L’Italia dello zero virgola e della perenne fase di ristagno

L’Istat ha confermato il Pil a +0,1% nel terzo trimestre del 2019. Una situazione di stallo dell’attività economica che dura ormai da due anni. Così il nostro Paese colleziona solo aumenti consecutivi di un decimo di punto.

Una stagnazione lunga almeno due anni. Il Prodotto interno lordo (Pil) italiano è cresciuto nel terzo trimestre del 2019 dello 0,1% rispetto ai tre mesi precedenti (quando era rimasto immobile). Lo ha confermato l’Istat, ribadendo anche la stima di un aumento su base annua dello 0,3%. Mentre la disoccupazione è leggermente calata. Cresce insomma il lavoro nonostante un’economia molto debole.

VARIAZIONE ACQUISITA DELLO 0,2%

La variazione acquisita del Pil per il 2019, cioè la crescita che si avrebbe a fine anno se l’ultimo trimestre presentasse un Pil fermo in termini congiunturali, è stata invece stimata allo 0,2%.

DAL 2018 OSCILLIAMO TRA ZERO E RECESSIONE

Nel nostro Paese dunque prosegue «la fase di quasi ristagno dell’attività economica che dura ormai da poco meno di due anni», ha sottolineato l’Istituto di statistica. Dall’inizio del 2018, infatti, il Pil è oscillato intorno allo zero virgola, collezionando aumenti consecutivi di un decimo di punto, interrotti solo dalla recessione tecnica tra il secondo e il terzo trimestre del 2018.

PEGGIO DI USA E FRANCIA, MA COME LA GERMANIA

Guardando a quanto accaduto fuori dai confini italiani, sempre nel terzo trimestre il Pil è aumentato in termini congiunturali dello 0,5% negli Stati Uniti, dello 0,3% in Francia e dello 0,1% in Germania. Nel complesso, il Pil dei Paesi dell’area euro è aumentato dello 0,1% rispetto al trimestre precedente.

MIGLIORANO I CONSUMI DELLE FAMIGLIE

L’Istat ha poi rilevato che la spesa delle famiglie è salita dello 0,4% nel terzo trimestre del 2019 rispetto al precedente trimestre. Un’accelerazione per i consumi (era +0,1% nel secondo trimestre). Si tratta del rialzo maggiore dall’inizio del 2018. Invece gli investimenti fissi lordi hanno segnato un calo dello 0,2% in termini congiunturali: la flessione ha interrotto una fase di crescita che proseguiva da tre trimestri. Ha pesato il negativo risultato, trimestre su trimestre, degli investimenti relativi ai mezzi di trasporto (-1,9%).

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Università, Rosa: sia un riferimento per il sistema economico

“L’Università degli Studi della Basilicata ha tutti i requisiti per diventare veicolo di una rinnovata coscienza sociale e per contribuire alla ripartenza dell’economia del nostro territorio. E allora, ecco il passo avanti che dobbiamo fare insieme, Università e istituzione regionale: dare ai giovani lucani un motivo per laurearsi in Basilicata e rimanere a lavorare in Basilicata. Posso dire sin da ora che questo Governo regionale è impegnato sui tavoli nazionali per chiedere criteri più equi nella distribuzione del Fondo di finanziamento ordinario che consentano il consolidamento delle realtà universitarie, specialmente di quelle di piccole dimensioni, dove piccolo, proprio perché si parla di conoscenza e cultura, e non di mercati e di economie di scala, non è sintomo di pessima qualità ma, al contrario, è indice di maggiore attenzione e cura verso l’insegnamento e verso gli studenti”.

Lo ha detto l’assessore all’Ambiente ed Energia della Regione Basilicata Gianni Rosa, che è intervenuto oggi a Potenza alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico dell’Università degli studi della Basilicata.

Rosa si è rivolto innanzitutto agli studenti, ai quali ha portato il saluto del presidente della Regione Vito Bardi, assente per impegni concomitanti. “Sono tempi di grandi trasformazioni – è il messaggio di Bardi -, che vedono voi giovani al centro di grandi mutamenti. Il nostro compito, il compito di chi amministra, è quello di creare le condizioni perché le vostre aspettative e i vostri sogni diventino realizzabili. E diventino realizzabili, qui in Basilicata”.

“Il periodo universitario è proprio quello in cui i sogni iniziano a prendere forma – gli ha fatto eco Rosa -. L’Università è il luogo in cui il pensiero può nutrirsi e svilupparsi liberamente, dove l’individuo esercita il suo pensiero critico e getta le basi per la realizzazione del suo futuro. Ma è di più. È il luogo dove dalla dimensione del singolo, luogo della conoscenza, si passa alla dimensione collettiva, luogo che contribuisce allo sviluppo della società. Del resto, l’Università come la conosciamo oggi è l’evoluzione della conoscenza ‘particolare’ fornita a pochi, che è divenuta conoscenza diffusa, aperta ad una ‘università’ di studenti. Ed è ripartendo dalla dimensione collettiva che dobbiamo riscoprire la centralità dell’Università nella società come risorsa strategica fondamentale del Paese e della Regione”.

“La concertazione tra Regione e Università – ha aggiunto Rosa – deve essere la sintesi di una visione della Basilicata che vogliamo per i nostri giovani. È la ‘terza missione’ dell’Università, accanto a quelle classiche di ricerca e didattica. È questo che chiediamo al nostro Ateneo di implementare: la valorizzazione delle competenze, delle professionalità lucane, dei risultati della ricerca e dell’innovazione. Siamo consapevoli che non è una cosa nuova per la nostra Università che, anzi, si è contraddistinta in questi anni per numerose azioni realizzate. Tuttavia, nei prossimi anni, questo Governo regionale ha intenzione di supportare maggiormente l’Università della Basilicata affinché diventi un reale punto di riferimento per il sistema economico regionale nelle strategie di innovazione. È un processo lungo, lo sappiamo. Ma è un processo indispensabile per rigenerare la nostra Terra e dare slancio al nostro Ateneo. I nostri giovani meritano di più, meritano un futuro in Basilicata e noi tutti, Università ed istituzioni dobbiamo impegnarci per poterglielo assicurare”. 

Il candidato del M5s alle Regionali in Calabria ha una villetta parzialmente abusiva

La casa si trova a Carlopoli, in provincia di Catanzaro. Prima il Tar e poi il Consiglio di Stato hanno condannato Aiello a demolire un piano.

La villetta di famiglia ereditata da Francesco Aiello, professore ordinario di politica economica all’Università di Cosenza e candidato del M5s alle Regionali in Calabria, è parzialmente abusiva e con il secondo piano da abbattere.

Il quotidiano la Repubblica è stato il primo a dare la notizia. La villetta si trova a Carlopoli, in provincia di Catanzaro. Prima il Tar e poi il Consiglio di Stato hanno condannato Aiello e suo fratello disponendo la demolizione del piano “incriminato”.

La villetta, edificata negli Anni 80, è stata costruita violando la quota delle cubature previste. Ma nel corso della vicenda, durata un decennio, dopo vari esposti e sanatorie la casa degli Aiello è rimasta integra.

CORPO PRINCIPALE E PRIMO PIANO SANATI CON UN CONDONO

L’amministrazione comunale, come racconta il quotidiano diretto da Carlo Verdelli, è riuscita a farsi pagare gli oneri concessori per corpo principale e primo piano, sanati con un condono. E il resto della villetta (seminterrato e secondo piano) non è stato toccato.

SI È “SALVATO” PURE IL SEMINTERRATO

Dopo un ulteriore ricorso, gli Aiello sono riusciti a “salvare” anche il seminterrato, perché se fosse stato smantellato sarebbe crollato tutto l’edificio. Ma per quanto riguarda il secondo piano, da un anno a questa parte, nulla si è mosso.

ANCHE DI MAIO HA CHIESTO SPIEGAZIONI

Il piano abusivo è ancora lì e adesso anche il leader del M5s, Luigi Di Maio, «attende chiarimenti».

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Il candidato del M5s alle Regionali in Calabria ha una villetta parzialmente abusiva

La casa si trova a Carlopoli, in provincia di Catanzaro. Prima il Tar e poi il Consiglio di Stato hanno condannato Aiello a demolire un piano.

La villetta di famiglia ereditata da Francesco Aiello, professore ordinario di politica economica all’Università di Cosenza e candidato del M5s alle Regionali in Calabria, è parzialmente abusiva e con il secondo piano da abbattere.

Il quotidiano la Repubblica è stato il primo a dare la notizia. La villetta si trova a Carlopoli, in provincia di Catanzaro. Prima il Tar e poi il Consiglio di Stato hanno condannato Aiello e suo fratello disponendo la demolizione del piano “incriminato”.

La villetta, edificata negli Anni 80, è stata costruita violando la quota delle cubature previste. Ma nel corso della vicenda, durata un decennio, dopo vari esposti e sanatorie la casa degli Aiello è rimasta integra.

CORPO PRINCIPALE E PRIMO PIANO SANATI CON UN CONDONO

L’amministrazione comunale, come racconta il quotidiano diretto da Carlo Verdelli, è riuscita a farsi pagare gli oneri concessori per corpo principale e primo piano, sanati con un condono. E il resto della villetta (seminterrato e secondo piano) non è stato toccato.

SI È “SALVATO” PURE IL SEMINTERRATO

Dopo un ulteriore ricorso, gli Aiello sono riusciti a “salvare” anche il seminterrato, perché se fosse stato smantellato sarebbe crollato tutto l’edificio. Ma per quanto riguarda il secondo piano, da un anno a questa parte, nulla si è mosso.

ANCHE DI MAIO HA CHIESTO SPIEGAZIONI

Il piano abusivo è ancora lì e adesso anche il leader del M5s, Luigi Di Maio, «attende chiarimenti».

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Sinisa Mihajlovic ha raccontato i mesi della sua malattia

L’allenatore del Bologna commosso in conferenza stampa: «Quattro mesi duri, ma i medici sono stati straordinari». Il primario: «Siamo ancora in una fase precoce. Abbiamo bisogno di tempo per cercare di capire la risposta finale».

Lacrime e tanta commozione per le prime parole pubbliche di Sinisa Mihajlovic dal giorno dell’annuncio della malattia. «In questi quattro mesi difficili ho conosciuto medici straordinari, infermieri che mi hanno curato, sopportato e supportato. So che ho un carattere forte, anche difficile», ha esordito l’allenatore del Bologna in conferenza stampa al Dall’Ara, fermandosi più volte con la voce rotta dal pianto. «Chi meglio di loro» – ha aggiunto facendo i nomi – «può capire quanto sia difficile fisicamente e psicologicamente affrontare una cosa del genere. Voglio ringraziare tutti di cuore. Ho capito subito che ero nelle mani giuste».

«NON HO PIÙ LACRIME, MI SONO ROTTO LE PALLE DI PIANGERE»

«In questi quattro mesi ho pianto e non ho più le lacrime. Mi sono rotto le palle di piangere», ha confessato Mihajlovic dopo che il primario di Ematologia, Michele Cavo, aveva detto che «le lacrime sono catartiche», commentando il momento di commozione vissuto dal tecnico. Cavo ha spiegato che «siamo ancora in una fase precoce. Abbiamo bisogno di tempo per cercare di capire la risposta finale» del paziente, «per monitorare Sinisa, le possibili complicanze». «Sinisa mi ha chiesto di chiudere un cerchio aperto da quattro mesi. Legittimo dal suo punto di vista, ma per noi», medici, «il cerchio non è ancora chiuso». «Per ora» – ha aggiunto Cavo – «siamo felici di averlo restituito in questa ottima forma a tutta la comunità, sia quella laica sia quella sportiva», ma il monitoraggio delle condizioni del paziente continuerà».

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Il M5s contro tutti sulla riforma della prescrizione

Il ministro (grillino) della Giustizia Bonafede parla di un asse Pd-Lega-Forza Italia per affossare il cambiamento della norma. I dem respingono le accuse. Ma c’è chi parla di «bomba atomica». E i penalisti lanciano l’allarme. Il punto.

Prescrizione, ci risiamo. La riforma che cancellerebbe gli effetti giuridici del trascorrere del tempo dopo la sentenza di primo grado divide i giallorossi. Come del resto aveva fatto anche con i gialloverdi. Il Movimento 5 stelle spinge, il Partito democratico frena. Tanto che il ministro (grillino) della Giustizia Alfonso Bonafede, intervistato da Agorà, ha paventato ipotesi di strane maggioranze alternative a quella di governo: «Se il Pd dovesse andare in Aula e fare asse con Forza Italia e Lega proprio sulla prescrizione sarebbe un fatto grave, prima di tutto per gli elettori del Pd».

I DEM: «FANTASTIOSI SCENARI POLITICI»

Ma secondo Franco Mirabelli, vice presidente dei senatori dem, non è così: «Non c’è e non ci sarà nessun asse Pd-Fi sulla prescrizione e il ministro lo sa benissimo. Ma Bonafede deve farsi carico dei temi che il Pd e tanta parte degli operatori di giustizia gli stanno ponendo. A oggi per noi non ci sono garanzie per processi in tempi certi e quindi giusti. Il ministro lavori e si confronti su questo, descrivere fantasiosi scenari politici non serve».

LA “GHIGLIOTTINA” APPENA ARRIVATA SUL CASO MARTINA ROSSI

Il tema è delicato e nelle stesse ore del dibattito politico è arrivata la notizia che si è estinta, proprio per prescrizione, l’accusa di morte come conseguenza di un altro delitto al processo d’appello per il decesso di Martina Rossi, la ventenne studentessa genovese che precipitò dal balcone di una camera di albergo a Palma di Maiorca il 3 agosto 2011, secondo l’accusa scappando da un tentativo di stupro.

MA PER LA BONGIORNO SAREBBE UNA «BOMBA ATOMICA»

Nonostante le reazioni “di pancia”, sulla modifica della norma sono stati lanciati diversi allarmi. Come quello della senatrice della Lega Giulia Bongiorno: «Solo coloro che non calpestano quotidianamente la polvere dei tribunali possono pensare che questo blocco della prescrizione non sia una bomba atomica. Chiunque conosce la procedura penale sa perfettamente che, siccome esiste un carico processuale, particolarmente pesante, le udienze sono fissate in ragione di quando si prescrive il reato. Ebbene, nel momento in cui questa ghigliottina non ci sarà più, inevitabilmente si paralizzerà per sempre la giustizia italiana», ha detto a Il Messaggero.

Riforma da dilettanti allo sbaraglio. E credo che questa sia stata una delle ragioni per cui si è disintegrato il governo gialloverde

L’ex ministra leghista Giulia Bongiorno

Bongiorno poi ha attaccato la riforma, definendola «vuota», e il ministro Bonafede: non si possono avere processi «senza stabilire i meccanismi necessari per abbreviarne i tempi. Roba da dilettanti allo sbaraglio. E credo che questa sia stata una delle ragioni per cui si è disintegrato il governo gialloverde».

CONTE PARLA DI «GIUSTA DURATA DEI PROCESSI»

Il premier Giuseppe Conte dal canto suo aveva detto: «Stiamo riflettendo su un pacchetto di misure che garantiscano la ragionevole durata dei processi». Poi sull’opportunità della riforma ha spiegato: «Per noi è una sconfitta che i processi terminino senza una verifica giudiziaria».

DI MAIO TIRA DRITTO: «ENTRATA IN VIGORE IL PRIMO GENNAIO 2020»

Il ministro degli Esteri e leader dei cinque stelle Luigi Di Maio intervistato da Radio Anch’io aveva invece promesso che la nuova legge sulla prescrizione sarebbe entrata in vigore dal primo gennaio 2020 e che così «non ci saranno più i furbetti che la faranno franca». Quindi ha ribadito: «Il lavoro è già stato fatto. Ora mi si dice che poteva esserci un blitz in parlamento per fermarla e se qualcuno vuole votare un provvedimento che ci fa tornare ai tempi berlusconiani spero che non sia qualcuno di maggioranza».

I PENALISTI: «LEGISLAZIONE MARCATAMENTE INCOSTITUZIONALE»

L’Unione delle camere penali la pensa diversamente. E dopo aver scioperato contro la riforma, ha fatto appello al dem Andrea Orlando, ex Guardasigilli, avvertendo che «è contrario a logiche autenticamente riformatrici che il Pd si renda corresponsabile di una legislazione marcatamente incostituzionale», perché collide con i principi della «funzione rieducativa della pena e della inviolabilità del diritto di difesa», oltre che della ragionevole durata del processo.

Da subito le indagini inizieranno a spalmarsi sui nuovi termini e prenderebbe forma il processo senza fine


L’Unione delle camere penali

I penalisti hanno definito «falsa» la vulgata che gli effetti della riforma si produrranno anni dopo: «Da subito infatti le indagini inizieranno a spalmarsi sui nuovi termini e prenderebbe così forma il processo senza fine».

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Investite nei mercati che incorporano l’economia reale

Un indice azionario efficiente incorpora sempre la crescita, ha tanti operatori così da impedire che pochi attori possano condizionarne l’andamento ed è in grado di assorbire subito i cambiamenti dell’economia.

Proseguendo nel percorso relativo al comportamento che un investitore alle prime armi deve tenere nei processi di investimento dei propri risparmi, affrontiamo questa settimana la seconda delle tre regole da seguire: investire con strumenti efficienti

Oltre a investire in modo globale, dovete assicurarvi che lo strumento su cui investite sia efficiente. Dovete puntare sulla crescita economica del pianeta, non su singoli titoli (per esempio Telecom, Enel eccetera) o mode del momento (come settori particolari tipo biotecnologie, farmaceutici, energetici e così via), e nemmeno su singoli Paesi (per esempio, esclusivamente su titoli o indici italiani).

Ma cosa s’intende per «efficiente»? Un indice, un mercato o uno strumento finanziario è efficiente quando è in grado di incorporare appieno l’economia reale che rappresenta. Tecnicamente, gli economisti parlano di capacità di incorporare tutte le informazioni che derivano dal mercato. Inoltre, un mercato è efficiente quando ci sono tanti operatori, così da impedire che pochi attori possano condizionarne l’andamento, e anche quando è molto liquido e reattivo, in grado cioè di incorporare immediatamente i cambiamenti che avvengono al suo interno.

IL MERCATO AZIONARIO ITALIANO NON È EFFICIENTE

Un mercato azionario efficiente, dunque, incorpora sempre la crescita economica, che però avviene esclusivamente nel lungo periodo. Come abbiamo visto due settimane fa, nel breve periodo i fattori emotivi e speculativi incidono sulle oscillazioni delle azioni. Per questo è fondamentale saper aspettare che i frutti maturino e non farsi prendere dalla logica di breve periodo: anche se i mercati crollano, bisogna vedere un’eventuale perdita momentanea del 30-40% come un’importante opportunità, più che una tragica fatalità.

Il mercato italiano non non è in grado di incorporare la crescita economica del Paese

Il mercato finanziario italiano, per esempio, non è efficiente. Al di là della nostra economia, che ormai è al palo da decenni, il mercato non presenta le caratteristiche dell’efficienza, e non è in grado di incorporare la crescita economica del Paese, perché condizionato da pochi attori che fanno il bello e il cattivo tempo.

Chi non ricorda le scorribande del finanziere Soros & compagni tra il 2011 e il 2013 sui nostri titoli di Stato, che rischiarono di mettere in ginocchio il Paese? O tutte quelle attività ultra-speculative fatte su singoli titoli azionari che nel tempo hanno affossato anche il mercato nel suo complesso? Questo spiega in parte anche perché dal 2011 a oggi mercati più efficienti come quello americano ed europeo abbiano più che raddoppiato il loro valore, mentre il mercato italiano è ancora in negativo rispetto ai massimi del 2008!

ATTENZIONE AI COSTI E AI GESTORI DEL VOSTRO RISPARMIO

Oltre all’efficienza in senso stretto, la selezione degli strumenti da inserire nel portafoglio deve considerare anche l’efficienza in termini di costi (commissioni e spese varie). Ipotizziamo un investimento di 1.000 euro e un rendimento annuo del 6% per 30 anni. Un prodotto con un costo dell’1% genera in questo arco di tempo, per effetto dell’interesse composto, un capitale finale di 4.248 euro, mentre lo stesso prodotto ma con un costo del 2,5% (quindi 1,5% in più) frutta un capitale finale di soli 2.687 euro. L’incidenza dei costi, dunque, in questo caso quasi dimezza il capitale finale.

È fondamentale avviare un’attività di selezione dei migliori strumenti globali del risparmio gestito

La sintesi di tutto quanto detto finora si chiama «risparmio gestito», ovvero quando il risparmio di un investitore viene gestito da un intermediario finanziario specializzato, sia questo una Sgr o una banca. L’intermediario esegue tutte le operazioni di acquisto e vendita di attività finanziarie per costruire un portafoglio caratterizzato da un livello di rischio e da una modalità di gestione (attiva o passiva). Agli operatori, ovviamente, viene riconosciuta una commissione su tali attività. Forse starete pensando: ma che fa Imperatore, ci ributta di nuovo tra le fauci di quegli squali delle banche?

A questo punto, infatti, è fondamentale avviare un’attività di selezione non più della banca, che abbiamo già scelto secondo i criteri che abbiamo già consigliato su queste colonne, ma dei migliori strumenti globali del risparmio gestito, capaci non solo di incorporare la crescita di aree economiche importanti, ma anche di ridurre al minimo i costi. È la combinazione di questi due fattori a incidere sui rendimenti di portafoglio.

LA DIFFERENZA TRA FONDI ATTIVI E FONDI PASSIVI

Gli strumenti da prendere in considerazione si potrebbero dividere in due grandi categorie: fondi attivi e fondi passivi. I fondi gestiti in maniera attiva cercano di «battere» il mercato selezionando solo alcuni titoli, convinti che questi saliranno più degli altri. Il gestore di un fondo attivo costruisce dunque il portafoglio con un costante lavoro di ricerca, analisi e selezione. Questa complessa attività ha un costo a volte anche elevato che ricade sul fondo, e dunque sull’investitore. I gestori attivi possono applicare differenti strategie d’investimento (stili di gestione) selezionando alcuni titoli piuttosto che altri, aumentando o diminuendo la posizione in un’area geografica piuttosto che in un’altra e così via.

L’esperienza ha dimostrato che pochissimi gestori riescono sistematicamente a battere il mercato

In sintesi, il gestore attivo è libero di operare a livello globale con l’unico obiettivo di guadagnare più del mercato. Questo, però, solo sulla carta. L’esperienza, invece, ha dimostrato che pochissimi gestori riescono sistematicamente a battere il mercato. Meno del 15% è in grado di farlo in maniera costante, e non solo per le enormi difficoltà tecniche di prevedere(e quindi indovinare) quale titolo andrà meglio di altri, ma anche perché sulle performance di questi fondi incidono molto le spese di gestione.

Un fondo passivo (per esempio gli Etf, Exchange Traded Fund) ha invece come obiettivo principale la replica del mercato. Si prefigge di comprare tutti i titoli presenti in un mercato attribuendogli anche lo stesso peso, in modo da avere un andamento identico al mercato stesso. Per questo i fondi passivi, una volta implementati, non hanno bisogno di analisi, strategie o altro e possono ridurre al minimo i costi di gestione.

SERVE DIVERSIFICARE I PROPRI INVESTIMENTI

Quindi, quali fondi scegliere tra attivi e passivi? Dipende. Se siamo in grado di selezionare tra i fondi attivi quei pochi che riescono costantemente a «performare» più del mercato, allora possiamo inserire in portafoglio una buona dose di fondi attivi, consapevoli che il loro andamento non dipenderà solo dal mercato, ma anche dalle scelte del gestore (ci sono molti gestori attivi che da anni ottengono performance eccezionali, come pure gestori attivi che non sono mai riusciti a battere il mercato).

Consiglio di utilizzare come strumenti di base i fondi passivi e come strumenti satellite i fondi attivi

Di solito i fondi attivi sono più efficienti nelle fasi in cui sul mercato c’è maggiore oscillazione (che tecnicamente si chiama «volatilità»), perché nelle situazioni di incertezza riescono a esprimere meglio la loro bravura nel selezionare i titoli vincenti. I fondi passivi, al contrario, sono imbattibili quando l’oscillazione è molto contenuta, anche se avendo costi molto ridotti (come gli Etf, appunto) nel lungo periodo riescono sempre a generare performance positive.

Per questo motivo, e anche per rendervi la vita un po’ più semplice, nel processo di investimento vi consiglio di utilizzare come strumenti di base i fondi passivi, che sono più affidabili e meno costosi, e come strumenti satellite i fondi attivi (ma selezionando quei pochi gestori capaci), che nei momenti di alta volatilità dei mercati potrebbero dare una mano al rendimento del portafoglio.

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Investite nei mercati che incorporano l’economia reale

Un indice azionario efficiente incorpora sempre la crescita, ha tanti operatori così da impedire che pochi attori possano condizionarne l’andamento ed è in grado di assorbire subito i cambiamenti dell’economia.

Proseguendo nel percorso relativo al comportamento che un investitore alle prime armi deve tenere nei processi di investimento dei propri risparmi, affrontiamo questa settimana la seconda delle tre regole da seguire: investire con strumenti efficienti

Oltre a investire in modo globale, dovete assicurarvi che lo strumento su cui investite sia efficiente. Dovete puntare sulla crescita economica del pianeta, non su singoli titoli (per esempio Telecom, Enel eccetera) o mode del momento (come settori particolari tipo biotecnologie, farmaceutici, energetici e così via), e nemmeno su singoli Paesi (per esempio, esclusivamente su titoli o indici italiani).

Ma cosa s’intende per «efficiente»? Un indice, un mercato o uno strumento finanziario è efficiente quando è in grado di incorporare appieno l’economia reale che rappresenta. Tecnicamente, gli economisti parlano di capacità di incorporare tutte le informazioni che derivano dal mercato. Inoltre, un mercato è efficiente quando ci sono tanti operatori, così da impedire che pochi attori possano condizionarne l’andamento, e anche quando è molto liquido e reattivo, in grado cioè di incorporare immediatamente i cambiamenti che avvengono al suo interno.

IL MERCATO AZIONARIO ITALIANO NON È EFFICIENTE

Un mercato azionario efficiente, dunque, incorpora sempre la crescita economica, che però avviene esclusivamente nel lungo periodo. Come abbiamo visto due settimane fa, nel breve periodo i fattori emotivi e speculativi incidono sulle oscillazioni delle azioni. Per questo è fondamentale saper aspettare che i frutti maturino e non farsi prendere dalla logica di breve periodo: anche se i mercati crollano, bisogna vedere un’eventuale perdita momentanea del 30-40% come un’importante opportunità, più che una tragica fatalità.

Il mercato italiano non non è in grado di incorporare la crescita economica del Paese

Il mercato finanziario italiano, per esempio, non è efficiente. Al di là della nostra economia, che ormai è al palo da decenni, il mercato non presenta le caratteristiche dell’efficienza, e non è in grado di incorporare la crescita economica del Paese, perché condizionato da pochi attori che fanno il bello e il cattivo tempo.

Chi non ricorda le scorribande del finanziere Soros & compagni tra il 2011 e il 2013 sui nostri titoli di Stato, che rischiarono di mettere in ginocchio il Paese? O tutte quelle attività ultra-speculative fatte su singoli titoli azionari che nel tempo hanno affossato anche il mercato nel suo complesso? Questo spiega in parte anche perché dal 2011 a oggi mercati più efficienti come quello americano ed europeo abbiano più che raddoppiato il loro valore, mentre il mercato italiano è ancora in negativo rispetto ai massimi del 2008!

ATTENZIONE AI COSTI E AI GESTORI DEL VOSTRO RISPARMIO

Oltre all’efficienza in senso stretto, la selezione degli strumenti da inserire nel portafoglio deve considerare anche l’efficienza in termini di costi (commissioni e spese varie). Ipotizziamo un investimento di 1.000 euro e un rendimento annuo del 6% per 30 anni. Un prodotto con un costo dell’1% genera in questo arco di tempo, per effetto dell’interesse composto, un capitale finale di 4.248 euro, mentre lo stesso prodotto ma con un costo del 2,5% (quindi 1,5% in più) frutta un capitale finale di soli 2.687 euro. L’incidenza dei costi, dunque, in questo caso quasi dimezza il capitale finale.

È fondamentale avviare un’attività di selezione dei migliori strumenti globali del risparmio gestito

La sintesi di tutto quanto detto finora si chiama «risparmio gestito», ovvero quando il risparmio di un investitore viene gestito da un intermediario finanziario specializzato, sia questo una Sgr o una banca. L’intermediario esegue tutte le operazioni di acquisto e vendita di attività finanziarie per costruire un portafoglio caratterizzato da un livello di rischio e da una modalità di gestione (attiva o passiva). Agli operatori, ovviamente, viene riconosciuta una commissione su tali attività. Forse starete pensando: ma che fa Imperatore, ci ributta di nuovo tra le fauci di quegli squali delle banche?

A questo punto, infatti, è fondamentale avviare un’attività di selezione non più della banca, che abbiamo già scelto secondo i criteri che abbiamo già consigliato su queste colonne, ma dei migliori strumenti globali del risparmio gestito, capaci non solo di incorporare la crescita di aree economiche importanti, ma anche di ridurre al minimo i costi. È la combinazione di questi due fattori a incidere sui rendimenti di portafoglio.

LA DIFFERENZA TRA FONDI ATTIVI E FONDI PASSIVI

Gli strumenti da prendere in considerazione si potrebbero dividere in due grandi categorie: fondi attivi e fondi passivi. I fondi gestiti in maniera attiva cercano di «battere» il mercato selezionando solo alcuni titoli, convinti che questi saliranno più degli altri. Il gestore di un fondo attivo costruisce dunque il portafoglio con un costante lavoro di ricerca, analisi e selezione. Questa complessa attività ha un costo a volte anche elevato che ricade sul fondo, e dunque sull’investitore. I gestori attivi possono applicare differenti strategie d’investimento (stili di gestione) selezionando alcuni titoli piuttosto che altri, aumentando o diminuendo la posizione in un’area geografica piuttosto che in un’altra e così via.

L’esperienza ha dimostrato che pochissimi gestori riescono sistematicamente a battere il mercato

In sintesi, il gestore attivo è libero di operare a livello globale con l’unico obiettivo di guadagnare più del mercato. Questo, però, solo sulla carta. L’esperienza, invece, ha dimostrato che pochissimi gestori riescono sistematicamente a battere il mercato. Meno del 15% è in grado di farlo in maniera costante, e non solo per le enormi difficoltà tecniche di prevedere(e quindi indovinare) quale titolo andrà meglio di altri, ma anche perché sulle performance di questi fondi incidono molto le spese di gestione.

Un fondo passivo (per esempio gli Etf, Exchange Traded Fund) ha invece come obiettivo principale la replica del mercato. Si prefigge di comprare tutti i titoli presenti in un mercato attribuendogli anche lo stesso peso, in modo da avere un andamento identico al mercato stesso. Per questo i fondi passivi, una volta implementati, non hanno bisogno di analisi, strategie o altro e possono ridurre al minimo i costi di gestione.

SERVE DIVERSIFICARE I PROPRI INVESTIMENTI

Quindi, quali fondi scegliere tra attivi e passivi? Dipende. Se siamo in grado di selezionare tra i fondi attivi quei pochi che riescono costantemente a «performare» più del mercato, allora possiamo inserire in portafoglio una buona dose di fondi attivi, consapevoli che il loro andamento non dipenderà solo dal mercato, ma anche dalle scelte del gestore (ci sono molti gestori attivi che da anni ottengono performance eccezionali, come pure gestori attivi che non sono mai riusciti a battere il mercato).

Consiglio di utilizzare come strumenti di base i fondi passivi e come strumenti satellite i fondi attivi

Di solito i fondi attivi sono più efficienti nelle fasi in cui sul mercato c’è maggiore oscillazione (che tecnicamente si chiama «volatilità»), perché nelle situazioni di incertezza riescono a esprimere meglio la loro bravura nel selezionare i titoli vincenti. I fondi passivi, al contrario, sono imbattibili quando l’oscillazione è molto contenuta, anche se avendo costi molto ridotti (come gli Etf, appunto) nel lungo periodo riescono sempre a generare performance positive.

Per questo motivo, e anche per rendervi la vita un po’ più semplice, nel processo di investimento vi consiglio di utilizzare come strumenti di base i fondi passivi, che sono più affidabili e meno costosi, e come strumenti satellite i fondi attivi (ma selezionando quei pochi gestori capaci), che nei momenti di alta volatilità dei mercati potrebbero dare una mano al rendimento del portafoglio.

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Omicidio Caruana, scarcerato l’ex capo di gabinetto di Muscat

Il primo ministro maltese ha annunciato che non sarà concesso il condono tombale richiesto dal principale sospettato, l’imprenditore Yorgen Fenech.

Il primo ministro maltese ha annunciato che non sarà concesso il condono tombale richiesto dal principale sospettato del caso Caruana, l’imprenditore Yorgen Fenech. La decisione è stata presa dal Consiglio dei ministri sulla base delle raccomandazioni del ministro della Giustizia e del procuratore generale e al termine di una riunione notturna durata oltre sei ore. Joseph Muscat ha reso nota la decisione in una conferenza stampa notturna tenuta attorno alle 3.30.

RINVIATA AD ALTRA DATA LA PRIMA UDIENZA

La polizia maltese, intanto, ha reso noto che nella serata del 28 novembre è stata decisa la scarcerazione di Keith Schembri, l’ex capo di gabinetto di Muscat che era stato fermato il 25, non avendo più necessità di continuare gli interrogatori. È stata intanto rinviata ad altra data la prima udienza in tribunale dopo la concessione della grazia all’intermediario nonché accusatore di Fenech, il tassista-usuraio Melvin Theuma, che avrebbe dovuto testimoniare pubblicamente in giornata.

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A ottobre 217 mila occupati in più rispetto al 2018

La crescita è trainata dai dipendenti (+231 mila) e in particolare dai permanenti (+181 mila), mentre calano gli indipendenti (-15 mila).

Disoccupazione in calo a ottobre in Italia. Il tasso generale è sceso infatti al 9,7% (-0,2 punti percentuali), quello giovanile al 27,8% (-0,7 punti). Rispetto al 2018, i disoccupati sono 269 mila in meno.

Sempre su base annua il numero degli occupati è cresciuto dello 0,9%, pari a +217 mila unità. L’incremento è trainato dai dipendenti (+231 mila), in particolare quelli a tempo indeterminato (+181 mila), mentre calano gli indipendenti (-15 mila).

Il tasso di occupazione sale al 59,2% (+0,1 punti percentuali) ed è in aumento per entrambe le componenti di genere. Su base annua l’occupazione risulta in crescita sia per le donne, sia per gli uomini e per tutte le classi d’età tranne i 35-49enni.

Rispetto a settembre 2019, gli occupati risultano in crescita di 46 mila unità (+0,2%), grazie soprattutto al contributo degli indipendenti (+38 mila) e dei dipendenti a tempo determinato (+6 mila), mentre i dipendenti a tempo indeterminato sono sostanzialmente stabili. Su base mensile l’occupazione sale per entrambe le componenti di genere, cresce tra gli over 35, cala lievemente tra i 25-34enni ed è stabile tra gli under 25.

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X Factor 2019, le pagelle del sesto Live

Davide, uno dei concorrenti più dotati, al ballottaggio. Sofia è azzoppata da Sfera Ebbasta. Scandalosa la promozione di Eugenio. Il talent perde credibilità di puntata in puntata. I voti.

Un fatto apparentemente logico: Giordana l’Arpa che uccide e Nicola il parà-gnosta fuori.

Da non credere: entrambi si giocano uno sballottaggio (lo chiamiamo così perché quest’anno gli spareggi li hanno resti quanto mai cervellotici) con Davide, il più prossimo a un talento.

Ci crediamo, che dipende tutto e solo dal pubblico? Se uno come Eugenio fa una esibizione da circo o da galera, e lo tengono su perché «una serata storta può capitare a tutti», ed è una frase ribalda, vergognosa questa di Cattelan, che credibilità resta?

INDEDITI DELUDENTI

Comunque limitiamoci a constatare il risultato, e anche a rimarcare che gli inediti, architrave commerciale di XF, sono poca cosa, per andare di eufemismo, anche se sono quelli che ufficialmente, sulla base delle preferenze del pubblico, determinano una scala di probabilità: tu resti, tu te ne vai. E se la piccola Sofia ha dalla sua l’attenuante dell’età, fino a un certo punto, gli altri non trovano alibi: davvero i tanto strombazzati «autori internazionali» non avevano di meglio che questi scarti evidenti da offrire? Davvero è questo il gusto, il linguaggio musicale di XF? E cosa dovrebbe mai sortire da tanta piattezza?

LEGGI ANCHE: Le pagelle del quinto Live di X Factor

Se così è, la sentenza è senza appello: quivi si pensa solo all’immediato, quivi si cerca solo chi è venduto, subito, adesso, senza complicazioni, senza implicazioni. Ma nessuno può credere che talenti in boccio come Sofia, come Davide, possano venire allevati, gestiti da una Ayane, da uno Sfera Ebbasta; e già solo l’apparenza offende. Va pur detto, va lasciato nero su bianco, non credete?

GIUDICI SOTTO LA MEDIA

ALESSANDRO CATTELAN: 5. Stavolta manco la sufficienza gli do: più spento, più svogliato, più distratto e vacuo del solito. 

MARA MAIONCHI: 4. Spiace, ma ormai è vecchia. Vecchia. I suoi concorrenti, dà l’idea di abbandonarli a loro stessi, ci pensi qualcun altro, se uno ha le spalle coperte, come l’insopportabile Eugenio, continua, se no precipita (il parà-pendio Nicola). E forse è proprio così. Non sa i titoli, si perde, si incasina e allora dice: cazzo!, e tutti ridono. Anche basta, per rispetto suo e nostro.

La giuria di XF13 (dal profilo Fb di X Factor).

MALIKA AYANE: 4. Kraftwerk, banana, albero di Natale, lampadario: il look è più umano e più seducente. Ma giusto per questo, per i look, resterà all’archivio di XF. E per come non ha saputo gestire i suoi concorrenti, Davide su tutti, dall’alto della sua incompetenza condita di fumosi birignao pretenziosi.

SFERA EBBASTA: 3. Niente. Nuttata persa e figlia fimmena, come direbbe Montalbano. Quando non capisce una scelta, un brano antico, cioè il 99% delle volte, lui dice: ma dove vai, io non so dove vai. È un ragazzino che non ha storia, non ha cultura musicale, vive in un presente fatto di soldi svelti e di non-musica, di inganni sonori. Niente. Il niente.  

SAMUEL: 5. «C’è gente che studia una vita!», scandisce l’Umarell, riferito ai musicisti. Roba da maestro Perboni. Dà consigli, instrada, orienta: certo, il carisma è rasoterra, e chissà l’imbarazzo, in bagno, la mattina, quando si fa la barba, parlar bene di cose come i Booda o “la” Sierra. Ma forse la barba non se la fa, e così risolve. 

CHE SCANDALO LA PROMOZIONE DI EUGENIO

NICOLA CAVALLARO (The sound of silence – Simon & Garfunkel): 4. La celeberrima canzone del silenzio come la farebbe Tom Waits. Ah, no, aspetta, come la farebbe Springsteen. Ah, no, aspetta, come la farebbe un camionista sull’A14. Tanti auguri, Cavallaro, ma forse non è neanche questa la tua strada. 

Sofia durante il sesto live di XF (dal profilo Fb di X Factor).

SOFIA TORNAMBENE (I love you – Woodkid): 6+. Canzone sbagliata, arrangiamento sbagliato, look sbagliato. Hanno già cominciato a violentarla. Ecco cosa è un talent: strangolare in culla il talento. Ma non è colpa sua, lei è giusta, è sempre giusta. Troppo brava, le dicono i “giudici”: sì, troppo per voi che la strangolate così, e solo una Malika può dirle: «Brava stai crescendo».

La Sierra hanno presentato un brano di Morricone (dal profilo Fb di X Factor).

SIERRA (The exstasy of gold – Ennio Morricone): 4. Colpo bassissimo, una cinesinfonia di Morricone. Sfigurata ovviamente dal testo, per giunta in autotune da bimbiminkia. Ma dai, su, ma che davero davero vogliamo pigliarci per i fondelli? Sarebbero questi i campioncini, «sia me che te siamo dinamite, io volevo avere solo tue notizie»? Penoso (risultano “i più scelti” dai regazzini social: detto tutto).

DAVIDE ROSSI (Treat you better – Shawn Mendes): 6+. Ma perché debbono trasformarlo per forza in un Mika? Vale quando detto per Sofia: siamo all’assurdo, al parossismo. Ma lascialo libero. E questi ragazzi scontano l’incompetenza di chi dovrebbe farli nascere. Ma cosa è mai diventata, ma che razza di pazzia è mai diventata la discografia italiana?

I Booda cantano Hold up di Beyoncé (dal profilo Fb di X Factor).

BOODA (Hold up – Beyoncé): 5-. Più erotici, più erotici, li incita nonna Maionchi. I Booda han rotto: ma basta! Ma cosa sarebbero questi tre? Cosa avrebbero? Sì, va bene, è bello sognare da ragazzi, ma insomma non è che poi i sogni li debba per forza scontare un pubblico. 

EUGENIO CAMPAGNA (Cosa mi manchi a fare – Calcutta): 2. Rubo le parole a Mara: «Nel nostro tour cantautorale ci mancava Calcutta». Ecco, ci mancava proprio. Calcutta di Campagna: una matrioska di spocchiette. Il ragazzo se la tira molto, già dalla faccetta, ma stecca da plotone d’esecuzione, altro che promessa: sì, di sventura. «Perché una serata storta può capitare»: ma se vince lui, non è uno scandalo: è una porcata.

ANASTASIO DA 9

DARDUST: 3. Ricordati di Yanni. O, per i più stagionati, come chi scrive, anche del Guardiano del Faro. Che però, quanto a sigle, gli dava la polvere a questo qui.

FRANCESCA MICHIELIN: 2. Alzi la mano chi sa dire in cosa spicchi questa lagnosetta senza senso; l’hanno spinta in tutti i modi, ci hanno buttato valanghe di soldi, non ha combinato niente: e il pubblico se n’è accordo, anzi non se n’è accorto, non se la fila proprio. 

ANASTASIO: 9. In quest’anno è stato dappertutto, si è inflazionato, adesso è pronto l’atteso primo disco, intanto propone una scelta spiazzata, Er Fattaccio der vicolo del Moro di Americo Giuliani, cavallo di battaglia di Gigi Proietti: renditi conto, questo tira fuori un testo del 1911. Lo riscrive (splendida anche la risoluzione sonora). E ti distrugge. Sei uscito da un talent tuo malgrado: per l’amor di Dio non normalizzarti, non lasciarti guidare, sbaglia sempre di testa tua, che c’è bisogno del nuovo antico che sei. 

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Studenti e Sardine invadono le piazze nel quarto sciopero per il clima

Appuntamento in oltre 100 città italiane a una settimana dalla Cop25 di Madrid: «Vogliamo vivere in un mondo libero dalla minaccia del cambiamento climatico».

Studenti in piazza per il quarto sciopero globale per il clima, in programma venerdì 29 novembre in oltre 100 città italiane. Per la prima volta a far compagnia ai ragazzi ci sarà anche il neonato movimento delle Sardine. “Tutti insieme famo paura” e “salva la Terra, cambia il sistema” sono solo alcuni tra i primi slogan e striscioni apparsi in piazza della Repubblica a Roma. Da lì il corteo proseguirà su via Vittorio Emanuele Orlando, largo di Santa Susanna, via Barberini, piazza Barberini, via Sistina, piazza della Trinità dei Monti, viale della Trinità dei Monti, viale Gabriele d’Annunzio per finire in piazza del Popolo

IN PIAZZA A UNA SETTIMANA DALLA COP25

La data del 29 novembre è stata scelta perché cade a una settimana dalla Cop25, la conferenza Onu sui cambiamenti climatici in programma dal 2 al 13 dicembre a Madrid. Obiettivo dichiarato degli attivisti del movimento Fridays for Future Italia «è far sì che i leader politici dei vari Paesi prendano misure immediate ed efficaci per contrastare la crisi climatica». A tal proposito, Giacomo Cossu, coordinatore nazionale di Rete della Conoscenza, ha spiegato: «Torniamo in piazza con Fridays for Future perché vogliamo un altro mondo in cui vivere, libero dalla minaccia del cambiamento climatico. Il Black Friday è il momento perfetto per denunciare un sistema economico fondato sullo sfruttamento sconsiderato dell’ambiente e dei lavoratori per produrre merci inutili a prezzi bassi. Vogliamo un cambiamento radicale del sistema economico, perciò dalle piazze di domani lanceremo un messaggio ai potenti del mondo che si riuniranno dal 2 al 13 dicembre alla Cop25 di Madrid: basta propaganda, non c’è più tempo. I cambiamenti climatici hanno già effetti devastanti, come abbiamo visto con l’acqua alta straordinaria che ha sommerso Venezia. Vanno azzerate le emissioni entro il 2025, mentre il governo italiano nella legge di Stabilità prevede la conferma di circa 19 miliardi annui di sussidi ambientalmente dannosi fino al 2040, inclusi gli inutili incentivi alle auto aziendali inquinanti. Il governo non ha presentato un Green New Deal, piuttosto vediamo un Green New Fake. Saremo in piazza anche il 6 dicembre alla grande manifestazione dei giovani a Madrid, contro l’irresponsabilità dei potenti del mondo».

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Banca Generali e Lamborghini a confronto sull’innovazione

Al Politecnico di Milano un incontro per parlare di come la tecnologia influisce sul business dell’industria tradizionale italiana

Tecnologia, innovazione e industria
tradizionale
, questi i tre temi che hanno tenuto banco all’incontro
tenutosi al Politecnico di Milano che ha visto tra i relatori due grandi
eccellenze
del Made in Italy: Banca Generali che torna al
dialogo sull’innovazione portando questa volta tra i banchi dell’Università Lamborghini.

Un
confronto nutrito ed interessante che ha scandagliato il mondo
della produzione e del business che cambia nell’era del 3.0 nel
momento in cui si accosta proprio alla tecnologia. Un parallelo dunque tra due
pesi massimi del private banking e delle auto di lusso che ha
delineato il ruolo della tecnologia nei rispettivi business, per arrivare poi
alle sfide per l’evoluzione dei propri servizi con il tech che accelera
la personalizzazione
ai clienti nei servizi finanziari e nel made in Italy
d’eccellenza.

L’ECOSISTEMA DIGITALE DI BANCA GENERALI

L’Ad di Banca Generali, Gian Maria Mossa, parlando di innovazione si è mostrato a suo agio con il contributo delle start up e delle piattaforme fintech per arricchire il proprio modello di ecosistema digitale aperto. «Banca Generali cresce di circa 5 miliardi di raccolta quest’anno nelle nostre stime raggiungendo nuovi picchi record di masse sopra i 67 miliardi – ha spiegato il numero uno della private bank – la tecnologia aiuta a risolvere tutto ciò che è transazionale, che è considerato ormai una commodity, ma quando si entra nei bisogni personali, nei progetti di vita, e nelle necessità di valutare delle proposte, le competenze e la professionalità di una relazione di fiducia guidano il supporto che ci arriva dal digitale”.

L’INNOVAZIONE NELLA NICCHIA DI LAMBORGHINI

Dal canto suo il numero uno del toro di Sant’Agata Bolognese, Stefano Domenicali, ha spiegato come l’innovazione riesca ad inserirsi anche in un prodotto di nicchia come Lamborghini, ma senza deludere le aspettative e i bisogni dei clienti. «Se la sfida del fintech non sembra scalfire la capacità delle realtà più dinamiche nel private banking di crescere a ritmi sostenuti, anche nel mondo delle auto più sportive la scure dell’innovazione del motore elettrico non sta ancora intaccando la forza della domanda. Quest’anno consegneremo oltre 8 mila vetture, un livello record, con una crescita che è quasi triplicata negli ultimi 5 anni – spiega Domenicali – Siamo in una nicchia di mercato con un prodotto aspirazionale dove la tecnologia gioca un ruolo importante per migliorare la distintività del prodotto e la tensione all’eccellenza».

LE CONSEGUENZE DELLA TECNOLOGIA

Ma qual è l’altra faccia della medaglia dell’impatto della tecnologia nell’industria tradizionale? Lo ha spiegato il professor Alessandro Perego, direttore del dipartimento di Ingegneria gestionale del Politecnico di Milano: «La tecnologia aumenta le complessità e la concorrenza in tutti i settori – ha detto Perego – per fronteggiare queste sfide le aziende devono essere più agili, flessibili, imparare a gestire meglio il rischio, in sostanza a governare la tecnologia e non a subirla».

Su
questa linea si muove l’approccio di Banca Generali che ha sviluppato un
ecosistema digitale aperto in grado di implementare diverse piattaforme
per l’operatività così come di servizi, con il plus di arricchire
l’esperienza tra consulente e cliente
andando a toccare l’analisi del
rischio in tutta la sfera del patrimonio della famiglia o dell’imprenditore.

Più
personalizzazione è la strada scelta anche di Lamborghini che
resta ancorata ai propri motori a combustione, che si arricchiscono però di tecnologia
nell’efficienza e nella ricerca dei materiali  perché come ha spiegato Domenicali  «per il cliente di una “Lambo” l’innovazione
ha sì un peso, ma è soprattutto l’emozione di un gioiello del made in Italy che
guida le loro scelte».

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Cattolica, al Vaticano non piace la cacciata di Minali

La revoca delle deleghe all’ad ha irritato la Cei. E tutto fa presumere che la decisione sia stata presa dalla compagnia assicurativa veronese senza coinvolgere un cliente importante come la Conferenza Episcopale.

Manca solo che lo scomunichino. Le alte gerarchie della Chiesa hanno preso molto male la cacciata dalla tolda di comando di Cattolica Assicurazioni dell’amministratore delegato Alberto Minali – molto stimato a tutti i livelli vaticani, da Verona a Roma – da parte del presidente Paolo Bedoni, che pure da una vita si muove con disinvoltura in alcuni ambienti curiali. 

LA REAZIONE DELLA CEI

Oltre al rammarico, espresso con toni accorati, dal vescovo di Verona, monsignor Giuseppe Zenti, che verso Bedoni non ha mai nutrito particolare simpatia e accondiscendenza, la reazione più pesante è stata quella della Cei. La Conferenza Episcopale è infatti seguita sul piano della gestione dei suoi beni patrimoniali da quella Banor Sim, con sedi a Milano e Torino, di cui fanno parte gli azionisti che hanno preso carta e penna e scritto al cda di Cattolica per chiedere lumi circa la defenestrazione, fin qui immotivata, di Minali. 

LA RICHIESTA DI SPIEGAZIONI RISPEDITA AL MITTENTE

La lettera, arrivata per il tramite dello studio legale Grimaldi, era firmata da Massimo Cagliero, amministratore delegato di Banor Sim, e da Francesco Brioschi, già presidente di Banknord (il vecchio nome di Banor) e attualmente al vertice di Sofia Holding, rappresentanti in modo diretto e indiretto di una quota di capitale di Cattolica di oltre il doppio del 2,5% necessario per statuto a poter chiedere la convocazione di un’assemblea straordinaria. Una richiesta gentile ma perentoria, peraltro respinta al mittente dalla compagnia assicurativa veronese, che fa presumere che questi soci si siano messi sul piede di guerra nei confronti di Bedoni. Possibile che lo abbia fatto senza aver almeno avvertito, se non coinvolto nella decisione di procedere, un cliente così importante come la Cei? Tutto fa presumere di no.

Quello di cui si occupa la rubrica Corridoi lo dice il nome. Una pillola al giorno: notizie, rumors, indiscrezioni, scontri, retroscena su fatti e personaggi del potere.

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Di Maio e Di Battista non vanno a destra, sono di destra

Per Repubblica i due leader pentastellati stanno riportando il Movimento vicino ai sovranisti. La verità è che sono politici senza arte né parte in cerca di sopravvivenza.

Repubblica annuncia che Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista «riportano a destra il M5s». Ohibò! Siamo di fronte a un evento epocale e inaspettato! Vediamo come possiamo reggere l’effetto d’annuncio di questa rivelazione. Possiamo sopportare il peso e il dolore di questa notizia solo facendo solo affidamento su alcuni dati della realtà.

Il primo è che Di Maio e Di Battista “sono” di destra. Lo sono per tradizione familiare. Di Battista ha il papà più fascista che ci sia in giro, non è una colpa, semmai è divertente leggere le sue dichiarazioni che fanno apparire Alessandra Mussolini una radical chic. Il secondo è che Di Maio e Di Battista senza Matteo Salvini non sarebbero diventati l’uno vice-primo ministro, l’altro l’eterna promessa dei pentastellati con viaggi pagati per scrivere reportage fra i più buffi dell’editoria mondiale.

Terzo perché il mare di cazzate che i due riescono a dire nel corso di una stessa giornata si regge solo se è diretto verso una base talmente arrabbiata e di destra da non badare a quello che i capi dicono, facendosi bastare i loro improperi. Quarto perché i due ragazzi hanno famiglia, Di Battista ha addirittura un figlio, e pensano all’avvenire e come tanti, pure i giornalisti clintoniani, hanno in mente che, per sopravvivere, bisogna patteggiare anzitempo con il vincitore annunciato, cioè quel genio di Matteo Salvini (prosit).

L’ELETTORATO DI DESTRA DEL M5S È GIÀ PASSATO ALLA LEGA

Vanno a destra? Sono di destra. Il loro problema è la somma di più inciampi che troveranno sulla strada. Il primo è che l’elettorato di destra del M5s se ne è già andato. Se non ci fosse Beppe Grillo a salvarlo, Di Maio starebbe già per strada con una busta di plastica in attesa del ritorno dall’Iran di Di Battista.

Salvini ha una politica di accoglienza dei rottami dell’establishment che è l’opposto di quella che usa verso i poveri migranti

Il secondo è che Salvini ha una politica di accoglienza dei rottami dell’establishment che è l’opposto di quella che usa verso i poveri migranti: cioè prende tutto, non bada alla loro storia, alla fedina penale, alla caratura elettorale. Però persino per il leader della Lega è difficile imbarcare questi due personaggi che nel momento cruciale della sua vita politica, approfittando di una sua sbornia estiva, l’hanno scaricato come una escort.

Il contratto di governo tra M5s e Lega che diede vita al governo Conte 1 (foto Claudio Furlan/LaPresse).

Il terzo è che l’elettorato leghista profondo non va molto per il sottile e si becca tutto in vista della vittoria che porterà alla famosa presa del potere, ma Di Maio e Di Battista sono i rappresentanti di quello Stato spendaccione e anti-industriale che ai padroncini del Veneto e della Lombardia fanno venire il sangue alla testa.

DI MAIO E DI BATTISTA DIVENTERANNO PERSONAGGI DA ROTOCALCO

La conclusione di queste considerazioni è che la notizia non c’è, ma ha fatto bene l’erede di Ezio Mauro (quanto ci manchi!) a darla. Per una ragione. La sinistra deve cercare, visto che si è imbarcata nell’avventura del Conte 2, di trarre più sangue dalle rape di questo governo, ma deve soprattutto armarsi per il futuro, per rendere onorevole la sconfitta e prepararsi, nei mesi successivi a un governo di destra che Salvini porterà rapidamente al crollo, a ereditare il consenso di delusi e di chi con i nuovi movimenti sposterà la pubblica opinione civile italiana.

Senza Grillo Di Maio e Di Battista sono due poveri disgraziati in cerca di sopravvivenza.

Di Maio e Di Battista sono stati inventati da Grillo. Senza Grillo sono due poveri disgraziati in cerca di sopravvivenza. Già li vedo gli articoli dei rotocalchi su di loro, fra qualche anno, quando con foto e pezzi di colore racconteranno le miserie di due che erano arrivati al successo e l’hanno sprecato.

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CDP, primo Forum Multistakeholder

Valorizzare gli impegni assunti e rafforzare la capacità di ascolto e confronto con gli stakeholder, per individuare insieme le migliori soluzioni alle esigenze reali del Paese. Questi alcuni degli obiettivi del Forum.

Il Direttore Generale del Tesoro Alessandro Rivera (Mef) e il Presidente dell’ACRI Francesco Profumo hanno aperto ieri il primo Forum Multistakeholder di CDP, che ha ospitato nella propria sede i rappresentanti dei suoi principali portatori di interesse, insieme all’Amministratore delegato Fabrizio Palermo e il Presidente Giovanni Gorno Tempini. I due azionisti hanno sottolineato il ruolo centrale di CDP per lo sviluppo sostenibile del Paese rimarcando l’importanza del tema nel piano industriale di CDP.

Dopo la sessione introduttiva in plenaria, i partecipanti si sono riuniti in cinque tavoli di lavoro per approfondire il ruolo di CDP di fronte alle nuove sfide della sostenibilità, quali l’innovazione, la riqualificazione urbana in chiave smart e lo sviluppo delle infrastrutture sociali, restituendo i risultati delle riflessioni al management e ai vertici CDP: l’obiettivo è offrire una chiave di lettura costruttiva per contribuire a rendere le azioni di Cassa Depositi e Prestiti sempre più incisive per la crescita del territorio e delle comunità.

Il primo Forum Multistakeholder ha dunque rappresentato un’opportunità di confronto unica per CDP: l’impegno per la realizzazione di un modello di sviluppo sostenibile, passa infatti attraverso occasioni di riflessione e dialogo, in un’ottica di condivisione di intenti e azioni.

Per la prima volta CDP ha voluto guardare al futuro al fianco dei propri stakeholder, in coerenza con il Piano industriale 2019-2021 che, ponendo la sostenibilità al centro di tutte le scelte strategiche, individua nell’attività di ascolto strutturato uno degli elementi fondamentali per permettere a Cassa Depositi e Prestiti di rafforzare il proprio ruolo e diventare volano dello sviluppo sostenibile in Italia.

“In 170 anni CDP non ha mai tradito la sua missione a supporto della crescita sostenibile. Con il primo Forum Multistakeholder vogliamo rafforzare la consapevolezza sul ruolo che CDP può svolgere per guidare una nuova stagione di sviluppo dell’Italia” ha dichiarato l’AD di CDP Fabrizio Palermo.

Con questo nuovo percorso CDP non scopre una nuova sensibilità, ma rende esplicita la vocazione sostenibile presente nella propria missione storica da 170 anni, orientando consapevolmente il proprio business verso il raggiungimento degli obiettivi promossi dalle Nazioni Unite.

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Trovata l’intesa per le norme sugli appalti nel decreto fiscale

La stretta, con l’obbligo di presentare l’F24 da parte del committente, scatterà sulle commesse che superano i 200 mila euro, con un faro su quelle ad alto impiego di manodopera.

Trovata l’intesa nella maggioranza per rivedere le norme per il versamento delle ritenute negli appalti del decreto fiscale: la stretta, con l’obbligo di presentare l’F24 da parte del committente, scatterà sulle commesse che superano i 200 mila euro, con un faro su quelle ad alto impiego di manodopera. Esentate le imprese che non hanno pendenze col fisco e che sono attive da più di tre anni. L’ok alla modifica è atteso in giornata, quando la Commissione Finanze tornerà a riunirsi con l’obiettivo di chiudere l’intero provvedimento.

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Omicidio Luca Sacchi, Anastasia indagata per droga

La ragazza avrebbe tentato di acquistare un grosso quantitativo di sostanze stupefacenti assieme a Giovanni Princi, ex compagno di scuola della vittima con precedenti per spaccio, che è stato arrestato.

Nello zaino di Anastasia c’erano 70 mila euro, che sarebbero serviti per comprare 15 chili di droga. Svolta nelle indagini sull’omicidio di Luca Sacchi, il personal trainer di 24 anni ucciso con un colpo di pistola alla nuca nella notte tra il 23 e il 24 ottobre a Roma, davanti al pub John Cabot. I carabinieri hanno notificato cinque ordinanze di custodia cautelare ad altrettante persone che risultano indagate. Fra loro c’è anche Anastasia Kylemnyk, la fidanzata di Luca, colpita dall’obbligo di presentazione in caserma. La ragazza, la cui casa è stata perquisita, avrebbe tentato di acquistare la droga assieme a Giovanni Princi, ex compagno di scuola di Luca con precedenti per spaccio, per il quale è scattata invece la misura della custodia cautelare in carcere.

I militari hanno inoltre arrestato un ragazzo di 22 anni, accusato di aver fornito l’arma del delitto a Valerio Del Grosso – che ha materialmente premuto il grilletto – e Paolo Pirino, già detenuti per omicidio pluriaggravato e destinatari delle altre due misure di custodia cautelare per rapina. È da loro che Anastasia e Giovanni avrebbero cercato di comprare la droga. Fin dal primo momento, la posizione della fidanzata di Luca non aveva convinto gli investigatori e gli elementi raccolti incrociando tabulati telefonici e testimonianze hanno fatto emergere le contraddizioni della sua versione.

Anastasia, infatti, ha sempre negato la compravendita di stupefacenti, ma non ha saputo spiegare perché il suo zaino fosse pieno di soldi. Non 2 mila euro in mazzette da 50 e da 20, come detto inizialmente, ma molti di più. Le banconote non sono state ritrovate, ma l’ipotesi è che Anastasia e Giovanni volessero fare un “salto di qualità” nello spaccio di marijuana e cocaina. Del Grosso e Pirino, intermediari dei pusher di San Basilio, avrebbero fiutato l’occasione per spaventarli e rubare loro i soldi, mentre l’unica colpa di Luca sarebbe stata quella di aver cercato di difendere la sua fidanzata al momento della rapina.

La procura di Roma, con una conferenza stampa, ha rivelato i nuovi dettagli emersi dall’inchiesta.

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Storia, significato e numeri del Black Friday

Nato negli Usa, il giorno di saldi speciali segna l’inizio del periodo natalizio. La storia di un appuntamento che dalla fine degli Anni 90 ha conquistato il mondo. Italia compresa.

Conto alla rovescia per il Black Friday, il venerdì nero dello shopping sfrenato e scontato che quest’anno cade il 29 novembre (anche se molte offerte sono cominciate a partire dal 22). Tutti pronti a cercare l’occasione, soprattutto online. In una caccia all’oggetto del desiderio che, però, già nel nome ha qualcosa di sinistro. Quel “nero” associato a un giorno della settimana richiama infatti i tonfi della Borsa di Wall Street del 1929 a partire dal tristemente noto Giovedì nero. E venerdì nero era stato ribattezzato il 24 settembre 1869 quando crollò il prezzo dell’oro a causa di una manovra speculativa. Ma come ha fatto il Black Friday a trasformarsi da giorno nefasto in giorno di festa per i compulsivi dell’acquisto?

L’INIZIO DELLA STAGIONE NATALIZIA

La data è legata al calendario delle ricorrenze Usa. Il quarto giovedì di novembre, il giorno del Ringraziamento, ricorda la gratitudine dei Padri Pellegrini del Massachusetts per il primo raccolto. Celebrato per la prima volta nel 1621, il Thanksgiving Day fu formalizzato nel 1623, proclamato festa nazionale nel 1777, e sancito definitivamente dal 1862. Poco dopo, scorrendo il calendario, arriva il Natale, occasione si spese e regali. Quasi ovvio, dunque, che a qualcuno venisse l’idea di far iniziare la stagione natalizia a partire dal giorno successivo al Ringraziamento. Accadde il 27 novembre 1924 quando la catena di distribuzione Macy’s organizzò per prima una parata per celebrare l’inizio degli acquisti natalizi proprio il venerdì successivo al Ringraziamento.

GIORNO NERO SÌ, MA PER LE IMPRESE E PER IL TRAFFICO

Solo nel novembre 1951, però, il giornale specializzato Factory Management and Maintenance usò l’espressione “Black Friday”. Ma con tutt’altro significato: si trattava di un giorno sì nero ma per le imprese visto che i lavoratori dipendenti spesso si mettevano in malattia per poter fare ponte e godersi quattro giorni di ferie consecutivi. Molti di loro ne approfittavano anche per andare a far compere, intasando il traffico delle città. I termini “Black Friday” e “Black Saturday” cominciarono così a essere usati dalla polizia di Filadelfia e Rochester per indicare la congestione delle strade. Per i negozianti era naturalmente un giorno felice, e dunque nel 1961 su loro pressione la città di Filadelfia tentò di lanciare le espressioni “Big Friday” e “Big Saturday”. Ma non attecchirono. 

Saldi a Londra.

DAI BILANCI IN ROSSO AI BILANCI IN NERO

Il 29 novembre 1975 il termine arrivò all’attenzione nazionale quando il New York Times spiegò che a Filadelfia chiamavano Black Friday «il giorno di shopping e traffico più intenso dell’anno». Il 21 novembre del 1981 The Philadelphia Inquirer – per spiegare l’incongruenza di un aggettivo nefasto per indicare un giorno allegro – scrisse che «nero» non andava inteso in senso iettatorio ma contabile: era il giorno da cui grazie alle vendite anche i commercianti più sfortunati potevano far passare i loro bilanci dal rosso del passivo al nero dell’attivo. Ma sembra piuttosto una classica «invenzione di una tradizione» alla Hobsbawm. Insomma, adesso sembra quasi che sia sempre esistito, ma negli stessi Stati Uniti il Black Friday è diventato appuntamento nazionale solo dalla fine degli Anni 80. Nel resto del mondo approdò sostanzialmente grazie al contagio di Internet, alla fine degli Anni 90.

DAL 2005 GIORNATA RECORD DI VENDITE

Negli Stati Uniti, dal 2005, il Black Friday è diventato il giorno record per le vendite. Una tendenza continuata fino al 2014 quando la mole di compere scese dell’11% restando comunque a 51 miliardi di dollari. Secondo gli analisti, il calo non fu dovuto alla crisi, ma al fatto che sempre più commercianti avevano cominciato a spalmare le promozioni lungo tutto l’arco dei mesi di novembre e dicembre, senza concentrarle più in una giornata sola. Il venerdì nero è però caratterizzato dall’apertura straordinaria dei negozi: serrande alzate alle 5, poi alle 4. Nel 2011 persino a mezzanotte. Dall’anno successivo Walmart aveva spostato l’apertura alle 20 del Thanksgiving Day, record peraltro battuto da alcuni esercizi che nel 2014 avevano aperto alle 17 dello stesso giorno.

IL BLACK FRIDAY IN ITALIA

In Italia, si è detto, il fenomeno è limitato quasi solo a Internet. E l’appuntamento ha i suoi effetti: secondo l’Istat, nel penultimo mese del 2018 si è registrato un aumento degli affari dello 0,7% rispetto a ottobre, sia in valore sia in volume. Per i beni alimentari si è registrato un +0,3% in valore e +0,2 in volume; per i beni non alimentari un +0,8% in valore e un +1,0% in volume. Per quest’anno ci si aspetta un giro d’affari di 2 miliardi di euro. Una ricerca di ManoMano.it indica poi che il 69% degli italiani inizierà a fare acquisti per il Natale dal Black Friday. E un’altra ricerca di Toluna aggiunge che l’80% degli interpellati farà acquisti tramite Amazon. Tra i desiderata dominano con il 31% gli articoli di elettronica, seguiti da abbigliamento (13%) ed elettrodomestici (10%). Una sorta di Cyber Monday in anticipo. Già perché negli States, dal 2005, esiste questa giornata tutta dedicata agli sconti sui negozi on line che cade il lunedì dopo il Black Friday. Quindi tastiere e cellulari in mano. Anche il 2 dicembre.

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La Borsa italiana e i valori dello spread del 29 novembre

Dopo un’apertura in rosso Milano ha azzerato le perdite. Negative le altre Piazze europee. Differenziale stabile a quota 159. I mercati in diretta.

Borsa di Milano piatta nella seduta del 29 novembre, con l’indice Ftse Mib che aveva ceduto lo 0,32% a 23.267 punti in apertura e poi si è posizionato sulla parità. Il giorno precedente Piazza Affari aveva indossato la maglia nera (-0,61%) in una giornata negativa per tutte le Borse europee, disturbate dall’inasprimento delle relazioni tra Usa e Cina dopo la firma da parte del presidente Donald Trump della legge che sostiene le proteste a Hong Kong. Il 29 novembre in rosso anche Francoforte, Parigi, Madrid e Londra.

A Piazza Affari soffrono Atlantia (-2,3%), con le notizie sulla concessione autostradale di Aspi in bilico, e Buzzi Unicem (-2,9%). In rosso anche gli altri concessionari di autostrade tra cui Sias (-1,2%) e Astm (-0,4%). Deboli le banche con Mps e Banco Bpm (-0,7%), Fineco (-0,5%), Intesa (-0,3%) e Ubi (-0,1%). Piatta Unicredit (-0,08%), dopo le indiscrezioni di una trattativa per chiudere la partita sul patrimonio dell’immobiliarista Parnasi. In rialzo Mediaset (+1%), in attesa dell’accordo con Vivendi. Bene anche Tim (+0,9%) e Nexi (+1%).

LO SPREAD STABILE A QUOTA 159 PUNTI BASE

Lo spread tra Btp e Bund tedeschi è rimasto stabile a 159 punti base (stessi livelli della chiusura del giorno prima). Il tasso di interesse sul decennale italiano è pari all’1,23%.

ASIA IN CALO, TIMORI SU HONG KONG

Borse asiatiche in calo con gli investitori che attendono le mosse della Cina dopo la firma del presidente americano Donald Trump della legge a favore delle proteste di Hong Kong. I timori sono per eventuali ritorsioni di Pechino sul fronte delle trattative per il commercio internazionale. Ha chiuso in rosso Tokyo (-0,5%) e sui mercati valutari lo yen è rimasto stabile sul dollaro a 109,50. In forte calo Hong Kong (-2%) e Seul (-1,4%). In rosso anche Shanghai (-0,6%), Shenzhen (-0,3%) e Mumbai (-0,8%).

I MERCATI IN DIRETTA

10.24 – MILANO PROSEGUE PIATTA, SOFFRE ATLANTIA

La Borsa di Milano (-0,04%) procede piatta, in linea con gli altri listini europei che hanno ridotto il calo rispetto all’avvio. Sui mercati del Vecchio continente torna l’incertezza per un mancato accordo tra Usa e Cina sul versante del commercio internazionale.

9.25 – LE BORSE EUROPEE APRONO IN CALO

Le Borse europee aprono in calo con i dubbi degli investitori su un accordo tra Stati Uniti e Cina sul fronte del commercio internazionale. I mercati temono ripercussioni da parte di Pechino dopo la firma del presidente Donald Trump della legge a favore delle proteste di Hong Kong. Attesa per i dati finali del Pil del terzo trimestre di Italia e Francia. In rosso Francoforte (-0,5%), Parigi (-0,28%) e Madrid (-0,26%). Dopo i primi scambi marcia in terreno negativo anche Londra (-0,41%).

9.05 – PIAZZA AFFARI APRE IN CALO

La Borsa di Milano apre in calo. L’indice Ftse Mib cede lo 0,32% a 23.267 punti.

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