Hong Kong, c’è la prima vittima negli scontri tra manifestanti e polizia

Uno studente di 22 anni è morto dopo essere caduto da un parcheggio qualche giorno fa. Al momento dell’incidente sul posto erano in corso scontri tra forze dell’ordine e attivisti pro-democrazia.

Chow Tsz-lok, studente di 22 anni della Hong Kong University of Science and Technology, è morto nella mattinata dell’8 novembre per le gravi ferite alla testa riportate il 5 cadendo da un parcheggio vicino al quale c’era una protesta pro-democrazia e dove la polizia era intervenuta per disperdere la folla coi lacrimogeni.

È il primo caso di morte confermata per gli scontri tra dimostranti e polizia. Il tragico esito, reso noto dalla Hospital Authority, ha scatenato flah mob e sit-in di solidarietà da parte degli studenti, facendo temere azioni ben più pesanti nel weekend.

La polizia della città ha espresso cordoglio e vicinanza alla famiglia di Chow Tsz-lok. In una conferenza stampa, una portavoce ha assicurato che «quanto prima» sarà avviata un’indagine per fare luce e ricostruire tutta la vicenda, assicurando che l’intero corpo di polizia «è triste per l’accaduto, come tutte le altre persone di Hong Kong».

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Hong Kong, c’è la prima vittima negli scontri tra manifestanti e polizia

Uno studente di 22 anni è morto dopo essere caduto da un parcheggio qualche giorno fa. Al momento dell’incidente sul posto erano in corso scontri tra forze dell’ordine e attivisti pro-democrazia.

Chow Tsz-lok, studente di 22 anni della Hong Kong University of Science and Technology, è morto nella mattinata dell’8 novembre per le gravi ferite alla testa riportate il 5 cadendo da un parcheggio vicino al quale c’era una protesta pro-democrazia e dove la polizia era intervenuta per disperdere la folla coi lacrimogeni.

È il primo caso di morte confermata per gli scontri tra dimostranti e polizia. Il tragico esito, reso noto dalla Hospital Authority, ha scatenato flah mob e sit-in di solidarietà da parte degli studenti, facendo temere azioni ben più pesanti nel weekend.

La polizia della città ha espresso cordoglio e vicinanza alla famiglia di Chow Tsz-lok. In una conferenza stampa, una portavoce ha assicurato che «quanto prima» sarà avviata un’indagine per fare luce e ricostruire tutta la vicenda, assicurando che l’intero corpo di polizia «è triste per l’accaduto, come tutte le altre persone di Hong Kong».

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Buia e Salini: la ministra De Micheli tra due fuochi

La titolare delle Infrastrutture da un lato si è schierata dalla parte dei piccoli costruttori capitanati dal presidente dell’Ance, dall’altro non riesce a sottrarsi al fascino di Progetto Italia. Ma il suo tentativo di districarsi tra interessi contrapposti e ataviche guerre sta destando qualche malumore.

Paola De Micheli non sa che pesci prendere. Da un lato, la ministra delle Infrastrutture si è schierata a favore dei piccoli imprenditori delle costruzioni, che hanno nel presidente dell’Ance, il parmense Gabriele Buia il loro punto di riferimento. Dall’altro, non riesce a sottrarsi al fascino di un potere forte come Progetto Italia, il nuovo super raggruppamento che unisce Impregilo e Astaldi sotto la guida di Pietro Salini con la decisiva partecipazione nel capitale di Cdp. Peccato che Buia e Salini siano come cane e gatto, l’un contro l’altro armati in una guerra che contrappone migliaia di imprese di piccole e medie dimensioni a un colosso che la fa da padrone in un mercato interno che è già povero di suo per l’influenza nefasta del “partito del No” a tutte le infrastrutture esistenti in Italia.

DE MICHELI STRETTA TRA INTERESSI CONTRAPPOSTI

Eppure, la ministra nata all’ombra di Pier Luigi Bersani, passata poi con Matteo Renzi e ora diventata fervente paladina di Nicola Zingaretti, non si è persa d’animo: prima è andata all’assemblea dell’Ance del 30 ottobre convocata per denunciare che ci sono ben 749 opere ancora bloccate per un valore complessivo di 62 miliardi, e si conquistata gli applausi assicurando la platea che la sua volontà è quella di concentrarsi sulla rigenerazione urbana e sulla casa, temi che interessano i piccoli costruttori. Poi ha incontrato i plenipotenziari di Salini e quelli di Cdp dicendo loro che non sarebbe certo rimasta insensibile agli interessi del neonato polo di Progetto Italia. Insomma, la ministra cerca districarsi tra interessi contrapposti e ataviche guerre in un settore come quello delle costruzioni dall’alto tasso di litigiosità, destando qualche malumore al ministero di piazza della Croce Rossa già provato dalle giravolte del suo ineffabile predecessore Danilo Toninelli.

Quello di cui si occupa la rubrica Corridoi lo dice il nome. Una pillola al giorno: notizie, rumors, indiscrezioni, scontri, retroscena su fatti e personaggi del potere

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Buia e Salini: la ministra De Micheli tra due fuochi

La titolare delle Infrastrutture da un lato si è schierata dalla parte dei piccoli costruttori capitanati dal presidente dell’Ance, dall’altro non riesce a sottrarsi al fascino di Progetto Italia. Ma il suo tentativo di districarsi tra interessi contrapposti e ataviche guerre sta destando qualche malumore.

Paola De Micheli non sa che pesci prendere. Da un lato, la ministra delle Infrastrutture si è schierata a favore dei piccoli imprenditori delle costruzioni, che hanno nel presidente dell’Ance, il parmense Gabriele Buia il loro punto di riferimento. Dall’altro, non riesce a sottrarsi al fascino di un potere forte come Progetto Italia, il nuovo super raggruppamento che unisce Impregilo e Astaldi sotto la guida di Pietro Salini con la decisiva partecipazione nel capitale di Cdp. Peccato che Buia e Salini siano come cane e gatto, l’un contro l’altro armati in una guerra che contrappone migliaia di imprese di piccole e medie dimensioni a un colosso che la fa da padrone in un mercato interno che è già povero di suo per l’influenza nefasta del “partito del No” a tutte le infrastrutture esistenti in Italia.

DE MICHELI STRETTA TRA INTERESSI CONTRAPPOSTI

Eppure, la ministra nata all’ombra di Pier Luigi Bersani, passata poi con Matteo Renzi e ora diventata fervente paladina di Nicola Zingaretti, non si è persa d’animo: prima è andata all’assemblea dell’Ance del 30 ottobre convocata per denunciare che ci sono ben 749 opere ancora bloccate per un valore complessivo di 62 miliardi, e si conquistata gli applausi assicurando la platea che la sua volontà è quella di concentrarsi sulla rigenerazione urbana e sulla casa, temi che interessano i piccoli costruttori. Poi ha incontrato i plenipotenziari di Salini e quelli di Cdp dicendo loro che non sarebbe certo rimasta insensibile agli interessi del neonato polo di Progetto Italia. Insomma, la ministra cerca districarsi tra interessi contrapposti e ataviche guerre in un settore come quello delle costruzioni dall’alto tasso di litigiosità, destando qualche malumore al ministero di piazza della Croce Rossa già provato dalle giravolte del suo ineffabile predecessore Danilo Toninelli.

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Col voto anticipato Renzi sparirebbe dalla scena politica

In un’intervista a Repubblica il leader di Italia viva implora di non far cadere il Conte bis. Sa che se andasse a elezioni ora sarebbe finito.

Matteo Renzi alla Repubblica dell’8 novembre dice che il voto anticipato sarebbe un suicidio, soprattutto annichilirebbe Pd e Italia viva separandoli definitivamente. Per il resto l’intervista è solo autopromozione.

È del tutto evidente che Renzi abbia capito che tirando la corda questa può spezzarsi e che dopo Giuseppe Conte c’è solo il voto e che il voto ravvicinato dopo il Conte 2 porta al governo Salvini prima ancora che si possano manifestare appieno i primi cenni di una competition fra lui e Giorgia Meloni alla quale i sondaggi danno già il 10%.

Detto tra parentesi, questo dato della Meloni richiede una riflessione. Perché dice che c’è una destra che torna a casa, avendone trovata una e segnala un trend che ha accompagnato tutte le altre avventure precedenti, come quelle di M5s e Lega, cioè dapprincipio una lenta ma inesorabile ascesa, infine una esplosione nel voto. Non so se accadrà, so solo che la descrizione di una destra pacificata che va verso la vittoria e che con serenità governa è una sciocchezza come l’idea che il primo Conte dovesse durare 20 anni.

IL PD SE CORRESSE DA SOLO POTREBBE OTTERE IL 20% DEI VOTI

Torniamo a Renzi. Al medesimo sfuggono due ipotesi di lavoro che sono davanti al Pd nel caso si rompesse l’alleanza: che cinque stelle e Italia viva rompano talmente i cabasisi al povero Nicola Zingaretti da costringerlo a far saltare il tavolo. Oppure, altra soluzione, che Matteo Salvini si “compri” un po’ di deputati grillini facendo crollare l’attuale maggioranza. Il Pd messo alle strette potrebbe andare al voto da solo o con pochi alleati al centro e a sinistra dichiarando di aver fatto di tutto per dare una mano al Paese dopo l’estate alcolica di Salvini e l’autunno giovanilistico di Renzi e Luigi Di Maio. Potrebbe assestarsi su una cifra intorno al 20% dei voti o poco più che è il dato di molte socialdemocrazie europee e da qui potrebbe tentare la risalita avendo come vantaggio di non avere in parlamento nessun renziano, Renzi compreso, e pochi pentastellati, ma non Di Maio.

SERVE UNA COALIZIONE NUOVA DA OPPORRE AI SOVRANISTI

Il Pd potrebbe, soluzione che io suggerisco, affrontare il trauma della chiusura anticipata della legislatura facendo una sorta di Big bang, cioè formando un cartello elettorale in cui si scioglierebbero i partiti e si darebbe vita a una coalizione di italiani che non vogliono prender ordini da Vladimir Putin, che non vogliono svendere le imprese ai francesi, che vogliono mantenere una società industriale di nuovo tipo, avendo al centro il tema di lavori straordinari e di una operazione sul cuneo fiscale, non da rimandare come vuole Renzi, ma da rendere più efficace. Di fronte alla minaccia di destra con una coalizione di italiani veri. Direi risorgimentale e digitale. Anche in questo caso Renzi e i grillini andrebbero a ramengo e ci sarebbe la possibilità di accogliere convergenze fra la società civile che è stufa di politicanti come i due Mattei e di signori o signorine come Di Maio e Barbara Lezzi.

PER ORA RENZI ELETTORALMENTE NON ESISTE

Renzi vuole evitare queste due soluzioni? Sia costruttivo. Deve semplicemente togliersi dalla testa ciò che lo ha mosso negli anni dell’ascesa, del successo e della sua attuale fragile resurrezione. Cioè che la sinistra, e in particolare gli ex comunisti, quelli non sbianchettati come la sua Teresa Bellanova, non sono un deposito di consensi da saccheggiare ostentando disprezzo. Renzi elettoralmente, per ora, non esiste. È figlio degli errori della sinistra non della sua evoluzione.

Chi era ossessionato da Massimo D’Alema fra un po’ sarà fuori dalla politica italiana

Non è caduto perché la sinistra lo voleva morto, ma perché lui voleva uccidere ogni ombra che venisse dalla sinistra. Renzi ha bisogno di fare chiarezza mentale nei suoi pensieri. Il prossimo voto, e la prossima sconfitta, diranno che chi ha difeso la Ditta, essendo così colpevole di coservatorismo, tuttavia attrae ancora una buona parte di italiani, chi era ossessionato da Massimo D’Alema fra un po’ sarà fuori dalla politica italiana. In sintesi, se la attuale coalizione non è in grado di emettere un solo suono dignitoso, lasci il fiato per le trombe del ritiro. Un ritiro ordinato e pieno di idee per il futuro, può almeno salvare la bandiera.

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È morto Fred Bongusto

Il cantante, malato da tempo, si è spento all’età di 84 anni. La sua canzone più famosa era “Una rotonda sul mare”.

È morto la notte scorsa, nella sua abitazione a Roma, Fred Buongusto. Il cantante, che aveva 84 anni, era malato da tempo. A renderlo noto il suo ufficio stampa. La sua canzone più famosa era Una rotonda sul mare.

In una nota l’ufficio stampa del cantante scrive che «la notte scorsa, alle 3,30 circa, ha cessato di battere il cuore di Fred Bongusto». Il celebre artista, nato a Campobasso, e il cui nome all’anagrafe era Alfredo Antonio Carlo Buongusto.

I funerali saranno celebrati a Roma, lunedì 11 novembre, alle 15, nella Basilica di Santa Maria in Montesanto, la Chiesa degli artisti in piazza del Popolo. Bongusto fu molto popolare negli anni Sessanta e Settanta come il classico cantante confidenziale che spopolava in quegli anni.

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Esplode tir sull’A1: feriti due vigili del fuoco

Il camion è andato in fiamme in un’area di sosta nel Bolognese prima di detonare. Un pompiere ferito al bacino e l’altro al braccio.

Sono due vigili del fuoco le persone rimaste ferite durante un intervento per l’incendio di un tir, nella notte nell’area di servizio Cantagallo sull’A1, nel Bolognese. C’è stata un’esplosione e i due sarebbero caduti da una scala, riportando fratture, uno al bacino e l’altro a un braccio. Sono stati portati all’ospedale Maggiore Anche altri pompieri della stessa squadra sono finiti a terra per lo spostamento d’aria.

IL TRAFFICO PARZIALMENTE INTERROTTO

La chiamata di soccorso è arrivata alle 2.10 alla sala operativa del 115, per un incendio di un tir parcheggiato nell’area di servizio Cantagallo Ovest, sull’A1, direzione Sud. L’esplosione è avvenuta durante lo spegnimento, portato a termine dai rinforzi arrivati dalla sede centrale di Bologna dei vigili del fuoco e del distaccamento volontario di Monzuno. L’autostrada è stata parzialmente interrotta durante le operazioni di soccorso. È intervenuta anche la Polizia Stradale e personale di Autostrade. Le operazioni si sono concluse alle 6.30.

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L’appello di Matteo Renzi al Pd per evitare il voto anticipato

Il leader di Italia viva si è appellato al suo ex partito chiedendo di evitare il ritorno alle urne: «Sarebbe un suicidio di massa».

Tornare al voto sarebbe «un suicidio di massa». Ne è convinto Matteo Renzi. In una lunga intervista a Repubblica il leader di Italia viva ha spiegato che l’esecutivo deve resistere e tenere duro. In particolare l’ex sindaco di Firenze si è appellato al Partito democratico: «Se il Pd vuole votare, lo dica. Se i parlamentari del Pd hanno deciso di andare contro il muro hanno il dovere di comunicarlo al Paese e palesarlo in Aula».

«Per me», ha continuato, «è una follia, un suicidio di massa. Italia viva pensa che si debba votare nel 2023, alla scadenza naturale, dopo aver eletto il nuovo Presidente della Repubblica». L’obiettivo primario per Renzi è l’abbassamento del costo degli interessi da portare a 50 miliardi, «per incidere in Europa, per costruire l’alternativa al sovranismo no euro».

Poi una stoccata, ancora una volta, alla foto di Narni e al voto regionale in Umbria: «Se qualcuno pensa di fare come in Umbria anticipando le elezioni, faccia pure: con questa scelta si perdono tutti i collegi uninominali e si causano sonore sconfitte in Emilia Romagna, Toscana e Lazio. Non so che nome dare a questa ipotesi politica: in psicologia si chiama masochismo». Se sul tavolo rimane il voto anticipato, Renzi ha mostrato di non avere dubbi: «Se vogliono votare, ognuno andrà per la propria strada. Se come spero si andrà avanti, facciamo insieme un grande patto per la crescita».

RENZI E L’APPOGGIO A TEMPO A CONTE

«Questo governo non è il mio, ma è comunque meglio dell’alternativa: il voto, la destra, il Quirinale ai sovranisti, l’Italia in bilico sull’euro», ha continuato il leader di Italia viva, «Chi volendo di più vagheggia nuove elezioni, forse si mette in pace la coscienza, ma mette a terra il Paese». Poi un cenno al premier Conte: «In Italia è il parlamento che tiene in vita il governo, e quando cade un governo se ci sono i numeri si va avanti. Pensiamo a dare una mano a Conte, oggi. Del doman non v’è certezza».

«SFRUTTIAMO L’EVENTUALE INTESA USA-CINA SUI DAZI»

Nel mondo «nessuno si domanda se ci sarà una nuova recessione ma solo quando. L’Italia concentri su questo le sue attenzioni, non sulle risse quotidiane», ha esortato Renzi. «Se, come penso, Trump e Xi chiuderanno l’accordo sul commercio tra Usa e Cina, avremo mesi di tranquillità in più. Non vanno sprecati. Serve un grande patto politico per la crescita, non le polemiche di queste ore».

«ILVA? LO SCUDO PENALE È SOLO UNA SCUSA»

Poi un cenno sullo spinoso caso Ilva, «Lo scudo penale non è la causa del recesso ma l’alibi dietro al quale la proprietà indiana si nasconde, grazie anche all’appoggio inspiegabile di parte dell’establishment italiano», ha spiegato Renzi. «Non è questo il motivo che spinge Mittal ad andarsene, bensì la richiesta di cinquemila esuberi. Lo scudo penale è stato introdotto da Gentiloni e tolto dal governo Conte-Salvini, non da noi. Calenda», ha concluso replicando a una domanda sul fatto che l’ex ministro abbia parlato della responsabilità di Italia Viva sullo scudo, «fa l’avvocato difensore di Mittal, noi facciamo gli avvocati difensori dei lavoratori».

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Il piccolo Alvin è tornato in Italia dalla Siria

Il bimbo di 11 portato via nel 2014 dalla madre che voleva arruolarsi nell’Isis è atterrato a Fiumicino. Ha passato gli ultimi anni in un campo profughi prima di essere ritrovato dal padre e dagli investigatori italiani.

È tornato oggi in Italia Alvin, il bimbo di 11 anni di origine albanese portato via dall’Italia nel dicembre del 2014 dalla mamma che voleva unirsi all’Isis. Il piccolo, la cui madre sarebbe morta in un’esplosione, era finito poi nel campo profughi di Al Hol, a Nord Est della Siria, dove è stato ritrovato. Alvin è stato trasferito con un volo di linea dell’Alitalia, giunto poco dopo le 7.00 all’aeroporto di Roma Fiumicino da Beirut.

Il grattacielo Pirelli con le finestre che compongono la scritta: “Free Alvin” per l’operazione condotta per il ritrovamento del bimbo.

Il bimbo torna a casa grazie alla tenacia di investigatori, magistrati, 007, donne e uomini della Croce Rossa e dell’Unhcr, abituati a lavorare nelle zone di guerra, e soprattutto la forza di un padre che non si è mai arreso pur di riportare indietro il figlio che ha visto prima gli orrori del Califfato e poi la madre, seguace dell’Isis e che lo aveva portato via dalla sua famiglia, morire in un’esplosione a fianco a lui.

LE INDAGINI E IL RITROVAMENTO

Dopo la caduta dell’Isis e la morte della madre di origine albanese, il bimbo viveva nell’area ‘orfani’ di Al Hol, campo sotto il controllo dei curdi e che ospita oltre 70 mila persone, in gran parte compagne e figli di combattenti jihadisti morti o in prigione. Là il ragazzino è stato individuato a luglio, dopo complesse ricerche dello Scip della Polizia e del Ros dei carabinieri, e riconosciuto grazie ad una foto e ad un dettaglio fisico dal padre Afrim (c’è stata anche un comparazione fisionomica della Polizia scientifica). Padre che più volte in questi anni è partito da Barzago (Lecco) per cercarlo e che a settembre, anche grazie a troupe e giornalisti de Le Iene, era riuscito anche a parlarci, ma non a portarlo via dal campo perché mancava, tra l’altro, una “richiesta di ricongiungimento”.

«RICORDA LE SUE ORIGINI»

Il bambino, poi, in questi giorni è stato prelevato da Al Hol con un’operazione non priva di rischi, a cui hanno partecipato anche uomini dell’Aise con la collaborazione di autorità albanesi (il premier Edi Rama ha voluto ringraziare Giuseppe Conte) e curde, trasferito fino a Damasco da dove poi ha raggiunto l’ambasciata italiana a Beirut e infine Fiumicino. Anche se non parla quasi più italiano, «ricorderebbe le sue origini» e «l’esistenza di due sorelle», ha raccontato un investigatore davanti al gup di Milano Guido Salvini che, nel procedimento aperto a carico della madre per sottrazione di minori, sequestro di persona e terrorismo internazionale, dispose l’attivazione delle ricerche della donna e del figlio anche alla luce della disfatta dello Stato islamico. Accertamenti seguiti passo passo dal capo del pool dell’antiterrorismo milanese Alberto Nobili.

«MIA MAMMA È VESTITA DA NINJA»

«È vestita che sembra una Ninja», diceva, riferendosi alla madre, il bimbo già in Siria, come si legge negli atti dell’indagine del pm Alessandro Gobbis. In Italia dal 2000, con una famiglia ben integrata, ‘Bona’, soprannome di Valbona, era diventata un’estremista islamica ed era fuggita dal Lecchese abbandonando il marito muratore e le altre 2 figlie. La donna avrebbe avuto contatti con esponenti dell’Isis ad alti livelli e avrebbe raggiunto col figlio Al Bab, ad una quarantina di chilometri da Aleppo. Città dove sarebbe arrivata grazie all’aiuto di un foreign fighter albanese che avrebbe comprato il biglietto aereo per lei e per il bimbo, dalla stessa madre messo a disposizione della jihad, obbligandolo a frequentare un campo di addestramento per imparare «l’uso delle armi».

LA MORTE DELLA MADRE

Ci sarà, poi, anche la necessità di sentire il bambino in un’audizione protetta, perché sarebbe stato testimone diretto della morte della madre, ha messo a verbale l’investigatore del Ros che ha seguito tutta l’indagine, in un «non meglio precisato scontro a fuoco», mentre lui sarebbe stato salvato «probabilmente da forze curde». Tra l’altro, ha detto ancora l’investigatore, il piccolo aveva già raccontato «che il suo nome da convertito è Yussuf», nome che ha trovato «riscontro in informazioni che aveva assunto» il padre stesso nei mesi scorsi.

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Gli indici di Borsa e spread dell’8 novembre 2019

Piazza Affari apre in leggero ribasso. Il differenziale Btp-Bund riparte da 140 punti base. I mercati in diretta.

La Borsa di Milano apre in leggero ribasso a Piazza Affari dopo i dati poco incoraggianti sull’economia italiana. Il Ftse Mib cede lo 0,11% a 23.477 punti.

LO SPREAD A LIVELLO DI QUELLO GRECO

Lo spread tra Btp e Bund resta sopra i 140 punti nei primi scambi della mattinata. Il differenziale segnato dal decennale italiano è a 140,2 mentre quello dei titoli di Stato greci è a 147,5. Il rendimento del Btp è a 1,14% poco inferiore a quello greco a 1,21%. Il 7 ottobre il rendimento del decennale italiano è salito all’1,16% e ha superato, per la prima volta dal 2008, il rendimento di quello greco.

LE BORSE ASIATICHE CONTRASTATE

Seduta contrastata per le Borse asiatiche dove segna un rialzo convinto solo Tokyo (+0,26%) che fa un altro passo avanti in un clima di generale ottimismo su un accordo sui dazi fra Usa e Cina. Dati i rischi di una generale inversione di tendenza a seguito dei forti progressi registrati sui listini mondiali, arretrano invece le Borse cinesi con Shanghai che lascia sul terreno lo 0,49% e Shenzhen un più modesto 0,15%. Male anche Hong Kong (-0,75%) alla vigilia di un altro weekend dove si prevedono scontri in piazza. Seul infine cede lo 0,33%.

I MERCATI IN DIRETTA

09.21 – LE BORSE EUROPEE DEBOLI

Apertura debole per le principali Borse europee. Parigi cede lo 0,4%, Francoforte lo 0,31% mentre Londra ai primi scambi segna un ribasso dello 0,30%.

09.06 – PIAZZA AFFARI APRE IN RIBASSO

Piazza Affari apre in leggero ribasso. Il Ftse Mib cede lo 0,11% a 23.477 punti.

08.52 – LO SPREAD A 140 PUNTI BASE

Lo spread tra Btp e Bund resta sopra i 140 punti nei primi scambi della mattinata. Il differenziale segnato dal decennale italiano è a 140,2 mentre quello dei titoli di Stato greci è a 147,5. Il rendimento del Btp è a 1,14% poco inferiore a quello greco a 1,21%.

08.39 – BORSE CINESI CHIUDONO IN CALO

Le Borse cinesi chiudono la seduta in calo, nonostante i segnali incoraggianti tra Usa e Cina sul commercio e i dati sul commercio di ottobre migliori delle attese: l’indice Composite di Shanghai cede lo 0,49%, a 2.964,18 punti, mentre quello di Shenzhen perde lo 0,19%, a 1.648,68. La Cina segna a ottobre un surplus commerciale di 42,81 miliardi di dollari, in aumento sui 32,97 miliardi di ottobre 2018, sui 39,65 di settembre e sui 40,83 miliardi attesi dai mercati. L’export, secondo l’Amministrazione delle Dogane, vede un calo dello 0,9% annuo e l’import uno del 6,4%: i dati sono comunque migliori delle previsioni degli analisti. Nel mezzo della guerra commerciale con gli Usa, i primi 10 mesi dell’anno registrano un surplus di 341,41 miliardi, quasi 100 miliardi in più sui 249,46 miliardi dello stesso periodo del 2018.

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Inchiesta impeachment, il presidente ucraino pronto a cedere a Trump su Biden

Secondo il New York Times Zelenski a settembre era pronto ad annunciare l’indagine contro l’ex vicepresidente americano, come gli aveva chiesto l’attuale leader della Casa Bianca.

La storia rischiava di andare in un altro modo: i piani dell’attuale leader Usa Donald Trump sull’avversario democratico Joe Biden infatti rischiavano di realizzarsi. In piena indagine per il possibile impeachment del presidente Usa, a rivelarlo è il New York Times, secondo il quale il presidente ucraino Volodymyr Zelenski era pronto ai primi di settembre ad annunciare in una intervista alla Cnn l’avvio delle indagini chieste a Kiev dal presidente Donald Trump: quelle sui Biden e quelle sulle presunte interferenze dell’Ucraina nelle elezioni presidenziali Usa del 2016 a favore di Hillary Clinton.

I CONSIGLIERI IN PRESSING PER OTTENERE GLI AIUTI MILITARI

Per il Nyt, infatti, i consiglieri del leader ucraino lo convinsero che gli aiuti militari Usa e il sostegno di Trump nel conflitto con i separatisti russi erano più importanti del rischio di apparire di parte nella politica americana.

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I dati allarmanti sull’antisemitismo che cresce nel mondo

Nel 2018 +13% di episodi violenti, con 13 ebrei uccisi. L’attentato alla sinagoga in Germania nel 2019 «senza precedenti». In Italia, dove la commissione Segre è stata attaccata dal centrodestra, +60% di casi di minacce e atti vandalici. Il rapporto.

Numeri alla mano, forse la commissione Segre serve davvero. Con buona pace del centrodestra, che prima si è astenuto nella votazione che ha istituito questo organismo contro odio, razzismo e antisemitismo proposto dalla senatrice a vita sopravvissuta ai lager nazisti e poi ha bocciato la stessa proposta in Consiglio regionale della Lombardia. Eppure il numero degli atti antisemiti «violenti e gravi» nel mondo è cresciuto nel 2018 del 13% rispetto all’anno precedente. E il dato riguarda anche l’Italia, un Paese però troppo impegnato a parlare di reati d’opinione (copyright di Silvio Berlusconi) dove Forza nuova esibisce striscioni ostili e dove alla fine alla Segre è stata assegnata una scorta per le minacce ricevute.

MONITORATI ANCHE GLI INSULTI VIA SOCIAL

Guardandoci attorno, la situazione globale è inquietante. Nel 2018 i casi di antisemitismo sono stati 387 (contro i 342 del 2017), con 13 ebrei uccisi: in testa ci sono gli Stati Uniti. Il dato – contenuto nell’ultimo Rapporto del Centro Kantor dell’Università Kantor di Tel Aviv, insieme con l’European Jewish Congress – ha fotografato un’escalation che comprende anche la realtà virtuale dei social, diventati terreno fertile per insulti e minacce antisemite.

L’ATTENTATO DI HALLE «SENZA PRECEDENTI»

L’allarme sulla crescita dell’antisemitismo nel mondo è stato lanciato anche dal Museo della Shoah di Yad Vashem e dal Centro Wiesenthal di Gerusalemme. Quest’ultimo, per esempio, ha definito il recente attacco alla sinagoga di Halle in Germania, nel cuore dell’Europa, «senza precedenti». Il direttore del Centro Efraim Zuroff ha spiegato: «Il peggioramento è in atto».

RECORD NEGLI USA, POI GRAN BRETAGNA E FRANCIA

In base al Rapporto del Centro Kantor, i Paesi con il più alto numero di “atti violenti” sono appunto gli Usa (oltre 100), la Gran Bretagna (68), la Francia (35), la Germania (35, ma con un aumento di quasi il 70% rispetto al 2017), il Canada (20), il Belgio (19), l’Olanda (15) e l’Argentina (11). Secondo lo stesso rapporto, è da notare che «il numero dei casi riportati nell’Europa dell’Ovest è stato più basso rispetto all’Europa dell’Est.

IN ITALIA 197 CASI, AUMENTO DEL 60%

Se si passa poi ad analizzare il complesso degli atti antisemiti, non solo quelli violenti, in testa ci sono quelli vandalici (56%), seguiti dalle minacce (23%). In Italia il rapporto ha segnalato «197 casi di tutti i tipi, con un aumento del 60%».

Gli appelli «Ebrei al gas» e «Morte ai sionisti» sono sempre più frequenti


Il rapporto sull’antisemitismo nel mondo

Nello studio c’è scritto: «Il 2018 e l’inizio del 2019 testimoniano un aumento in quasi tutte le forme di manifestazioni antisemite, nello spazio pubblico come in quello privato. E una sensazione di emergenza è in crescita tra gli ebrei di alcuni Paesi. L’insicurezza fisica e un sentimento di incertezza sono diventati prevalenti. Gli appelli “Ebrei al gas” e “Morte ai sionisti” sono sempre più frequenti».

IN EUROPA IL 44% DEI GIOVANI EBREI HA SUBITO MOLESTIE

Secondo un altro recente rapporto dell’Agenzia europea per i diritti fondamentali, presentato dalla Commissione europea, il 44% dei giovani ebrei europei ha subito molestie antisemite e 4 su 5 hanno dichiarato nel sondaggio che l’antisemitismo è un problema nel loro Paese e credono che sia aumentato negli ultimi cinque anni.

PAURA DI MOSTRARE IN PUBBLICO SEGNI DISTINTIVI

In base allo stesso rapporto, il 45% dei giovani ebrei europei ha scelto di non indossare, portare o mostrare segni distintivi in pubblico in quanto preoccupati per la loro sicurezza. E non è un caso che il ministero israeliano degli Affari della diaspora abbia annunciato l’investimento di più di un milione di euro per la sicurezza delle Comunità ebraiche all’estero e che l’Agenzia ebraica – che ha in programma di destinare una cifra simile allo stesso scopo – abbia fatto sapere di aver cominciato ad aumentare le somme per 50 istituzioni ebraiche in 24 nazioni: un picco di richieste di assistenza più che allarmante.

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Jimmy Wales lancia la Wikipedia delle notizie contro le fake news

Il fondatore della enciclopedia libera ha deciso di applicare lo stesso modello a una piattaforma social dedicata all’informazione. Si chiama Wt.social e ha già 25 mila iscritti.

Il modello Wikipedia come arma nella guerra contro le fake news. È quello che ha pensato Jimmy Wales, co-fondatore dell’enciclopedia libera più famosa del mondo e attivista da sempre schierato a favore della libertà della Rete e che lo ha portato a lanciare Wt.social, una piattaforma social dedicata alle notizie. «Mi sono reso conto che il problema delle fake news e della disinformazione ha molto a che fare con le piattaforme social», spiega Wales dal suo profilo Twitter, specificando che questa nuova piattaforma è una evoluzione di WikiTribune, sito fondato nel 2017 in cui giornalisti e volontari, in stile Wikipedia, scrivono notizie neutrali e verificate. «Gli attuali social network si reggono su un modello di business legato alla pubblicità. Questo porta ad una dipendenza, a rimanere incollati ad un sito e ad essere trasportati in discorsi di odio e radicali, non nella cura del lato umano», aggiunge Wales. Per iscriversi alla piattaforma bisogna registrarsi ed essere maggiori di 13 anni. «Non venderemo mai i vostri dati – specifica il sito – ci manterremo sulle donazioni per assicurare la protezione della privacy e che lo spazio social sia privo di annunci». Insomma, lo stesso modello su cui si basa Wikipedia. L’interfaccia di Wt.social è solo in inglese ma si può pubblicare in qualsiasi lingua.

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Stallo sull’ex Ilva, Conte non esclude la nazionalizzazione

I vertici di ArcelorMittal non mandano alcun segnale. Il premier si prepara alla «battaglia legale del secolo» e valuta l’intervento pubblico. Ma i costi scoraggiano anche il ministero dello Sviluppo.

A 24 ore di distanza dalla drammatica conferenza stampa con cui il governo ha fatto sapere che ArcelorMittal vuole 5 mila esuberi per tenersi l’ex Ilva, non si registrano passi avanti che lascino intravedere la possibilità di uscire dallo stallo.

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I vertici dell’azienda non arretrano di un millimetro e non mandano alcun segnale, mentre il premier Giuseppe Conte ha aperto un tavolo permanente di crisi con il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, il presidente della Provincia, Giovanni Gugliotti, e il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Preservare il polo siderurgico «è strategico per il Paese» e lo scontro in Tribunale andrebbe scongiurato. Ma se fosse inevitabile “l’avvocato del popolo” assicura che l’esecutivo ha «tutti gli strumenti giuridici» per affrontare quella che definisce «la battaglia legale del secolo».

PRIMO STEP LA GESTIONE COMMISSARIALE

Conte ha fatto un appello affinché «tutto il sistema-Italia risponda con una voce sola, senza polemiche o sterili disquisizioni». E non ha escluso l’ipotesi di una nazionalizzazione temporanea: «Stiamo già valutando tutte le possibili alternative». In ogni caso, come primo step, il disimpegno di ArcelorMittal porterebbe alla gestione commissariale degli impianti da parte del ministero dello Sviluppo economico con dei prestiti-ponte. I sindacati, da parte loro, giocano la carta dello sciopero: ne hanno proclamato uno di 24 ore in tutti gli stabilimenti ex Ilva, da Taranto a Genova, a partire dalle 7 di venerdi 8 novembre.

IL PESO DELL’INTERVENTO DELLO STATO SUI CONTI PUBBLICI

Ma il punto è che la trattativa con ArcelorMittal al momento non esiste. E nel governo non c’è nemmeno la volontà a piegarsi alla multinazionale. L’unica concessione resta lo scudo penale per il risanamento ambientale, cui l’azienda ha già detto no. Per questo a Palazzo Chigi si preparano al peggio e nella maggioranza si discute di nazionalizzazione. Con due appendici non di poco conto: il sì dell’Europa, tutt’altro che scontato; e il peso dell’eventuale operazione sui conti pubblici, sul quale anche al ministero dello Sviluppo economico circola un certo scetticismo.

Arcelor Mittal è una multinazionale estera che ha firmato un contratto con lo Stato impegnandosi ad assumere 10.500…

Posted by Luigi Di Maio on Thursday, November 7, 2019

PD E M5S DAVANTI A UN BIVIO

Intanto nel Pd aumentano le pressioni interne di chi vuole una rottura con il M5s subito dopo la manovra, dunque prima del voto in Emilia-Romagna. Quanto ai pentastellati, il capo politico Luigi Di Maio si ritrova con il partito a un passo dall’implosione. Non a caso Roberto Fico ha cercato di gettare acqua sul fuoco, mentre Davide Casaleggio – messo nel mirino dal dissenso interno – ha incontrato alcuni parlamentari e non è escluso nelle prossime ore un faccia a faccia con lo stesso Di Maio. Il ministro degli Esteri, la prossima settimana, riunirà tutti i deputati e i senatori. Sarà un primo assaggio del grande bivio che si pone davanti al M5s: cementare l’alleanza di governo con il Pd oppure far saltare il banco, consegnando il Paese alla Lega di Matteo Salvini.

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La bordata di Macron sulla Nato fa felice Mosca

Il presidente francese: «Stiamo vivendo la morte cerebrale dell’Alleanza». La Russia: «Parole d’oro». Mentre Merkel prende le distanze.

Emmanuel Macron spara a zero sulla Nato, e fa felice Mosca che esulta per il suo attacco. «Quella che stiamo vivendo è la morte cerebrale della Nato», ha detto il presidente francese in un’intervista all’Economist. «Parole d’oro», le ha definite la Russia. Mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel ha bacchettato Macron: «Troppo drastico». Nella sua intervista, il presidente francese è partito dal tema dell’ormai impossibile intesa fra Stati Uniti ed Europa, facendo l’esempio del comportamento unilaterale della Turchia, membro Nato, in Siria: «Non c’è alcun coordinamento delle decisioni strategiche degli Stati Uniti con i partner della Nato. E senza coordinamento assistiamo a un’aggressione di un altro partner della Nato, la Turchia, in una zona in cui sono in gioco i nostri interessi». Per Macron, «quanto successo è un problema enorme» e bisogna «chiarire adesso quali sono le finalità strategiche» dell’Alleanza atlantica.

MERKEL PRENDE LE DISTANZE DAL PRESIDENTE FRANCESE

Il presidente francese ha puntato la sua attenzione sull’articolo 5 del Trattato, quello sulla solidarietà militare fra i Paesi membri: «Cosa sarà domani l’articolo 5? Se il regime di Assad decide di rispondere alla Turchia, noi ci impegniamo? È una domanda reale. Noi ci siamo impegnati per lottare contro l’Isis. Il paradosso è che la decisione americana di ritirarsi dal nord della Siria e l’offensiva turca hanno lo stesso risultato: il sacrificio dei nostri partner sul terreno che si sono battuti contro l’Isis, le Forze democratiche siriane». A Berlino, il 7 novembre Merkel ha incontrato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e ha preso le distanze dall’Eliseo: «Non credo che un giudizio intempestivo come questo sia necessario anche se abbiamo dei problemi, anche se dobbiamo rimetterci in sesto». Le parole di Macron «non corrispondono al mio punto di vista sulla cooperazione in seno alla Nato», ha insistito Merkel, definendo «irrinunciabile» l’Alleanza.

WASHINGTON INSISTE SULLA REDISTRIBUZIONE DEI CONTRIBUTI FINANZIARI

Il segretario di Stato americano Mike Pompeo, da parte sua, ha detto: «La Nato resta, storicamente, una delle partnership strategiche più importanti». Pompeo ha però anche ricordato l’esigenza espressa da Donald Trump nel gennaio 2017 – quando dichiarò «obsoleta» la Nato – di una «miglior condivisione del peso» del finanziamento dell’Alleanza fra i partner. Di tutt’altro tono il commento di Mosca. Su Facebook la portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha definito le parole di Macron «sincere», dicendo che «riflettono l’essenziale: una definizione precisa dello stato attuale della Nato».

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Sorpasso sui bond: il debito dell’Italia è più rischioso di quello della Grecia

Il rendimento dei nostri titoli di debito a dieci anni è all’1,16%. Mentre il tasso sulle obbligazioni elleniche è sceso all’1,10%.

Il sorpasso c’è, ma in retromarcia: l’Italia ha ufficialmente superato la Grecia come Paese debitore più rischioso dell”Area euro. I rendimenti dei bond di Atene sono scesi sotto quelli dell’Italia per la prima volta dal 2008. Il rendimento dei bond a 10 anni della Grecia, ha scritto il Financial Times, si è attestato all’1,10%. Il rendimento di titoli equivalenti italiani è salito all’1,16%. In realtà a spingere il sorpasso, è soprattutto la ripresa greca, come scrive il foglio della City: «I rendimenti di tutti e due i Paesi, schizzati durante la crisi del debito, restano molto bassi rispetto agli standard storici, ma la ripresa del mercato dei bond della Grecia è stata più spettacolare».

L’atrio della borsa di Atene in una foto del 21 luglio 2011. Agli albori della crisi del debito quando ancora i leader della zona euro chiedevano un “piano Marshall per la Grecia” mentre elaboravano attraverso l’Eurogruppo il piano di ristrutturazione del debito ellenico. ANSA/ SIMELA PANTZARTZI

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Scossa di terremoto di magnitudo 4.4 in provincia dell’Aquila

L’epicentro a 5 chilometri da Balsorano. Paura anche a Napoli e Roma. Tanta paura, ma nessun danno registrato a persone o cose. L’Ingv: «Zona ad alta pericolosità sismica». Il punto della situazione.

Paura nel Centro Italia, dove una scossa di terremoto di magnitudo 4.4 è stata registrata alle 18.35 di giovedì 7 novembre in provincia dell’Aquila. Il sisma è stato avvertito nel Lazio, fino a Roma e anche a Napoli. L’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) ha individuato l’epicentro a 5 chilometri a Sud Est di Balsorano, in provincia del capoluogo abruzzese, a una profondità di 14 chilometri. Coinvolti anche i paesi di Pescosolido, Sora e Campoli Appennino.

Subito dopo la scossa la popolazione di Avezzano e in alcune cittadine della Marsica si è riversata in strada. Ma non si sono registrati danni a persone o a cose, secondo quanto riferito dalla Protezione civile.

PRIMA DELLA SCOSSA FORTE 30 PICCOLI TERREMOTI

L’evento era stato annunciato da una serie di scosse di lieve entità nella notte che avevano portato la sindaca di Balsorano, Antonella Buffone, a disporre a scopo precauzionale la chiusura delle scuole, confermata poi per venerdì 8 novembre. Circa 30 piccoli terremoti (tutti inferiori a magnitudo 3) avevano preceduto la scossa più forte. Sono state 15 le repliche nell’ora successiva (la maggiore di magnitudo 2.2).

L’epicentro del terremoto.

UNA ZONA AD ALTA PERICOLOSITÀ SISMICA

Alessandro Amato, sismologo dell’Ingv, ha spiegato che è stata una sequenza sismica diversa da quella dell’Italia centrale ad avere attivato il terremoto. Si tratta «di un altro sistema di faglie. È comunque un’area ad alta pericolosità sismica». In quella stessa zona è infatti avvenuto il terremoto di Avezzano del 1915 e altri due importanti sisma storici si sono registrati nel Frusinate nel 1654 e più a Sud, verso il Molise, nel 1349.

DIPENDENTI DELLA REGIONE ABRUZZO SCESI IN STRADA

Il sismologo ha detto che «nelle ultime ore si era registrata della sismicità nella zona, con alcune piccole scosse e adesso stiamo vedendo piccole repliche». La scossa è stata avvertita distintamente all’Aquila, dove alcuni dipendenti della Regione Abruzzo, in servizio nella sede in via Salaria antica Est, hanno lasciato il palazzo e sono scesi in strada e a Sulmona (L’Aquila).

SEGNALAZIONI ANCHE A ROMA E PERSINO A NAPOLI

Sentita anche in diverse zone di Roma, principalmente nel quadrante Est. Diverse decine le chiamate ai vigili del fuoco di cittadini spaventati. Il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti ha detto ai cronisti: «Ho appena sentito il 118, tanta paura ma nessun danno». Perfino al centro di Napoli – nei piani alti – ci sono state segnalazioni.

TRAFFICO FERROVIARIO IN PARTE SOSPESO

Per quanto riguarda l’impatto sulla viabilità, dalle 18.40 il traffico ferroviario sulle linee Sulmona-Avezzano, Roccasecca-Avezzano e fra Ceprano e Cassino (linea Roma-Cassino) è sospeso, in via precauzionale, per consentire la verifica dello stato dell’infrastruttura da parte dei tecnici di Rfi.

VERIFICHE SU ALTA VELOCITÀ E AUTOSTRADE

Sulla linea Alta velocità Roma-Napoli i treni già in viaggio procedono con limitazione di velocità fino alla verifica dei tecnici. Tecnici di Strada dei parchi spa, concessionaria delle autostrade A24 e A25 fra Abruzzo e Lazio, si sono impegnati in un’ispezione su tutto il tratto interessato.

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Come musica, suoni e rumori influenzano gli acquisti

Con un pezzo lento siamo inconsapevolmente portati a spendere di più, con una hit ci distraiamo. Mentre le alte frequenze aumentano la piacevolezza e la croccantezza di un prodotto. Provare per credere.

I suoni e la musica hanno sempre avuto la capacità di influenzare il comportamento. Più di quanto si possa immaginare. Essi ci circondano e ci aiutano a dare significato al mondo. Da sempre il sistema uditivo ha avuto un’importante funzione adattativa. In tempi remoti permetteva di riconoscere velocemente il pericolo e il luogo da cui poteva provenire, permettendo così alle specie animali di salvarsi, o di individuare la preda con più facilità. Per questo l’udito deve essere veloce, immediato e influenzare anche inconsapevolmente i nostri vissuti

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LA FORZA DEI JINGLE E DEI SUONI

Le ricerche, in questo campo, sono numerose e di grandissimo interesse, soprattutto per il marketing dei prodotti e degli ambienti. Anni di sperimentazioni sul campo hanno dimostrato che con la musica e con i suoni si costruiscono significati, si rafforzano associazioni, si stimolano sensazioni, si creano connessioni tra oggetti, come per esempio tra un prodotto o un’azienda e il suo logo. Si pensi per esempio alla forza che hanno i jingle nel richiamare un brand. Il suono affiancato alla frase «Just Do It», oppure alla frase «I’m Loving It», automaticamente ci fa pensare a Nike e a McDonald’s. Ciò non vale solo per musiche o jingle.

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A volte solo un semplice rumore riesce ad avare una forte valenza emotiva, tanto da fare percepire il mondo esterno in modo diverso. Non a caso le industrie di automobili di lusso hanno un Sound Team, ovvero un gruppo di esperti,  esclusivamente dedicato a studiare la reazione emotiva ai suoni dell’auto: dai sistemi di controllo e di allarme dell’auto alla semplice chiusura dello sportello

COME CAMBIA LA PERCEZIONE NEI TEMPI D’ATTESA

Come si può immaginare i campi di applicazione dello studio del sound nel marketing sono ampi e trasversali. Nel 1997 il professore Michael K. Hui e colleghi hanno dimostrato quanto potente fosse la musica sulla percezione che hanno i consumatori dei tempi di attesa di un servizio: se la musica è gradevole, la risposta emotiva all’ambiente diventa positiva e la percezione del tempo di attesa si riduce significativamente. Altre ricerche hanno dimostrato che la presenza di un certo tipo di musica in un centro commerciale incide sulla distraibilità dall’acquisto, così come sulla rapidità di movimento al suo interno.

LE HIT DISTRAGGONO, LA LENTEZZA PAGA

Sappiamo per esempio che l’uso di una musica troppo famosa in un luogo di vendita ha effetti negativi sui processi di vendita, poiché distrae e riduce l’atto di acquisto (Russo, 2017, Dooley, 2012). Si è anche rilevato che una musica con un ritmo più veloce tende a incrementare significativamente la velocità di movimento dei clienti rispetto a una musica decisamente più lenta. A tal proposito i dati di una ricerca (Milliman, 1982) hanno dimostrato che i consumatori più lenti spendono circa il 38% in più rispetto a quelli più veloci. 

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UN SOTTOFONDO PUÒ MODIFICARE INCONSAPEVOLMENTE L’ACQUISTO

Sul tipo di musica da usare nei punti vendita vi sono diversi studi. Per esempio Areni e Kim (1993) hanno dimostrato come il sottofondo musicale possa modificare inconsapevolmente il comportamento dei consumatori: una musica classica in un’enoteca spinge i consumatori a scegliere vini più costosi rispetto a quando viene utilizzata una musica pop.  Allo stesso modo, in un lavoro divenuto ormai famoso, all’interno di un punto vendita vennero trasmesse, secondo modalità alternate, brani di musica francese e brani di musica tedesca.

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I ricercatori rilevarono che, a parità di valore economico, gli avventori acquistarono più vini francesi nel momento in cui erano presenti motivi musicali francesi, mostrando un fenomeno di associazione analogo per quanto riguardava i vini tedeschi quando venivano trasmesse canzoni teutoniche (North, Hargreaves & McKendrick, 1999). Ovviamente l’aspetto più interessante è che nessuno dei consumatori intervistati dagli studiosi ha mai fatto riferimento alla tipologia di musica di sottofondo per giustificare la scelta di una bottiglia di vino francese o tedesco. 

LA FORZA DELLA STIMOLAZIONE SONORA SUL NOSTRO CERVELLO

Non si tratta certamente di scoperte recenti, come si è visto, tuttavia, le neuroscienze ci hanno permesso di capire meglio il funzionamento del processo uditivo e la forza che la stimolazione sonora ha sul sistema cerebrale. Il sistema uditivo si basa sulla capacità dell’orecchio di convertire i cambiamenti di pressione di aria in cambiamenti di attività elettrica dei neuroni. Il meccanismo attraverso cui si sviluppa la consapevolezza della stimolazione uditiva è, tuttavia, molto complesso e comprende una prima fase di analisi, rapida e inconsapevole a carico di una delle zone più primitive del cervello, quella del sistema limbico, deputato proprio all’attivazione emozionale. Il sistema uditivo coinvolge, infatti, il Nucleo genicolato mediale che è il primo livello di analisi sottocorticale delle stimolazioni uditive. Solo successivamente, e grazie alla via talamica, l’informazione raggiunge la Corteccia uditiva primaria che si trova nella parte superiore del lobo temporale posteriore. È questa l’area in cui viene processato il significato del suono, mentre l’abilità di richiamare e ricordare consapevolmente l’informazione sonora è demandata alla corteccia prefrontale. Il fatto che l’informazione giunga prima all’area talamica (sita nel sistema limbico) dimostra il valore adattivo della risposta ai suoni che deve essere immediata e istintiva e la capacità che ha quest’area nel condizionare e influenzare la percezione di ciò che abbiamo sentito. 

L’INFLUENZA DELLA MUSICA SUL GUSTO

A tal proposito Charles Spence coordinatore del Crossmodal Laboratory presso l’Università di Oxford, noto esperto degli effetti sul gusto dei fattori ambientali, ha dimostrato la forza che ha la musica anche sulla percezione del gusto dei prodotti. Come riportato in uno dei suoi affascinanti lavori, Gastrofisics, the news science of the eating, il semplice suono di un pacchetto di patatine che si apre con difficoltà fa percepire il prodotto più fresco rispetto allo stesso prodotto confezionato in un pacco che si apre senza fare rumore. Allo stesso modo si è dimostrato che la percezione del sapore dei prodotti alimentari cambia in base al tipo di musica di sottofondo usato. Così un suono “alterato” nel momento dell’assaggio è in grado di modificare la sua percezione di croccantezza e di freschezza. Se si assaggia con musica ad alta frequenza di sottofondo la croccantezza e la piacevolezza del prodotto crescono. Spence, in collaborazione con Zampini ha pubblicato questi risultati in un articolo del Journal of Sensory Studies, nel 2004 con il titolo The Role of Auditory Cues in Modulating the Perceived Crispness and Staleness of Potato Chips. Lavoro che gli ha permesso di vincere l’Ig Nobel Prize for Nutrition nel 2008. Si comprende perché Spence chiuda il suo libro con un’eloquente conclusione «Changing what a persone sees can radically alter what they hear, changing what they hear may influence what they feel, and altering what they feel can change what they taste». Provare per credere. 

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Dna modificato contro il cancro: i primi risultati sono positivi

L’esperimento fatto su tre pazienti affetti da mieloma e sarcoma sta dando i segnali sperati. Ecco in cosa consiste il trattamento ideato dai ricercatori dell’università della Pennsylvania.

Sembra funzionare l’editing del Dna contro il cancro. La tecnica, nota come Crispr, è volta a rafforzare il sistema immunitario, rendendone più efficace la risposta al tumore. Un primo esperimento, su tre pazienti, sta dando risultati positivi, che saranno presentati dai ricercatori dell’università della Pennsylvania al prossimo meeting della American Society of Hematology. Due dei tre pazienti, spiega il New York Times, avevano un mieloma multiplo, un tumore del sangue, mentre l’altro un sarcoma, tutti in stadio avanzato.

CELLULE MODIFICATE PER RAFFORZARE LA RISPOSTA AL TUMORE

I ricercatori hanno estratto le cellule T del sistema immunitario dai soggetti e le hanno trattate con il Crispr per ‘spegnere’ tre geni e rendere la risposta al tumore più aggressiva. Un’altra modifica del Dna, fatta invece in maniera tradizionale, ha indirizzato le cellule verso quelle tumorali. Ai tre pazienti sono state poi infuse 100 milioni di queste cellule modificate, e il follow up più lungo è arrivato a sei mesi.

Le cellule si stanno comportando come speriamo, e non abbiamo visto effetti collaterali significativi

Edward Stadtmauer, ricercatore

«La buona notizia», spiega Edward Stadtmauer, l’autore principale della ricerca, «è che i pazienti sono ancora vivi. Finora la migliore risposta che abbiamo visto è che le malattie si sono stabilizzate. Le cellule si stanno comportando come speriamo e non abbiamo visto effetti collaterali significativi».

È ancora molto presto, ma sono risultati estremamente incoraggianti

Aaron Gerds, Cleveland Clinic

Contattato dalla Associated Press, un esperto indipendente, Aaron Gerds della Cleveland Clinic, ha spiegato: «È ancora molto presto, ma sono risultati estremamente incoraggianti». Lo studio è sponsorizzato dall’Università della Pennsylvania, dal Parker Institute for Cancer Immunotherapy di San Francisco e da una società di biotecnologie, Tmunity Therapeutics. Numerosi leader dello studio e l’università hanno una partecipazione finanziaria nella società e possono beneficiare di brevetti e licenze sulla tecnologia.

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Ultrà contro i giocatori del Napoli dopo l’ammutinamento

Striscioni e cori prima dell’allenamento al San Paolo aperto solo agli abbonati e non alla stampa. “Rispetto!”, “Meritiamo di più” e “Calciatori mercenari” tra i messaggi della contestazione. Intanto il presidente De Laurentiis pensa a quale sanzione applicare per la ribellione.

Dopo “l’ammutinamento“, i tifosi del Napoli non si sono schierati con i calciatori. Anzi: è scattata la contestazione. Circa 150 ultrà azzurri hanno manifestato all’esterno della rampa d’accesso dello stadio San Paolo dove alle 15.30 è iniziato l’allenamento della squadra di Carlo Ancelotti.

STRISCIONE SROTOLATO DAVANTI ALL’ENTRATA

Uno striscione con la scritta “Rispetto!” è stato srotolato davanti al varco da cui entrano i giocatori. Tra i cori intonati dagli ultrà i più gettonati sono stati “Meritiamo di più” e “Calciatori mercenari siete voi”.

SEDUTA CHIUSA A GIORNALISTI E FOTOGRAFI

La sessione di allenamento doveva essere aperta alla stampa, ma poi le cose sono cambiate ed è diventata una seduta speciale con libero accesso solo per gli abbonati. Lo staff di comunicazione del club azzurro aveva inizialmente annunciato che anche i giornalisti e i fotografi avrebbero potuto assistere dalla tribuna stampa. Ma in seguito alla difficile situazione ingenerata propri dal ritiro stabilito dal club e poi disertato dai calciatori e al conseguente silenzio stampa imposto dalla società, il Napoli ha revocato l’apertura per i cronisti.

OGNUNO A CASA SUA, TRANNE ANCELOTTI

Dopo l’1-1 con il Salisburgo di martedì 5 novembre in Champions league, la squadra si è rifiutata di andare a dormire a Castel Volturno come previsto dal programma del ritiro deciso dal presidente Aurielio De Laurentiis alla vigilia della sfida europea e dopo la sconfitta in campionato contro la Roma. Ognuno è tornato alla propria casa e si è presentato all’allenamento puntuale. A Castel Volturno hanno dormito solo l’allenatore Ancelotti e il suo staff.

L’allenatore del Napoli Carlo Ancelotti. (Ansa)

LA SOCIETÀ PRONTA A TUTELARSI

Questo “no” al ritiro difficilmente rimarrà senza conseguenze, come ha precisato lo stesso Napoli una nota: «La società procederà a tutelare i propri diritti economici, patrimoniali, di immagine e disciplinari in ogni competente sede. Si precisa inoltre di aver affidato la responsabilità decisionale in ordine alla effettuazione di giornate di ritiro da parte della prima squadra all’allenatore della stessa Carlo Ancelotti».

DE LAURENTIIS STUDIA LE SANZIONI POSSIBILI

Il tecnico aveva criticato pubblicamente la decisione di mandare la squadra in ritiro, dicendosi pronto però a rispettarla. De Laurentiis e Ancelotti hanno parlato a lungo al telefono, il primo da Castel Volturno, il secondo dall’Hotel Vesuvio: lì infatti De Laurentiis alloggia a Napoli e lì ha ricevuto l’amministratore delegato Chiavelli ragionando anche sulle sanzioni previste dai contratti dei calciatori per la ribellione al ritiro, che, hanno ricordato dal club, non era stato “punitivo“, ma solo per cercare una migliore amalgama.

Il presidente Aurelio De Laurentiis. (Ansa)

IL FUTURO: RISULTATI SUBITO O ADDIRITTURA L’ESONERO

Il senso della tregua è al momento quello di responsabilizzare squadra e tecnico: niente ritiro? Allora portate i risultati. Che devono arrivare già dalla sfida di sabato 9 novembre contro il Genoa, quando il Napoli cerca il successo che manca dal 23 ottobre, dalla gara vinta a Salisburgo. La città è sgomenta e divisa tra chi difende De Laurentiis, chi si schiera con Ancelotti – ma tra gli adetti ai lavori si è parlato anche di esonero – e chi con la squadra. Di certo a questo gruppo non appartengono gli ultrà.

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