Schwazer ricorre alla giustizia svizzera contro la squalifica del Tas
Il marciatore chiede la sospensione degli otto anni di stop inflittagli alla vigilia delle Olimpiadi di Rio. Sullo sfondo i crescenti sospetti di manipolazione delle urine avvalorati dal Gip di Bolzano.
Lo aveva annunciato e ora è ufficiale: il marciatore Alex Schwazer, oro a Pechino 2008, si è rivolto alla giustizia ordinaria svizzera e ha chiesto la sospensione della squalifica di otto anni per doping inflittagli dal Tribunale arbitrale dello sport nell’agosto 2016, alla vigilia delle Olimpiadi di Rio. Una squalifica – la seconda dopo quella del 2012 a Londra, con la positività ammessa dallo stesso Schwazer – arrivata dopo che il 15 dicembre 2015 Alex aveva testimoniato al processo contro i medici della Federazione internazionale.
IL CONTROLLO ANTIDOPING A SORPRESA DI CAPODANNO
Lo stesso giorno, la Iaaf aveva ordinato un controllo antidoping a sorpresa, che in effetti avvenne il primo gennaio 2016 alle 7 del mattino nella casa altoatesina del marciatore, che in quel periodo si allenava con il maestro di sport del Coni Sandro Donati, da decenni in prima linea nella lotta contro il doping. Schwazer, scegliendo un allenatore come Donati, intendeva infatti dimostrare non solo di essere «pulito», ma di essere anche competitivo, come dimostrarono i tempi registrati ai Mondiali di Roma della primavera 2016 che gli permisero di staccare il pass per le Olimpiadi: Alex vinse la 50 chilometri di marcia, prima gara dopo la lunga squalifica post Londra di tre anni e nove mesi, con il tempo di 3 ore e 39 minuti, secondo miglior risultato stagionale a livello mondiale.
L’IPOTESI FONDATA DI UNA MANIPOLAZIONE DELLE PROVETTE
La seconda positività del campione venne però comunicata solo a giugno, alla vigilia della gara olimpica in Brasile, quando il Tas di Losanna decise di squalificare Alex per otto anni, di fatto interrompendo la sua carriera. Il caso si è poi spostato in tribunale a Bolzano, dove si cerca di capire se l’atleta si sia realmente dopato di sua volontà o se qualcuno l’abbia, invece, incastrato. Il Gip di Bolzano, Walter Pelino, ha ritenuto fondata l’ipotesi della manipolazione delle urine usate per il controllo antidoping che portò Schwazer alla squalifica e ha ordinato numerose perizie. Per cercare di arrivare a un punto fermo il giudice ha disposto anche dei prelievi su 50 atleti volontari, un fatto mai verificatosi prima in un processo per doping. Novità dal processo sono attese nella primavera del 2020. Ora arriva l’istanza al Tribunale federale della Confederazione elvetica di Losanna. Intanto Schwazer continua ad allenarsi e culla il sogno di poter partecipare alle Olimpiadi di Tokio 2020.
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