Negli Usa aumentano le voci su una candidatura di Michelle Obama

Stavolta è stato Tucker Carlson, uno dei più noti opinionisti politici di Fox News, a rilanciare la suggestione. «Barack non ha ancora dato il suo sostegno a Biden perché questa possibilità è concreta».

Il sogno di vedere Michelle Obama alla Casa Bianca viene rilanciato su Fox News, dove l’anchorman Tucker Carlson, uno dei più noti opinionisti politici, ha detto che Barack Obama non ha ancora ufficialmente dato il suo sostegno a Joe Biden perché c’è la possibilità che l’ex first lady scenda in campo.

«IL DISINTERESSA PER LA CANDIDATURA POTREBBE NON ESSERE REALE»

«Non scommettete contro Michelle Obama», ha detto Carlson. «La scorsa settimana ha rilasciato l’ennesima dichiarazione in cui dice di non essere interessata a diventare presidente. Questo è ciò che sostiene, ma ci sono segnali evidenti che può non trattarsi della verità».

UN INDIZIO DALLA PROMOZIONE DEL NUOVO LIBRO?

Per il giornalista poi probabilmente non è un caso che il nuovo libro di Michelle Obama sia uscito proprio ora e vedrà l’ex first lady impegnata in un lungo tour per promuoverlo. Così come potrebbero non essere un caso i recenti attacchi contro Biden di colui che è stato uno dei più stretti consiglieri di Barack Obama, David Axelrod.

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Il governo ammette che per Alitalia non ci sono soluzioni mercato

Il premier Conte parla di generiche «alternative». Più netto il vice ministro allo Sviluppo economico Buffagni: «La compagnia non può continuare a essere un buco nero nei conti pubblici».

Per Alitalia non ci sono soluzioni di mercato. Tradotto: nessun privato è disposto a investire capitali per rilevare l’ex compagnia di bandiera, come era chiaramente emerso il 21 novembre all’ennesima scadenza dei termini per la presentazione delle offerte vincolanti, prorogata per ben sette volte.

LEGGI ANCHE: Alitalia, dallo Stato 9 miliardi in 40 anni

Il premier Giuseppe Conte è stato chiaro: «Resta la disponibilità di Ferrovie e di Delta (quest’ultima solo per il 10% del capitale, ndr), vediamo se si confermerà l’interesse di Lufthansa (disponibile a entrare in partita solo dopo un’eventuale ristrutturazione, ndr). Ma in questo momento non abbiamo una soluzione di mercato a portata di mano».

Che fare quindi? «In queste ore stiamo valutando delle alternative», si è limitato ad aggiungere Conte. Qualche indizio in più è arrivato dal vice ministro dello Sviluppo economico, Stefano Buffagni: «Alitalia è stata messa sul mercato con una gara. Le aziende che hanno partecipato non sono riuscite a fare un’offerta sostenibile. Siamo di fronte a un bivio, è arrivato il momento di prendere decisioni difficili».

Per Buffagni occorre «garantire il servizio, i posti di lavoro, gli asset, ma non possiamo continuare a permettere che Alitalia sia un buco nero nelle casse dello Stato. Non si deve fare carne da macello, ma non si può neanche continuare a perpetrare questa situazione».

E che fine ha fatto Atlantia? La società della famiglia Benetton, accusata dal leader del M5s Luigi Di Maio di aver tenuto un «comportamento poco serio» e di voler «barattare» la conferma delle concessioni autostradali con l’ingresso in Alitalia, aveva mostrato perplessità sull’indisponibilità di Delta a superare il 10%. Poi, quando Lufthansa si è riaffacciata alla finestra, anche la sua attenzione sembrava essersi ridestata.

Adesso toccherà al ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, dopo aver analizzato la relazione dei commissari straordinari sullo stato della compagnia, prendere in mano la situiazione.

La prima possibilità è affidare ai commissari stessi il compito di ristrutturare Alitalia in tempi brevi, dividendola in due: da una parte le attività di volo, dall’altra gli asset di terra e l’handling. In questa seconda newco si concentrerebbero le migliaia di esuberi posti da Lufthansa come condizione per investire nella prima. Il governo, in ogni caso, dovrebbe farsi carico di robusti ammortizzatori sociali: cassa integrazione, prepensionamenti e contratti di solidarietà, i cui costi sono da calcolare.

La seconda possibilità è l’istituzione di un nuovo super commissario, chiamato a gestire un’ulteriore iniezione di denaro pubblico. Oggi Alitalia sopravvive grazie a due prestiti-ponte concessi dal governo: uno da 900 milioni di euro datato 2017, e uno da 400 milioni che risale a poche settimane fa. Ma la domanda è: prestiti-ponte verso cosa, se nessun privato è disposto a mettere un’offerta sul piatto alle attuali condizioni?

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Italia insicura

Dopo il cedimento del viadotto sull’A6 i renziani attaccano Lega e M5s per aver smantellato l’unità di missione contro il dissesto idrogeologico. Dal canto loro però i gialloverdi hanno inaugurato l’Ansfisa, agenzia voluta da Toninelli, ancora lettera morta. Il tutto mentre il Paese continua a sprofondare.

Cede un altro viadotto, fortunatamente senza vittime, e riparte la polemica politica. Ad alimentarla questa volta è Italia Viva. Se Matteo Renzi chiede di sbloccare 120 miliardi di euro per le grandi opere, Maria Elena Boschi affonda il colpo accusando Lega e Movimento 5 stelle di aver smantellato Italia Sicura, l’unità di missione della Presidenza del Consiglio creata nel 2014 per arginare la fragilità idrogeologica del Paese. In effetti Italia Sicura è stata chiusa senza troppi complimenti nell’estate del 2018 dal governo Conte I perché ritenuta «ente inutile». I gialloverdi hanno poi trasferito al ministero dell’Ambiente i compiti in materia di «contrasto al dissesto idrogeologico, di difesa e messa in sicurezza del suolo e di sviluppo delle infrastrutture idriche». E hanno inaugurato dopo la tragedia del Morandi, l’ennesima agenzia per la sicurezza di strade e ferrovie, l’Ansfisa, rimasta lettera morta.

UNA STRUTTURA PER COORDINARE MINISTERI E REGIONI

Ma cos’era Italia Sicura? Nata nel 2014 per coordinare ministeri – Ambiente, Infrastrutture, Agricoltura, Economia e Beni culturali – Regioni e altri enti sul territorio, la struttura di missione si riprometteva, recita la dicitura, di «rendere visibile l’operato del governo sull’assetto idrogeologico del Paese attraverso la pubblicazione e la georeferenziazione degli interventi programmati dai diversi attori istituzionali». Come? Attraverso un sito oggi non più raggiungibile e una mappa delle criticità, ancora online ma rimasta in versione beta.

IL PIANO FINANZIARIO

Veniamo ai soldi da stanziare. Nel 2017 Erasmo D’Angelis, coordinatore di Italia Sicura, presentando il piano nazionale disse: «Siamo riusciti a costruire il primo piano nazionale del fabbisogno di opere e il primo piano finanziario con un ritaglio iniziale di 7 miliardi nei prossimi 7 anni. Con i 2,7 recuperati», aggiunse, «siamo a 9,8. Ma è stato uno choc scoprire che il 90% delle opere in elenco sono ancora da progettare». Il piano finanziario 2015-2023 prevedeva appunto 9.869 milioni di cui un migliaio chiesti in prestito alla Bei, la Banca europea degli investimenti.

IL PRESTITO DI 800 MILIONI DELLA BEI

Il 22 dicembre del 2017 il Mef in un comunicato stampa scriveva: «La Banca europea per gli investimenti affianca lo Stato italiano negli interventi per la prevenzione dei danni causati dal dissesto idrogeologico. Il ministero dell’Economia e delle Finanze riceverà un finanziamento di 800 milioni di euro, di cui la prima tranche, pari a 400 milioni, è stata sottoscritta. Il credito sosterrà circa 150 programmi per la messa in sicurezza del territorio sotto il coordinamento del ministero dell’Ambiente». Nel dettaglio, gli interventi riguardavano «la realizzazione o il rafforzamento degli argini dei fiumi a rischio esondazione, la risistemazione dei corsi d’acqua e dei canali di collegamento, le casse di espansione lungo fiumi e torrenti, interventi per prevenire erosioni costiere o frane. Gli 800 milioni approvati copriranno circa il 50% del valore dei progetti previsti entro il 2022 dal citato Piano nazionale».

I GIALLOVERDI CHIUDONO ITALIA SICURA

Con il governo M5s-Lega le cose però sono cambiate. E la struttura venne chiusa. Il neo ministro all’Ambiente Sergio Costa spiegò in commissione Territorio della Camera il 5 luglio 2018: «Si dovrà dare nuovo impulso alle misure di contrasto del dissesto idrogeologico attraverso azioni di prevenzione. In particolare», sottolineò, «riportando in capo al ministero dell’Ambiente la diretta competenza sul tema che nell’ultima legislatura era stata ceduta a una struttura di missione dislocata presso la Presidenza del Consiglio, evitando gli ulteriori costi per la finanza pubblica richiesti dalle strutture create ad hoc dai precedenti governi presso la Presidenza del Consiglio». Insomma, per i gialloverdi Italia Sicura rappresentava un eccesso di deleghe e uno spreco di risorse pubbliche. Nulla che non potesse essere gestito dal ministero dell’Ambiente.

COSTA E LA DECISIONE DA BUON PADRE DI FAMIGLIA

Costa era finito al centro di diverse polemiche perché il primo novembre 2018 rispondendo alla Stampa (che aveva riportato come il governo non avesse intenzione di ottenere gli 800 milioni della Bei per la realizzazione di opere contro il dissesto idrogeologico chiesti dall’ormai defunta Italia Sicura a un tasso di interesse sotto l’1% quindi estremamente conveniente), dichiarò che «il mutuo» sarebbe stato contrario «all’amministrazione dei soldi pubblici da buon padre di famiglia», poiché «gli interessi sarebbero stati pagati da tutti i cittadini». E «quale padre di famiglia, potendo avere soldi in cassa, preferisce indebitarsi con un mutuo? Oltretutto affrontando complesse pratiche di mutuo di difficile gestione». Dichiarazioni che Costa limò dopo le alluvioni che colpirono la Sicilia causando la morte di nove persone.

IL NULLA DI FATTO DELL’ANSFISA

Di fondi si era riparlato anche all’indomani della tragedia del ponte Morandi che il 14 agosto 2018 causò la morte di 43 persone. L’allora ministro alle Infrastrutture Danilo Toninelli annunciò la nascita di una nuova agenzia – l’Ansfisa – per la sicurezza di strade, viadotti e ferrovie. Un progetto rimasto però sulla carta. La struttura, come ha scritto il Corriere della Sera, è infatti attesa del parere del Consiglio di Stato su un regolamento attuativo scritto solo nel luglio 2019. Erano previste 500 assunzioni tra ispettori e dirigenti ma al momento non se n’è ancora fatto nulla. «Sulla nuova Agenzia per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali ed autostradali registriamo un ritardo gravissimo», ha ribadito il 25 novembre Manuela Gagliardi, deputata di Cambiamo! il partito di Giovanni Toti. «Ancora un mese fa, in occasione di una mia interrogazione alla Camera, dal ministero delle Infrastrutture sono arrivate solo risposte interlocutorie. Nonostante gli annunci in pompa magna dell’allora ministro Toninelli, l’Ansfisa è ancora solo un progetto. Su questo, molto più che sulle polemiche strumentali, dovrebbe concentrarsi il M5s». Intanto, dopo il crollo dell’ennesimo viadotto, l’agenzia ha nominato un nuovo direttore, Fabio Croccolo, dirigente del Mit, indicato al presidente del Consiglio dei ministri dalla ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli. E siamo punto a capo.

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Voragine nella A21, la procura ha aperto un fascicolo

Per ora non ci sono indagati né ipotesi di reato. Relazioni tecniche al vaglio dei magistrati di Asti.

La procura di Asti ha aperto un fascicolo sulla voragine che domenica sera si è aperta nell’asfalto dell’autostrada A21 Torino-Piacenza, all’altezza del comune di Villafranca d’Asti. Si tratta modello 45, di atti relativi, cioè senza indagati né ipotesi di reato. «È un avvio esplorativo per capire cosa possa essere accaduto e quali possano essere le cause», dicono in procura, dove sono state depositate le relazioni tecniche di forze dell’ordine e tecnici incaricati, materiale ora al vaglio dei magistrati.

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Il grande dietrofront del governo su plastic tax e auto aziendali

Verso il dimezzamento della tassa sulla plastica. Con introduzione a metà 2020 e nuovi prodotti esentati. Mentre Conte ammette: «Facciamo ammenda, rimoduliamo la misura sulle macchine». Che dovrebbe prevedere degli incentivi per certi modelli.

Due misure cardine di quella che doveva essere una manovra green sono state già smontate. E riguardano plastica e auto aziendali. Dopo polemiche e contestazioni nel governo, si va infatti verso il dimezzamento della controversa plastic tax e un ampliamento dei prodotti esentati dal nuovo prelievo.

ESCLUSI PRODOTTI CON UNA PARTE RICICLATA

A essere esclusi dovrebbero essere non solo i prodotti compostabili, ma anche quelli con una parte riciclata. La misura, contenuta nella legge di bilancio, è pronta a essere rivista nel corso dell’esame parlamentare e il governo ha già più volte assicurato che è disposto a modificarla.

IMPOSTA DI SICURO SULLE PLASTICHE NON SMALTIBILI

Il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, in audizione in commissione Industria al Senato ha confermato questo orientamento: «Inizialmente la plastic tax era prevista al primo gennaio. Ho chiesto esplicitamente che fosse traslata almeno di sei mesi e visto che comunque incide probabilmente in modo troppo rapido sul nostro sistema produttivo la rimoduliamo per allungarla nel tempo e limitarne l’introduzione nel primo periodo ad alcuni specifici prodotti che sono fortemente impattanti sull’ambiente e che riguardano per esempio le plastiche non riciclabili».

CONTE AMMETTE: «FACCIAMO AMMENDA SULLE AUTO AZIENDALI»

L’altro tema caldo è quello dell’imposta sulle auto aziendali. Il premier Giuseppe Conte alla conferenza Aci ha spiegato: «Dobbiamo fare ammenda, con umiltà ci siamo messi al lavoro per rimodulare la misura fino a svuotarne l’effetto negativo che potrebbe avere sul sistema produttivo».

PERCEPITA UNA CRITICITÀ

Patuanelli ha poi detto che bisogna lavorare verso «l’incentivazione su un tipo di auto e non la penalizzazione di altre. Ci sarà una rimodulazione perché abbiamo percepito una criticità».

SALTA LA STRETTA SUGLI STUDI DENTISTICI

Niente da fare invece per la proposta del Movimento 5 stelle, formalizzata con un emendamento alla manovra, che puntava a una stretta nei confronti degli studi dentistici con titolari non medici chiedendo che queste società potessero essere costituite solo tra professionisti iscritti all’Albo. La commissione Bilancio del Senato l’ha ha giudicata inammissibile per materia salvando invece, al momento, il bonus per le cure dentali per le fasce più deboli.

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Per un consigliere leghista mente il 90% delle donne che denuncia violenze

L’assurda sparata su Facebook di Umberto La Morgia, in carica nel Comune bolognese di Casalecchio di Reno. Insorge il Pd: «Parole inaccettabili, è una follia».

«Il 90% delle denunce di violenza di uomini su donne è falso e viene archiviato, intasando procure e tribunali. Ma questo non fa notizia». A scriverlo, in un post su Facebook è Umberto La Morgia, consigliere comunale della Lega a Casalecchio di Reno, paese alle porte di Bologna.

IL PD: «PAROLE INACCETTABILI UNA FOLLIA»

La frase ha immediatamente causato le proteste del Partito democratico: «Parole inaccettabili, una follia», secondo la segretaria cittadina dei dem, Alice Morotti. La Morgia, che solo pochi giorni fa si era fatto immortalare in piazza Maggiore travestito da pinguino mangia-sardine, ha scritto il suo messaggio in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

PER LA MORGIA «ESISTE ANCHE LA VIOLENZA DELLE DONNE SUGLI UOMINI»

«La violenza non ha sesso» e «se vogliamo veramente parlare di pari opportunità, vorrei far presente che esiste anche la violenza delle donne sugli uomini, purtroppo ancora poco riconosciuta, poco condannata e poco dibattuta». Violenza, prosegue il post, «non solo fisica, ma che si manifesta anche attraverso l’alienazione parentale (la distruzione del rapporto padre-figlio da parte della madre) e le migliaia di false denunce che le donne usano per avvantaggiarsi sull’uomo in sede di separazione civile, il quale spesso viene ridotto al lastrico».

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Piano paesaggistico, Rosa: “Stiamo spingendo per migliorarlo”

“In linea con gli impegni politici assunti in tema di Piano paesaggistico regionale, nell’incontro di oggi abbiamo inserito nel documento programmatico importanti integrazioni riguardanti la rete dei paesaggi letterari e artistici, le attività estrattive e gli impianti idroelettrici”.
Lo fa sapere l’assessore all’Ambiente ed energia, Gianni Rosa, a margine della riunione del Comitato tecnico paritetico, istituito per elaborare il Piano paesaggistico regionale, che si è svolta questa mattina nella sala Bramea del dipartimento. Presenti all’appuntamento i rappresentanti del Ministero per i Beni e le attività culturali, del Ministero dell’Ambiente, il direttore generale del dipartimento Michele Busciolano.
“La Basilicata, regione cerniera dove storicamente si sono stratificati valori, luoghi e testimonianze, che si riflettono nei parchi letterari, ma anche in centri quali musei e archivi, deve proteggere e valorizzare la propria rete paesaggistica e culturale, consegnando il più possibile intatte alle future generazioni le tracce di Pitagora, Orazio, Federico II, Isabella Morra, Francesco Lomonaco, Mario Pagano e Ferdinando Petrucelli della Gattina, senza dimenticare i contemporanei Carlo Levi, Leonardo Sinisgalli, Albino Pierro e Rocco Scotellaro.
Nella parte dedicata alle attività estrattive petrolifere e gassose, in considerazione del fatto che il ciclo produttivo andrà a esaurirsi entro i prossimi cinquant’anni, il Piano – prosegue Rosa – dovrebbe evidenziare le aree sottoposte a grandi insediamenti industriali, prospettando il loro futuro utilizzo e l’eventuale riconversione, tenendo conto degli effetti sui siti specifici e sul territorio limitrofo.
Discorso analogo sulla costruzione di impianti idroelettrici ad acqua fluente sui principali fiumi della Basilicata, che dovranno essere inseriti in batteria su tratti di fiume sistemati dal punto di vista idraulico e paesaggistico a spese del concessionario che ne garantirà il decoro. L’obiettivo – sottolinea Rosa – è quello di creare veri e propri parchi fluviali a disposizione dei cittadini per iniziative ricreative e culturali.
Nella giornata di oggi, al fine di preservare e valorizzare maggiormente i beni culturali lucani, abbiamo previsto – conclude – ulteriori integrazioni al repertorio relativo a edifici, complessi e alberi monumentali, disponendo inoltre iniziative di ricognizione e delimitazione per le zone di interesse archeologico e il Parco della Murgia materana”.

  

Tredici soldati francesi sono morti in un incidente in Mali

Hanno perso la vita in uno schianto tra due elicotteri. In totale, sono 38 i militari transalpini morti nel Paese africano dall’inizio delle operazioni (2013).

Tredici soldati francesi sono morti in Mali nello schianto accidentale tra due elicotteri avvenuto la sera del 25 novembre durante un’operazione di contrasto ai miliziani jihadisti. Lo ha annunciato l’Eliseo. Il presidente francese Emmanuel Macron ha scritto su Twitter: «Erano impegnati in un’operazione di combattimento contro dei terroristi. Questi tredici eroi avevano un solo obiettivo: proteggerci. Mi inchino dinanzi al dolore dei loro cari e dei loro compagni».

I MESSAGGI DI CORDOGLIO DELLA POLITICA

Dopo il presidente Macron, anche il premier Edouard Philippe ha reso omaggio agli «eroi caduti per il Paese». Cordoglio anche da parte del presidente dell’Assemblea Nazionale, Richard Ferrand: «Tredici nostri connazionali in lotta contro il terrorismo, per la nostra sicurezza, le nostre libertà, hanno trovato la morte in Mali durante i combattimenti. A nome della rappresentanza nazionale, voglio salutare il loro coraggio. I miei pensieri vanno, nel dolore, alle loro famiglie e ai loro cari». Messaggi di solidarietà e cordoglio anche da altre personalità francesi come gli ex presidenti Francois Hollande e Nicolas Sarkozy e la leader del Rassemblement National Marine Le Pen.

APERTA UNA INCHIESTA PER CHIARIRE LE CAUSE DELL’INCIDENTE

Con l’incidente del 25 novembre sera, l’esercito francese paga il peggiore tributo di sangue degli ultimi 36 anni. In totale, sono 38 i soldati francesi morti in Mali dall’inizio delle operazioni (Serval e poi Barkhane) nel 2013 su un totale di circa 4.500 militari impegnati nella regione. La ministra della Difesa, Florence Parly, è attesa sul posto mentre un’inchiesta è stata aperta per chiarire le circostanze del dramma. Intanto, l’Eliseo lavora all’organizzazione di una cerimonia nazionale in omaggio ai 13 militari morti.

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Salta l’emendamento per ripristinare lo scudo penale per l’Ilva

La proposta di modifica era stata depositata dalla Lega. Intano, Patuanelli apre a Invitalia come possibile strumento per l’intervento pubblico.

È saltato l’emendamento della Lega alla manovra per ripristinare lo scudo penale per l’ex Ilva: la commissione Bilancio del Senato ha giudicato inammissibile la proposta a prima firma Matteo Salvini.

PATUANELLI: «INVITALIA POSSIBILE VIA PER L’INTERVENTO PUBBLICO»

Intanto, il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha spiegato che Invitalia rappresenta «una delle possibilità sul campo» per l’eventuale intervento pubblico: «Stiamo valutando diverse ipotesi, Cdp è difficile per lo statuto. «Questo», ha aggiunto Patuanelli, «è un lavoro che sta facendo il ministro Gualtieri e il Mef. È da quell’analisi che nascerà poi la proposta di un eventuale ingresso dello Stato».

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Come Dazn ha raggiunto gli 8 milioni di abbonati nel mondo

Sottoscrittori raddoppiati rispetto a sei mesi prima. E il 90% di loro è fuori dagli Stati Uniti. La piattaforma che trasmette eventi sportivi in streaming è presente in 30 diversi Paesi. Dai problemi iniziali all’accordo con Sky, la crescita.

Dazn ha fatto boom. Raddoppiando il suo pubblico. La piattaforma digitale che trasmette eventi sportivi in streaming ha infatti raggiunto gli 8 milioni di abbonati nel mondo. La notizia è contenuta in un servizio trasmesso dalla Nbc, che ha citato fonti vicine all’azienda.

FORBES AVEVA CERTIFICATO 4 MILIONI DI ABBONATI

Il 90% di questi abbonati sono fuori dagli Stati Uniti, ha precisato la tivù americana, sottolineando che il dato rappresenta una moltiplicazione per due dei 4 milioni di abbonati mondiali citati da Forbes soltanto sei mesi prima.

IN ITALIA TRE PARTITE DI A OLTRE A B, LIGA E LIGUE 1

Dazn è presente sul mercato in 30 Stati tra i quali Germania, Austria, Svizzera, Giappone, Italia, Canada, Usa, Spagna e Brasile. Nel nostro Paese la piattaforma, che ha il “volto” della presentatrice e pluri-testimonial di diversi brand Diletta Leotta, ha acquisito i diritti di trasmissione di tre gare a giornata del campionato di Serie A fino al 2021 e di tutta la Serie B, oltre che di una parte del calcio internazionale, come per esempio la Liga spagnola e la Ligue 1 francese, e di diversi altri sport.

Diletta Leotta allo stadio San Paolo di Napoli.

DALLE DIFFICOLTÀ INIZIALI AL CANALE SU SKY

Dazn a fine agosto 2019 ha trovato un accordo con Sky per trasmettere la Serie A sul satellite, dando vita a Dazn1, sul canale 209. L’Executive vice president Southern Europe di Dazn, Veronica Diquattro, aveva commentato così: «Dazn continua a investire per far crescere la piattaforma e ampliare l’offerta di contenuti in streaming». Dazn sta vivendo dunque un momento di miglioramento in seguito alle difficoltà iniziali, tra disservizi e il faro acceso dell’Antitrust. Ma dopo l’esordio contraddistinto da ritardi e problemi di segnale ora è arrivata la crescita.

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La giunta di Forlì blocca i progetti contro omofobia e transfobia

La decisione del centrodestra stoppa un’iniziativa finanziata dalla Regione e già approvata dall’amministrazione precedente. Con l’assurda spiegazione della tutela della famiglia tradizionale.

La giunta di centrodestra che amministra la città di Forlì ha bloccato i fondi provenienti dalla Regione per un progetto di formazione psicologica e giuridica, rivolta agli operatori del Comune e alle associazioni interessate, che riguardava «prevenzione e contrasto alle violazioni dei diritti umani e alle diverse forme di prevaricazione legate al genere e all’orientamento sessuale». In poche parole, progetti contro l’omofobia e la transfobia. Fondi che erano già stati destinati a questo scopo dalla precedente amministrazione (di centrosinistra) e mai sbloccati da quella attuale, che ha comunicato il suo diniego nei giorni scorsi.

«PRIMA LA FAMIGLIA TRADIZIONALE»

Il no ai fondi è stato motivato, secondo quanto riferito dalle associazioni, perché la giunta «aderisce, in coerenza con il programma elettorale, a un modello di famiglia tradizionale». «Ci chiediamo in che modo contrastare le discriminazioni possa turbare un modello familiare», è stata la protesta delle associazioni. «Ci chiediamo inoltre come una delibera comunale possa essere disattesa senza un atto di eguale valore, trattando decisioni che meritano una motivazione nei confronti della cittadinanza». A replicare è stato l’assessore comunale alle Pari opportunità, la leghista Andrea Cintorino: «Noi abbiamo aderito a tutte le iniziative contro la violenza sulle donne. Ma in questo caso si parlava anche dei gay. Noi rispettiamo le posizioni altrui, ma non adottiamo politiche Lgbt».

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Caso Caruana Galizia, si dimette il capo di gabinetto del premier maltese

Keith Schembri ha accettato la richiesta di Muscat. Sarà sentito dalla polizia come persona informata dei fatti.

L’arresto di Yorgen Fenech, presunto mandante dell’omicidio della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia, sta scuotendo il governo de La Valletta. Martedì 26 novembre ha dato le dimissioni, dopo due anni di pressioni da parte dell’opposizione e della famiglia della vittima, Keith Schembri, il capo di gabinetto del primo ministro maltese interrogato dalla polizia come persona informata dei fatti. Il primo ministro Joseph Muscat, dando la notizia delle dimissioni, ha ringraziato Schembri sottolineando il suo «ruolo cruciale» nell’azione di governo e annunciando il suo sostituto: Mark Farrugia.

LEGGI ANCHE: Gli intrecci tra l’omicidio di Daphne Galizia e il presunto mandante Fenech

Muscat ha anche sottolineato di aver preso la decisione di chiedere le dimissioni del suo braccio destro dopo consultazioni con diversi esponenti del partito laburista e con lo stesso Schembri. «Continuerò a prendere decisioni per il bene del Paese», ha assicurato Muscat, secondo quanto riportato dal sito di One Tv, il canale del partito laburista.

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Rieti, una donna ha ucciso il marito dandogli fuoco

È successo la sera del 25 novembre dopo una violenta lite. Inutili i soccorsi.

Lo ha cosparso di benzina dopo una violenta lite, forse l’ennesima, e così lo ha ucciso. È questa la dinamica ricostruita dagli inquirenti che indagano sull’esplosione avvenuta la sera del 25 novembre, poco prima delle 22.30, in una palazzina del quartiere di Campomoro, a Rieti. La vittima è un 44enne del luogo e a causare la sua morte è stata sua moglie, ora ricoverata in stato di fermo al Sant’Eugenio di Roma con gravi ustioni su tutto il corpo.

DUE FIGLI RIMASTI ILLESI

Secondo la ricostruzione degli investigatori della Polizia, intorno alle 22 l’uomo aveva chiamato il 113 segnalando che sua moglie, di origini brasiliane, si era allontanata portando via i loro due figli (rimasti illesi). La donna, in realtà, si stava procurando delle taniche di benzina che, una volta tornata in casa, ha utilizzato contro il marito. Le urla hanno poi richiamato l’attenzione dei vicini ma al momento dell’arrivo dei Vigili del fuoco e del 118 per il 44enne era ormai troppo tardi.

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Rieti, una donna ha ucciso il marito dandogli fuoco

È successo la sera del 25 novembre dopo una violenta lite. Inutili i soccorsi.

Lo ha cosparso di benzina dopo una violenta lite, forse l’ennesima, e così lo ha ucciso. È questa la dinamica ricostruita dagli inquirenti che indagano sull’esplosione avvenuta la sera del 25 novembre, poco prima delle 22.30, in una palazzina del quartiere di Campomoro, a Rieti. La vittima è un 44enne del luogo e a causare la sua morte è stata sua moglie, ora ricoverata in stato di fermo al Sant’Eugenio di Roma con gravi ustioni su tutto il corpo.

DUE FIGLI RIMASTI ILLESI

Secondo la ricostruzione degli investigatori della Polizia, intorno alle 22 l’uomo aveva chiamato il 113 segnalando che sua moglie, di origini brasiliane, si era allontanata portando via i loro due figli (rimasti illesi). La donna, in realtà, si stava procurando delle taniche di benzina che, una volta tornata in casa, ha utilizzato contro il marito. Le urla hanno poi richiamato l’attenzione dei vicini ma al momento dell’arrivo dei Vigili del fuoco e del 118 per il 44enne era ormai troppo tardi.

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Perquisizioni della guardia di finanza sulla fondazione renziana Open

Tra i reati ipotizzati riciclaggio e traffico di influenze. La “cassaforte” politica era nata per sostenere le iniziative dell’ex premier.

Una creatura renziana nel mirino delle Fiamme gialle. La mattina del 26 novembre la guardia di finanza ha fatto partire perquisizioni a Firenze e in altre città italiane nell’ambito di sviluppi delle indagini relative all’inchiesta della procura fiorentina sulla fondazione Open, costituita per sostenere le iniziative politiche dell’ex premier Matteo Renzi. Secondo quanto si è appreso, la procura, tra i reati contestati nell’inchiesta a vario titolo, considera riciclaggio, traffico di influenze, autoriciclaggio.

SEQUESTRATI BILANCI E LISTA DEI FINANZIATORI

Tra le città dove i finanzieri hanno eseguito le perquisizioni ci sono anche Milano, Modena, Torino, Bari, Alessandria, Pistoia, Roma, Napoli, Palermo. L’inchiesta sulla fondazione Open – da cui sarebbero scaturite queste perquisizioni – è emersa nel settembre 2019 quando a Firenze venne perquisito lo studio dell’avvocato Alberto Bianchi, ex presidente della Open, indagato per traffico di influenze illecite. Tra i documenti che gli furono sequestrati ci sarebbero i bilanci della Open e la lista dei finanziatori della fondazione. Open aveva sostenuto, tra l’altro, la Leopolda di Renzi.

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Perquisizioni della guardia di finanza sulla fondazione renziana Open

Tra i reati ipotizzati riciclaggio e traffico di influenze. La “cassaforte” politica era nata per sostenere le iniziative dell’ex premier.

Una creatura renziana nel mirino delle Fiamme gialle. La mattina del 26 novembre la guardia di finanza ha fatto partire perquisizioni a Firenze e in altre città italiane nell’ambito di sviluppi delle indagini relative all’inchiesta della procura fiorentina sulla fondazione Open, costituita per sostenere le iniziative politiche dell’ex premier Matteo Renzi. Secondo quanto si è appreso, la procura, tra i reati contestati nell’inchiesta a vario titolo, considera riciclaggio, traffico di influenze, autoriciclaggio.

SEQUESTRATI BILANCI E LISTA DEI FINANZIATORI

Tra le città dove i finanzieri hanno eseguito le perquisizioni ci sono anche Milano, Modena, Torino, Bari, Alessandria, Pistoia, Roma, Napoli, Palermo. L’inchiesta sulla fondazione Open – da cui sarebbero scaturite queste perquisizioni – è emersa nel settembre 2019 quando a Firenze venne perquisito lo studio dell’avvocato Alberto Bianchi, ex presidente della Open, indagato per traffico di influenze illecite. Tra i documenti che gli furono sequestrati ci sarebbero i bilanci della Open e la lista dei finanziatori della fondazione. Open aveva sostenuto, tra l’altro, la Leopolda di Renzi.

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Auto travolge operai nel Leccese: quattro morti

Il gruppo era impegnato in un lavoro di potatura degli alberi lungo la circonvallazione di Galatone. Una quinta persona è stata ricoverata in gravi condizioni.

Tragedia nel Leccese, dove un gruppo di operai impegnati in lavori di potatura degli alberi lungo la circonvallazione di Galatone è stato investito da un camion in transito. Secondo le prime informazioni ci sarebbero almeno quattro vittime e un ferito, ricoverato in gravi condizioni in ospedale. Tre delle vittime e il ferito sono operai della ditta Eco.Man Salento impegnati in lavori di potatura lungo la strada. La quarta vittima è il conducente di una Golf che ha perso il controllo dell’auto durante un sorpasso. La vettura ha travolto il camion della Eco.Man fermo sul ciglio della strada che ha a sua volta travolto gli operai. Sul posto stanno operando vigili del fuoco e carabinieri.

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I 5 stelle e il controllo sociale modello Cina

L’emendamento alla manovra di Bottici e Fenu, poi bocciato dalla Ragioneria generale, puntava a far gestire allo Stato l’identità digitale degli italiani. Copiando il sistema di sorveglianza della Repubblica popolare. Chissà se Grillo ne ha parlato con l’ambasciatore di Pechino a Roma.

Quando si dice ispirarsi a modelli democratici e liberali. Se per la nazionalizzazione dell’acqua pubblica (proposta di legge Daga), il modello del Movimento 5 stelle è stato il Venezuela di Maduro, per la gestione dell’identità digitale il modello è quello della Cina

IL TENTATIVO DI NAZIONALIZZARE IL SISTEMA SPID

Due senatori grillini, Laura Bottici, diplomata analista contabile all’Istituto professionale per il Commercio di Carrara, e Emiliano Fenu, commercialista nuorese, hanno infatti presentato un emendamento alla legge di Bilancio che punta a far gestire allo Stato l’identità digitale degli italiani. Nel piano ordito dai pentastellati, la nazionalizzazione di Spid, lo strumento ora privato che serve a questo scopo, dovrebbe avvenire attraverso PagoPa, struttura nata per centralizzare i pagamenti a favore della Pubblica amministrazione. La piattaforma è un caso unico in Europa, dove le amministrazioni hanno semplicemente optato per rapporti di concessione aperti con i circuiti di pagamento. 

LEGGI ANCHE: In Cina non c’è repressione: parola del Blog di Grillo

I COSTI A CARICO DELLO STATO

In Italia, invece, come se la burocrazia non fosse già mortifera, si vuole creare un ulteriore passaggio gestionale pubblico che non offre alcun vantaggio al cittadino ma che invece comporta un costo a carico dello Stato pari a 5 milioni all’anno. A tale costo, l’emendamento sulla nazionalizzazione di Spid prevedeva di aggiungerne ulteriori 65 milioni in tre anni (sempre a favore di PagoPA). 

UN SISTEMA DI SORVEGLIANZA COPIATO DA PECHINO

L’emendamento, però, è stato bocciato dalla Ragioneria generale. Non solo per le coperture fittizie, ma anche perché un sistema come quello che avevano in mente era copiato di sana pianta dal sistema di sorveglianza sociale cinese, dove il regime controlla ogni suddito. Più o meno quel che i due senatori grillini volevano introdurre anche in Italia. E chissà se l’argomento è stato affrontato durante i colloqui che Beppe Grillo ha avuto nei suoi incontri calorosi con l’ambasciatore di Pechino a Roma. Dall’acqua in salsa venezuelana al controllo sociale cinese. Guarda caso, Alessandro Di Battista è in partenza per l’Iran. Chissà con quale nuova idea tornerà. Lo scopriremo dai prossimi emendamenti. Si salvi chi può.

Quello di cui si occupa la rubrica Corridoi lo dice il nome. Una pillola al giorno: notizie, rumors, indiscrezioni, scontri, retroscena su fatti e personaggi del potere.

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Per salvare l’Italia serve unità nazionale ma non ne siete capaci

Il Paese sta crollando. Eppure nessuno ha la voglia, la forza morale e il coraggio di sporcarsi le mani e raccogliere l’appello che arriva dalle Sardine mettendo da parte i miserabili affari di partito.

Mi auguro che le Sardine riempiano tutte le piazze d’Italia e continuino a nuotare nelle acque limacciose di questo Paese.

Me lo auguro perché per la prima volta siamo di fronte a un movimento apartitico ma anche apolitico, nel senso che adopera parole d’ordine e fa riferimento a principi morali e sociali che solo la cattiva coscienza della destra individua come ostili a sé. 

L’ITALIA STA ANDANDO A PEZZI

Riflettiamo per un momento. L’Italia sta andando dolorosamente a pezzi. Una grande città come Genova è isolata e il presidente della Liguria lo scopre oggi fra una dichiarazione pro-Salvini, una lite finta con Mara Carfagna e quattro sciocchezze dette in tivù. Piogge previste stanno colpendo Nord e Sud e crollano Nord e Sud. Il Paese è stato unificato dal malgoverno e dal malaffare. Ci sono sindaci che resistono, politici nei territori che meritano il nostro plauso, ma generalmente siamo circondati da chiacchieroni afflitti da “convegnite”, il grande male italiano.

LE SARDINE CI INVITANO AD AVERE CURA DI NOI

Di fronte a questo spettacolo, a questa tragedia, le Sardine dicono che dobbiamo avere cura di noi, che vanno bandite le parole che preparano la guerra civile. Frasi troppo ardite e minacciose per le orecchie di Vittorio Feltri, Franco Bechis, Mario Giordano e comprimari. Ci sono anche alcuni politici, ieri sera l’ha fatto Antonio Bassolino nella trasmissione di Barbara Palombelli (ma che ci sei andato a fare Antonio? Questa tivù la vedono in pochi), che chiamano a uno sforzo nazionale comune.

UNA CLASSE DIRIGENTE ALLA DERIVA

Nessuno però sembra avere voglia né la forza morale per raccogliere questo appello. Sembra quasi che tutti si augurino che vada peggio perché il peggio affossa l’avversario e fa crescere i voi dell’oppositore di turno. Non era questa l’Italia nostra. Eravamo un Paese con una classe politica di livello che sapeva combattersi ma anche unirsi. E se non ci riusciva, o non voleva, c’era Sandro Pertini a dare frustate ed Enrico Berlinguer a organizzare l’esercito dei buoni. Oggi non è più possibile e nessuno ci prova. Figuriamoci se Matteo Salvini mette da parte i suoi veleni sugli immigrati per proporre al governo cosa concrete da fare assieme. Figuriamoci se chi è al governo ha voglia di sporcarsi le mani facendo una proposta a Salvini. Per l’Italia repubblicana scoprire di essere governata da una banda di cialtroni egoisti è una tragica scoperta.

COSÌ SI IGNORANO LE VERE PRIORITÀ

Ancora più tragica perché sforzando la memoria e compulsando interviste e programmi, quasi tutte le forze politiche hanno indicato in un piano eccezionale di lavori pubblici per mettere in salvezza il Paese, una delle chiavi per combattere la disgregazione e il degrado e per dare buona occupazione. Lo dicono quasi tutti. È del tutto evidente che questa dovrebbe essere la vera priorità, garantita da un sistema non burocratico di controllo per impedire che si infiltrino imprese mafiose. Invece no, chi è al governo annaspa, chi è all’opposizione fa tweet contro le Sardine.

Il problema-Italia è gigantesco e richiede una classe dirigente dalle spalle forti e dotata di una cultura di governo. Non siete voi

Questo spettacolo sta avvenendo sotto gli occhi di tutti. Le Sardine nascono da questo ignobile spettacolo e nascono come movimento di persone beneducate. Quando la situazione diverrà veramente insopportabile, verranno i movimenti degli “squaletti”, giovani beneducati anch’essi che si mangeranno i politici attuali, quasi tutti, e rinnoveranno l’Italia. L’illusione scema della destra è che se vincerà le prossime elezioni, avrà risolto i suoi problemi. È un dato di fatto che il problema-Italia è gigantesco e richiede una classe dirigente dalle spalle forti e dotata di una cultura di governo. Non siete voi. Non lo sono neppure quegli altri che vi si opporranno. A meno che… a meno che non abbiate alle spalle uno o due anni in cui, trascurati i miserabili affari di partito, troviate un modus vivendi per salvare l’Italia. Ma non sarete capaci di farlo. 

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Genova scongiura l’isolamento con la riapertura dell’A26

Il parziale ripristino della circolazione previsto entro le ore 12. Con la chiusra dell’A6 il governatore della Liguria Toti aveva lanciato l’allarme: «È come essere in guerra».

Sembra essere scongiurato l’isolamento nel quale rischiava di trovarsi Genova in seguito all’emergenza maltempo. Entro le ore 12 è infatti prevista la parziale riapertura dell’autostrada A26, tra l’allacciamento con la A10 e lo svincolo di Masone.

TRANSITO SU UNA CORSIA PER OGNI SENSO DI MARCIA

Il tutto avverrà grazie a uno scambio di carreggiata che consentirà il transito su una corsia per ogni senso di marcia. Ciò permette comunque di svolgere le verifiche tecniche sui viadotti Fado e Pecetti ritenuti ammalorati e non sicuri. Il capoluogo ligure era a forte rischio isolamento, anche in considerazione della chiusura dell’A6.

L’ALLARME LANCIATO DA TOTI

Dopo l’iniziale chiusura dell’A26, Il governatore della Liguria Giovanni Toti aveva lanciato l’allarme: «È come se fossimo in tempo di guerra, siamo a Stalingrado, non possiamo reggere la situazione oltre una settimana, non la può reggere il Paese. Deve intervenire il genio militare». «È quasi come il Ponte Morandi», aveva aggiunto, «ma la sicurezza dei cittadini viene prima di tutto. Bene le verifiche, ma è un danno incalcolabile per l’economia della Regione, del Nord-ovest e del Paese, a ridosso del Natale, quando i traffici per il primo sistema portuale d’Italia sono al massimo».

BUCCI DISPONE IL TRASPORTO PUBBLICO GRATUITO

Intanto, il sindaco di Genova Marco Bucci ha disposto l’utilizzo gratuito dell’intera rete urbana di trasporto pubblico Amt (metropolitana, autobus, ascensori e funicolari, navebus, con la sola eccezione del servizio commerciale volabus) fino alla cessazione dell’emergenza per la chiusura dell’A26. La frequenza dei mezzi pubblici sarà intensificata in tutta la città per scongiurare il rischio di una paralisi del traffico.

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