Yahya Hkimi è il 18enne che nei giorni scorsi si era gettato nel fiume Secchia, a Modena, senza però più riuscire a tornare a galla. Nelle scorse ore una squadra fluviale dei vigili del fuoco ha recuperato il corpo senza vita del giovane, che si era buttato in acqua perché voleva registrare un video da pubblicare sui social.
Chi era Yahya Hkimi, morto annegato nel fiume Secchia
A raccontare qualcosa in più sul ragazzo e sulla drammatica vicenda è stato un amico che si trovava sul posto insieme a lui al momento del tuffo fatale, avvenuto mercoledì 14 giugno. Il suo compagno di avventure ha a proposito raccontato: «Mi aveva chiesto di fare un video. Un filmato scherzoso dove voleva fingere di essere portato via dall’acqua. Poi, dopo il tuffo, il terzo della serie, purtroppo è scomparso».
A parlare della vittima è stato anche l’istituto Cattaneo-Deledda, dove Hkimi studiava. La dirigente della scuola Alessandra Zoppello a riguardo ha aggiunto: «Siamo tutti profondamente dispiaciuti per la perdita di un ragazzo volenteroso, che si affacciava all’età adulta pieno di sogni, con la spensieratezza dei suoi 18 anni».
Il ragazzo. che si stava preparando per affrontare gli esami di Maturità, era inoltre impegnato nel sociale. Come racconta la coordinatrice responsabile della Cra Ramazzini di Modena dove il giovane aveva fatto uno stage di recente gli anziani della struttura avevano composto una canzone (Noi Eroi) dove Yahya era citato nel testo.
Il video dell’amico come elemento chiave per le ricerche
Il corpo del ragazzo è stato affidato al medico legale: è stato possibile recuperarlo proprio grazie al video girato dall’amico della vittima, che ha aiutato la polizia di Stato ad identificare il luogo esatto dov’era annegato.
Yahya Hkimi è il 18enne che nei giorni scorsi si era gettato nel fiume Secchia, a Modena, senza però più riuscire a tornare a galla. Nelle scorse ore una squadra fluviale dei vigili del fuoco ha recuperato il corpo senza vita del giovane, che si era buttato in acqua perché voleva registrare un video da pubblicare sui social.
Chi era Yahya Hkimi, morto annegato nel fiume Secchia
A raccontare qualcosa in più sul ragazzo e sulla drammatica vicenda è stato un amico che si trovava sul posto insieme a lui al momento del tuffo fatale, avvenuto mercoledì 14 giugno. Il suo compagno di avventure ha a proposito raccontato: «Mi aveva chiesto di fare un video. Un filmato scherzoso dove voleva fingere di essere portato via dall’acqua. Poi, dopo il tuffo, il terzo della serie, purtroppo è scomparso».
A parlare della vittima è stato anche l’istituto Cattaneo-Deledda, dove Hkimi studiava. La dirigente della scuola Alessandra Zoppello a riguardo ha aggiunto: «Siamo tutti profondamente dispiaciuti per la perdita di un ragazzo volenteroso, che si affacciava all’età adulta pieno di sogni, con la spensieratezza dei suoi 18 anni».
Il ragazzo. che si stava preparando per affrontare gli esami di Maturità, era inoltre impegnato nel sociale. Come racconta la coordinatrice responsabile della Cra Ramazzini di Modena dove il giovane aveva fatto uno stage di recente gli anziani della struttura avevano composto una canzone (Noi Eroi) dove Yahya era citato nel testo.
Il video dell’amico come elemento chiave per le ricerche
Il corpo del ragazzo è stato affidato al medico legale: è stato possibile recuperarlo proprio grazie al video girato dall’amico della vittima, che ha aiutato la polizia di Stato ad identificare il luogo esatto dov’era annegato.
L’anticiclone africano Scipione si appresta a riscaldare l’Italia. Dopo le recenti perturbazioni, infatti, è in arrivo la prima ondata di caldo che porterà le temperature nel nostro Paese regolarmente oltre i 30 gradi. Picchi previsti per la giornata di mercoledì 21 giugno, data del solstizio d’estate, con valori in rialzo da Nord a Sud. La calura colpirà soprattutto le zone interne della Sardegna, dove si supereranno i 40 gradi, ma non risparmierà l’intero meridione e la Pianura Padana. Giovedì 22 giugno invece il passaggio di forti temporali dovrebbe far scendere nuovamente le temperature, che però raramente caleranno sotto i 30 gradi. La tendenza dovrebbe protrarsi poi fino al weekend.
Il dettaglio delle previsioni meteo con l’arrivo di notti tropicali
Come riportano gli esperti de IlMeteo.it, fino a martedì 20 giugno i valori termici non subiranno grosse variazioni. Previste temperature tra i 28 e i 32 gradi sulla maggior parte delle città italiane. Con il primo giorno d’estate, mercoledì 21, si registreranno invece punte di 33-34 gradi da Nord a Sud fra Pianura Padana, vallate alpine, Toscana, Campania e Sicilia. Farà invece ancora più caldo in Puglia dove, fra Barese e Foggiano, si toccheranno i 38 gradi. Previsti 36 gradi invece nelle altre principali città italiane tra cui Roma, Firenze, Bolzano, Siracusa, Padova, Mantova e Ferrara. Più alti i valori in Sardegna, dato che soprattutto nelle zone interne si prevedono picchi di 43 gradi. La Protezione civile sconsiglia, soprattutto ai soggetti più fragili, di uscire nelle ore più calde, dalle 12 alle 18. In casa sempre meglio proteggersi con tende e persiane e idratarsi a sufficienza, evitando bevande alcoliche.
In arrivo l’anticiclone Scipione che alzerà le temperature in tutta Italia (Getty Images)
Proveniente dal deserto del Sahara, l’anticiclone Scipione si caricherà di umidità non appena attraverserà il Mar Mediterraneo. Oltre al caldo, dunque, gli esperti prevedono alti tassi di afa, che porteranno anche alle temibili notti tropicali. In questi casi le temperature, mai al di sotto dei 20 gradi, sommandosi all’umidità porteranno il corpo umano a percepire un costante disagio, talvolta anche intenso. Per quanto riguarda il meteo, su tutta Italia splenderà il sole con qualche nube soltanto nelle regioni del Nord-Ovest. Possibili pertanto alcuni temporali di calore, localmente anche intensi, soprattutto sulle Alpi occidentali.
L’anticiclone africano Scipione si appresta a riscaldare l’Italia. Dopo le recenti perturbazioni, infatti, è in arrivo la prima ondata di caldo che porterà le temperature nel nostro Paese regolarmente oltre i 30 gradi. Picchi previsti per la giornata di mercoledì 21 giugno, data del solstizio d’estate, con valori in rialzo da Nord a Sud. La calura colpirà soprattutto le zone interne della Sardegna, dove si supereranno i 40 gradi, ma non risparmierà l’intero meridione e la Pianura Padana. Giovedì 22 giugno invece il passaggio di forti temporali dovrebbe far scendere nuovamente le temperature, che però raramente caleranno sotto i 30 gradi. La tendenza dovrebbe protrarsi poi fino al weekend.
Il dettaglio delle previsioni meteo con l’arrivo di notti tropicali
Come riportano gli esperti de IlMeteo.it, fino a martedì 20 giugno i valori termici non subiranno grosse variazioni. Previste temperature tra i 28 e i 32 gradi sulla maggior parte delle città italiane. Con il primo giorno d’estate, mercoledì 21, si registreranno invece punte di 33-34 gradi da Nord a Sud fra Pianura Padana, vallate alpine, Toscana, Campania e Sicilia. Farà invece ancora più caldo in Puglia dove, fra Barese e Foggiano, si toccheranno i 38 gradi. Previsti 36 gradi invece nelle altre principali città italiane tra cui Roma, Firenze, Bolzano, Siracusa, Padova, Mantova e Ferrara. Più alti i valori in Sardegna, dato che soprattutto nelle zone interne si prevedono picchi di 43 gradi. La Protezione civile sconsiglia, soprattutto ai soggetti più fragili, di uscire nelle ore più calde, dalle 12 alle 18. In casa sempre meglio proteggersi con tende e persiane e idratarsi a sufficienza, evitando bevande alcoliche.
In arrivo l’anticiclone Scipione che alzerà le temperature in tutta Italia (Getty Images)
Proveniente dal deserto del Sahara, l’anticiclone Scipione si caricherà di umidità non appena attraverserà il Mar Mediterraneo. Oltre al caldo, dunque, gli esperti prevedono alti tassi di afa, che porteranno anche alle temibili notti tropicali. In questi casi le temperature, mai al di sotto dei 20 gradi, sommandosi all’umidità porteranno il corpo umano a percepire un costante disagio, talvolta anche intenso. Per quanto riguarda il meteo, su tutta Italia splenderà il sole con qualche nube soltanto nelle regioni del Nord-Ovest. Possibili pertanto alcuni temporali di calore, localmente anche intensi, soprattutto sulle Alpi occidentali.
Ancora pochissime ore e i telespettatori di Mediaset scopriranno chi sarà il vincitore dell‘Isola dei Famosi 2023. La finale in onda lunedì 19 giugno vedrà trionfare un naufrago fra i concorrenti rimasti in gara, ovvero Pamela Camassa, Andrea Lo Cicero, Marco Mazzoli, Cristina Scuccia, Luca Vetrone, Alessandra Drusian, ecco chi tra di loro potrebbe portarsi a casa la vittoria finale e tutte le anticipazioni.
Le anticipazioni sulla finale dell’Isola dei Famosi 2023
La puntata andrà come sempre in onda su Canale 5 a partire dalle 21:30 circa. Nel corso della serata gli spettatori scopriranno prima di tutto chi ha avrà avuto la peggio all’ultimo televoto di questa edizione tra i nominati Cristina Scuccia e Luca Vetrone. I naufraghi ancora in gara, inoltre, non si aspettano che all’ultimo rientrerà in gara anche un altro elemento, ovvero Alessandra Drusian, rimasta in questi giorni sull’Ultima Spiaggia.
Rispetto all’episodio in onda a breve, inoltre, già sappiamo che i concorrenti rimasti in gara potranno finalnente riabbracciare i loro affetti più cari, volati in Honduras proprio in occasione di questa tanto attesa finale. Vale, infine, ricordare che c’è il fantasma del meteo che aleggia sulla diretta: l’inviato Alvin ha tenuto a sottolineare che le previsioni per le prossime ore sull’Isola non sono delle migliori, raccontando: «Domani la finale, oggi le prove della finale. Però, le previsioni non sono per niente belle. Oggi sta iniziando già a essere nuvoloso, c’è mare grosso. Le previsioni per domani non sono buone. Quindi ci stiamo preparando per questo. Dopo due mesi e mezzo che siamo qui e ne abbiamo vissute di ogni, anche molto brutte, facciamo la finale col sole? No. Poi non è detta l’ultima parola, ma le previsioni sono catastrofiche. Quindi vedremo, sarà un’avventura anche domani, come ogni giorno. Non vediamo l’ora. La diretta della finale sarà una diretta importante, piena di emozioni, ancora più delle altre dirette. Anche perché è l’ultima, è finita questa avventura».
I pronostici: Marco Mazzoli vincitore annunciato?
A breve distanza temporale dalla finale dell’Isola i principali siti di scommesse, come per esempio SNAI, puntano tutti a un solo nome per quanto riguarda il possibile vincitore: è quello di Marco Mazzoli, entrato in gara al fianco del collega dello Zoo di 105 Paolo Noise, ritiratosi dal gioco per motivi di salute.
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Le anticipazioni sulla finale dell’Isola dei Famosi 2023
La puntata andrà come sempre in onda su Canale 5 a partire dalle 21:30 circa. Nel corso della serata gli spettatori scopriranno prima di tutto chi ha avrà avuto la peggio all’ultimo televoto di questa edizione tra i nominati Cristina Scuccia e Luca Vetrone. I naufraghi ancora in gara, inoltre, non si aspettano che all’ultimo rientrerà in gara anche un altro elemento, ovvero Alessandra Drusian, rimasta in questi giorni sull’Ultima Spiaggia.
Rispetto all’episodio in onda a breve, inoltre, già sappiamo che i concorrenti rimasti in gara potranno finalnente riabbracciare i loro affetti più cari, volati in Honduras proprio in occasione di questa tanto attesa finale. Vale, infine, ricordare che c’è il fantasma del meteo che aleggia sulla diretta: l’inviato Alvin ha tenuto a sottolineare che le previsioni per le prossime ore sull’Isola non sono delle migliori, raccontando: «Domani la finale, oggi le prove della finale. Però, le previsioni non sono per niente belle. Oggi sta iniziando già a essere nuvoloso, c’è mare grosso. Le previsioni per domani non sono buone. Quindi ci stiamo preparando per questo. Dopo due mesi e mezzo che siamo qui e ne abbiamo vissute di ogni, anche molto brutte, facciamo la finale col sole? No. Poi non è detta l’ultima parola, ma le previsioni sono catastrofiche. Quindi vedremo, sarà un’avventura anche domani, come ogni giorno. Non vediamo l’ora. La diretta della finale sarà una diretta importante, piena di emozioni, ancora più delle altre dirette. Anche perché è l’ultima, è finita questa avventura».
I pronostici: Marco Mazzoli vincitore annunciato?
A breve distanza temporale dalla finale dell’Isola i principali siti di scommesse, come per esempio SNAI, puntano tutti a un solo nome per quanto riguarda il possibile vincitore: è quello di Marco Mazzoli, entrato in gara al fianco del collega dello Zoo di 105 Paolo Noise, ritiratosi dal gioco per motivi di salute.
«Harry e Meghan sono dei truffatori». A parlare è Bill Simmons, giornalista sportivo e manager di Spotify. Il riferimento è alla fine dell’accordo da circa 20 milioni di euro con i duchi di Sussex per il loro podcast Achetypes annunciata venerdì scorso. Presentata come «decisione consensuale», a quanto pare non è stata così reciproca. Durante una puntata del suo podcast The Ringer, Simmons ha inoltre fatto riferimento a una telefonata con il principe Harry risalente ad alcuni mesi fa. «Dovrei ubriacarmi una notte e raccontare la storia della conversazione», ha detto in diretta. «È uno dei miei racconti migliori». I Sussex avrebbero dovuto realizzare più stagioni del loro progetto audio, ma si sono fermati dopo appena 12 episodi in cui l’ex attrice aveva incontrato diverse star, tra cui Serena Williams e Mariah Carey.
Non solo Spotify, per Harry e Meghan si moltiplicano le voci di divorzio
La conclusione dell’accordo con Spotify è però solo uno dei tanti e recenti problemi di Harry e Meghan. Negli ultimi giorni infatti si stanno moltiplicando i rumors di una crisi di coppia che starebbe spingendo i Sussex verso il divorzio. Secondo Jennie Bond, ex corrispondente reale della Bbc, un’eventuale separazione permetterebbe al principe di ottenere il perdono da re Carlo III e da tutta la famiglia. «Probabilmente non troverebbe alcun muro», ha sottolineato in esclusiva per Ok Magazine. «Potrebbe recuperare il terreno che ha perso nel tempo ed essere di nuovo accolto a corte». Secondo Paul Burrell, l’ex maggiordomo della principessa Diana, Harry avrebbe rimandato la decisione soltanto per «veder crescere i suoi due figli, Archie e Lilibet». Quanto alle ragioni del divorzio, i tabloid hanno fatto varie supposizioni. Fra queste anche un imbarazzo di Meghan per le dichiarazioni di Harry nella sua autobiografia Spare.
Una copia di “Spare”, la discussa autobiografia di Harry (Getty Images)
«Harry e Meghan sono dei truffatori». A parlare è Bill Simmons, giornalista sportivo e manager di Spotify. Il riferimento è alla fine dell’accordo da circa 20 milioni di euro con i duchi di Sussex per il loro podcast Achetypes annunciata venerdì scorso. Presentata come «decisione consensuale», a quanto pare non è stata così reciproca. Durante una puntata del suo podcast The Ringer, Simmons ha inoltre fatto riferimento a una telefonata con il principe Harry risalente ad alcuni mesi fa. «Dovrei ubriacarmi una notte e raccontare la storia della conversazione», ha detto in diretta. «È uno dei miei racconti migliori». I Sussex avrebbero dovuto realizzare più stagioni del loro progetto audio, ma si sono fermati dopo appena 12 episodi in cui l’ex attrice aveva incontrato diverse star, tra cui Serena Williams e Mariah Carey.
Non solo Spotify, per Harry e Meghan si moltiplicano le voci di divorzio
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Una copia di “Spare”, la discussa autobiografia di Harry (Getty Images)
L’industria del turismo in Crimea si prepara a una nuova estate di crisi. Per il secondo anno consecutivo, la penisola sul Mar Nero assiste a una diminuzione dei flussi turistici, dato che i vacanzieri russi rivolgono la loro attenzione su mete più sicure e tranquille. Come riporta il Moscow Times, decine di strutture ricettive rischiano la chiusura, in quanto non sono più in grado di comprare l’occorrente per ospitare i viaggiatori. A nulla sono servite le promesse e le rassicurazioni di Vladimir Putin che, dopo l’annessione del 2014, aveva garantito prosperità e ricchezza grazie anche a investimenti di Mosca. Spaventati ristoratori e proprietari di alberghi: «Abbiamo abbassato i prezzi, ma con l’aumento dei costi non ce la facciamo».
Una veduta delle spiagge di Sebastopoli frequentate dai turisti (Getty Images)
In Crimea appena l’1 per cento delle prenotazioni alberghiere russe
I turisti provenienti dalla Russia sono in costante calo da tre anni. Come mostrano i dati del governo di Mosca, nel 2022 in Crimea si è registrato appena il 3 per cento delle prenotazioni a fronte del 19 per cento di 12 mesi prima. Un dato che, secondo le previsioni, è destinato a scendere quasi allo zero quest’anno, assestandosi attorno all’1 per cento. Non sorprende dunque che il 60 per cento delle strutture turistiche siano in rosso, con perdite complessive di 709 milioni di rubli (circa 7,7 milioni di euro). Nel mezzo, la breve ripresa dovuta alla chiusura dei confini per la pandemia, che aveva spinto oltre 9 milioni di cittadini russi a trascorrere l’estate 2021 in Crimea. Il «gioiello della Corona», come lo ha definito Putin nel 2014, non può nulla però contro la guerra in Ucraina.
Gli elicotteri russi sul suolo della Crimea (Getty Images)
Cresce intanto la tensione di ristoratori e proprietari di alberghi, che temono di non superare l’anno. «Metà delle strutture potrebbe non aprire più», ha dichiarato al Moscow Times il gestore di un hotel. Ha preferito però mantenere l’anonimato, temendo che i suoi commenti negativi possano fargli perdere i sostegni finanziari di Mosca. Come ha sottolineato nell’intervista, prima della guerra la struttura era perennemente sold out durante l’estate, mentre quest’anno difficilmente riempirà metà camere. Se a luglio e agosto le perdite potrebbero essere contenute, per giugno le prenotazioni coprono appena il 30 per cento della capienza. «I costi sono cresciuti fra il 30 e il 50 per cento», ha ricordato.
Mosca intanto rassicura: «La guerra non minaccia la Crimea»
La crisi del turismo ha spinto diversi funzionari a intervenire per calmare i viaggiatori, ricordando la sicurezza della penisola. «Molti hanno semplicemente paura», ha sottolineato all’agenzia Ria Novosti il governatore della Crimea Sergei Aksyonov. «Nulla minaccia i turisti». La realtà dei fatti però è ben diversa, visto che la penisola è stata oggetto di diversi attacchi. Lo scorso anno, per esempio, varie esplosioni hanno colpito la base aerea di Saki, uno dei tanti siti militari russi alla portata delle armi ucraine.
L’industria del turismo in Crimea si prepara a una nuova estate di crisi. Per il secondo anno consecutivo, la penisola sul Mar Nero assiste a una diminuzione dei flussi turistici, dato che i vacanzieri russi rivolgono la loro attenzione su mete più sicure e tranquille. Come riporta il Moscow Times, decine di strutture ricettive rischiano la chiusura, in quanto non sono più in grado di comprare l’occorrente per ospitare i viaggiatori. A nulla sono servite le promesse e le rassicurazioni di Vladimir Putin che, dopo l’annessione del 2014, aveva garantito prosperità e ricchezza grazie anche a investimenti di Mosca. Spaventati ristoratori e proprietari di alberghi: «Abbiamo abbassato i prezzi, ma con l’aumento dei costi non ce la facciamo».
Una veduta delle spiagge di Sebastopoli frequentate dai turisti (Getty Images)
In Crimea appena l’1 per cento delle prenotazioni alberghiere russe
I turisti provenienti dalla Russia sono in costante calo da tre anni. Come mostrano i dati del governo di Mosca, nel 2022 in Crimea si è registrato appena il 3 per cento delle prenotazioni a fronte del 19 per cento di 12 mesi prima. Un dato che, secondo le previsioni, è destinato a scendere quasi allo zero quest’anno, assestandosi attorno all’1 per cento. Non sorprende dunque che il 60 per cento delle strutture turistiche siano in rosso, con perdite complessive di 709 milioni di rubli (circa 7,7 milioni di euro). Nel mezzo, la breve ripresa dovuta alla chiusura dei confini per la pandemia, che aveva spinto oltre 9 milioni di cittadini russi a trascorrere l’estate 2021 in Crimea. Il «gioiello della Corona», come lo ha definito Putin nel 2014, non può nulla però contro la guerra in Ucraina.
Gli elicotteri russi sul suolo della Crimea (Getty Images)
Cresce intanto la tensione di ristoratori e proprietari di alberghi, che temono di non superare l’anno. «Metà delle strutture potrebbe non aprire più», ha dichiarato al Moscow Times il gestore di un hotel. Ha preferito però mantenere l’anonimato, temendo che i suoi commenti negativi possano fargli perdere i sostegni finanziari di Mosca. Come ha sottolineato nell’intervista, prima della guerra la struttura era perennemente sold out durante l’estate, mentre quest’anno difficilmente riempirà metà camere. Se a luglio e agosto le perdite potrebbero essere contenute, per giugno le prenotazioni coprono appena il 30 per cento della capienza. «I costi sono cresciuti fra il 30 e il 50 per cento», ha ricordato.
Mosca intanto rassicura: «La guerra non minaccia la Crimea»
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Sono 32 mila gli ex carcerati che, dopo aver combattuto in Ucraina con il Gruppo Wagner, sono tornati a casa in Russia, come uomini liberi. Lo ha detto il capo della milizia mercenaria Yevgeny Prigozhin. L’annuncio è arrivato pochi giorni dopo che il presidente Vladimir Putin ha confermato pubblicamente i rapporti investigativi secondo cui lo zar aveva graziato personalmente i detenuti russi che si erano arruolati per combattere con il gruppo paramilitare, che ha svolto un ruolo chiave a Bakhmut, nella battaglia più lunga e sanguinosa della guerra in Ucraina.
La sede del Gruppo Wagner a San Pietroburgo (Getty Images)
Per i carcerati che si arruolano c’è la grazia dopo sei mesi al fronte
«Al 18 giugno 2023, 32 mila persone precedentemente condannate e che hanno preso parte all’operazione militare speciale tra i ranghi del Gruppo Wagner sono tornate a casa alla fine dei loro contratti», ha dichiarato Prigozhin, sottolineando che meno dell’1 per cento di tutti i soldati Wagner reclutati nelle carceri della Federazione Russa ha commesso crimini, una volta tornati in libertà dopo aver combattuto in Ucraina. «Le persone rilasciate dal carcere nello stesso periodo senza un contratto con il Gruppo Wagner hanno commesso 80 volte più crimini», ha affermato Prigozhin. La milizia dell’ex “cuoco di Putin” ha iniziato a reclutare prigionieri nel tentacolare sistema penale russo la scorsa estate, offrendo ai detenuti la grazia se fossero sopravvissuti a sei mesi di servizio in Ucraina.
Una pubblicità del Gruppo Wagner: la campagna di reclutamento è finita a febbraio (Getty Images).
Secondo gli attivisti per i diritti dei detenuti i conti non tornano
Secondo Olga Romanova, principale attivista per i diritti dei detenuti, l’esercito privato di Prigozhin avrebbe reclutato in totale quasi 50 mila carcerati, di cui circa 30 mila sarebbero morti in combattimento: in base a queste stime, la cifra indicata da Prigozhin – che ha annunciato la fine della sua campagna di reclutamento di prigionieri a febbraio – risulterebbe dunque esagerata. Dopo aver negato per anni ogni legame con il gruppo mercenario, accusato di brutalità e destabilizzazione nelle zone di conflitto in tutto il mondo, Prigozhin ha confermato l’anno scorso di aver fondato la compagnia militare privata Wagner che, in base alla legge russa, sarebbe illegale.
Sono 32 mila gli ex carcerati che, dopo aver combattuto in Ucraina con il Gruppo Wagner, sono tornati a casa in Russia, come uomini liberi. Lo ha detto il capo della milizia mercenaria Yevgeny Prigozhin. L’annuncio è arrivato pochi giorni dopo che il presidente Vladimir Putin ha confermato pubblicamente i rapporti investigativi secondo cui lo zar aveva graziato personalmente i detenuti russi che si erano arruolati per combattere con il gruppo paramilitare, che ha svolto un ruolo chiave a Bakhmut, nella battaglia più lunga e sanguinosa della guerra in Ucraina.
La sede del Gruppo Wagner a San Pietroburgo (Getty Images)
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Una pubblicità del Gruppo Wagner: la campagna di reclutamento è finita a febbraio (Getty Images).
Secondo gli attivisti per i diritti dei detenuti i conti non tornano
Secondo Olga Romanova, principale attivista per i diritti dei detenuti, l’esercito privato di Prigozhin avrebbe reclutato in totale quasi 50 mila carcerati, di cui circa 30 mila sarebbero morti in combattimento: in base a queste stime, la cifra indicata da Prigozhin – che ha annunciato la fine della sua campagna di reclutamento di prigionieri a febbraio – risulterebbe dunque esagerata. Dopo aver negato per anni ogni legame con il gruppo mercenario, accusato di brutalità e destabilizzazione nelle zone di conflitto in tutto il mondo, Prigozhin ha confermato l’anno scorso di aver fondato la compagnia militare privata Wagner che, in base alla legge russa, sarebbe illegale.
Dal malware al phishing, dal ransomware alla compromissione della casella mail, nel 2022 sono stati 1.094 gli “eventi cyber” trattati dall’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Di questi, 126 hanno avuto un impatto confermato dalla vittima e per questo sono stati classificati come “incidenti”. È quanto emerge dalla prima relazione annuale dell’Agenzia trasmessa oggi al parlamento, che dà conto di «un deciso aumento di attività malevole ai danni di settori governativi e infrastrutture critiche». Il fenomeno si è acuito con la guerra in Ucraina: l’Italia «è tra i Paesi maggiormente interessati dalla diffusione generalizzata di malware e da attacchi cibernetici mirati, specie in danno del comparto sanitario e di quello energetico».
L’Italia ha subito 1.094 attacchi cyber nel 2022 (Pixabay).
L’Italia è il Paese europeo più colpito dai malware
Per quanto riguarda gli oltre mille attacchi, spiegano i curatori del report, è stato possibile individuare le tipologie più ricorrenti: diffusione di malware tramite email (517, Italia Paese europeo più colpito), brand abuse (204), phishing (203), ransomware (130), sfruttamento di vulnerabilità (126), information disclosure (103), sfruttamento vulnerabilità verso web server (87), scansioni (74), esposizione di dati (67), tentativi di intrusione tramite credenziali (64), Ddos (44), smishing (41). «È sicuramente cresciuta l’attenzione dell’opinione pubblica verso incidenti e attacchi di varia origine e intensità», tuttavia «dall’altra la piena consapevolezza dei rischi cyber – specie se comparata al livello di pervasività che le tecnologie dell’informazione hanno raggiunto nella nostra vita quotidiana – è di là da venire». Lo scrive nella relazione annuale al parlamento il prefetto Bruno Frattasi, che a marzo ha assunto la direzione dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. «Il necessario adeguamento ai continui mutamenti che l’ambiente impone non va disgiunto da un’azione programmatica di lungo termine, che sostenga lo sviluppo di capacità tecnologiche nazionali all’interno di un ecosistema virtuoso, anche ai fini del perseguimento di un’autonomia strategica di settore», scrive il sottosegretario Alfredo Mantovano, autorità delegata per la sicurezza della Repubblica.
La camera dei Deputati (Getty Images).
L’Agenzia per la cybersicurezza ha impegnato 70 milioni del Pnrr
Il 2022 è stato di fatto il primo anno di piena operatività dell’Agenzia per la cybersicurezza, che è nata a metà 2021 con il governo Draghi, sotto la direzione di Roberto Baldoni. Nel corso del primo anno di attività, l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale ha impegnato oltre 70 milioni dei 623 che ha in dote con il Pnrr, ovvero l’11 per cento del totale: 129 i progetti di cybersecurity finanziati, 67 le misure per l’affidabilità delle infrastrutture digitali realizzate, cinque le missioni internazionali, 19 gli incontri bilaterali, 27 le riunioni del Nucleo di cybersicurezza. Come spiega la relazione di 140 pagine, nel secondo semestre del 2022 è stato avviato il vero e proprio processo di pianificazione strategica per il triennio 2023-2025. Nel corso di quest’anno, invece, in linea con la Strategia nazionale di cybersicurezza 2022-2026, terminerà la fase di definizione degli obiettivi strategici e delle relative linee d’azione.
Dal malware al phishing, dal ransomware alla compromissione della casella mail, nel 2022 sono stati 1.094 gli “eventi cyber” trattati dall’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Di questi, 126 hanno avuto un impatto confermato dalla vittima e per questo sono stati classificati come “incidenti”. È quanto emerge dalla prima relazione annuale dell’Agenzia trasmessa oggi al parlamento, che dà conto di «un deciso aumento di attività malevole ai danni di settori governativi e infrastrutture critiche». Il fenomeno si è acuito con la guerra in Ucraina: l’Italia «è tra i Paesi maggiormente interessati dalla diffusione generalizzata di malware e da attacchi cibernetici mirati, specie in danno del comparto sanitario e di quello energetico».
L’Italia ha subito 1.094 attacchi cyber nel 2022 (Pixabay).
L’Italia è il Paese europeo più colpito dai malware
Per quanto riguarda gli oltre mille attacchi, spiegano i curatori del report, è stato possibile individuare le tipologie più ricorrenti: diffusione di malware tramite email (517, Italia Paese europeo più colpito), brand abuse (204), phishing (203), ransomware (130), sfruttamento di vulnerabilità (126), information disclosure (103), sfruttamento vulnerabilità verso web server (87), scansioni (74), esposizione di dati (67), tentativi di intrusione tramite credenziali (64), Ddos (44), smishing (41). «È sicuramente cresciuta l’attenzione dell’opinione pubblica verso incidenti e attacchi di varia origine e intensità», tuttavia «dall’altra la piena consapevolezza dei rischi cyber – specie se comparata al livello di pervasività che le tecnologie dell’informazione hanno raggiunto nella nostra vita quotidiana – è di là da venire». Lo scrive nella relazione annuale al parlamento il prefetto Bruno Frattasi, che a marzo ha assunto la direzione dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. «Il necessario adeguamento ai continui mutamenti che l’ambiente impone non va disgiunto da un’azione programmatica di lungo termine, che sostenga lo sviluppo di capacità tecnologiche nazionali all’interno di un ecosistema virtuoso, anche ai fini del perseguimento di un’autonomia strategica di settore», scrive il sottosegretario Alfredo Mantovano, autorità delegata per la sicurezza della Repubblica.
La camera dei Deputati (Getty Images).
L’Agenzia per la cybersicurezza ha impegnato 70 milioni del Pnrr
Il 2022 è stato di fatto il primo anno di piena operatività dell’Agenzia per la cybersicurezza, che è nata a metà 2021 con il governo Draghi, sotto la direzione di Roberto Baldoni. Nel corso del primo anno di attività, l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale ha impegnato oltre 70 milioni dei 623 che ha in dote con il Pnrr, ovvero l’11 per cento del totale: 129 i progetti di cybersecurity finanziati, 67 le misure per l’affidabilità delle infrastrutture digitali realizzate, cinque le missioni internazionali, 19 gli incontri bilaterali, 27 le riunioni del Nucleo di cybersicurezza. Come spiega la relazione di 140 pagine, nel secondo semestre del 2022 è stato avviato il vero e proprio processo di pianificazione strategica per il triennio 2023-2025. Nel corso di quest’anno, invece, in linea con la Strategia nazionale di cybersicurezza 2022-2026, terminerà la fase di definizione degli obiettivi strategici e delle relative linee d’azione.
Il mondo della danza italiano è attualmente in lutto: nelle scorse ore è morto prematuramente Luigi Piccione in arte Swan, un apprezzatissimo coreografo e ballerino di origini pugliesi (era nato a Taranto) ma vissuto negli ultimi anni a Bologna.
L’annuncio della morte del ballerino Swan
Il danzatore, di soli 41 anni al momento della morte, era molto noto a livello italiano e internazionale soprattutto per una particolare tecnica di hip hop, il cosiddetto popping e locking. Considerato tra i pionieri dell’arte nel nostro Paese, ha formato numerosissimi ballerini con le sue lezioni e workshop organizzati nel corso degli anni in tutta Italia.
Il ballerino Luigi Piccione in arte Swan con due amici (Instagram).
Piccione era molto attivo a Roma, dove aveva tenuto diverse lezioni presso la Santinelli Dance Acedemy di Balduina e in via Mattia Battistini. A ricordarlo sui social è stato l’amico storico MOKO Lils, che con un toccante post Facebook ha omaggiato il compagno di numerose avventure scrivendo: «Il mio mondo si ferma e tutto a d’un tratto il fiume in pienaprecisamente 3 settimane fa abbiamo passato due giornate insieme come i vecchi tempi dove ti ho presentato le mie bimbe e tutta la mia nuova vita eri entusiasto…forse più di me ! Dal lontano 2003 ad oggi ho colorato il mio percorso artistico con una tavolozza tutta tua! Eri… oppure preferisco pensare SEI ancora ! Per me lo sarai sempre UNICO e INIMITABILE. Se prima eri un esempio da portare adesso sei la legenda da nominare, cercherò di continuare a gridarlo al mondo intero. Certo amico mio troppo inaspettato Ma una cosa la so certe cose te le porti dentro tutta la vita! Tu nella mia eri fondamentale MISS YOU MUCH my TEACH/FRIEND And FAM!».
Il cordoglio per la moglie del ballerino sui social e le cause della morte
Sono state tantissime le persone che sotto al post Facebook di cui sopra hanno scritto i loro messaggi per ricordare Swan. Nel frattempo, come riporta Leggo, trapelano via social le possibili cause della morte, che però non sono state confermate: sembra il ballerino abbia avuto un malore improvviso mentre si trovava in casa.
Il mondo della danza italiano è attualmente in lutto: nelle scorse ore è morto prematuramente Luigi Piccione in arte Swan, un apprezzatissimo coreografo e ballerino di origini pugliesi (era nato a Taranto) ma vissuto negli ultimi anni a Bologna.
L’annuncio della morte del ballerino Swan
Il danzatore, di soli 41 anni al momento della morte, era molto noto a livello italiano e internazionale soprattutto per una particolare tecnica di hip hop, il cosiddetto popping e locking. Considerato tra i pionieri dell’arte nel nostro Paese, ha formato numerosissimi ballerini con le sue lezioni e workshop organizzati nel corso degli anni in tutta Italia.
Il ballerino Luigi Piccione in arte Swan con due amici (Instagram).
Piccione era molto attivo a Roma, dove aveva tenuto diverse lezioni presso la Santinelli Dance Acedemy di Balduina e in via Mattia Battistini. A ricordarlo sui social è stato l’amico storico MOKO Lils, che con un toccante post Facebook ha omaggiato il compagno di numerose avventure scrivendo: «Il mio mondo si ferma e tutto a d’un tratto il fiume in pienaprecisamente 3 settimane fa abbiamo passato due giornate insieme come i vecchi tempi dove ti ho presentato le mie bimbe e tutta la mia nuova vita eri entusiasto…forse più di me ! Dal lontano 2003 ad oggi ho colorato il mio percorso artistico con una tavolozza tutta tua! Eri… oppure preferisco pensare SEI ancora ! Per me lo sarai sempre UNICO e INIMITABILE. Se prima eri un esempio da portare adesso sei la legenda da nominare, cercherò di continuare a gridarlo al mondo intero. Certo amico mio troppo inaspettato Ma una cosa la so certe cose te le porti dentro tutta la vita! Tu nella mia eri fondamentale MISS YOU MUCH my TEACH/FRIEND And FAM!».
Il cordoglio per la moglie del ballerino sui social e le cause della morte
Sono state tantissime le persone che sotto al post Facebook di cui sopra hanno scritto i loro messaggi per ricordare Swan. Nel frattempo, come riporta Leggo, trapelano via social le possibili cause della morte, che però non sono state confermate: sembra il ballerino abbia avuto un malore improvviso mentre si trovava in casa.
Il 21 giugno, fra un paio di giorni appena, migliaia di studenti delle scuole superiori di tutta Italia torneranno sui banchi per cominciare i tanto temuti esami di Maturità 2023. Come ogni anno i maturandi sperano di riuscire in qualche modo ad anticipare le tracce del MIUR, provando ad indovinare quello che il Ministero ha in serbo per loro per quanto riguarda la prima prova, il tema di italiano. Quale sarà dunque l’autore per la traccia dell’analisi del testo? Quali gli argomenti di attualità e storici al centro della prova? Ecco quali potrebbero essere gli scenari più probabili.
Esami di Maturità 2023, prima prova: i possibili autori per l’analisi del testo
Anche quest’anno, come sempre, saranno essenzialmentre tre le categorie di traccia che gli studenti potranno selezionare: l’analisi del testo letterario, il saggio breve/testo argomentativo e il tema storico o di attualità. Per quanto riguarda il primo si dice che l’autore più papabile sia Alessandro Manzoni, del quale nel 2003 si celebrano i 150 anni dalla morte. Si parla però anche della possibilità che in prima prova escano testi di Gabriele d’Annunzio, di Giovanni Verga, o ancora di Luigi Pirandello o Italo Svevo. Inoltre, è possibile che il MIUR abbia selezionato un testo di Italo Calvino, di cui si ricordano i 100 anni dalla nascita.
I temi di attualità e storici: dalla nascita del Mercato Unico Europeo alla Costituzione
30 anni fa nasceva il Mercato Unico Europeo, il primo step verso la creazione di una moneta unica come l’Euro. 75 anni fa, inoltre, entrava in vigore la Costituzione italiana. Ma non sono certo gli unici argomenti possibili per il tema storico, che potrebbe includere la morte della Regina Elisabetta, oppure il ricordo degli 80 anni della caduta del Fascismo in Italia.
Per quanto riguarda il saggio breve d’opinione, chi lo sa, potrebbe essere prevista una riflessione sull’arrivo dell’Intelligenza Artificiale e di ChatGPT, che com’è noto potrebbe rivoluzionare le nostre vite per sempre. Di grande interesse in questo periodo storico è anche il tema del femminicidio e delle violenze sulle donne, o ancora quello dei diritti civili e delle recenti proteste contro il regime iraniano. Sempre nel 2023, inoltre, si celebra un altro importante anniversario, ovvero quello relativo alla prima chiamata con il cellulare, avvenuta 50 anni fa, il 3 aprile 1973.
Il 21 giugno, fra un paio di giorni appena, migliaia di studenti delle scuole superiori di tutta Italia torneranno sui banchi per cominciare i tanto temuti esami di Maturità 2023. Come ogni anno i maturandi sperano di riuscire in qualche modo ad anticipare le tracce del MIUR, provando ad indovinare quello che il Ministero ha in serbo per loro per quanto riguarda la prima prova, il tema di italiano. Quale sarà dunque l’autore per la traccia dell’analisi del testo? Quali gli argomenti di attualità e storici al centro della prova? Ecco quali potrebbero essere gli scenari più probabili.
Esami di Maturità 2023, prima prova: i possibili autori per l’analisi del testo
Anche quest’anno, come sempre, saranno essenzialmentre tre le categorie di traccia che gli studenti potranno selezionare: l’analisi del testo letterario, il saggio breve/testo argomentativo e il tema storico o di attualità. Per quanto riguarda il primo si dice che l’autore più papabile sia Alessandro Manzoni, del quale nel 2003 si celebrano i 150 anni dalla morte. Si parla però anche della possibilità che in prima prova escano testi di Gabriele d’Annunzio, di Giovanni Verga, o ancora di Luigi Pirandello o Italo Svevo. Inoltre, è possibile che il MIUR abbia selezionato un testo di Italo Calvino, di cui si ricordano i 100 anni dalla nascita.
I temi di attualità e storici: dalla nascita del Mercato Unico Europeo alla Costituzione
30 anni fa nasceva il Mercato Unico Europeo, il primo step verso la creazione di una moneta unica come l’Euro. 75 anni fa, inoltre, entrava in vigore la Costituzione italiana. Ma non sono certo gli unici argomenti possibili per il tema storico, che potrebbe includere la morte della Regina Elisabetta, oppure il ricordo degli 80 anni della caduta del Fascismo in Italia.
Per quanto riguarda il saggio breve d’opinione, chi lo sa, potrebbe essere prevista una riflessione sull’arrivo dell’Intelligenza Artificiale e di ChatGPT, che com’è noto potrebbe rivoluzionare le nostre vite per sempre. Di grande interesse in questo periodo storico è anche il tema del femminicidio e delle violenze sulle donne, o ancora quello dei diritti civili e delle recenti proteste contro il regime iraniano. Sempre nel 2023, inoltre, si celebra un altro importante anniversario, ovvero quello relativo alla prima chiamata con il cellulare, avvenuta 50 anni fa, il 3 aprile 1973.
Una marcia quasi inarrestabile. Dove vuol arrivare Fabrizio Palenzona? Il neopresidente della Fondazione Crt sarà alla guida anche della Consulta delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte e della Liguria. L’elezione è avvenuta nei giorni scorsi all’unanimità dall’assemblea dei soci che riunisce: la Fondazione Compagnia di San Paolo, le Fondazioni Cr Torino, Cuneo, Alessandria, Asti, Biella, Fossano, Saluzzo, Savigliano, Tortona, Vercelli per il Piemonte; le Fondazioni Carige, Carispezia e Agostino De Mari-Savona per la Liguria. «Uniamo le forze, perché abbiamo tutti lo stesso obiettivo e lo stesso dovere di offrire il miglior servizio ai territori, valorizzando le risorse che derivano dalla fatica, dal lavoro e dai risparmi delle comunità che ci hanno preceduto», ha detto il presidente Palenzona, ringraziando i colleghi presidenti delle Fondazioni piemontesi e liguri. «Un tema che ci unisce», ha proseguito Palenzona, «è certamente il disagio giovanile, la povertà educativa e di prospettiva di molti bambini e ragazzi in età scolastica e delle loro famiglie: abbiamo l’esigenza di dare risposte immediate alle disuguaglianze per riattivare l’ascensore sociale e offrire opportunità a chi non ne ha». Parole sagge.
Fabrizio Palenzona.
Il camionista di Tortona sta esercitando tutta la sua influenza
C’è dunque chi si interroga su che cosa farà adesso Palenzona. Essere presidente della Consulta delle Fondazioni di origine bancaria del Piemonte e della Liguria vuol dire esercitare un potere reale sia su Unicredit sia su Intesa, oltre a governare l’Acri che nomina il presidente di Cassa depositi e prestiti. Da quando è arrivato alla presidenza di Fondazione Crt, il camionista di Tortona sta esercitando tutta la sua influenza per muovere le tessere del risiko bancario. «Le banche in cui siamo azionisti hanno dei manager che devono decidere e fare delle proposte», ha detto a margine di un convegno di Bain sul sistema bancario. «Io parlo da cittadino e dico che nel sistema ci sono ancora possibilità di aggregazione».
Il Monte dei Paschi a Siena. (Getty Images)
Il pensiero sulle tante possibilità di aggregazione
Quello che dice Palenzona è importante perché in pancia a Crt ci sono, oltre alla quota in Generali (1,61 per cento), anche quelle in Unicredit (1,9 per cento) e Banco Bpm (1,8 per cento), dove ha siglato un patto con altri enti e casse previdenziali, a cui si aggiunge una piccolissima quota in Monte dei Paschi, derivante dal salvagente gettato a Siena in occasione dell’aumento di ottobre. Adesso, con la nuova nomina, al puzzle si aggiunge la quota della Fondazione San Paolo, primo azionista di Intesa SanPaolo. Il risiko bancario non dorme mai e il pensiero di Palenzona è chiaro: nel sistema ci sono ancora possibilità di aggregazione.
Andrea Orcel e Giuseppe Castagna.
Bpm vuole sfuggire alle mire dell’Unicredit di Orcel
Secondo varie indiscrezioni, il ceo di Banco Bpm Giuseppe Castagna sta trattando l’acquisto di Mps, risanato dal Tesoro. L’obiettivo di Castagna è duplice: da un lato, rilevando il Monte dei Paschi, fa un favore al governo; dall’altro l’acquisizione darebbe una mano a Bpm per ingrossarsi e sfuggire alle mire espansionistiche dell’Unicredit di Andrea Orcel, di cui Palenzona è grande amico. Con l’acquisizione di Mps, Bpm diventerebbe un boccone più costoso per la banca milanese. Un’operazione gradita anche a Carlo Messina. Intesa Sanpaolo, con il mancato matrimonio Unicredit-Bpm, resterebbe la prima banca italiana e potrebbe dedicarsi a qualche importante acquisizione all’estero.
Dopo aver terminato l’incontro con il presidente tunisino Kais Saied l’11 giugno scorso, Ursula von der Leyen ha scelto di aprire la conferenza stampa, senza giornalisti e senza domande, con una frase che aveva il sapore di uno slogan elettorale: «Siamo qui come team Europa». Alla sua destra Giorgia Meloni e a sinistra il premier olandese Mark Rutte. I tre erano volati alla corte di Saied per provare a strappare un accordo sui migranti. Soldi, tanti, per convincere la Tunisia a trattenere chi prova a fuggire da un Paese al limite del collasso sociale ed economico. Una soluzione che il presidente tunisino, da più parti criticato per il suo autoritarismo, non ha voluto, per ora, accettare.
Meloni e von der Leyen al G7 di Hiroshima (Getty Images).
Von der Leyen tra Meloni e Rutte: a Tunisi la fotografia del ‘team Europa’
Al di là dei contenuti di una missione che non sembra aver raggiunto obiettivi significativi, resta la foto dei tre leader. Insieme, nel nome dell’Europa. «L’istantanea di Tunisi assume un significato soprattutto se si osserva il cambiamento politico di Giorgia Meloni», spiega a Tag43 Federico Ottavio Reho, coordinatore della ricerca del Martens Centre, think tank ufficiale dei Popolari Europei. «L’approccio euroscettico, che aveva caratterizzato le sue posizioni prima di diventare premier, sembra ormai accantonato. La trasformazione di Fratelli d’Italia in una forza di sistema appare completa». È dunque un fatto che Giorgia Meloni in pochi mesi abbia scelto di cambiare abito: da spauracchio ad architrave del “team Europa”, consapevole della grande occasione che le si presenterà con il voto alle prossime elezioni europee nel giugno del 2024. Sola non può vincere, alleata può essere determinante. In questa chiave, la foto di Tunisi sembra anticipare ciò che potrebbe succedere tra un anno esatto. La popolare von der Leyen, al centro, alleata a destra con la conservatrice Meloni e a sinistra con il liberale Rutte. «Non è sbagliato pensare», sottolinea Reho, «che alle prossime elezioni europee si formi un’alleanza tra Liberali, Popolari e Conservatori. E non sarebbe un inedito visto ciò che è successo, ad esempio, con l’elezione di Roberta Metsola a presidente del Parlamento europeo. Per il Ppe i cardini su cui costruire un’intesa sono sempre gli stessi: europeismo e atlantismo. A partire da questo poi si discuterà con chi allearsi e su quali programmi». Non a caso l’ultimo viaggio a Roma del presidente dei Popolari Europei Manfred Weber è servito a mettere sul tavolo le condizioni dei Popolari. Sia alla premier, a cui ha aperto le porte sbarrandole ai suoi alleati più scomodi (come il Pis polacco e Vox spagnolo), che a Matteo Salvini, il cui avvicinamento al Ppe è condizionato alla separazione da Marine Le Pen e dal gruppo Europa delle Nazioni e della Libertà. Tuttavia, pare difficile immaginare che i due azionisti di maggioranza del governo italiano scelgano di scaricare i propri amici e alleati europei.
Mark Rutte, Ursula von der Leyen, Kais Saied e Giorgia Meloni a Tunisi (dal profilo Twitter di Ursula von der Leyen).
Meloni e la politica dei due forni, ma con i sondaggi alla mano
Certo è che più si avvicinano le decisioni da prendere a Bruxelles, più Meloni pare allontanarsi dalle proprie origini politiche. Basta pensare a cosa è successo lo scorso 8 giugno. Dopo una lunga trattativa, i governi Ue hanno approvato, a maggioranza, il Patto immigrazione e asilo, un accordo che rivede in parte le regole del trattato di Dublino sugli sbarchi e sull’accoglienza dei migranti. L’Italia ha votato a favore, si sono astenuti, neanche a dirlo, gli alleati polacchi e l’Ungheria dell’amico Orban. Il giorno dopo quello strappo, però, la premier ha scelto la masseria di Bruno Vespa per dare un segnale distensivo ai vecchi amici, difendendoli dalle accuse di autoritarismo: «Polonia e Ungheria sono sicuramente delle democrazie, più giovani delle nostre. C’è un lavoro che va fatto per rafforzarle, io farò la mia parte. L’Ue non è un club, non ci sono nazioni di serie A e B». Meloni per ora sembra affidarsi alla democristiana politica dei due forni, in attesa di scegliere da che parte stare. Accanto alle alleanze ci sono però i numeri. Per avere la maggioranza nel Parlamento europeo servono 353 seggi e, guardando sondaggi e proiezioni, a oggi l’accordo con Popolari e Liberali non basterebbe per raggiungere quel risultato. Il sito Europe Elects che monitora le rilevazioni demoscopiche europee, ha messo nero su bianco questo scenario: il Ppe avrebbe una forchetta tra 150 e 166 seggi, i Conservatori tra 75 e 86, i Liberali tra 79 e 95. Così sommata la migliore delle ipotesi farebbe 347. «Un’alleanza Popolari, Liberali e Conservatori», conclude Reho, «potrebbe non bastare per avere la maggioranza. A quel punto sarebbe necessario un accordo con i socialisti. Ed è evidente che la presenza o meno dei Conservatori in una coalizione più ampia farebbe la differenza e sarebbe decisiva nell’orientare le scelte politiche del prossimo Parlamento e della prossima Commissione europea». E dunque per essere protagonista della legislatura che verrà, Meloni potrebbe dover accettare anche il compromesso più duro: un’alleanza con i ‘nemici’. Anche questo è far parte del “team Europa”, onori e oneri.