UNA SU QUATTRO

Ancora in aumento, nel 2018, anche il numero delle donne anziane vittime di femminicidio (48 le ultrasessantaquattrenni uccise nel 2018, pari al 33,8% delle vittime), «confermando la fragilità di tale componente della popolazione» Si attesta infine al 24,4% la percentuale delle donne straniere tra le vittime di femminicidio (35 in valori assoluti, di cui 29 in ambito familiare). Il Nord conferma anche nel 2018 la più alta presenza di donne uccise (66, pari al 45% del totale italiano, di cui 56 in famiglia), mentre il 35,2% dei femminicidi si registra al Sud (50 casi, di cui 42 in famiglia) e il 18,3% nelle regioni del Centro (26 casi, di cui 21 in famiglia). Sono invece le armi da fuoco il principale strumento di morte, con 46 vittime a fronte delle 22 del 2017 e delle 33 nel 2016. Incrociando i dati dell’Eures con quelli forniti alla Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio da Linda Laura Sabbadini dell’Istat nel corso di un’audizione, si evince inoltre che quasi 3milioni e 700mila donne hanno interrotto una relazione (anche senza convivenza) «in cui subivano almeno un tipo di violenza fisica, sessuale o psicologica, di queste 1 milione separate o divorziate. Più di 2 milioni erano state vittime di violenza fisica o sessuale, tra le quali più di 600 mila separate oppure divorziate».

DONNE SEPARATE E DIVORZIATE PIÙ A RISCHIO VIOLENZA DA PARTE DELL’EX

Insomma, le donne separate o divorziate risultano essere più a rischio di violenza da parte dell’ex partner: il 36,6% infatti è stata vittima di violenza fisica o sessuale da parte del coniuge o convivente da cui si sono separate, contro una media del 18,9%. Focalizzando l’attenzione sugli ultimi 5 anni, sono 538 mila le donne vittime di violenza fisica o sessuale da ex partner anche non convivente. In questo gruppo sono 131 mila le separate o le divorziate. Il 65,2% delle donne separate e divorziate aveva figli al momento della violenza, che nel 71% dei casi hanno assistito alla violenza (il 16,3% raramente, il 26,8% a volte e il 27,9% spesso) e nel 24,7% l’hanno subita (l’11,8% raramente, l’8,3% a volte, il 4,7% spesso). Un quinto (24,4%) delle separate o divorziate si è recato presso le forze di polizia per denunciare la violenza, ma nel 60% dei casi non hanno firmato il verbale. Nel 4,7% dei casi si sono rivolte ai centri anti violenza o agli sportelli di aiuto contro la violenza, mentre il 13,2% di queste dichiara di non sapere della loro esistenza. Le violenze subite sono considerate gravi in quasi il 90% dei casi, molto gravi nel 62,9% dei casi e il 45,6% delle vittime ha subito ferite. Oltre la metà (53,9%) ha dichiarato di aver avuto paura per la propria vita o quella dei figli.

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Quanti sono e dove si trovano gli italiani detenuti all’estero

I cittadini incarcerati in altri Paesi sono oltre 2 mila. Di questi 1.113 sono ancora in attesa di giudizio. E 500 si trovano in condizioni dove non sono tutelati i diritti fondamentali. E la Farnesina presenta un vademecum.

Sono 2113 gli italiani detenuti all’estero, in 500 casi in Paesi il cui regime di detenzione è particolarmente duro e violento. Tra i detenuti 966 stanno scontando una condanna, 1.113 sono in attesa di giudizio e 34 in attesa di estradizione.

LA MAGGIOR PARTE DETENUTA IN PAESI UE

Nei Paesi dell’Unione Europea sono 1611 gli italiani detenuti, di questi 742 in Germania, 251 in Francia e 249 in Spagna. Nei Paesi europei extra Ue sono 120, sono 250 nelle Americhe, di cui 49 negli Usa, 40 in Perù e 10 in Venezuela. Sono inoltre 38 gli italiani detenuti in Medio Oriente, di cui 11 in Marocco e 9 negli Emirati Arabi. Infine 4 italiani sono detenuti nei Paesi dell’Africa Sub Sahariana e 90 tra Asia e Oceania, di cui 52 in Australia, 6 in Cina e 7 in Thailandia.

LEGGI ANCHE: La Cassazione conferma l’ergastolo per Cesare Battisti

QUALI SONO I CASI PIÙ DELICATI

I casi più difficili su cui la Farnesina è impegnata, ha sottolineato il Direttore Generale per gli Italiani all’Estero, Luigi Maria Vignali, presentando la guida per i detenuti all’estero, sono quello dell’imprenditore trentino Chico Forti condannato all’ergastolo negli Usa, per un omicidio che ha sempre dichiarato di non aver commesso; Giuseppe Lo Porto, 86 anni, cardiopatico, in carcere dal maggio nello stato dell’Alabama dove deve scontare due ergastoli; Fulgenzio Obiang Esono, ingegnere di 49 anni di origini equatoguineane, che le autorità della Guinea Equatoriale hanno condannato a 59 anni di prigione perché avrebbe organizzato o partecipato ad un presunto tentativo di golpe e infine Riccardo Capecchi, 41 anni, fotografo di Castiglione del Lago arrestato in Perù con l’accusa gravissima di traffico di droga.

LA FARNESIA E IL VADEMECUM PER GLI EXPAT ARRESTATI

Per loro la Farnesina ha messo a punto un vademecum sui loro diritti e doveri e sull’aiuto che, sia il detenuto che i suoi familiari, possono ricevere dalle Ambasciate e dai Consolati italiani. «I due terzi dei detenuti italiani all’estero», ha sottolineato il sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, presentando oggi la guida, «sono reclusi in carceri dell’Unione Europea dove le condizioni di vita e il rispetto dei diritti umani sono garantiti. Altri 500 invece vivono situazioni di gravi limitazione delle basilari libertà personali, in istituti sovraffollati con anche 100 detenuti in una cella». Casi difficili di persone che si trovano in una condizione particolarmente dura per le difficoltà della lingua, la non conoscenza del diritto locale, il regime carcerario particolarmente violento, spesso nell’impossibilità di ricevere cure mediche appropriate e in più spesso lontanissimi dai familiari.

UNA GUIDA DI SUPPORTO PER LE FAMIGLIE

Da qui il vademecum messo a punto dalla Direzione Generale per gli Italiani all’Estero della Farnesina sui loro diritti e doveri e sull’aiuto che, sia il detenuto che i suoi familiari, possono ricevere dalle Ambasciate e dai Consolati. La guida è stata concepita come uno strumento agile e di facile consultazione in grado di offrire un sostegno concreto soprattutto ai congiunti di un connazionale detenuto all’estero, per rispondere alle domande più frequenti sul tipo di assistenza alla quale il loro familiare ha diritto, a prescindere dal reato commesso e dalla pena comminata.

L’APPOGGIO DELL’AUTORITÁ DIPLOMATICA ITALIANA

Il punto da cui parte la guida è che quando un cittadino italiano si reca all’estero è tenuto a rispettare le leggi locali e, se le viola, deve sottoporsi al sistema giudiziario del Paese in cui si trova e pagarne le conseguenze anche penali. La condizione di straniero o la mancata conoscenza della normativa locale non possono essere addotte quale giustificazione e non lo esonerano dalla responsabilità penale. Ciò detto, il connazionale che si trovi in condizioni di detenzione all’estero, può comunque contare sull’assistenza consolare da parte dell’Autorità diplomatica italiana.

LA DIFFERENZA TRA DETENUTI ITALIANI E STRANIERI

Il vademecum spiega, dunque, con precisione cosa la rappresentanza diplomatica può o non può fare in favore del cittadino italiano detenuto, lo guida nelle pratiche per la richiesta di estradizione o di grazia. «A fronte di poco più di 2 mila italiani detenuti all’estero», ha spiegato il capo Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia, Francesco Basentini, «in Italia sono 20 mila i detenuti stranieri. Sarebbe dunque importante, in vista anche del reinserimento e recupero del detenuto, assicurare a tutti di poter scontare la pena nel proprio paese di origine».

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Gabrielli contro Salvini per i commenti sul caso Cucchi

Anche il capo della polizia Franco Gabrielli interviene sulle frasi pronunciate da Matteo Salvini dopo le sentenze di condanna dei..

Anche il capo della polizia Franco Gabrielli interviene sulle frasi pronunciate da Matteo Salvini dopo le sentenze di condanna dei carabinieri responsabili della morte di Stefano Cucchi. «Credo che quanti, negli anni, hanno dato giudizi avventati sulla vicenda Cucchi dovrebbero oggi chiedere scusa ai familiari», ha detto Gabrielli, «ma vedo un approccio manicheo e giudizi espressi con l’emotività del momento». «La sentenza»- ha aggiunto Gabrielli – «dovrà passare al vaglio dell’Appello e della Cassazione e tutti dovrebbero avere rispetto prima di fare affermazioni. Chi ha espresso giudizi avventati dovrebbe chiedere scusa. Ma l’enfasi contraria dovrebbe essere contrastata».

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Ora Salvini vuole andare in piazza con le Sardine

Dopo il boom di Modena, il leader della Lega prova a parare il colpo e sfida i contestatori: «A Rimini andrò in mezzo a loro».

Dopo il successo di Bologna, anche piazza Grande a Modena ha replicato la straordinaria partecipazione alla manifestazione delle Sardine contro Matteo Salvini. Costretto a riparare in una location diversa da quella designata in origine per non sfigurare, ora Salvini ha dichiarato di essere pronto a mischiarsi tra i manifestanti in vista della prossima adunata.

«QUASI QUASI IN PIAZZA CI VADO ANCH’IO»

«Quasi quasi in piazza con loro ci vado anche io», ha detto il leader leghista con riferimento alla manifestazione prevista per domenica 24 novembre a Rimini. Replicando a chi gli chiedeva un commento sulla mobilitazione nata a Bologna e approdata a Modena, Salvini ha sottolineato che «a Modena ho preferito le aziende alle Sardine: con tutto il rispetto delle sardine ci sono più problemi in aziende in difficoltà, che in piazza». «Sardine a Rimini?», ha poi aggiunto, «la prossima volta ci vado anche io in piazza con loro». Senza scontri. «Io vado a proporre perché queste sono piazze contro, io vengo a Rimini per, vado a Firenze per, sono stato a Modena per. Le piazze contro» – ha concluso Salvini – «sono rispettabili e sono curioso di sapere qual è la proposta».

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La Cassazione conferma l’ergastolo per Cesare Battisti

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’ex terrorista, che chiedeva la commutazione della pena in 30 anni di reclusione.

No alla cancellazione dell’ergastolo per Cesare Battisti. Lo ha deciso la Cassazione che ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’ex terrorista contro l’ordinanza con cui, il 17 maggio scorso, la Corte di Assise di Appello di Milano aveva negato la commutazione della pena dell’ergastolo in quella di trent’anni di reclusione. La decisione della prima sezione penale della Corte di Cassazione è stata assunta all’esito dell’udienza in camera di consiglio.

I RILIEVI DELLA CASSAZIONE

Le questioni sollevate con il ricorso, respinto, «concernevano», sottolinea la Suprema Corte, «la persistente efficacia dell’accordo di commutazione della pena stipulato tra le Autorità italiane e brasiliane, in vista dell’estradizione dal Brasile, poi non avvenuta, nonché la legittimità della procedura culminata nell’espulsione del condannato dalla Bolivia».

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Tir a fuoco in galleria sull’A10: 32 intossicati

Il camion è andato in fiamme in un tunnel tra Spotorno e Savona. I vigili del fuoco sono riusciti a domare l’incendio.

È di 32 persone intossicate il bilancio dell’incendio avvenuto questa mattina intorno alle 10 sull’autostrada A10 tra Spotorno e Savona. Per cause ancora da chiarire un Tir ha preso fuoco all’interno della galleria Fornaci: il denso fumo nero ha invaso la galleria intossicando gli automobilisti rimasti intrappolati all’interno.

Alla fine 32 persone sono state portate negli ospedali San Paolo di Savona e Santa Corona di Pietra Ligure. Molte di loro erano a bordo di un autobus che si trovava subito dietro il Tir. Il conducente del mezzo pesante è uscito indenne dal rogo. Sul posto diverse ambulanze e i vigili del fuoco, che sono riusciti non senza difficoltà a domare le fiamme. Il tratto di autostrada è chiuso con uscite obbligatorie a Savona e Pietra Ligure.

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La nave Ocean Viking soccorre 94 migranti al largo della Libia

Il gommone in difficoltà si trovava a 42 miglia da Zawiya. A bordo anche quattro donne in gravidanza e 38 minori.

La nave Ocean Viking ha soccorso 94 persone al largo della Libia. Tra loro 11 donne, quattro in gravidanza e 38 minori, tra cui alcuni molto piccoli. Erano a bordo di un gommone in difficoltà a 42 miglia da Zawiya.

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