Lo spazio di Lettera43 e il tempo mancato per dire addio a Salvini

Questo giornale è stato un felice azzardo. Ringrazio e saluto, con il rimpianto per un giornale che aveva spazio e futuro. Anche per vedere la fine del leader della Lega.

Non so se oggi è l’ultimo o il penultimo giorno di Lettera43, ma preferisco andar via prima dei padroni di casa. È buona creanza.

In questa casa sono stato bene, ho trovato un direttore, Paolo Madron, molto bravo, di larghe vedute, un vero liberale e una redazione che ho sentito come una grande famiglia. Ringrazio anche la segreteria di redazione, in molti casi veramente amichevole.

IL FELICE AZZARDO

Potrei chiudere qui con questi ringraziamenti rivolti, di cuore, verso persone a cui non ho mai stretto la mano e tanto meno dato o ricevuto un abbraccio. Non c’entra la Covid-19, c’entra la particolarità di questo strumento di comunicazione che descrivono freddo ma non lo è.

Io nel giornalismo ho provato tutte le esperienze, i quotidiani, il settimanale, la radio, qualche comparsata in tv ma il giornalismo online mi si è presentato davanti all’improvviso per merito di Jacopo Tondelli, direttore de Linkiesta. Quando Jacopo, con Massimiliano Gallo, lasciò la sua creatura, andai via anche io per solidarietà e poco dopo ricevetti una bella telefonata di Paolo Madron che mi invitava a scrivere su Lettera43.

Pensai che sarebbe stato un azzardo cambiare, ma è stato un felice azzardo perché Lettera43 si è rivelato un giornale vero, con notizie tempestive, commenti puntuali, interazione con i lettori divertenti, urticanti, sempre utili.

AVREI VOLUTO DARE L’ADDIO A SALVINI

Mi sarebbe piaciuto che questa esperienza fosse durata di più. Avrei voluto scrivere una pagina di addio a Matteo Salvini quando sarà fatto fuori dalla Lega che cercherà di riconquistare uno status di partito serio, di governo, internazionalmente stimato. Mi sarebbe anche piaciuto celebrare anche il ritorno a casa di Luigi Di Maio la cui fragilità e mutevolezza di opinioni mi sembrano leggendarie. Pazienza.

Ho la soddisfazione di aver colto tempestivamente la crisi del governo giallo verde e il lento declino del facinoroso che guida la Lega.

Lettera43 nel panorama dell’informazione ha svolto un ruolo prezioso schierandosi, senza fanatismi, per un’Italia seria, aperta alle riforme, occidentale.

QUEI GIORNALI DIVENTATI MICRO PARTITI

L’equilibrio fra giornalismo di carta e giornalismo online, malgrado la crisi in cui questa testata è precipitata, dice che sul medio periodo sarà la carta a lasciare il passo, non a cedere, ma a lasciare il passo ai giornali in Rete. C’è nell’online e in altri forme di comunicazione tecnologicamente avanzate una rapidità, una interrelazione con i fatti, una immediata percezione del rapporto con chi legge che la carta non ha mai realizzato né potrà mai realizzare. Non solo per ragione del tutto evidenti. La carta arriva dopo, ma anche perché i giornali di carta, ancora preziosissimi, sono in Italia micro-partiti politici. Ogni collega, è un “vizietto” anche mio, crede di essere il miglior leader del proprio schieramento. Cosa che a sinistra è riuscita solo a Ezio Mauro e a Paolo Mieli, mentre il mitico Scalfari, pur essendo un numero uno, non ce l’ha mai fatta.

A destra abbiamo molti replicanti di Vittorio Feltri, inarrivabile. È l’unico collega che cerca di apparire più respingente di quanto sia nella realtà, forse. Però sia la Repubblica di Ezio Mauro, sia il giornalismo tutto intero quando era egemonizzato da Paolo Mieli, sia il giornalismo feltrizzato appartengono a un’era che si sta esaurendo.

LO SPAZIO DI LETTERA43

Nel centro sinistra si vedono le tracce di questa crisi con la vicenda dell’estromissione di Verdelli a favore di un giornalista-senatore come Molinari. A destra non è visibile ancora perchè la pancia della destra e i suoi pensieri ribollono. Ma la destra, se non sceglie la strada della eversione (che non sceglierà), a un certo punto taglia le sue ali, e l’effetto di un mondo pieno di Trump, di Johnson, di Bolsonaro e Orban si rivelerà fragile perché tutti loro danno risposte a problemi che la loro cultura ha creato e perché nessuno di loro, o tutti loro in gruppo, non valgono la furbizia della classe dirigente cinese. E questo, da occidentale, non mi fa piacere.

Lo spazio per Lettera43, come si può capire da queste parole, secondo me c’era. Non l’ha pensata così l’editore. Spero solo che questa conclusione non disperda le qualità umane e intellettuali di una redazione di serie A. Questa sarebbe colpa grave.

Arrivederci a
tutti e grazie.

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Cosa prevede il decreto Rilancio approvato dal Cdm

Gli aiuti per famiglie e imprese. La semplificazione della cassa integrazione. Il bonus vacanze. Gli investimenti a sostegno di sanità e ricerca. Le novità del testo presentato da Conte dopo tanti rinvii.

Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al decreto Rilancio. Il premier Giuseppe Conte ha commentato: «Vi posso assicurare che ogni ora di lavoro pesava perché sapevamo di dover intervenire quanto prima. Abbiamo impiegato un po’ di tempo ma posso assicurarvi che non abbiamo impiegato un minuto di più di quello strettamente necessario per un testo cosi complesso». Il premier, in conferenza stampa, ha spiegato: «Introduciamo misure di rilancio e sostegno alle imprese per una pronta ripartenza. Aiutiamo le famiglie che hanno figli, abbiamo un reddito di emergenza. Per i lavoratori le risorse sono cospicue, sono pari a 25,6 miliardi di euro».

ALMENO 15 MILIARDI PER LE IMPRESE

Ci sono 15-16 miliardi alle imprese, «che verranno erogati in varie forme dalle più piccole fino alla possibilità di capitalizzare le più grandi. Tagliamo in pratica 4 miliardi di tasse per tutte le imprese fino a 250 milioni di fatturato».

BONUS VACANZE FINO A 500 EURO

Il pacchetto turismo prevede un tax credit «fino a 500 euro per tutte le famiglie con Isee inferiore a 40 mila euro. Ristoranti e bar potranno occupare suolo pubblico non pagando la Tosap anche grazie alla collaborazione con Anci». Via la prima rata Imu per gli alberghi e gli stabilimenti balneari.

MODIFICHE ALLA CIG

Capitolo cassa integrazione. «Dobbiamo semplificare e fare in modo che arrivino in modo semplice, rapido, veloce» le risorse stanziate, ha detto Conte. «Abbiamo pagato l’85% di cassa integrazione, quasi 80% di bonus autonomi, misure per 4,6 milioni di lavoratori. Abbiamo lavorato per rendere meno farraginosi i passaggi e confidiamo di recuperare il tempo perduto, avendo snellito la procedura». L’autorizzazione della cassa integrazione in deroga spetterà ora all’Inps, e non più alle Regioni (ma solo per le nuove domande). L’impresa farà domanda direttamente all’Inps che, in 15 giorni dall’arrivo dell’istanza, erogherà un anticipo dell’assegno del 40%.

AGLI AUTONOMI 600 EURO SUBITO, POI (FORSE) 1.000

Per gli autonomi e i professionisti iscritti alle gestioni separate Inps, ha detto Conte, «arriveranno 600 euro subito, perché saranno dati a chi ne ha già beneficiato. Spero possano arrivare nelle prossime ore, quando il decreto andrà in Gazzetta ufficiale, poi ci riserviamo di integrarli con un ristoro fino a 1.000 euro».

UN MILIARDO PER LA FILIERA AGRICOLA

La ministra per le Politiche agricole Teresa Bellanova ha aggiunto: «Il settore agroalimentare ha una dotazione specifica: abbiamo destinato 1 miliardo e 150 milioni di euro per sostenere la filiera agricola. Gli interventi saranno finalizzati ai settori che hanno più sofferto, il florovivaismo, gli agriturismi, la filiera del vino». Nel pomeriggio era già stata annunciata l’intesa sulla regolarizzazione di colf e braccianti.

ASSUNZIONE DI 4 MILA RICERCATORI

Il testo prevede inoltre 1,4 miliardi per università e ricerca e l’assunzione di 4 mila nuovi ricercatori. Per la sanità, invece, Conte ha parlato di un intervento pari a 3 miliardi e 250 milioni. Sono previste altre 4.200 borse per le scuole di specializzazione in medicina, in collaborazione con il ministero dell’Università.

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Non saranno più le Regioni a gestire la Cassa integrazione in deroga

Dopo settimane di caos ad autorizzare la Cig sarà ora l’Inps (ma solo per le nuove domande). Pronte le linee guida per la Fase 2. La Lombardia vuole riaprire. La Sardegna punta a eliminare l’autocertificazione per gli spostamenti interni. I numeri: trend positivi per contagi e terapie intensive.

Dialogo intenso tra Stato e Regioni alle porte della Fase 2. I temi sul tavolo sono tanti. Da una parte, la cassa integrazione in deroga, per la cui semplificazione – annuncia il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini – è stato trovato un accordo: ad autorizzarla sarà direttamente l’Inps, che anticiperà subito il 40% su tutti gli assegni entro 15 giorni dalla domanda (modifica che però non è retroattiva). Dall’altra, le linee guida sulla Fase 2, che – dice il ministro per le Autonomie Francesco Boccia – «sono complete. Si tratta di indicazioni che il governo dà per una tutela rigorosa ed esclusiva sul lavoro». Secondo Boccia, prima di giugno non ci si sposterà tra le Regioni. E comunque «sarà più facile garantire una relazione tra regioni a basso rischio, sarà molto più complicato consentire il passaggio di cittadini da una regione a basso rischio ad una ad alto rischio».

LOMBARDIA IN ATTESA DEI PROTOCOLLI

Le Regioni scalpitano per ripartire a pieno ritmo, o quasi. Il governatore della Sardegna dice che dal 18 di maggio non ci sarà più necessità di alcuna autocertificazione per la circolazione su tutto il territorio regionale. In Lombardia si spinge per la riapertura di bar, ristoranti ma anche estetisti e parrucchieri a partire da lunedì 18 maggio, quantomeno quelli che rispettano i requisiti previsti dalle nuove regole, a partire dalla misurazione della temperatura all’ingresso. Questo, a quanto si apprende, è l’orientamento della Regione che sta attendendo tutti i protocolli e la valutazione del comitato tecnico scientifico che dipende dall’andamento dei contagi dal 4 maggio, cioè dal primo giorno della ripartenza parziale.

RALLENTA L’INCREMENTO DEI CONTAGIATI

Sul fronte dei numeri, torna a calare l’incremento dei contagiati totali dal coronavirus in Italia, vale a dire gli attualmente positivi, le vittime e i guariti. Attualmente sono 222.104, con un incremento di 888 rispetto al 12 maggio, quando l’aumento era stato di 1.402. Positivo anche il trend dei ricoveri in terapia intensiva: sono 893 i pazienti, 59 in meno rispetto a martedì, quando il calo era stato di 47. Salgono a 31.106 le vittime, con un incremento di 195 in un giorno (il 12 maggio l’aumento dei morti era stato di 172).

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“Le ore piccole” e il pensiero poetico di Lanaro

L’importanza del tempo. La musicalità della struttura. Analisi dell’ultima raccolta di versi dello scrittore vicentino.

Se l’autore stesso, Paolo Lanaro, definisce la sua ultima raccolta di versi un «piccolo concerto esistenziale fatto di svariati movimenti», a maggior ragione si può considerare questo libro anche come una partitura. La musicalità della struttura discende dalla sua articolazione in movimenti – sono sette, proprio come nel più enigmatico e visionario dei tardi Quartetti di Beethoven, l’op. 131 in Do diesis minore – ma soprattutto dal costante riferimento al tempo, l’elemento cardine della musica e della vita. Che è insieme dato oggettivo, sviluppato anche ritmicamente, e sensazione personale, percorso esistenziale. La volontà di esplorare e saggiare questa duplicità è chiara fin dal titolo. Perché Le ore piccole (Il Ponte del Sale, pagg. 92, € 16, con una postfazione di Fabio Pusterla) sono solo marginalmente quelle della vita sregolata e notturna. Esse scandiscono piuttosto il percorso in questo libro del pensiero poetico di Lanaro, che si sviluppa per piccoli ma decisivi spostamenti temporali, come l’ombra generata dallo gnomone di una meridiana. Una linea sfuggente eppure precisa. E non a caso la copertina del volume riproduce la stilizzazione di un orologio solare polacco di epoca medievale.

UN’INTRINSECA CONNOTAZIONE MUSICALE

Il percorso di queste poesie ha quindi in effetti un’intrinseca connotazione musicale: conosce uno sviluppo ed elaborazioni di vario genere prima di concludersi, dopo avere scandito momenti caratterizzanti dentro a ciascuna composizione, dentro a ciascuna sezione (o movimento), all’interno del lavoro nella sua interezza. Il cuore del libro sta ovviamente nella sezione che gli dà il titolo. Sono dieci Variazioni – continuiamo con il parallelismo musicale (anche nel Quartetto op. 131 il baricentro dell’opera è costituito da una serie di Variazioni) – contrassegnate secondo l’orologio, verrebbe da dire il cronometro, dalle 7,45 alle 24. Il dato saliente, esteriore ma corrispondente a una questione tutta interiore, è l’improvviso frangersi del linguaggio di Lanaro dentro a una sintassi più che libera, quasi anarchica. Le parole delineano una sorta di flusso di coscienza insieme drammatico e astratto, senza barriere sintattiche, prosodiche, di punteggiatura. Il ritmo preciso e compiuto, abituale nei versi dell’autore vicentino, risulta in qualche modo rivoluzionato al punto che questa sezione sembra delineare l’abbandono degli schemi linguistici (musicalmente: armonici) ben rodati ancorché tutt’altro che banali, anzi spesso sofisticati, che caratterizzano i movimenti precedenti. La rinuncia alle eleganti rotondità timbriche della scrittura.

Le immagini si sovrappongono, i pensieri scartano in tensioni espressive di complessa trama percettiva

Le immagini si sovrappongono, i pensieri scartano in tensioni espressive di complessa trama percettiva. Sembra la citazione a suo modo “archeologica” di una certa avanguardia anni Sessanta, ma probabilmente è soprattutto qualcos’altro: è il frutto di una ricerca espressiva tutta interiore sulla parola e sulle sue risonanze, implicazioni, dimensioni semantiche. È la continuazione del discorso svolto nelle prime cinque sezioni, ovvero movimenti, con altri strumenti e secondo un linguaggio quasi percussivo. In realtà, neanche in questi versi talvolta aspri Lanaro abbandona la stella polare della sua poesia, la capacità di contemplare il mondo e di metterlo a confronto con i suoi pensieri, in un incessante lavorìo di speculazione che non sapremmo definire altrimenti che filosofico. E di tenere sempre l’uomo – meglio, l’Io – come centro di una meditazione a ciglio asciutto, disillusa ma raramente drammatica, anzi spesso contrassegnata dall’ironia di chi davvero riesce a considerare il mondo e il tempo come se li guardasse da fuori, da un’altra dimensione.

UN INTENSO VIAGGIO INTERIORE

Il tutto avviene in questa raccolta non tanto nella misura del crescendo musicale, evocata da Pusterla, quanto piuttosto nella costruzione di una raffinata tavolozza armonica e timbrica, che movimento dopo movimento costruisce la tinta espressiva di ogni parte e dell’insieme e dunque le segrete risonanze delle parole e delle immagini. Fino ad arrivare al fascino della Coda, la poesia conclusiva dell’ultimo movimento intitolato “Supplementi del Continuo” (che è termine psicologico, filosofico, scientifico ma anche sonoro). Musicalmente, l’approdo alla tonica dopo un lungo peregrinare in tonalità anche molto lontane, ma profondamente suggestive. È il flash conclusivo del viaggio interiore disegnato dall’intera raccolta, una visione di Vicenza in fiamme come l’omerica Troia, con un Enea nostrano in fuga, forse dalle devastazioni dei bombardamenti alla fine della Seconda guerra mondiale, forse da qualche catastrofe prossima ventura, sperabilmente distopica. Ed è anche l’approdo a una dolorosa ma non rassegnata consapevolezza di ciò che eravamo e continuiamo ad essere e di ciò che può aspettarci: «E mai mi verrebbe in mente di essere / in un poema, ma in un disastro causato / da idioti, tutti appartenenti, senza /distinzioni al genere umano».

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Avvocati, se l’intelligenza artificiale bussa allo studio

L’ultima frontiera della tecnologia si chiama legaltech. Uno sguardo agli intrecci tra giustizia e algoritmo.

Sembra impossibile collegare l’intelligenza artificiale alla giustizia, che è materia umana per definizione, soggetta a variazioni nel tempo e nello spazio, come anche da persona a persona. Eppure, l’ultima frontiera della tecnologia riguarda proprio il legaltech, come si dice in gergo. Non si parla certo di giudici-robot, ma dell’equivalente del fintech in ambito giuridico. La Commissione europea per l’efficienza della giustizia (Cepej, 2018) ha anche pubblicato una “Carta etica europea sull’Intelligenza Artificiale applicata ai sistemi giudiziari”, ma poi è costretta ad ammettere di essere indietro. Va meglio, invece nel privato. Studi di avvocati e direzioni affari legali si stanno progressivamente dotando di strumenti informatici che semplificano il lavoro “legale”; software che, come il migliore dei praticanti, in pochi minuti ricercano, confrontano e analizzano le sentenze e i precedenti. O che, grazie ad un algoritmo, ordinano pile di documenti, i vecchi faldoni.

UN SETTORE DALLE GRANDI PROSPETTIVE DI CRESCITA

Già esistono diversi strumenti per un settore dalle grandi prospettive di crescita e che già oggi rappresenta un mercato da 7,5 miliardi di dollari. Qualche mese fa la società canadese che sviluppa law practice management Clio ha incassato 250 milioni di dollari di finanziamento per i suoi progetti. La statunitense Onit si è fermata a 200 milioni. La multinazionale della consulenza Gartner Group – qualcuno la definisce la Standard & Poor’s dell’Information Technology – ha stilato una classifica dei migliori prodotti nel suo Market Guide di Enterprise Legal Management Solution. E tra i primi dieci al mondo ci ha infilato anche l’italiano Teleforum SaaS in modalità cloud, sviluppata dalla Eustema guidata da Enrico Luciani in collaborazione con il Cnr e la Bicocca di Milano. Si tratta di uno strumento che consente di svolgere alcune funzioni decisamente utili, come recuperare velocemente, in digitale, e ordinare, tutti i precedenti simili in uno studio legale. E successivamente verificare in che direzione sono andate le decisioni precedenti. E quali linee difensive hanno funzionato e quali invece no.

L’intelligenza artificiale applicata al settore legale consente anche – specie negli Stati Uniti – di capire quanta riserva si deve accantonare per le pratiche aperte. E che parcelle preparare ai clienti

Certo, poi è sempre umana la decisione ultima, la capacità di giudicare le variabili imprevedibili e non riducibili ad un codice binario. Ma il lavoro è facilitato. A seguito dell’adozione del “processo telematico”, sia civile che amministrativo, si possono per esempio controllare da remoto e da app su cellulare i procedimenti aperti e il loro stato di avanzamento. Insomma, uno strumento del genere fa molto del lavoro time-consuming del praticante. L’intelligenza artificiale applicata al settore legale consente anche – specie negli Stati Uniti – di capire quanta riserva si deve accantonare per le pratiche aperte. E che parcelle preparare ai clienti. In Italia, con il prevedibile aumento dei fallimenti e dell’insolvenza di molte imprese, uno strumento come Teleforum può aiutare a gestire il contenzioso, soprattutto tra le molte banche che avranno degli NPL. E le applicazioni possono essere molteplici: cause civili, recupero crediti, cause di lavoro, utilities, asl, diritto societario.

TERRENO DI GIOVANI E START-UP

In un settore giovane e popolato di start-up, però questo strumento ha una storia ormai lunga, come anche Eustema, l’azienda di sviluppo software che lo ha creato e lo produce. Tra i molti clienti avuti (Ministeri, Inps, Eni, Enel, Atac, Ama, Poste, Ferrovie, Q8), negli Anni 90 una squadra di giovani legali dell’azienda avviò una ingegnerizzazione dei processi dell’avvocatura dell’Inail. «Quando è arrivato internet abbiamo unificato le due cose ed è nato Teleforum» racconta a Lettera43 il titolare di Eustema, Enrico Luciani. «Da qualche anno insieme al Cnr e alla Bicocca ci siamo messi a lavorare sull’area di semantica – prosegue – cioè su come interfacce digitali possano mettere in collegamento il linguaggio umano con il digitale». Quella che si chiama intelligenza artificiale. «In questa fase di improvviso smart working diventa fondamentale dotarsi di strumenti che favoriscano l’organizzazione delle informazioni – prosegue Luciani – la condivisione e la collaborazione, il monitoraggio e il controllo delle attività svolte». Leggi in codici binari.

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La Lega porta dentro la Camera l’odio contro Silvia Romano

Il deputato Pagano ha definito la cooperante liberata dopo 18 mesi di prigionia nelle mani di al Shabaab una “neo terrorista”. Proteste da Pd e M5s. Fico: “Parole inaccettabili”.

Non sono bastati giorni di insulti sui social, ora le offese e le ingiurie nei confronti di Silvia Romano, la cooperante liberata dopo 18 mesi nelle mani di al Shabaab, sono risuonate persino dentro la Camera dei deputati. Il deputato della Lega Alessandro Pagano l’ha infatti definita Silvia Romano “la neo-terrorista”.

PD, M5s, FICO E CARFAGNA CONTRO LA LEGA

Pagano è stato ripreso dalla vicepresidente Carfagna, cosa che non ha impedito vivaci proteste di molti deputati. Il Pd ha chiesto che la Lega chieda scusa. Il M5s ha definito gli insulti vergognosi. E il presidente Roberto ha definito quelle di Pagano “inaccettabili parole di odio”. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha commentato: “In questi giorni letto e ascoltato cose raccapriccianti”.

LE FORZE DELL’ORDINE CONTRO GLI ODIATORI

Intanto a Milano, dove il pm ha aperto un’inchiesta dopo la campagna d’odio sul web verso la ragazza, prosegue il passaggio di pattuglie di forze dell’ordine lungo la via dove si trova l’abitazione della cooperante liberata dopo 18 mesi.

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Apt: prosegue ciclo incontri web destinati a operatori del settore

Nei giorni scorsi, con Stefano Boeri e Giancarlo Dall’Ara, l’Apt Basilicata ha avviato un ciclo di incontri web destinati ad operatori del settore dal titolo “Per un nuovo turismo lucano. Dialoghi tra scenari e visioni di futuro”. Due autorevoli voci a cui il direttore generale dell’Agenzia di Promozione Territoriale lucana, Antonio Nicoletti, ha chiesto un contributo di pensiero e di sostanza su temi come “Ripensare il territorio”, nel caso di Boeri, il cui webinar si è tenuto lo scorso 7 maggio, e su “Le prospettive del turismo dei borghi e delle aree interne”, nel caso di Dall’Ara, il quale ha incontrato online gli operatori lucani nella giornata di lunedì 11 maggio.
«L’Italia ha un sistema di piccoli centri montani, piccoli borghi – ha affermato l’architetto Stefano Boeri parlando di opportunità anche per la Basilicata – che nei secoli sono state delle piccole città e quindi conservano sia la struttura urbana che un rapporto equilibrato e straordinario con il paesaggio naturale. Oggi non serve solo recuperare il “guscio” ma riconsiderare una nuova prospettiva di popolamento che tenga conto di una riconnessione tra grandi città e piccoli centri».
Il tema dell’autenticità e dell’unicità è centrale anche per Giancarlo Dall’Ara, docente di marketing turistico. «Oggi abbiamo l’opportunità – spiega Dall’Ara – di ribaltare la condizione vissuta in passato in cui erano i piccoli borghi a trarre suggerimenti dall’esperienza delle grandi città, e fare in modo che siano le grandi destinazioni a trarre elementi dal turismo nei borghi. Ciò a patto che si sappia conservare il valore unico di autenticità e identità che deve essere trasformato in visione turistica e non in semplice offerta di escursioni».
«Due visioni autorevoli e complementari – è la sintesi del direttore Apt Antonio Nicoletti – che svelano, anche in questo scenario di crisi, le opportunità per nuove forme di turismo. La Basilicata, con le sue caratteristiche territoriali, storiche, sociali, culturali ed economiche, può essere scenario privilegiato sia per interventi sperimentali, sia per programmi di ampio respiro. L’esito e la partecipazione agli incontri ci conferma che sono appuntamenti utili, se finalizzati a costruire per la nostra destinazione il disegno di una nuova strategia del turismo».
A questa prima fase, seguiranno altri incontri web dell’Apt Basilicata che già giovedì 14 maggio sarà online alle 16,30 per un nuovo incontro con Giovanni Bastianelli, direttore esecutivo Enit, sul tema “Il marketing e i mercati esteri”. A questo appuntamento seguiranno gli incontri di lunedì 18 maggio con Gianpiero Lotito, Founder e CEO Facilitylive ePresidente European Tech Alliance, dal titolo “La tecnologia al servizio del cambiamento: esistono nuovi modelli e nuove opportunità?” e di martedì 19 maggio 2020, Oscar Di Montigny, Chief Innovation, Sustainability and Value Strategy Officer di Banca Mediolanum, dal titolo “I nuovi valori dell’esperienza turistica”.
Tutte le info per partecipare e i video dei primi incontri web su https://www.basilicataturistica.it/per-un-nuovo-turismo-lucano/
    

Con l’accordo sui migranti via libera al decreto Rilancio

Intesa sulle regolarizzazioni di colf e braccianti per sei mesi. Alle 14 il consiglio dei ministri che deve dare il via libera a 10 miliardi per la cig, sei alle pmi, quattro per il taglio Irap. Tutte le novità.

Con l’accordo sulle regolarizzazioni, arriva il decreto Rilancio da 55 miliardi, per il quale è previsto in consiglio dei ministri alle 17. Dieci miliardi per la cig, 6 alle pmi, 4 per il taglio dell’irap, 6 per le pmi, 5 a sanità e sicurezza, 2,5 per turismo e cultura, 2 alla messa a norma delle attività. La ministra dell’Agricoltura Bellanova: un permesso di lavoro di 6 mesi per milioni di persone, ha vinto la dignità, ora tutele. La ministra dell’Interno Lamorgese: dignità a colf e braccianti, garantire legalità ed esigenze del mercato del lavoro.

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Serve un governo e questo non lo è

Basta chiacchiere su migranti, Mes e mascherine. Se Conte non è capace di fare un salto di qualità, deve saltare e lasciare il posto.

L’Italia, sempre ma soprattutto nel tempo del Covid, ha bisogno di un governo. Quali caratteristiche deve avere questo governo? Deve essere innanzitutto autorevole. L’autorevolezza non significa il consenso bulgaro, ma che il governo sappia comandare la macchina dello stato, sappia prendere decisioni tempestive, indichi ai cittadini i comportamenti che in fase di emergenza si possono temere o no, sappia guidare il sistema regionale, dia agli imprenditori prospettive serie in tempi stabiliti, sappia alleviare le sofferenze dei più poveri.

BASTA CON LE CHIACCHIERE

Queste cose le può fare un governo di sinistra o di destra. A scelta vostra, io ovviamente ho la mia scelta. Non è necessario che questo governo abbia applausi o like sui social, l’importante è che faccia. Una volta Cuore fece l’elenco delle correnti del Pci, che ufficialmente non esistevano, e ne indicò una a guida Gerardo Chiaromonte, storico leader riformista, che aveva come nome “Basta con le chiacchiere”. Ecco: basta con le chiacchiere. Con quelle sui migranti, sul Mes, sulle mascherine ecc. ecc.

UNA SITUAZIONE DI PERICOLO, A PARTIRE DA SILVIA ROMANO

Senza un governo con queste caratteristiche diventa difficile anche la cosa più semplice e si discute di stupidaggini ogni giorno che dio manda in terra. I giornali di destra stanno massacrando la povera Silvia creando attorno a lei una situazione di pericolo che merita di essere vigilata. Un governo serio, in via informale, suggerisce alla prefettura di Milano di non perdere tempo nel darle la tutela. Magari il conto lo mandiamo a Feltri.

SULLE MASCHERINE SI MUOVA IL MINISTRO DEGLI INTERNI

Mancano la mascherine? Oppure ci sono nei depositi delle regioni? Il ministro degli Interni scateni l’inferno e trovi le mascherine e se 0,50 non è remunerativo per i farmacisti (e non lo è) si stabilisca un prezzo equo.

Il Mes, basta con le chiacchiere appunto, chissenefrega delle opinioni dei 5 stelle. Più parlano, più l’Italia appare un debitore inaffidabile.

ORGANIZZAZIONI CRIMINALI IN PIENA FASE 3

E poi occhio a quel che succede nel grande mondo della piccola e media distribuzione: usurai, finanziamenti fasulli ad esercizi per riciclare denaro sporco. Anche le organizzazioni criminali sono uscite dal letargo della Fase 1 e sono in piena Fase 3.

Queste
cose ed altre le può fare un governo vero.

Soprattutto una deve fare. Abbiamo sempre saputo qual era la collocazione internazionale dell’Italia. Ora invece c’è chi tira per Putin e chi per la Cina. L’innamoramento cinese è trasversale. Dovremmo essere, invece, europeisti e atlantisti. Invece siamo tornati una Italietta che si è messa sul mercato. Uno squallore prima che un errore.

O CONTE FA IL SALTO DI QUALITÁ O DEVE SALTARE

Questo governo che servirebbe con tutta evidenza non è il governo Conte. Penso che il premier abbia fatto cose che altri suoi sodali giallo verdi non avrebbero mai fatto. Ha avuto alle spalle un partito generoso, il Pd. Ora non basta più. Ora serve un salto di qualità, o lui fa il salto o deve saltare e lasciare il posto a un altro.

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I dati sui contagi del coronavirus del 12 maggio

Sono 172 i morti nelle ultime 24 ore. Il numero complessivo dei malati in calo di 1.222 unità. Continuano a svuotarsi le tarapie intensive. Il bollettino.

Sono salite complessivamente a 30.911 le vittime del coronavirus in Italia, con un incremento di 172 in un giorno. Ieri l’aumento dei morti era stato di 179. Dopo giorni in calo, torna a crescere l’incremento dei contagiati totali, vale a dire gli attualmente positivi, le vittime e i guariti. Attualmente sono 221.216, con una crescita rispetto a ieri di 1.402. L’11 maggio l’aumento era stato di 744 unità. Nell’aumento vanno però considerati 419 casi della Lombardia che, sottolinea il Dipartimento della Protezione civile, «ha comunicato trattarsi di casi riferiti alle settimane precedenti e non alle ultime 24 ore».

PROSEGUE IL CALO DEI MALATI

Sono, invece, 81.266 i malati in Italia, in calo rispetto a ieri di 1.222. Nella giornata precedente la diminuzione era stata di 836. Continuano a diminuire anche i ricoverati in terapia intensiva: sono 952 i pazienti, 47 in meno rispetto a ieri, quando il calo era stato di 28. Di questi, 322 sono in Lombardia, 19 meno di ieri. Le persone ricoverate con sintomi sono invece 12.865, con un decremento di 674 rispetto a ieri. Sono 67.449 le persone in isolamento domiciliare, 501 in meno rispetto a ieri. I pazienti guariti dal Covid-19 in Italia, infine sono 109.039, con un incremento di 2.452 rispetto a ieri.

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Tre semplici domande sul Mes a un sovranista tipo

Cosa accadrebbe all’Italia se fosse l’unico Paese Ue a non accedere al Meccanismo Salva Stati? Ci sono vie alternative per trovare i 36 miliardi che ci spetterebbero? E, infine, gli aiuti non equivarrebbero a mezzo Piano Marshall? Sono quesiti a cui solo un “euroscettico” potrebbe rispondere. Se solo avesse qualcosa da dire.

Bloccare l’accesso dell’Italia ai fondi del Mes è diventata la linea del Piave degli anti-Ue italiani, che mai accetterebbero il titolo di anti-Ue preferendo di gran lunga quello di euroscettici, che fa così tanto pensoso.

Detestano in particolare le intrusioni di Bruxelles sulle questioni del bilancio e del debito, che vanno diritte al cuore delle autonomie nazionali. Sul Mes si prepara una battaglia in parlamento: sì o no?

LA STORIA DEL MECCANISMO EUROPEO DI STABILITÀ

Ci sono tre domande che si potrebbero porre agli euroscettici. Prima di farlo, ricordiamo che cos’è il Mes e che cosa oggi, per la pandemia, potrebbe fare, a che costi e a che rischi. L’acrononimo Mes sta per Meccanismo europeo di stabilità (Esm l’acronimo in inglese) ed è un fondo finanziario intergovernativo creato nel 2012 con sede a Lussemburgo sulla base di un fondo preesistente per dare sostegno ai Paesi dell’euro in caso di difficoltà dei conti pubblici, sostenibili ma in difficoltà, o quando comunque ne fanno richiesta. Le quote versate dai 19 Paesi membri, tutti quelli dell’euro, sono il capitale. Su questa base il Mes colloca obbligazioni sui mercati e ha oggi una potenza di fuoco di circa 500 miliardi. Le condizioni di un intervento, da definire in un memorandum caso per caso, sono diverse e più stringenti se si tratta di un prestito, meno se di una linea di credito. La Banca d’Italia ha preparato una semplice guida che si può utilmente leggere (Il Meccanismo europeo di stabilità e la sua riforma: domande frequenti e risposte), che parla anche dei progetti di riforma, approvati in principio a dicembre 2019 dai 19 ministri dell’Eurogruppo – l’organo decisionale del Mes – ma non ancora attuati. Il Mes non rientra nel sistema giuridico della Commissione, e opera parallelamente a essa. L’Italia a differenza di Spagna, Portogallo, Irlanda e Cipro (la Grecia fu il maggiore beneficiario con oltre 200 miliardi di euro, ma negoziati con il predecessore del Mes) non ha mai fatto finora ricorso al Mes.

L’ACCORDO SUL 2% DEL PIL

Con la pandemia, il Mes ha annunciato e il Consiglio Ue confermato l’8 maggio che ci saranno presto a disposizione di ogni Paese fondi pari al 2% del Pil, fino a circa 36 miliardi per l’Italia, per un prestito speciale e con un’unica condizione: che serva direttamente o indirettamente alla difesa dalla pandemia, quindi per la spesa sanitaria di ogni tipo, da mascherine e farmici a ristrutturazioni ospedaliere e nuovi ospedali o reparti e altro. Non più memorandum di intesa né interventi su bilancio e debito. Ovviamente quando l’Unione dichiarerà la fine dell’emergenza rientreranno in vigore i criteri di Maastricht del 1992 e il Patto di stabilità del 1997. E questo preoccupa gli euroscettici. Sostengono che la regola unica del Mes in versione pandemia non è affidabile perché, a fine emergenza, potrebbe restare sempre la minaccia delle vecchie regole, sospese ma non abolite, con forti intrusioni nella gestione del debito e perdita temporanea di sovranità. Così hanno parlato Giorgia Meloni e Matteo Salvini. I costi di un debito “pandemia” con il Mes sarebbero minimi, non oltre lo 0,1% annuo indica un’analisi italiana condotta da Luca Fava e Carlo Stagnaro per l’Istituto Bruno Leoni, a fronte di un costo per le ultime emissioni del Tesoro arrivato per titoli decennali attorno all’1,8% l’anno. Su 36 miliardi per 10 anni ci sarebbe quindi un risparmio di circa 5,7 miliardi di euro, pari – dato importante da ricordare come si vedrà fra poco – a 6,20 miliardi di dollari. È troppo sostenere che con un finanziamento Mes, alle condizioni “pandemia”, l’Italia riceverebbe l’equivalente di un aiuto a fondo perduto pari a 5,7 miliardi di euro? Se non vogliamo chiamarlo “prezzo di favore”, come lo chiamiamo? E ora passiamo alle domande, e a una ipotesi di risposta, ovviamente quest’ultima a puro titolo indicativo – e senza impegno – perché solo un vero sovranista sarebbe titolato a rispondere.

1. COSA SUCCEDE SE SIAMO L’UNICO PAESE UE A NON ACCEDERE AGLI AIUTI?

DOMANDA. Che cosa succede se vari altri Paesi tra cui forse anche la Francia, secondo quanto il ministro delle Finanze Bruno Le Maire ha anticipato, accedono al prestito Mes stile “pandemia” e l’Italia, l’unico Paese tra l’altro spaccato da un acceso dibattito sulla questione, non lo fa? In che posizione ci troveremmo?
RISPOSTA. «In quella», potrebbe essere la risposta, «di un Paese che sa fare i propri interessi e non accetta ricatti». Il che implicherebbe che gli altri non sanno fare i propri interessi. Oppure varie variazioni sul tema, ad esempio «gli altri non hanno valutato con sufficiente attenzione le vere clausole del Mes, noi siamo attenti e lo abbiamo fatto». Comunque, una risposta non facile.

2. DOVE TROVIAMO I 36 MILIARDI SE DICIAMO NO AL MES?

DOMANDA. Visto che non si tratta di cifre di cui possiamo fare a meno con un debito pubblico destinato a passare da circa 2.400 a circa 2.600 miliardi di euro causa pandemia, e con emissioni 2020 valutate per i titoli a medio e lungo (Bot esclusi quindi) a 202 miliardi per copertura di titoli in scadenza e a 45 miliardi di nuovo fabbisogno, dove troviamo i 36 che avrebbe potuto darci il Mes, e a che costi?
RISPOSTA. Qui è molto difficile ipotizzare una risposta, tutta affidata all’abilità dialettica del sovranista incaricato. Sulla base dell’analisi Fava-Stagnaro, e non cambierebbe molto con qualsiasi altra analisi, c’è tra i costi Mes e i costi di mercato una differenza superiore ai 5 miliardi di euro, in 10 anni. Direbbero forse qualcosa del genere: «L’onore nazionale non ha prezzo», in linea con una visione sovranista. Più probabilmente ricorderebbero che non sono soldi del Mes ma soldi nostri, visto che la quota versata dall’Italia è di 14 miliardi, il che è vero in senso contabile e non vero in senso politico, perché il Mes è una forma di assicurazione collettiva alla quale si contribuisce nella speranza di non averne mai bisogno. A questo si potrebbe rispondere che i 36 di prestito, e i 5,7 di “favore” sarebbero comunque una buona occasione per riavere indietro un po’ di quei 14 versati. Ma potrebbero uscire risposte impensate e impensabili, perché i sovranisti sul Mes si trovano con le spalle al muro e difendono la loro stessa ragion d’essere politica. Come del resto, in una posizione però più sostenibile perché inserita in un quadro europeo più ampio e coerente, fa il fronte opposto degli “europeisti”. Nazionalismo vuol dire, per definizione, essere soli. «Meglio soli che male accompagnati» è la classica risposta sovranista.

3. IL MES VALE PER NOI MEZZO PIANO MARSHALL?

DOMANDA. Terzo e ultimo quesito. Se il prestito Mes alle condizioni “pandemia” equivale a uno sconto di costi finanziari pari a circa 6,2 miliardi di dollari in 10 anni, e visto che all’Italia andarono nel 1948-52 circa 1,4 miliardi di dollari del Piano Marshall in gran parte a fondo perduto, pari a 14 miliardi di dollari oggi, e sia pure considerando il fatto che 1,4 miliardi di allora avevano sull’Italia di allora un peso più alto di 14 miliardi di oggi sull’Italia, non si può forse dire che il Mes da solo, e prima di altri interventi Ue, vale per l’Italia mezzo Piano Marshall?
RISPOSTA. Difficilissmo ipotizzare una risposta. Probabilmente si cercherebbe di ribadire che quello del Mes non è affatto un “dono” ma un cavallo di Troia.

QUELLO CHE NON SI DICE SUGLI EUROBOND

Conclusione. Aspettiamo il dibattito parlamentare. Si sentiranno alti toni patriottici e accuse agli avversari di svendita dell’onore nazionale. Il peggior armamentario del vecchio nazionalismo, che da sempre cerca di togliere al fronte opposto la dignità del libero pensiero. Naturalmente i sovranisti diranno che non sono contro l’Europa ma contro “questaEuropa. Il problema è che l’Europa giusta che va bene a loro non si trova mai. Messi alle strette, sostengono in genere che sarebbero per una vera Europa unita che corre in soccorso di ogni nazione così come negli Stati Uniti Washington fa con il Minnesota piuttosto che l’Arizona o il Tenneesee, ma non per “questa” Europa. Ancor più alle strette, invocano sempre gli eurobond, la cui assenza prova la perfidia europea da cui dobbiamo difenderci. Ma in genere non sanno che dire a chi ricordaloro che gli eurobond, come mutualizzazione di un debito nazionale che diventa comune, hanno per logica necessità e conseguenza la creazione di un superministro delle Finanze che, affiancato dal Parlamento europeo, controlla le spese degli Stati approvate dai rispettivi parlamenti. Gli eurobond implicano quindi una nuova consistente cessione di sovranità. A questo punto in genere i sovranisti cambiano discorso. Salvo continuare a imprecare, come ha scritto Mattia Feltri, contro «…quel popolo che noi chiamiamo gli egoisti del Nord, e dal quale pretendiamo i denari con le vene gonfie al collo». Ma non i denari del Mes. Quello, come tanti Nennillo nel Natale in casa Cupiello di Eduardo, «nun ce piace».

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Pandini lascia la Lombardia e Gallera torna alle dirette

Il portavoce di Salvini, inviato a Milano per aggiustare gli incidenti comunicativi di Fontana e dell’assessore al Welfare, è rientrato a Roma. Ma c’è chi è convinto che mancherà molto.

Dopo circa un mese Matteo Pandini, portavoce di Matteo Salvini, molla la presa su Regione Lombardia per tornare a occuparsi del segretario e dei gruppi parlamentari della Lega a Roma.

Era arrivato agli inizi di aprile dopo una serie di incidenti comunicativi che saranno ricordati nella storia politica di una regione devastata dall’emergenza Covid-19. Come non ricordare la celebre immagine del governatore Attilio Fontana che non riesce a mettersi la mascherina. Oppure Giulio Gallera, che durante le sue dirette era capace di dire tutto e il contrario di tutto.

Pandini era arrivato per mettere in ordine le cose. E proprio le dirette erano scomparse dopo il suo arrivo. Ci aveva messo la faccia Salvini. L’ex ministro dell’Interno era entrato dalla porta principale della Regione per invertire una rotta comunicativa che continuava a far perdere punti nei sondaggi alla Lega. Ma adesso Pandini se ne va. Torna a Roma. L’emergenza del resto pian piano inizia a scemare un po’ in tutta Italia. Caso vuole che, pronti via, neanche 24 ore di tempo e si è rifatto vivo proprio l’assessore Gallera, scomparso dopo una raffica di figuracce in diretta. L’esponente di Forza Italia, che si dice punti alla poltrona di sindaco di Milano nel 2021, torna stasera, dopo un mese in esilio. Torna nelle dirette di Lombardia notizie, quelle che ai lombardi non mancavano molto. C’è già chi è convinto che Pandini mancherà molto.

Quello di cui si occupa la rubrica Corridoi lo dice il nome. Una pillola al giorno: notizie, rumors, indiscrezioni, scontri, retroscena su fatti e personaggi del potere.

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A Repubblica nasce il premio al giornalista della settimana

L’iniziativa del neodirettore Molinari istituisce un riconoscimento di 600 euro per chi saprà distinguersi con la proposta migliore.

Tra le doti richieste a un buon direttore di giornale c’è, ai primi posti, la capacità di motivare il proprio corpo redazionale. E spendersi ogni giorno per valorizzare un team di giornalisti dalle diverse capacità e visioni, riuscendo a mantenere il giusto equilibrio tra una sana competizione e lo spirito di squadra che necessariamente dovrebbe animare le stanze di un quotidiano.

UN RICONOSCIMENTO DI 600 EURO LORDI IN BUSTA PAGA

Non sempre accade, purtroppo, ma sarà forse questa la ragione che ha spinto il neodirettore di Repubblica, Maurizio Molinari, a pochi giorni dal suo insediamento, a istituire una sorta di riconoscimento individuale per il “giornalista della settimana”. Il premio consiste, si legge in un messaggio recapitato da Molinari ai suoi cronisti, in una R stilizzata con il nome del vincitore e un riconoscimento di 600 euro lordi in busta paga. Il “trofeo”, si legge ancora, sarà assegnato ogni lunedì mattina, scegliendo tra le proposte illustrate da ogni responsabile di settore, sia su carta che sul digitale.

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Cosa prevedono le ipotesi sulla mobilità tra Regioni nella Fase 2

Toti anticipa che il governo starebbe ragionevolmente pensando al primo giugno come data utile per aprire agli spostamenti. Ma arriva la frenata di Boccia.

L’ipotesi non è ancora confermata, ma rischia di aprire un nuovo fronte tra Regioni e governo. Secondo il presidente della Liguria Giovanni Toti è verosimile che la mobilità tra regioni possa essere ripristinata a partire dal primo giugno. «Sulla riapertura della mobilità interregionale», ha spiegato Toti, «il ministro Boccia ci ha detto ‘prendiamoci ancora una settimana prima di cominciare una valutazione‘, certamente non riaprirà il 18 maggio, forse il 25 maggio, più probabile il primo giugno».

«LA LIGURIA PRONTA A RIPARTIRE»

«Il 18 maggio», ha proseguito Toti, «il governo suggerirà la riapertura del commercio al dettaglio in tutto il Paese, molte Regioni compresa la Liguria annunceranno la riapertura di parrucchieri, estetisti e in parte anche della ristorazione, la Liguria auspico sia tra queste».

BOCCIA: «PRESTO PER PARLARE DI DATE, MECCANISMO VA DEFINITO»

Boccia, da parte sua, ha preferito mantenere una certa cautela, e a Repubblica.it ha chiarito: «Dipenderà dai dati del monitoraggio delle singole regioni che a partire da giovedì vedremo ogni settimana e saranno sempre pubblici. Due regioni a basso rischio, a maggior ragione se limitrofe, sarà naturale che potranno avere mobilità interregionale. Ma se una regione è ad alto rischio e una a basso rischio ci saranno inevitabili limitazioni automatiche. Questo meccanismo non è stato ancora definito perché è il più complesso e andrà deciso insieme».

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Insulti e minacce a Silvia Romano: aperta una inchiesta

Lo ha deciso l’antiterrorismo milanese mentre la prefettura sta valutando di assegnare alla cooperante una scorta. Chiuso il profilo Facebook della 25enne.

Gli attacchi vergognosi sui social a Silvia Romano per la sua conversione all’Islam non si placano. Tanto che il responsabile dell’antiterrorismo milanese ha aperto un’indagine per minacce aggravate per ora contro ignoti. Intanto su Facebook non è più visibile il profilo della cooperante liberata lo scorso 8 maggio.

Già lunedì sera la prefettura aveva annunciato di valutare una forma di tutela, fissa o mobile, per la 25enne.

Tra gli odiatori anche alcuni esponenti locali di Lega e Fratelli d’Italia. L’ultimo affronto, ma solo in ordine di tempo, è partito dal consigliere comunale di Asolo, nel Trevigiano, Nico Basso, un ‘venetista’ capogruppo della civica Verso il futuro, ex assessore leghista. In un post, poi cancellato, aveva invocato per la cooperante l’impiccagione. Il post, riferisce la stampa locale, è stato duramente condannato anche dal sindaco di Asolo, Mauro Migliorini, che ora sta valutando le richieste di dimissioni di Basso arrivate da più parti. L’uomo non è nuovo ai messaggi d’odio contro politici e rappresentanti delle istituzioni e, sempre sulla liberazione di Silvia Romano, ha pubblicato commenti offensivi anche verso il premier Giuseppe Conte e il ministro Luigi Di Maio.

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Coronavirus, il Regno Unito supera i 40 mila decessi

Sono le stime diffuse dall’Office for national statistics. In numeri assoluti il Paese è secondo solo agli Usa.

Supera la quota choc di 40 mila la stima dei morti per coronavirus nel Regno Unito.

Stando alle elaborazioni settimanali dell’Ons, l’Office for national statistics, (l’Istat britannico), i decessi legati almeno come concausa al Covid-19 censiti in Inghilterra e Galles al 9 maggio sono saliti a 35.044 e quelli rilevati fino al 3 in Scozia e Irlanda del Nord a 3300.

Il governo britannico di Boris Johnson e i suoi consiglieri medico-scientifici hanno però più volte insistito nelle ultime settimane sulla dubbia attendibilità – almeno fino a quando non vi saranno bilanci completi e omogenei – di un paragone fra i dati ufficiali o le stime del Regno e quelli di altri Paesi. I dati dell’Ons, si nota a Londra, sono in particolare molto più ampi di quelli diffusi da altri enti: comprendono infatti tutti i decessi, anche probabili, legati al Covid-19 raccolti negli ospedali, in qualunque altro ricovero, in case private e ovunque. Cosa che altri governi non fanno, o includono solo parzialmente, nei loro aggiornamenti.

In rapporto alla popolazione il Regno Unito resta in effetti dietro a Belgio o Spagna e testa a testa con l’Italia (avendo 67 milioni di abitanti contro i circa 60 dell nostro Paese). Sullo sfondo della situazione attuale, con il lockdown solo marginalmente alleggerito malgrado la flessione della curva dei contagi di queste settimane, il governo Johnson si appresta intanto a estendere oltre giugno lo schema di sussidi pubblici concesso fino all’80% dello stipendio a milioni di lavoratori in congedo a causa delle restrizioni della pandemia.

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Tamponi e mascherine di Stato: polemiche su Arcuri

Ritardi nella gara per acquistare i reagenti per i tamponi e carenza di dispositivi di Stato. il commissario nell’occhio del ciclone. «Nei magazzini delle regioni ce ne sono 55 milioni e il prezzo resterà a 61 centesimi», assicura. «Gli speculatori se ne facciano una ragione».

Domenico Arcuri nell’occhio del ciclone. Prima per la carenza delle cosiddette mascherine di Stato (o di comunità) poi per il ritardo con cui ha avviato la gara per acquistare i reagenti per i tamponi fondamentali per il tracciamento dei positivi nella fase 2, cominciata il 4 maggio.

Il commissario straordinario lunedì sera al Tg1 aveva infatti annunciato: «Martedì mattina faremo una richiesta di offerta per chiedere alle imprese italiane e internazionali di darci il numero massimo di reagenti che ci servono a fare 5 milioni di tamponi, che abbiamo già acquisito, ai cittadini italiani». Finora dunque il governo cosa ha fatto? Perché non è stata avviata una gara prima della riapertura? «Bisogna considerare che la situazione è molto complessa per le diversità tra le Regioni», ha spiegato la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa. Esistono, ha aggiunto, «molti tipi di reagenti e le Regioni ne stanno utilizzano tipi diversi, quindi ci sono reagenti e macchinari collegati diversi. Per questo la situazione è complessa».

L’ATTACCO DI CALENDA

Complessa o meno, il ritardo con cui il governo e le Regioni si sono mosse fa pensare. Per questo Carlo Calenda su Twitter ha chiesto la rimozione di Arcuri. «Il governo dovrebbe riconoscere di aver scelto la persona sbagliata», ha scritto l’ex ministro allo Sviluppo economico, «e rimuovere il Commissario #Arcuri. Rapidamente».

Critiche anche dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori. «Tre mesi dopo l’inizio dell’emergenza Covid il commissario Arcuri avvia una gara per l’acquisto di reagenti da aziende nazionali e internazionali. Quindi è vero: i 5 milioni di tamponi che il governo si accingeva a spedire alle Regioni erano solo bastoncini».

NEI MAGAZZINI DELLE REGIONI CI SONO 55 MILIONI DI MASCHERINE

Ma quello dei reagenti non è l’unico fronte per Arcuri. Altro tasto dolente sono le mascherine a 50 centesimi praticamente introvabili. «Lavoriamo nell’esclusivo interesse dei cittadini al fine di tutelare al meglio la loro salute. Qualche volta faccio degli errori, per i quali mi aspetto critiche e se serve reprimende», ha detto Arcuri nel corso della conferenza stampa del 12 maggio, ma «solo dai cittadini». Da inizio emergenza, ha sottolineato, «sono stati distribuiti 208 milioni di mascherine, una quantità sufficiente. Nei magazzini delle regioni ce ne sono 55 milioni». Il prezzo delle mascherine chirurgiche fissato a 50 centesimi più Iva è e resterà quello, ha quindi assicurato Arcuri. «Gli speculatori dovranno farsene una ragione». Il manager insomma non ci sta ad addossarsi le responsabilità di uno stallo che dura da giorni, con farmacie ancora a secco di mascherine e approvvigionamenti a singhiozzo, distributori quasi fermi e importatori a corto di venditori dall’estero «per il prezzo», dicono, «troppo basso delle ‘calmierate’ in Italia».

IN ARRIVO L’ACCORDO CON I TABACCAI

Nelle prossime settimane, ha aggiunto il commissario, le mascherine a 50 centesimi si troveranno anche nei tabaccai. Nei prossimi giorni sarà firmato un accordo con l’associazione di categoria che ha 50 mila punti vendita nel Paese.

LE RICHIESTE DEI DISTRIBUTORI

Dal canto loro i distributori hanno invocato lo ‘sblocco’ di milioni di mascherine sequestrate durante i controlli delle forze dell’ordine: «La maggior parte di queste sono nei depositi giudiziari solo per cavilli tecnici, ma sarebbero utilizzabili come ‘chirurgiche’ da vendere a 50 centesimi più Iva». Ma anche qui Arcuri ha fatto intendere che non ci sarà alcuna apertura: «Vengo accusato di non voler ‘sanare’ mascherine prive di autorizzazioni che gli attori della distribuzione avrebbero voluto mettere in commercio con la copertura della struttura commissariale». La partita al tavolo dell’Emergenza si gioca ancora una volta sui prezzi. Da una parte i distributori, che secondo l’ultimo accordo dovrebbero vendere i dispositivi a 40 centesimi ai farmacisti, parlano di «mancanza di appetibilità» del mercato italiano sulle importazioni a causa della ‘vendita popolare’ a 50 centesimi, dall’altra il commissario sottolinea che «sempre più negozi della grande distribuzione vendono le mascherine a 50 centesimi, più Iva» e, riferendosi soprattutto ai farmacisti, aggiunge: «Non sono io a dover rifornire i farmacisti. Il commissario rifornisce Regioni, sanità, servizi pubblici essenziali e, dal 4 maggio, anche i trasporti pubblici locali e le Rsa, pubbliche e private. Tutto a titolo gratuito».

SI MOLTIPLICA LA RICHIESTA DI DISPOSITIVI

Nel frattempo la domanda dei dispositivi si moltiplica. Finora l’ultimo stock di mascherine di comunità è arrivato a Roma e in qualche altra città, ma nella quasi totalità delle farmacie dove sono state consegnate risultano già finite. Mancano ancora in altre grandi città come Milano e Torino, dove sono attese a breve. Da sabato scorso sono in distribuzione 3 milioni di dispositivi, un lotto della Protezione Civile, a fronte di un fabbisogno stimato in Italia di 10 milioni al giorno. Se i farmacisti gridano al sold out sulle mascherine, i distributori a loro volta denunciano «la mancanza di un fornitore» che riesca a importare grossi numeri, nonostante i patti. «La società italiana di Perugia importatrice di mascherine dalla Cina, che ci aveva garantito a regime la fornitura di 10 milioni di dispositivi a settimana, pare non sia più in grado di farlo», ha spiegato Antonello Mirone, presidente di Federfarma Servizi, l’Associazione nazionale dei Distributori di farmaci e dpi. E, in attesa che a giugno le aziende italiane riconvertite vadano a regime, il governo punta a facilitare le regole per gli altri tipi di mascherine, sulla carta meno protettive. L’ultima ipotesi del governo in questo senso è di semplificare le normative, magari con interventi che possano essere inseriti nel decreto Rilancio. Le modifiche avrebbero l’obiettivo di semplificare e velocizzare l’iter per la certificazione anche delle mascherine non chirurgiche – ma che rispondano ad alcuni requisiti tecnici – e consentirne l’utilizzo in alcuni ambiti lavorativi.

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I nodi da sciogliere nel decreto Rilancio

Regolarizzazione dei lavoratori immigrati, bonus vacanze, tutela delle banche. La maggioranza è ancora divisa su alcune delle misure.

Manca ancora un accordo di fondo sul tanto atteso decreto Rilancio, già decreto aprile e decreto maggio. Le misure che valgono 55 miliardi di euro devono essere ancora “limate” visto che tra i partiti di maggioranza restano distanze su alcuni nodi.

LEGGI ANCHE: Le misure contenute nel decreto Rilancio

IL BRACCIO DI FERRO SULLA REGOLARIZZAZIONE

Il primo riguarda la regolarizzazione degli immigrati che lavorano come braccianti, colf e badanti (circa 500 mila persone) su cui si sta consumando il braccio di ferro tra M5s e Pd. I pentastellati hanno alzato le barricate contro ogni tipo di sanatoria. Nella serata di lunedì il ministro all’Economia Roberto Gualtieri e fonti del Pd avevano assicurato che la norma arriverà in cdm, come concordato già domenica notte. Nel testo, spiegano i dem, «sono stati inseriti una serie di vincoli per accogliere le obiezioni M5s, inclusa l’esclusione di ogni sanatoria per chi sia stato condannato per reati come il caporalato: non si può continuare a discutere all’infinito». Al premier Giuseppe Conte, dicono le stesse fonti, spetterà una mediazione.

CRIMI: «NO A SANATORIA DEI REATI PER CHI DENUNCIA LAVORO IRREGOLARE»

Mediazione che si prospetta tutta in salita visto che il capo politico del M5s Vito Crimi ha ribadito: «Purtroppo l’ultima bozza visionata ieri sera riporta ancora la sanatoria dei reati per chi denuncia un rapporto di lavoro irregolare. L’auspicio di trovare una soluzione positiva rimane, continuiamo a lavorare con spirito collaborativo per questo obiettivo. Ma resta fermo che sul punto non arretreremo di un millimetro». E ha aggiunto: «Chi ha sfruttato le persone e ha drogato i mercati usando manodopera in nero a basso costo eludendo contributi e tasse, non può farla franca». Anche Conte tira diritto per la sua strada: «Regolarizzare per un periodo determinato immigrati che già lavorano sul nostro territorio significa spuntare le armi al caporalato, contrastare il lavoro nero, effettuare controlli sanitari e proteggere la loro e la nostra salute tanto più in questa fase di emergenza sanitaria».

BANCHE E BONUS VACANZE

Ma non è finita qui. Ad agitare il percorso del decreto in casa M5s anche il tema della tutela delle banche, norma che prevede garanzie statali per sei mesi dal valore di 15 miliardi. Italia viva invece punta i piedi sul bonus vacanze riservato, nei piani, alle famiglie con un Isee fino a 50 mila euro. I renziani sarebbero per destinare i 2 miliardi direttamente agli imprenditori che, invece, sarebbero costretti ad anticipare il bonus ai clienti in cambio di un credito di imposta a fine anno.

LEGGI ANCHE: Il governo dà l’ok alle Regioni: riaperture differenziate dal 18 maggio

LE REGIONI CHIEDONO 5,4 MILIARDI

Infine resta il nodo degli enti locali. I presidenti di Regione hanno chiesto un impegno economico maggiore degli 1,5 miliardi stanziati nel decreto: ne servono 5,4.

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Mafia, maxi-blitz tra Palermo e Milano: 91 arresti

Nel mirino anche storici esponenti dei clan palermitani dell’Arenella e dell’Acquasanta. Sequestrati beni per 15 milioni. Santoianni accusato di essere un prestanome dei boss. Il Gip: «Pronti a sfruttare la crisi Covid».

Sono nomi noti da decenni agli inquirenti quelli finiti nell‘inchiesta della Guardia di Finanza di Palermo che ha portato il 12 maggio a 91 arresti tra boss, gregari ed estortori dei clan dell’Arenella e dell’Acquasanta. Come i Fontana, “famiglia” storica di Cosa nostra palermitana descritta dal pentito Tommaso Buscetta come una delle più pericolose. Sequestrati anche beni per 15 milioni di euro.

IL RUOLO DELLA FAMIGLIA FONTANA

Dalle indagini è emerso il ruolo di vertice di Gaetano Fontana, scarcerato per decorrenza dei termini nel 2013 dall’accusa di mafia, tornato in cella nel 2014 e nel 2017 uscito nuovamente dopo aver scontato la pena. Sono finiti dietro le sbarre anche i fratelli Giovanni, un lungo elenco di precedenti per ricettazione, omicidio, porto abusivo di armi e resistenza a pubblico ufficiale, e Angelo, dal 2012 sottoposto all’obbligo di soggiorno a Milano. Per gli inquirenti Gaetano Fontana sarebbe il punto di riferimento indiscusso dei “picciotti” dell’Acquasanta, ruolo che avrebbe mantenuto anche mentre era detenuto.

DALLA CANTIERISTICA ALLE SLOT MACHINE: GLI INTERESSI DEL CLAN

I Fontana gestivano le imprese che operano nella cantieristica navale, nella produzione e commercializzazione di caffè, e avrebbero il controllo di decine di supermercati, bar e macellerie e del mercato ortofrutticolo, delle scommesse online e delle slot machine. I fratelli Gaetano, Giovanni e Angelo Fontana vivevano da tempo a Milano, ma hanno mantenuto forti interessi nel capoluogo siciliano. Altro personaggio di rilievo dell’indagine è Giovanni Ferrante, braccio operativo del clan Fontana. Ferrante usava attività commerciali del quartiere per riciclare i soldi sporchi, ordinava estorsioni e imponeva l’acquisto di materie prime e generi di consumo scelti dall’organizzazione. Già condannato per mafia, dal 2016 è stato ammesso all’affidamento in prova ai servizi sociali. Uscito dal carcere, ha consolidato la propria posizione di leader all’interno della famiglia mafiosa e per la gestione degli affari illeciti usava come intermediatrice la compagna, Letizia Cinà. Molto temuto, modi violenti, in una intercettazione dopo essere stato scarcerato dice: «Oramai non ho più pietà per nessuno! Prima glieli davo con schiaffi, ora glieli do con cazzotti… a colpi di casco… cosa ho in mano… cosa mi viene». Personaggio di spicco è anche Domenico Passarello, a cui era stata delegata la gestione dei giochi e delle scommesse a distanza, del traffico di stupefacenti, della gestione della cassa e della successiva consegna del denaro ai vertici della famiglia per versamento nella cassa comune.

TRA GLI INDAGATI ANCHE UN EX GIEFFINO

Tra gli indagati c’è anche un ex concorrente del Grande Fratello. Si tratta di Daniele Santoianni, che ha partecipato alla decima edizione del reality, e che ora è ai domiciliari con l’accusa di essere un prestanome del clan. Santoianni era stato nominato rappresentante legale della Mok Caffè Srl. ditta che commerciava in caffè, di fatto nella disponibilità della cosca. «Con ciò», scrive il Gip, «alimentando la cassa della famiglia dell’Acquasanta e agevolando l’attività dell’associazione mafiosa»

GLI AFFARI DELLA MAFIA FAVORITI DALL’EMERGENZA COVID

Il lockdown e la pesante crisi economica, con numerose imprese sull’orlo della chiusura rappresentano, scrive sempre il Gip, «un contesto assai favorevole per il rilancio dei piani dell’associazione criminale sul territorio d’origine e non solo». Il quadro dipinto, non frutto di prognosi ma basato su dati di inchiesta, è allarmante. «Le misure di distanziamento sociale e il lockdown su tutto il territorio nazionale, imposti dai provvedimenti governativi per il contenimento dell’epidemia, hanno portato alla totale interruzione di moltissime attività produttive, destinate, tra qualche tempo, a scontare una modalità di ripresa del lavoro comunque stentata e faticosa, se non altro», scrive il giudice, «per le molteplici precauzioni sanitarie da adottare nei luoghi di produzione». Da una parte, si sottolinea, «l’attuale condizione di estremo bisogno persino di cibo di tante persone senza una occupazione stabile, o con un lavoro nell’economia sommersa, può favorire forme di soccorso mafioso prodromiche al reclutamento di nuovi adepti», dall’altra, «il blocco delle attività di tanti esercizi commerciali o di piccole e medie imprese ha cagionato una crisi di liquidità difficilmente reversibile per numerose realtà produttive, in relazione alle quali un ‘interessato sostegno’ potrebbe manifestarsi nelle azioni tipiche dell’organizzazione criminale, vale a dire l’usura, il riciclaggio, l’intestazione fittizia di beni, suscettibili di evolversi in forme di estorsione o, comunque, di intera sottrazione di aziende ai danni del titolare originario».

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Ferrari, sarà Sainz il sostituto di Vettel

Il pilota tedesco e la scuderia di Maranello hanno ufficializzato il divorzio. La collaborazione non andrà oltre la naturale scadenza del 2020. Poi lo spagnolo farà coppia con Leclerc.

Sarà Carlos Sainz il sostituto di Sebastian Vettel alla Ferrari, a partire dal 2021. Lo spagnolo farà coppia con il monegasco Charles Leclerc. La Ferrari e Vettel hanno ufficializzato comunicano la decisione «di non prolungare il rapporto di collaborazione tecnico-sportiva oltre la sua naturale scadenza, prevista al termine della stagione sportiva 2020».

«Abbiamo preso questa decisione insieme a Sebastian», ha affermato in una nota Mattia Binotto, il team principal della Ferrari, subito dopo aver ufficializzato il divorzio fra la scuderia di Maranello e il pilota tedesco. «Riteniamo», ha aggiunto Binotto, «che sia la miglior soluzione per entrambe le parti. Non è stato un passo facile da compiere, considerato il valore di Sebastian, come pilota e come persona. Non c’è stato un motivo specifico che ha determinato questa decisione bensì la comune e amichevole constatazione che è arrivato il momento di proseguire il nostro cammino su strade diverse per inseguire i nostri rispettivi obiettivi». Secondo Binotto «Sebastian è già entrato nella storia della Scuderia – con 14 Gp conquistati è il terzo pilota più vittorioso ed è già quello che ha ottenuto il maggior numero di punti iridati – e nelle cinque stagioni fin qui disputate con noi è salito tre volte sul podio del Campionato Piloti, contribuendo in maniera decisiva alla costante presenza della squadra tra le prime tre della classifica Costruttori». Insieme, ha aggiunto Binotto, «non siamo ancora riusciti a vincere un titolo iridato che per lui sarebbe il quinto ma siamo convinti che in questa anomala stagione 2020 riusciremo a toglierci ancora tante soddisfazioni»

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