Perché il 12 gennaio è uno snodo cruciale per la legislatura

Si tratta della scadenza per la richiesta di referendum sul taglio dei parlamentari. Un bivio che avrà ripercussioni sulle prossime mosse del capo dello Stato.

Il 12 gennaio 2020 è una data da segnare in rosso nel calendario della politica. È la scadenza del termine per depositare la richiesta di referendum sul taglio dei parlamentari. E, se si volesse andare alle elezioni mantenendo l’attuale numero di deputati e senatori, le Camere andrebbero preferibilmente sciolte entro la prima metà di gennaio. Prima, cioè, del 12 gennaio. Senza contare che tre giorni dopo c’è un’altra delicatissima scadenza dal forte impatto politico: il 15 gennaio è prevista la sentenza della Corte costituzionale sul referendum per la legge elettorale chiesto da diverse Regioni.

LEGGE APPROVATA A MAGGIORANZA ASSOLUTA

Il presidente della Repubblica, trovandosi di fronte a una improvvisa crisi di governo e senza maggioranze alternative, avrebbe il dovere di sciogliere le Camere e chiamare il Paese al voto con il sistema vigente al momento, visto che l’iter della riforma costituzionale per la riduzione dei parlamentari non sarà completo fino alla fine degli adempimenti formali (leggi referendum e collegi elettorali). La legge costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari è stata approvata in seconda lettura con la maggioranza assoluta (e non con quella dei due terzi). Può, dunque essere sottoposta a referendum entro il 12 gennaio su richiesta di un quinto dei membri di una Camera (65 senatori o 126 deputati), di 500 mila elettori o di cinque Consigli regionali. E al momento al Senato si contano già ben 52 firme raccolte. Se non fosse avanzata richiesta di referendum, alla scadenza dei tre mesi dalla pubblicazione del testo in Gazzetta il presidente della Repubblica dovrà pubblicare la legge entro il 12 febbraio. Se, invece, la richiesta di referendum arrivasse, la Cassazione dovrà pronunciarsi sulla sua ammissibilità.

I TEMPI (LUNGHI) PER L’ENTRATA IN VIGORE

Tra decisione ed eventuali ricorsi potranno servire tra 20 e 30 giorni. Il referendum sarà quindi indetto entro 60 giorni dall’ordinanza che lo ammette, e potrà svolgersi in una domenica compresa tra il 50esimo e il 70esimo giorno successivo al decreto di indizione. A conclusione positiva del referendum, avranno luogo proclamazione del risultato, pubblicazione della legge costituzionale e vacatio legis (complessivamente almeno 20/30 giorni), prima dell’entrata in vigore della legge stessa. Sia in caso di esito positivo del referendum sia nell’ipotesi in cui esso non venga richiesto, in base all’articolo 4 della legge sulla riduzione del numero dei parlamentari le nuove norme potranno applicarsi non prima che siano decorsi 60 giorni dalla loro entrata in vigore. In caso di mancata richiesta di referendum quindi, considerati i tempi per accertare la mancata richiesta, la pubblicazione in Gazzetta e la vacatio legis, questi 60 giorni potranno decorrere dalla prima metà di febbraio, per concludersi orientativamente entro metà aprile, quando la riduzione dei parlamentari sarà effettiva. A quel punto, il governo avrà 60 giorni per ridisegnare i collegi elettorali.

Alcuni esperti sottolineano che ipotesi diverse di scioglimento e conseguenti elezioni potrebbero far sorgere dubbi sulla rappresentatività del nuovo parlamento

In definitiva, ove venisse richiesto un referendum sulla legge costituzionale per la riduzione dei parlamentari, i tempi per l’entrata in vigore della nuova normativa potrebbero superare i 10 mesi dalla data della pubblicazione della legge elettorale. Ove il referendum non fosse invece richiesto, sembrerebbero necessari tra i cinque e i sei mesi dalla data del 12 ottobre e quindi, come ricordato, la piena operatività della norma partirebbe dal mese di aprile. Si tratta di uno snodo politico delicato: infatti alcuni esperti sottolineano che ipotesi diverse di scioglimento e conseguenti elezioni potrebbero far sorgere dubbi sulla rappresentatività del nuovo parlamento. Bisognerebbe, infatti, affrontare la non secondaria questione di un parlamento – che dovrà scegliere il nuovo capo dello Stato – eletto pochissimo tempo prima dell’operatività di una norma che ne avrebbe modificato in maniera significativa la rappresentatività.

IL NODO DELL’ELEZIONE DEL CAPO DELLO STATO

Il dubbio è che venga in tal modo gettata un’ombra sulla stessa rappresentatività del nuovo capo dello Stato, scelto da un organo numericamente diverso da quello disciplinato dalle norme che saranno vigenti al momento della sua elezione: organo costituitosi solo pochi giorni prima l’entrata in vigore delle nuove, più restrittive norme. Per questo, è l’analisi di alcuni esperti, ove si volesse procedere linearmente a nuove elezioni con l’attuale numero dei parlamentari, sarebbe meglio attivare lo scioglimento prima del 12 gennaio. Altrimenti, sia in caso di mancata richiesta di referendum sia di proposizione della richiesta stessa, lo scioglimento dovrebbe aver luogo dopo la piena operatività delle nuove norme, e quindi con il ridotto numero dei parlamentari. Nel primo caso in primavera avanzata, e nel secondo non prima del prossimo autunno.

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