Cosa ha detto Conte alla Camera sul Mes

Attacco frontale a Salvini e Meloni: «Le opposizioni hanno diffuso notizie allarmistiche, palesemente false». E in questo modo hanno «inquinato il dibattito pubblico e disorientato i cittadini».

È iniziata con un attacco frontale a Matteo Salvini e Giorgia Meloni l’informativa urgente del premier Giuseppe Conte sul Mes andata in scena alla Camera. Nel pomeriggio toccherà al Senato. «Le opposizioni hanno lanciato accuse infamanti contro di me. Sono state diffuse notizie allarmistiche, palesemente false. Del senatore Salvini non mi stupisco, sono note la sua disinvoltura a restituire la verità e la sua difficoltà a studiare i dossier. Mi meraviglio invece della deputata Meloni», ha esordito infatti il capo del governo, rivolgendosi direttamente alla leader di Fratelli d’Italia, presente in Aula.

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Meloni ha reagito urlando e scatenando una breve bagarre, prontamente sedata dal presidente di Montecitorio, Roberto Fico. Conte ha proseguito così: «Sono qui per l’informativa sulle modifiche al Mes non solo perché doverosa dopo la richiesta, ma anche perché ho sempre cercato di assicurare un’interlocuzione chiara e trasparente con il parlamento».

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NESSUNA FIRMA SUL TRATTATO DI RIFORMA

Il premier ha messo in fila tutte le accuse che gli sono state rivolte negli ultimi giorni, smontandole pezzo dopo pezzo: «È stato detto che il Mes sarebbe stato già firmato, e per giunta di notte. Mi sembra quasi superfluo confermare a quest’Aula un fatto di tutta evidenza. Ossia che né da parte mia, né da parte di alcun membro del mio governo si è proceduto alla firma di un trattato ancora incompleto».

CONTE: «COSÌ SI MINA LA CREDIBILITÀ DELLE ISTITUZIONI»

Quanto all’accusa di alto tradimento, Conte ha scandito: «Questa è una questione diversa dal dire che si sono fatti degli errori politici o cattive riforme. È un’accusa che inquina il dibattito pubblico e disorienta i cittadini, ed è indice della forma più grave di spregiudicatezza. Perché pur di lucrare un qualche effimero vantaggio, finisce per minare alle basi la credibilità delle istituzioni democratiche». Se però le accuse rivolte contro il premier «non avessero fondamento, e anzi fosse dimostrato che chi le ha mosse era ben consapevole della loro falsità, avremmo la prova che chi ora è all’opposizione e si è candidato a governare il Paese con pieni poteri sta dando prova, e purtroppo non sarebbe la prima volta, di scarsa cultura delle regole e della più assoluta mancanza di rispetto delle istituzioni».

LA LEGA SAPEVA TUTTO

Il premier ha quindi ricordato alla Lega che «nel Consiglio dei ministri del 27 febbraio 2019 è stata presentata e illustrata nel dettaglio la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea, in cui si parlava anche delle trattative condotte sul Mes. Nessuno dei ministri presenti, compresi quelli della Lega, ha mosso obiezioni sul punto». E dunque «nessuno può oggi permettersi non dico di sostenere apertamente, ma anche solo di insinuare velatamente l’idea che il processo di riforma sia stato condotto nel segreto. O peggio, firmato nottetempo. Non solo c’è stata piena condivisione nel governo, ma su questa materia vi è stato, con il parlamento italiano, un dialogo costante, un aggiornamento approfondito».

L’AFFONDO CONTRO IL DEPUTATO BORGHI

Il premier ha rammentato anche come pochi giorni dopo quel Consiglio dei ministri la commissione Bilancio della Camera, presieduta dall’onorevole Claudio Borghi, nella seduta del 6 marzo 2019 «espresse parere favorevole» con la seguente condizione: «”Siano adottate in tutte le sedi istituzionali dell’Unione europea iniziative volte a sospendere, ove possibile, ogni determinazione conclusiva in merito agli atti di cui in premessa, nell’attesa degli esiti delle prossime consultazioni elettorali per l’elezione del parlamento europeo”. Il parere favorevole venne condiviso dall’onorevole Borghi. E, in rappresentanza del governo, il sottosegretario Massimo Garavaglia ritenne equilibrata la proposta di parere favorevole poi approvata». Sia Borghi, sia Garavaglia fanno parte della Lega.

DISCREZIONALITÀ SULLA VALUTAZIONE DEL DEBITO

Entrando nei dettagli della riforma del fondo salva-Stati, Conte ha spiegato che il nuovo trattato «lascia a una valutazione tutt’altro che automatica la verifica della sostenibilità del debito e delle condizioni macroeconomiche dei Paesi beneficiari dell’intervento del Mes, coerentemente con quanto preteso dall’Italia che si è opposta ad altri Paesi che avrebbero invece voluto maggiori automatismi. Infatti, l’articolo 13 del nuovo trattato recita che al recepimento della domanda di aiuto finanziario da parte di un Paese membro, “il presidente del Consiglio dei governatori incarica il direttore generale e la Commissione europea di concerto con la Bce di assolvere insieme i seguenti compiti”. E al punto B indica tra questi compiti quello di “valutare la sostenibilità del debito e la capacità di rimborso del sostegno alla stabilità. La valutazione è effettuata all’insegna della trasparenza e della prevedibilità, al contempo consentendo una sufficiente discrezionalità“. Quest’ultima previsione attenua fortemente qualsiasi forma di automatismo che era nelle precedenti versioni».

MELONI: «NOI GLI UNICI SEMPRE CONTRARI»

Al termine dell’informativa del premier, ci sono state le repliche dei deputati. Particolarmente accesi i toni usati da Giorgia Meloni: «Noi di Fratelli d’Italia ci siamo sempre opposti alla riforma del Mes. Lei, presidente Conte, ha letto 40 minuti di resoconti parlamentari per contraddire quello che ha fatto il suo governo. O il trattato è emendabile, e vedremo se ci saranno modifiche; o come dice il ministro Gualtieri è stato già chiuso. Voglio la verità, ma il governo non la può dire. Temo che il presidente Conte abbia dato l’ok di fatto su una riforma da cui l’Italia ha tutto da perdere, in cambio di una benedizione delle consorterie europee. Era l’oscuro prestanome del governo M5s-Lega, adesso come mai è diventato uno statista? Si è presentato come avvocato del popolo, non la faremo diventare il curatore fallimentare dell’Italia, la fermeremo prima. E vedremo cosa farà l’11 dicembre (quando la maggioranza sarà chiamata a votare una mozione sul Mes, ndr) Luigi Di Maio. Al M5s dico: basta con i proclami, abbaiate alla luna sui giornali e poi scodinzolate in parlamento. Per una volta alzate la testa, provate a dimostrare che la vostra poltrona vale meno dei risparmi degli italiani!».

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