Terna, inaugurato a Napoli il nuovo hub per l’innovazione

É il primo del Sud Italia. Sarà focalizzato su trasformazione digitale di processi aziendali, gestione delle risorse umane e processi organizzativi. Il progetto fa parte del percorso di innovazione e digitalizzazione per il quale Terna investirà circa 700 milioni di euro nei prossimi 5 anni.

Diventare un laboratorio di idee
innovative al servizio della rete elettrica. È il futuro immaginato da Terna
per il suo nuovo Innovation Hub, presentato lo scorso 7 novembre nella sede di
Napoli. Il polo della capitale partenopea è il primo nel Sud Italia: sarà focalizzato sul digital to people,
ovvero sulla trasformazione digitale dei processi aziendali e l’innovazione
degli strumenti nell’area delle risorse umane e dell’organizzazione. Presenti
all’inaugurazione, oltre all’amministratore delegato di Terna, Luigi Ferraris,
anche il ministro dell’Innovazione Paola Pisano e il consigliere delegato
all’Informatizzazione e all’Agenda digitale della Città Metropolitana di Napoli, Rosario Ragosta.
«È il nostro secondo Innovation hub», ha affermato Ferraris che ne ha già
inaugurato un altro a Torino, «fa parte della strategia di portare
l’innovazione sul territorio e favorire un collegamento più stretto tra la
nostra azienda, le università, le startup locali».

IN CAMPANIA 536 MILIONI DI INVESTIMENTI IN 5 ANNI

« L’Innovation Hub di Napoli è la conferma dell’importanza di questa città e della regione », ha evidenziato Ferraris, « nella strategia di Terna che prevede nei prossimi cinque anni investimenti sulla rete elettrica campana per oltre 536 milioni di euro ». La società che gestisce la rete nazionale ha inoltre lanciato un nuovo concorso che ha l’obiettivo di coinvolgere professionisti locali nella progettazione di stazioni elettriche integrate nel territorio. Si parte proprio dalla Campania, dove a Capri Terna ha già realizzato una stazione unica nel suo genere, progettata in armonia con l’ambiente nel quale si inserisce.

GIÀ 6 STARTUP SELEZIONATE PER PROGETTI DIGITAL

L’Innovation Hub di Napoli fa parte del percorso di innovazione e digitalizzazione per il quale Terna intende investire circa 700 milioni di euro nei prossimi 5 anni a livello nazionale.  «È importantissimo», ha detto nel suo intervento il ministro Pisano, «dare il giusto ruolo all’innovazione e alla trasformazione del Paese. L’innovazione deve essere una misura strutturale, perché può incidere sull’aumento dei posti di lavoro e la competitività. Il ministero segue con attenzione le attività che si faranno all’interno del centro Terna di Napoli, con una forte attenzione a formazione, tecnologie usate, all’open innovation, per aumentare il numero di startup. Il pubblico deve diventare un attore principale nella partnership con le grosse aziende». Dopo Torino e Napoli, il piano proseguirà presto in altre città italiane. Intanto sono 6 le prime sturtup selezionate che nella città campana svilupperanno progetti di digital safety e di digital human resources: dai processi per rendere più efficiente la manutenzione degli asset, alla realizzazione di app che ricostruiscono virtualmente operazioni sul campo da utilizzare per formare il personale, alla realizzazione di una piattaforma di raccolta delle necessità formative per progettare percorsi di training personalizzato e di coaching digitale.

IL PROGETTO PUNTA A FAVORIRE LA TRANSIZIONE ENERGETICA

L’obiettivo, in uno scenario energetico sempre più complesso, è sviluppare prototipi di idee innovative focalizzate sui nuovi trend tecnologici: «Siamo orgogliosi di proseguire questo percorso di innovazione che ha l’obiettivo di creare sinergie tra le persone e le professionalità di Terna e le eccellenze del territorio per sviluppare idee e percorsi innovativi a beneficio di una rete elettrica sempre più moderna, efficiente, flessibile e sostenibile in grado di favorire la transizione energetica in atto», ha detto ancora l’ad di Terna. Con questi progetti l’azienda punta a favorire la cultura dell’innovazione, la creazione di future professionalità di eccellenza e lo sviluppo di soluzioni industriali che possano avere implementazione su più larga scala.

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L’intervento di Sergio Mattarella in difesa di Liliana Segre

Il presidente della Repubblica inaugurando l’anno dell’università Campus Biomedico ha citato le parole d’odio contro la senatrice a vita esprimendo la sua vicinanza: «La solidarietà deve contrastare intolleranza e odio».

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è intervenuto direttamente nella complicata vicenda della scorta data a Liliana Segre. In particolare il capo dello Stato ha espresso il suo appoggio alla senatrice a vita, invitanto tutti ad agire: «La solidarietà, la convivenza, il senso di responsabilità devono contrastare l’intolleranza, l’odio, la contrapposizione».

Mattarella ha preso la parola al termine della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico dell’università Campus Biomedico, in occasione «del 25esimo anno di questa straordinaria avventura scientifica e didattica». Il presidente della Repubblica ha invitato a pensare al futuro rifacendosi a quello che potrebbe desiderare un bambino e quindi «desiderare una vita serena, la convivenza la vicinanza con gli altri, contro l’arroccamento egoistico».

LEGGI ANCHE: I dati allarmanti sull’antisemitismo che cresce nel mondo

La contrapposizione tra «solidarietà» da una parte e «intolleranza, odio» dall’altra, non è «una alternativa retorica. Quando una bimba di colore non viene fatta sedere sull’autobus o quando una donna come Liliana Segre ha bisogno di una scorta, si capisce che questi non sono interrogativi astratti o retorici».

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La fretta di Mustier e i pentimenti grillini

Ha destato qualche perplessità la celerità con cui il Ceo di Unicredit ha venduto la quota in Mediobanca. Anche perché la scalata di Del Vecchio avrebbe fatto aumentare il prezzo delle azioni. Mentre in casa grillina, Buffagni si mangia le mani per l’endorsement a Luicia Morselli.

La celerità con cui l’ad di Unicredit, Jean Pierre Mustier, sta vendendo di tutto negli ultimi mesi forse sta diventando una cattiva consigliera. Il banchiere francese ha da tempo avviato una raffica di dismissioni che stanno restringendo progressivamente il perimetro del gruppo: prima la polacca Pekao, poi Pioneer, la banca ucraina Ukrsotsban, gli immobili, l’impianto eolico di Ocean Breeze in Germania. Oltre all’aumento di capitale da 13 miliardi definito all’inizio del 2017. Poi la gallina dalle uova d’oro Fineco e ora la storica quota posseduta in Mediobanca.

PERCHÉ ACCELERARE LA VENDITA DELLA QUOTA IN MEDIOBANCA?

Al netto della girandola di retroscena sulla battaglia che si giocherà in quel che resta del salotto di Cuccia, nelle sale operative si chiedono: perché Unicredit ha fatto partire mercoledì sera l’accelerated bookbuilding riservato a investitori istituzionali (stessa modalità, per altro, della cessione di Fineco) sull’8,4% della banca di Nagel? Dall’operazione l’istituto di piazza Gae Aulenti ha incassato 785 milioni, con un effetto neutro sul Cet1 e una plusvalenza di circa 50 milioni. Certo, la mossa è stata fatta in un particolare momento di mercato, favorevole alle quotazioni del titolo Mediobanca asceso ai massimi dal 2008 con un rialzo da inizio anno di oltre il 46%. Unicredit aveva in carico la partecipazione a 9,89 euro e ha fatto il collocamento a 10,53 euro per azione, con uno sconto del 2,3% rispetto alla chiusura di fine seduta di giovedì (10,78 euro). 

LE AZIONI SONO DESTINATE AD AUMENTARE ANCORA

Ma se Leonardo Del Vecchio, che pare aver già rastrellato un altro 2,5% arrivando a ridosso del 10% di Mediobanca, riceverà l’autorizzazione della Bce a comprare ancora fino al 20%, il valore delle azioni in Piazzetta è destinato ad aumentare ancora.

LEGGI ANCHE: Unicredit, il tramonto della zarina Louise (e di Elkette)

Non solo. I broker di Kepler Cheuvreux, in un lungo report diffuso a metà ottobre, avevano escluso la cessione del pacchetto Mediobanca prima del 22 novembre, ovvero dopo il nutrito stacco di dividendo, 36 milioni di euro «cui Unicredit  non rinuncerà. Con uno yield del 4,7%, che corrisponde a un payout del 50%, ma che Piazzetta Cuccia può alzare al 60% con il prossimo piano industriale, la cui presentazione è prevista per il 12 novembre», scriveva Kepler. Non facendo i conti con la fretta di Mustier. La stessa che l’ad di Unicredit aveva avuto nel liberarsi di Fineco.

L’ad di Unicredit Jean Pierre Mustier.

Quando ha venduto l’ultimo pacchetto della ormai ex controllata, sollevando perplessità da parte degli analisti, Mustier si è giustificato dichiarando che il valore era ai massimi e che la plusvalenza incassata con la vendita del 17% della società guida da Alessandro Foti corrispondeva a 17 anni di dividendi. Ma proprio giovedì Fineco ha svelato al mercato una trimestrale con numeri ancora in crescita: +10,8%  dell’utile netto dei nove mesi a 198,1 milioni e 489 milioni di ricavi (+5,2% anno su anno).  E nell’ultimo mese il titolo in Borsa ha guadagnato quasi il 14%.

LUCIA MORSELLI E I PENTIMENTI DEL M5S

«Una manager dura, diretta, che ha eseguito con metodi discutibili il mandato che le era stato dato dalla casa madre ThyssenKrupp», ma anche «un’interlocutrice preparata e di livello», dicono di Lucia Morselli sindacalisti e dipendenti della Ast di Terni dove l’attuale ad di ArcelorMittal Italia ha ricoperto lo stesso ruolo dal luglio 2014 al marzo 2016, in concomitanza con la difficile vertenza che portò a circa 300 esuberi volontari dall’azienda. Eppure, dicono nelle stanze dei palazzi romani, il viceministro dello Sviluppo economico, Stefano Buffagni (in quota cinque stelle), si starebbe mangiando le mani per averla sponsorizzata.

Stefano Buffagni, viceministro M5s al Mise.

Nei mesi scorsi l’aveva addirittura spinta verso una poltrona nel consiglio di amministrazione di StMicroelectronics (carica da oltre 100 mila euro l’anno, si dice) al posto di Claudia Bugno, già nello staff dell’ex ministro dell’Economia, Giovanni Tria. D’altra parte Morselli è anche «co-programme leader del corso di laurea magistrale in Gestione Aziendale – Business Management» della Link Campus University di Vincenzo Scotti, fucina dell’establishment grillino.  

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La fretta di Mustier e i pentimenti grillini

Ha destato qualche perplessità la celerità con cui il Ceo di Unicredit ha venduto la quota in Mediobanca. Anche perché la scalata di Del Vecchio avrebbe fatto aumentare il prezzo delle azioni. Mentre in casa grillina, Buffagni si mangia le mani per l’endorsement a Luicia Morselli.

La celerità con cui l’ad di Unicredit, Jean Pierre Mustier, sta vendendo di tutto negli ultimi mesi forse sta diventando una cattiva consigliera. Il banchiere francese ha da tempo avviato una raffica di dismissioni che stanno restringendo progressivamente il perimetro del gruppo: prima la polacca Pekao, poi Pioneer, la banca ucraina Ukrsotsban, gli immobili, l’impianto eolico di Ocean Breeze in Germania. Oltre all’aumento di capitale da 13 miliardi definito all’inizio del 2017. Poi la gallina dalle uova d’oro Fineco e ora la storica quota posseduta in Mediobanca.

PERCHÉ ACCELERARE LA VENDITA DELLA QUOTA IN MEDIOBANCA?

Al netto della girandola di retroscena sulla battaglia che si giocherà in quel che resta del salotto di Cuccia, nelle sale operative si chiedono: perché Unicredit ha fatto partire mercoledì sera l’accelerated bookbuilding riservato a investitori istituzionali (stessa modalità, per altro, della cessione di Fineco) sull’8,4% della banca di Nagel? Dall’operazione l’istituto di piazza Gae Aulenti ha incassato 785 milioni, con un effetto neutro sul Cet1 e una plusvalenza di circa 50 milioni. Certo, la mossa è stata fatta in un particolare momento di mercato, favorevole alle quotazioni del titolo Mediobanca asceso ai massimi dal 2008 con un rialzo da inizio anno di oltre il 46%. Unicredit aveva in carico la partecipazione a 9,89 euro e ha fatto il collocamento a 10,53 euro per azione, con uno sconto del 2,3% rispetto alla chiusura di fine seduta di giovedì (10,78 euro). 

LE AZIONI SONO DESTINATE AD AUMENTARE ANCORA

Ma se Leonardo Del Vecchio, che pare aver già rastrellato un altro 2,5% arrivando a ridosso del 10% di Mediobanca, riceverà l’autorizzazione della Bce a comprare ancora fino al 20%, il valore delle azioni in Piazzetta è destinato ad aumentare ancora.

LEGGI ANCHE: Unicredit, il tramonto della zarina Louise (e di Elkette)

Non solo. I broker di Kepler Cheuvreux, in un lungo report diffuso a metà ottobre, avevano escluso la cessione del pacchetto Mediobanca prima del 22 novembre, ovvero dopo il nutrito stacco di dividendo, 36 milioni di euro «cui Unicredit  non rinuncerà. Con uno yield del 4,7%, che corrisponde a un payout del 50%, ma che Piazzetta Cuccia può alzare al 60% con il prossimo piano industriale, la cui presentazione è prevista per il 12 novembre», scriveva Kepler. Non facendo i conti con la fretta di Mustier. La stessa che l’ad di Unicredit aveva avuto nel liberarsi di Fineco.

L’ad di Unicredit Jean Pierre Mustier.

Quando ha venduto l’ultimo pacchetto della ormai ex controllata, sollevando perplessità da parte degli analisti, Mustier si è giustificato dichiarando che il valore era ai massimi e che la plusvalenza incassata con la vendita del 17% della società guida da Alessandro Foti corrispondeva a 17 anni di dividendi. Ma proprio giovedì Fineco ha svelato al mercato una trimestrale con numeri ancora in crescita: +10,8%  dell’utile netto dei nove mesi a 198,1 milioni e 489 milioni di ricavi (+5,2% anno su anno).  E nell’ultimo mese il titolo in Borsa ha guadagnato quasi il 14%.

LUCIA MORSELLI E I PENTIMENTI DEL M5S

«Una manager dura, diretta, che ha eseguito con metodi discutibili il mandato che le era stato dato dalla casa madre ThyssenKrupp», ma anche «un’interlocutrice preparata e di livello», dicono di Lucia Morselli sindacalisti e dipendenti della Ast di Terni dove l’attuale ad di ArcelorMittal Italia ha ricoperto lo stesso ruolo dal luglio 2014 al marzo 2016, in concomitanza con la difficile vertenza che portò a circa 300 esuberi volontari dall’azienda. Eppure, dicono nelle stanze dei palazzi romani, il viceministro dello Sviluppo economico, Stefano Buffagni (in quota cinque stelle), si starebbe mangiando le mani per averla sponsorizzata.

Stefano Buffagni, viceministro M5s al Mise.

Nei mesi scorsi l’aveva addirittura spinta verso una poltrona nel consiglio di amministrazione di StMicroelectronics (carica da oltre 100 mila euro l’anno, si dice) al posto di Claudia Bugno, già nello staff dell’ex ministro dell’Economia, Giovanni Tria. D’altra parte Morselli è anche «co-programme leader del corso di laurea magistrale in Gestione Aziendale – Business Management» della Link Campus University di Vincenzo Scotti, fucina dell’establishment grillino.  

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Sciopero all’ex Ilva: si fermano tutti gli stabilimenti

Dalle 7 di questa mattina i lavoratori incrociano le braccia: «Inaccettabile il disimpegno di ArcelorMittal e il piano di esuberi, il governo non deve fornire alibi». Assemblea anche a Genova.

È in corso dalle 7 di questa mattina lo sciopero di 24 ore indetto da Fim, Fiom e Uilm nello stabilimento siderurgico di Taranto e negli altri siti del Gruppo ArcelorMittal. Decine di lavoratori dell’appalto sono in presidio nei pressi della portineria imprese. Presenti anche lavoratori diretti e rappresentanti sindacali. I metalmeccanici chiedono «all’azienda l’immediato ritiro della procedura di retrocessione dei rami d’azienda e al governo di non concedere nessun alibi alla stessa per disimpegnarsi, ripristinando tutte le condizioni in cui si è firmato l’accordo del 6 settembre 2018 che garantirebbe la possibilità di portare a termine il piano Ambientale nelle scadenze previste». Fim, Fiom e Uilm sostengono che «la multinazionale ha posto delle condizioni provocatorie e inaccettabili e le più gravi riguardano la modifica del Piano ambientale, il ridimensionamento produttivo a quattro milioni di tonnellate e la richiesta di licenziamento di 5 mila lavoratori, oltre alla messa in discussione del ritorno a lavoro dei 2 mila attualmente in Amministrazione straordinaria».

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Predappio nega i fondi per la visita ad Auschwitz

No del Comune ai contributi per due studenti: Per il sindaco Canali (centrodestra), l’iniziativa “Treno della Memoria” è di parte.

Il Comune di Predappio ha negato il contributo alla partecipazione di due studenti della scuola superiore al progetto ‘Promemoria Auschwitz – Treno della Memoria‘. Lo ha reso noto l’associazione Generazioni in Comune, che coprirà i 370 euro necessari per il viaggio. «Non siamo contrari al Treno della Memoria», ha spiegato all’Ansa il sindaco di Predappio Roberto Canali, ma «questi treni vanno solo da una parte e noi non intendiamo collaborare con chi si dimentica di tutto il resto».

«Sono due gli studenti predappiesi che hanno aderito volontariamente al progetto. Una quota è stata messa a disposizione da Anpi Forlì-Cesena e l’altra avrebbe dovuto coprirla l’amministrazione», spiega l’associazione Generazioni in Comune a proposito dell’episodio di cui dà conto l’edizione odierna del Resto del Carlino. Canali, eletto sindaco a maggio nel paese natale di Benito Mussolini con una lista di centrodestra che ha strappato alla sinistra un suo storico feudo, ha chiarito: «Tutti i nostri giovani dovrebbero conoscere la storia e quello che è successo nei campi di sterminio nazisti, come Auschwitz».

Per ‘Generazioni in comune’ è una scelta «preoccupante». Predappio è una «città che più delle altre dovrebbe sentire forte il dovere di impegnarsi per tenere viva la memoria, non abbia ritenuto importante dare questo segnale: ci auguriamo che possa ripensarci, altrimenti sarebbe un atto molto grave». Ma all’ipotesi di un ripensamento il sindaco ha replicato netto: «Assolutamente no». «Quando questi treni faranno sosta anche di fronte ai gulag», ha detto, «ci ripenseremo, perché vorrà dire che la correttezza della memoria è a 360 gradi».

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FdI mette alla gogna gli stranieri nelle case popolari bolognesi

In un video il deputato Galeazzo Bignami fa nomi e cognomi: «Ci diranno che stiamo violando la privacy ma non ce ne frega assolutamente nulla».

Un video in cui si fanno nomi e cognomi di persone di origine straniera che abitano nelle case popolari a Bologna. L’iniziativa choc porta la firma del deputato Galeazzo Bignami, ex membro di Forza Italia da poco passato a Fratelli d’Italia, che ha effettuato un ‘blitz’ nel quartiere Bolognina del capoluogo emiliano in diretta Facebook insieme a Marco Lisei, consigliere comunale ex Fi e ora anch’egli entrato nel partito di Giorgia Meloni. L’episodio, di cui ha dato conto l’8 novembre l’edizione bolognese di Repubblica, risale a qualche giorno fa.

FDI PARLA DI «DISCRIMINAZIONE» AI DANNI DEGLI ITALIANI

Scopo del video, sostengono gli esponenti di Fratelli d’Italia, è quello di mostrare, raccogliendo «segnalazioni dei cittadini», che i criteri di assegnazione degli alloggi favoriscono i cittadini stranieri. I due parlano di «discriminazione» ai danni degli italiani. Bignami e Lisei, in particolare, si scagliano contro i criteri di assegnazione degli alloggi Erp di via Albani. «Il 59% delle assegnazioni delle case popolari vanno a cittadini stranieri», sostengono nel filmato. Mentre parlano, i due si aggirano tra i caseggiati appena ristrutturati e la videocamera inquadra chiaramente nomi e cognomi degli assegnatari degli alloggi sui campanelli delle case.

Se stai in un alloggio popolare e c’è il tuo nome sul campanello bisogna che ti metta nell’ottica che poi qualcuno può andare a vedere

Galeazzo Bignami, Fratelli d’Italia

Quanto alla riservatezza, «ci diranno che stiamo violando la privacy», dice Bignami, «ma non ce ne frega assolutamente nulla, perché se stai in un alloggio popolare e c’è il tuo nome sul campanello bisogna che ti metta nell’ottica che poi qualcuno può andare a vedere». Durissimo il commento del dem Claudio Mazzanti: «Filmare i nomi degli stranieri che hanno legittimamente ricevuto dal Comune una casa rischia di diventare un incitamento all’odio razziale verso queste famiglie».

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La polemica sulla Lega e i 300 mila euro in bond ArcelorMittal

Il M5s all’attacco per i presunti investimenti del Carroccio nel colosso indo-francese. Di Maio: «Ora ho capito perché il partito di Salvini si schierava con l’azienda». Ma la notizia è uscita in aprile, quando i due erano alleati.

La vicenda ex Ilva-Arcelor Mittal prende un nuovo risvolto tutto politico che potrebbe gettare altre ombre sui conti della Lega. A far scoppiare la polemica è stato il viceministro M5s al Mise Stefano Buffagni.

«La Lega», ha sostenuto, «ha investito 300 mila euro in bond di ArcelorMittal. Mi auguro pensi a difendere gli italiani e non le multinazionali».

L’INCHIESTA SUI SOLDI DELLA LEGA

Buffagni fa riferimento a una notizia pubblicata sull’Espresso da Giovanni Tizian e Stefano Vergine ad aprile. Secondo i due giornalisti, la Lega avrebbe investito in titoli negli anni scorsi 1.200.000 euro. Dei quali 300 mila euro in bond della multinazionale che aveva comprato Ilva e che ora si vuole ritirare.

Lega, dai diamanti ai bond di Arcelor Mittal

Dai diamanti in Tanzania ai bond di Arcelor Mittal. Salvini che si dice, a parole, contro l’Europa delle banche, dovrebbe spiegarci, perché il suo partito avrebbe investito, a scopo di lucro, 300 mila euro in obbligazioni dell’azienda franco-indiana che ha acquistato l’Ilva e che ora minaccia di recedere, unilateralmente, dal contratto firmato con lo Stato. Infatti, quella stessa Lega, a parole sovranista, che chiede di reintrodurre l’immunità penale per Arcelor Mittal, secondo diversi organi di stampa, avrebbe investito 300 mila euro proprio in un bond corporate di Arcelor Mittal. Cioè dice di essere dalla parte dei cittadini, dei lavoratori, contro i poteri forti, ma investe soldi in obbligazioni di multinazionali straniere. Da “prima gli italiani!” a “prima i franco-indiani”, in questo caso. A parole fa finta di combattere l’Europa “serva di banche e multinazionali", salvo poi schierarsi sempre dalla parte di quest’ultime. È forse per questo che la Lega, invece di prendersela con la multinazionale franco-indiana, e difendere i lavoratori come sta facendo l’esecutivo, si è scagliata contro il Governo? Salvini scappa e non risponde, come sempre, come ieri mattina, a precisa domanda, dice di chiedere all’amministratore della Lega su questi investimenti. Quindi investono a sua insaputa i soldi del partito? È chiaro, quindi, il motivo per cui l'ex sottosegretario leghista al Mise, Edoardo Rixi, dimessosi per lo scandalo delle spese pazze in Liguria, si spendesse così tanto per Arcelor. Ed è curioso che Arcelor, a luglio del 2018, assunse come capo comunicazione proprio l'ex portavoce di un leghista d'annata, Roberto Maroni. Insomma fra l'azienda franco-indiana e la Lega ci sono molti rapporti e molti contatti. E chissà cosa avrà detto loro Salvini, da vicepremier, quando ha incontrato i vertici di Arcelor Mittal. Forse si è passati da prima i lavoratori a prima gli investimenti, quelli del partito verde.Ma la domanda è: ritenete normale che la Lega, come emerge dalle inchieste, investa soldi pubblici (ricordate i famosi 49 milioni di rimborsi elettorali con i quali acquistarono diamanti in Tanzania), non solo su obbligazioni Arcelor Mittal, ma anche su alcune delle più famose banche e multinazionali, come l’americana General Electric, la spagnola Gas Natural, le italiane Mediobanca, Enel, Telecom e Intesa Sanpaolo? Non c’è un macroscopico conflitto d’interessi se parliamo di un partito che è in Parlamento e che dovrebbe tutelare gli interessi degli italiani?

Posted by MoVimento 5 Stelle on Thursday, November 7, 2019

Secondo i due, autori anche de Il libro nero della Lega,  «sia sotto la gestione di Roberto Maroni, sia in seguito sotto quella di Salvini, parecchi milioni sono stati investiti illegalmente. Una legge del 2012 vieta infatti ai partiti politici di scommettere i propri denari su strumenti finanziari diversi dai titoli di Stato dei Paesi dell’Unione europea. Il partito che si batte contro «l’Europa serva di banche e multinazionali» (copyright di Salvini) ha cercato di guadagnare soldi comprando le obbligazioni di alcune delle più famose banche e multinazionali».

IL M5S ALL’ATTACCO

Il M5s, che quando queste notizie sono uscite era alleato della Lega, ha deciso ora di attaccare il Carroccio a testa bassa. «Ogni volta che io provavo a essere duro, la Lega si schierava con Arcelor. Ora ho capito perché: hanno investito in Arcelor e stanno battagliando ancora per la multinazionale e non per i lavoratori. Abbiamo smascherato il finto sovranismo. Abbiamo gli unici sovranisti al mondo che perorano le battaglie delle multinazionali anziché i cittadini e i lavoratori», ha detto venerdì il ministro degli Esteri e capo del M5s, Luigi Di Maio.

«NON C’È UN MACRO CONFLITTO D’INTERESSI»

Un’accusa rimbalzata anche sui social del Movimento e richiamata dai parlamentari pentastellati. «Perché la Lega di Salvini ha investito 300 mila euro in obbligazioni di Arcelor Mittal? Salvini, come al solito, piuttosto che rispondere preferisce scappare. Eppure, secondo diversi organi di stampa, il suo partito avrebbe investito soldi pubblici, cioè soldi di tutti i cittadini, non solo su obbligazioni Arcelor Mittal, ma anche su alcune delle più famose banche e multinazionali mondiali (…) Ma viene da chiedersi: non c’è forse un macroscopico conflitto d’interessi per un partito che è in parlamento e che dovrebbe tutelare gli interessi degli italiani?», si legge in una nota dei portavoce del MoVimento 5 Stelle in commissione Attività produttive alla Camera.

LA REPLICA DI SALVINI: «NON ABBIAMO BOND»

«Io querelo poco e niente, ma oggi un po’ di gente la querelo, visto che dicono che abbiamo azioni o bond di Arcelor Mittal: roba assolutamente fantasiosa», ha replicato Salvini, incontrando la stampa a Firenze. A onor del vero, nessuno ha detto che la Lega ha in portafogli attualmente le obbligazioni, ma che le ha avute.

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Anche la finanza può venire travolta dal climate change

Uno studio dimostra che i cambiamenti climatici influiscono negativamente sui bilanci delle istituzioni finanziarie, a partire dalle banche. Che spesso non calcolano correttamente i rischi correlati agli investimenti che fanno.

Avete mai chiesto, e ne avreste diritto, alla vostra banca: «Ma a chi presti i miei risparmi? Dove vanno a finire i soldi che io deposito presso di te?».

Provate a farla perché se il vostro istituto di credito finanzia aziende che svolgono attività inquinanti potrebbero essere a rischio i vostri risparmi.

Lo tsunami che si sta abbattendo sul mondo della finanza è molto meno metaforico di quel che si pensa.

L’ALLARME DI NATURE CLIMATE CHANGE

Secondo uno studio pubblicato su Nature climate change da quattro ricercatori italiani che lavorano presso il Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici (Cmcc), l’Rff-Cmcc european institute on economics, la Scuola superiore sant’Anna, l’Università Bocconi e il Politecnico di Milano, il rischio climatico influisce negativamente sui bilanci delle istituzioni finanziarie e, pertanto, può essere rilevante per la stabilità finanziaria, in particolare se il mondo della finanza non calcola correttamente i rischi correlati.

I danni alle infrastrutture causati da eventi catastrofici come frane e alluvioni e il calo di produttività delle imprese potrebbero far impennare i fallimenti delle banche

In altri termini i cambiamenti climatici rischiano di minare la stabilità del sistema finanziario su scala globale. Vi starete chiedendo: ma in che modo i rischi fisici di catastrofi ambientali da economici, sociali e poi geopolitici possono diventare finanziari? Partiamo dalla base: le imprese devono ripensare il loro modo di fare business e orientare le loro azioni verso un’economia a basse emissioni di gas (in particolare il carbonio) che sono estremamente dannosi per l’intero ecosistema.

Ma ciò risulta una sfida tutt’altro che semplice perché richiede investimenti che il sistema finanziario, per la crisi strutturale che attraversa e per la cecità del proprio management, non è in grado di sostenere. Di conseguenza i danni alle infrastrutture causati da eventi catastrofici come frane e alluvioni e il calo di produttività delle imprese potrebbero far impennare i fallimenti delle banche (da +26% fino a +248%), mentre il salvataggio di quelle insolventi costerebbe ai governi circa il 5-15% del Pil all’anno, con un’esplosione del debito pubblico che potrebbe arrivare a raddoppiare nel 2100.

TRA LE BANCHE ITALIANE QUASI NESSUNO VALUTA IL RISCHIO AMBIENTALE

Ma cosa stanno facendo le banche, soprattutto del nostro Paese, per salvaguardarsi da un rischio di perdite che tra qualche decennio possono diventare non assicurabili? Quali strategie (!!!) stanno producendo per ridurre l’esposizione nei confronti delle imprese ad alta intensità di carbonio? Nulla o quasi. In base alla mia esperienza diretta sul mercato italiano, al momento nel nostro Paese una sola banca, tralaltro di piccole dimensioni (Banca popolare etica), sta investendo in tal senso concretamente e non con protocolli ed elaborazioni di mission che servono solo a garantire una reputazione di facciata.

Le visioni strategiche delle banche solo concentrate sul breve periodo, all’insegna del “vediamo di tirare avanti ancora un po’”

In questa banca, per esempio, la valutazione del rischio creditizio nei confronti delle imprese e dei privati è effettuata anche da «valutatori sociali», che verificano tralaltro l’impatto ambientale del processo produttivo o commerciale dell’impresa nonché il rischio collegato all’erogazione di un mutuo per l’acquisto di un immobile in aree vulnerabili a inondazioni, incendi o uragani. Per il resto, visioni strategiche solo concentrate sul breve periodo, all’insegna del “vediamo di tirare avanti ancora un po’” .

E i regolatori finanziari, oltre alle necessarie analisi e studi effettuati al riguardo, che ruolo stanno avendo per sollecitare, se non imporre, strategie di mitigazione di tali rischi e adattamento veloce ad un contesto davvero preoccupante? Perché non obbligare (non suggerire) le banche ad adottare sistemi di credit rating che tengano conto di una valutazione ambientale di chi richiede un finanziamento? Forse solo perché, in tal modo, la loro fine sarebbe solo anticipata.

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Germania, la frattura tra Est e Ovest a 30 anni dal Muro

Berlino si è aperta. Rossa e solidale, attrae migliaia di alternativi. L’ex Ddr, però, è rimasta chiusa. E guarda all’ultradestra. Un bilancio per l’anniversario del 1989, oltre i festeggiamenti e la retorica.

Come per ogni grosso anniversario del 1989 le celebrazioni per la caduta del Muro popolano per più di una settimana Berlino. Installazioni e concerti davanti alla Porta di Brandeburgo, proiezioni in 3D ad Alexanderplatz, giochi di luce sulla Sprea e lungo i chilometri dei 28 anni di barriera, esposizioni e rievocazioni sulla Ddr disseminate in tutti i quartieri: il giubileo del 30ennale va in scena nella capitale dal 4 al 10 novembre 2019, alcune mostre si prolungano fino al 30ennale della riunificazione tedesca nel 2020. Viverlo dovrebbe essere un must per gli europei (anche dall’ex Germania Ovest) chiamati a comprendere la svolta («Wende») del 1989 che ha spostato a Est il cuore dell’Ue. Mentre per i tedeschi dell’ex Ddr la trasformazione dalla caduta del Muro è ancora una quotidianità. Incompiuta quanto combattuta, si scopre dalle testimonianze e dalle cronache dalle città delle Ddr che restano definite, nel bene e nel male, dall’eredità di un regime socialista.

LE LOTTE DELLA ROSSA BERLINO

A Berlino la rossa («povera ma sexy» agli occhi dell’ex sindaco storico post- Wende, Klaus Wowereit) resistono i valori anti-capitalisti e della solidarietà contro la spinta della gentrificazione e della speculazione. Il fenomeno è di aree centrali come Mitte o la multietnica Kreuzberg (l’ex settore Ovest del Checkpoint Charlie), piuttosto che delle estreme periferie, e contiene anche l’espandersi delle estreme destre. La metropoli che da 30 anni cambia visibilmente pelle vive male l’arrivo delle multinazionali e sfida i colossi privati immobiliari. «Google fuck off» è la scritta propagata a Kreuzberg alla notizia di un grande campus per start up della compagnia della Silicon Valley al posto di una vecchia centrale elettrica. Alla fine, diventata una Casa per l’impegno sociale con associazioni benefiche e piattaforme per raccogliere fondi per minori bisognosi. Scacciata dal popolo, alla fine del 2018 Google ha ridimensionato il progetto aprendo solo degli uffici in centro.

Berlino muro 30 anni Germania Est anniversario
Il murales del bacio tra Brezhnev e Honecker dell’artista russo Dmitri Vrubel, nell’East side gallery di Berlino, per le celebrazioni del 1989. GETTY.

ESPROPRIARE E NAZIONALIZZARE

Non lontano da Kreuzberg, sempre nell’ex settore Ovest, si è vinta la battaglia per sottrarre l’ex aeroporto di Tempelhof (quello del dirigibile Zeppelin e poi del ponte aereo americano) agli appetiti dei grandi costruttori. Grazie a un referendum del 2014, le piste sono conservate come parco pubblico e gli hangar, poco più di un anno dopo, hanno accolto una cospicua parte dell’ondata di profughi dai Balcani verso la capitale tedesca.

A Berlino il mercato del lavoro cresce del 13%, quasi doppio della media nazionale

Sarà più dura, ma da giugno 2019 un’altra petizione con oltre 77 mila firme (ne bastavano 20 mila) pende al Senato della città-Stato per ottenere con una consultazione popolare l’esproprio di centinaia di migliaia di appartamenti ai grandi fondi immobiliari. Poi per la loro nazionalizzazione in un’azienda comunale. Nel mirino dei residenti raccolti attorno a gruppi come Il referendum sugli affitti ed Espropriare Deutsche Wohnen c’è innanzitutto l’omonimo gigante privato intestatario di 112 mila abitazioni.

MENO AFFITTI, PIÙ LAVORO

Anche a Prenzlauer Berg delle ex comuni gentrificate si dimostra contro la bolla immobiliare che fa esplodere gli affitti raddoppiati in 10 anni. Per evitare un referendum bloccato dai ricorsi delle società immobiliari (entrambe le parti si appellano ad articoli della Costituzione, il 14 e il 15) l’Amministrazione tenta la strada del tetto ai canoni fino al 2025. Ma di per sé socialdemocratici (Spd), comunisti (Linke) e Verdi al governo a Berlino appoggiano la mobilitazione, in altri contesti rivoluzionaria. Si è sfilato a ottobre, sotto i preparativi per l’anniversario del 9 novembre 1989, allo slogan: «Prima un tetto, poi l’esproprio». Si manifesta regolarmente anche contro lo sgombero di locali alternativi da immobili occupati. Nella capitale a 30 anni dalla riunificazione il mercato del lavoro cresce il quasi doppio (13%, Prognos 2019) che della media nazionale (7%). Berlino è meno povera, ma per principio resta comunarda e anti-consumista.

Proiezioni delle proteste del 1989 sull’ex quartier generale della Stasi, a Berlino. GETTY.

L’EST RESTA CHIUSO E DIFFIDENTE

La metropoli tedesca diretta verso i 4 milioni di abitanti, libera dal Muro che spaccava l’Europa, è diventata un brillante modello di convivenza multietnica. Un’oasi di integrazione circondata da 12 milioni di ex cittadini dell’Est che – anche tra le nuove generazioni – spingono nella direzione opposta. La presa dei programmi autoritari delle estreme destre in Land come – si  è visto dalle Regionali del 2019 – la Turingia, la Sassonia e il Brandeburgo è il rovescio della medaglia del lascito del regime della Ddr all’interno del tessuto sociale.

Il numero di abitanti dell’ex Ddr resta ai livelli del 1905, complice lo spopolamento al crollo del regime

La chiusura verso l’esterno, in un territorio ancora pressoché estraneo all’immigrazione a differenza dell’Ovest, è il riflesso dal timore per gli stranieri dopo 40 anni di isolamento dall’Occidente. I tedeschi dei Land dell’Est – nonostante la costante, graduale crescita economica dal 1990 – restano i meno soddisfatti della qualità della vita e dei servizi, conferma anche l’Atlante del successo 2019 di Deutsche Post.

LA FRATTURA CON L’OCCIDENTE

Berlino attrae. Gli altri Land dell’Est no, e continuano a volgersi all’orbita dell’ex Urss da dove l’immigrazione non fa paura. Dai rilevamenti dell’Istituto di Ricerche Economiche di Dresda, dove il Comune ha dichiarato l’«emergenza nazismo», il numero di abitanti dell’ex Ddr resta ai livelli del 1905, complice lo spopolamento al crollo del regime. Gli attacchi di neonazi (omicidi e ferimenti politici, attentati, aggressioni agli stranieri) montano in tutta la Germania, ma nell’Est ancora di più. È mancato il decollo dal 1989 anche perché l’opinione pubblica risponde in maniera diversa dell’Ovest ai trend. Una delle cartine di tornasole è il fallito boom degli ambientalisti tra i 20enni – più richiamati dall’estrema destra di AfD. In controtendenza anche dalle ultime Amministrative a Berlino, dove migliaia di voti sono migrati ai Verdi dalla Linke e dalla Spd. Ma se la Berlino aperta e marxista guarda ancora a Rosa Luxemburg, l’altra ex Ddr preferisce la Russia sovranista di Vladimir Putin.

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Arrestato un sacerdote nel Casertano con l’accusa di pedofilia

In manette don Michele Mottola. Dopo le prime segnalazioni, sono state decisive le registrazioni col cellulare fatte dalla ragazzina.

Un sacerdote nel Casertano è stato arrestato con l’accusa abusi su una minore di 12 anni che frequentava la chiesa. L’arresto è stato eseguito dalla Polizia di Stato su ordine del Gip del Tribunale di Napoli Nord. A finire in manette è stato don Michele Mottola della parrocchia di Trentola Ducenta. Era stata la Diocesi di Aversa a inviare la prima segnalazione alla procura guidata da Francesco Greco sui presunti abusi commessi dal prete, che nel maggio scorso era stato sospeso dal servizio.

LE REGISTRAZIONI: «È SOLO UN GIOCO, NON FACCIAMO NIENTE DI MALE»

La ragazzina ha registrato con il telefonino gli incontri tenuti col sacerdote nella canonica della parrocchia, raccogliendo elementi rilevanti che hanno portato all’arresto dell’uomo. «Lasciami stare, non mi devi più toccare», è una delle frasi emblematiche che la piccola ha registrato mentre parlava con il prete; «è solo un gioco, non facciamo niente di male» sono le altre significative parole pronunciate invece dal sacerdote e finite nelle registrazioni consegnate dai genitori della bimba nel maggio scorso ai poliziotti del Commissariato di Aversa e fatte ascoltare alla diocesi, che ha subito sospeso don Michele dal servizio, informando la Procura di Napoli Nord. Nei confronti dell’uomo è stato avviato un processo canonico tuttora in corso.

DELLA VICENDA SI SONO OCCUPATE ANCHE LE IENE

Nel frattempo gli investigatori della Polizia di Stato guidati da Vincenzo Gallozzi hanno raccolto anche delle testimonianze. Il cerchio sulla ricostruzione della vicenda si è chiuso con l’incidente probatorio che ha messo la ragazzina e il sacerdote uno di fronte all’altro. La 12enne ha confermato che gli abusi andavano avanti da tempo, mentre don Michele si è difeso dicendo che la minore stava farneticando. Intanto i genitori della bimba si sono rivolti al programma tivù Le Iene perché la vicenda venisse fuori in tutta la sua drammaticità.

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Arrestato un sacerdote nel Casertano con l’accusa di pedofilia

In manette don Michele Mottola. Dopo le prime segnalazioni, sono state decisive le registrazioni col cellulare fatte dalla ragazzina.

Un sacerdote nel Casertano è stato arrestato con l’accusa abusi su una minore di 12 anni che frequentava la chiesa. L’arresto è stato eseguito dalla Polizia di Stato su ordine del Gip del Tribunale di Napoli Nord. A finire in manette è stato don Michele Mottola della parrocchia di Trentola Ducenta. Era stata la Diocesi di Aversa a inviare la prima segnalazione alla procura guidata da Francesco Greco sui presunti abusi commessi dal prete, che nel maggio scorso era stato sospeso dal servizio.

LE REGISTRAZIONI: «È SOLO UN GIOCO, NON FACCIAMO NIENTE DI MALE»

La ragazzina ha registrato con il telefonino gli incontri tenuti col sacerdote nella canonica della parrocchia, raccogliendo elementi rilevanti che hanno portato all’arresto dell’uomo. «Lasciami stare, non mi devi più toccare», è una delle frasi emblematiche che la piccola ha registrato mentre parlava con il prete; «è solo un gioco, non facciamo niente di male» sono le altre significative parole pronunciate invece dal sacerdote e finite nelle registrazioni consegnate dai genitori della bimba nel maggio scorso ai poliziotti del Commissariato di Aversa e fatte ascoltare alla diocesi, che ha subito sospeso don Michele dal servizio, informando la Procura di Napoli Nord. Nei confronti dell’uomo è stato avviato un processo canonico tuttora in corso.

DELLA VICENDA SI SONO OCCUPATE ANCHE LE IENE

Nel frattempo gli investigatori della Polizia di Stato guidati da Vincenzo Gallozzi hanno raccolto anche delle testimonianze. Il cerchio sulla ricostruzione della vicenda si è chiuso con l’incidente probatorio che ha messo la ragazzina e il sacerdote uno di fronte all’altro. La 12enne ha confermato che gli abusi andavano avanti da tempo, mentre don Michele si è difeso dicendo che la minore stava farneticando. Intanto i genitori della bimba si sono rivolti al programma tivù Le Iene perché la vicenda venisse fuori in tutta la sua drammaticità.

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Le pagelle del terzo Live di X Factor

Questa edizione davvero non decolla. I giudici sono totalmente inadeguati. I concorrenti non bucano. Tranne Davide che riesce a “resistere” persino alla disastrosa Malika Ayane.

«Sono successe un sacco di cose; due eliminati, ma questo è il meno». Avete capito, cari sognatori. Voi vi credete il lievito del talent, invece siete il pretesto. Siete il meno, specie se fallite. Parola del presentatore Alessandro Cattelan, al quale mettono in bocca dei lapsus rivelatori, ma lui non perde mai, è sempre lì, nessuno lo elimina. Invecchia con X Factor.

LEGGI ANCHE: Le pagelle del secondo Live di X Factor

A 40 anni, mette delle strane giacchette peterpanesche, o, come si vanta, «quattro vestiti uno sopra l’altro», per fare lo spiritoso o così pretende chi lo addobba. Del resto, stanno trasformando il giovane cespuglioso Lorenzo in uno strano boschetto glam, il non tanto rude parà Nicola in un arcobaleno vivente, la stentorea Giordana in una meringa spaziale, la genuina Sofia in qualcosa che non si capisce. E anche questo conferma la confusione di una edizione che va per conto suo, ma senza sapere dove.

UNO SHOW ABBELLITO E CHE SA DI FINZIONE

Cattelan stesso si abbevera ai social, alla reazioni del pubblico, naturalmente sorvola sui troppi commenti sbadiglianti. Evidentemente tanto altro da dire non ce l’ha, non ce l’hanno, non c’è. Sembra tutto così forzato, così costruito, mai come quest’anno, e non si capisce come uscire dall’impasse: s’inventano perfino l’eliminazione preventiva, secca, diretta, ma sa tanto di espediente incasinato. Poi ci resta sotto Marco, il rasta, il no-global, che invece era tra i pochi possibilmente personaggi, comunque il meno peggio insieme al pianista Davide Rossi, che sarà anche démodé, ma è di un altro pianeta qua. Ma è colpa di “quelli a casa”, del “popolo dei social”, che non l’han votato. Davvero? X Factor è truccato, quantomeno nel senso di abbellito.

I giudici Samuel, Mara Maionchi, Malika Ayane e Sfera Ebbasta (pagina Fb X Factor).

Anche quando gl‘illustri giudici si mettono a cantare, in apertura, sa un po’ di sagra agostana, di ospitata in discoteca, fate vobis. Che poi uno sente lo Sfera affogato nella melassa d’autotune e pensa, ma questo qui è un artista, questo qui giudica? Ma sì, è tutto per finta, come le scarpe aranciate di Cattelan, come gli scazzetti tra Sfera e Malika, che servon solo a citare i network del principale sponsor (i due ridono sotto i baffi con ribalda impudenza), come la moccioseria che, oooh, si eccita per tutto, come la gara che c’è e non c’è, arranca, e, vedi un po’, alla fine va avanti qualcuno che si porta addosso un insopportabile odore di raccomandazione

L’INADEGUATEZZA TOTALE DEI GIUDICI

ALESSANDRO CATTELAN: 6. Cambiano gli ornamenti, non il voto. Lo pronosticano a Sanremo, a Miss Italia, sulla luna, ma se fosse solo una profezia che si autoadempie?

MARA MAIONCHI: 5. Sei forte, sei bravo, hai cantato bene, sei stato bravo, sei proprio forte, non so i titoli, non so l’inglese, sono vecchia, Ah! Ah! Ah! Un vecchio disco che salta sulla puntina. Però è una volpona lei, tutor sì ma di se stessa, quante copertine, interviste, celebrazioni. Quante banalità. Intanto perde Marco, che peccato. 

MALIKA AYANE: 5-. L’antipatia innata ha finora velato una profonda verità: come coach è una incapace totale, non sa valorizzare i suoi, li appanna uno dopo l’altro. Però giudica, in Italia chi non sa giudica (vale anche per chi scrive, certo).

Ospite del terzo Live Marracash (pagina Fb di X Factor).

SFERA EBBASTA: 5-. Sembra tanto disinvolto, ma è la scioltezza ribalda di chi non ha niente da dire. Infatti, se ci fai caso, più che banalità piccoloborghesi con cannetta d’ordinanza, non spreme. Cultura musicale prossima allo zero, chissà se pure lui, come Fedez, è un Ambro Angiolini radiocomandato (Morgan dixit). Certo i suoi aspiranti sembrano procedere per conto loro, senza una guida: e per forza!

SAMUEL: 5-. Bisogna giudicare i giudici sul doppio livello. Come resa televisiva, svanisce. Come coach, alleva i superflui Booda e qualche portato dell’esperienza si vede. Ma se uno che fa ‘sto mestiere da 30 anni si «scioglie in lacrime» per lo stupro sul cadavere di Tenco dai due pesci lessi Seawards, due son le cose: o ha sbagliato mestiere, o cialtroneggia duro. 

MARRAKASH: 2. «La scrittura per me è in primo luogo una sorta di catarsi». Per te: per noi è una tortura. «La mia razza si estingue». Ma magari.

DAVIDE ROSSI, IL MIGLIORE MA NON SARÀ MAI ROCKSTAR

BOODA (All or Nothing, Elliphant): 5 ½. I Booda pestoni, partiti come outsider, recuperano e sono sempre più quotati. Chissà poi perché. Gli vanno costruendo addosso la tipica sessualità da talent, ma che altro c’è?

La performance dei Booda: All or Nothing, Elliphant (pagina Fb di X Factor).

NICOLA CAVALLARO (Happy, Pharrell Williams): 5-. Meritava di uscire subito, alle preselezioni: non canta, ringhia, ma un ringhio forzato, sforzato, e non inconfondibile. Ma lui si sente performer dentro, e qualche volta la convinzione fa miracoli.

SOFIA TORNAMBENE (C’est la vie, Achille Lauro): 6. Scelta da paragnosta, Sfera. Achille sta nel business XF, il compare assegna una sua cacatina, tutta ‘na famigghia. Poi la ragazzina, che par timidina ma non ha paura di nessuno, ci pensa lei. Va bene, solo che a lungo andare troppo zucchero causa il diabete, attenzione.

Sofia interpreta C’est la vie di Achille Lauro (Pagina Facebook X Factor).

LORENZO RINALDI (Baby I love you, Ramones): 3. Malika gli affibbia, o perché è sciocca o per ammazzarlo, una scelta fatale: al ragazzo triste manca completamente la carica debosciata per un pezzo come questo, ma a uno così gli dai i Ramones? Ma cos’hai nella testa, la sigla del dentifricio? Ma dai, tanto valeva sparagli. Difatti, vedi un po’: esce. 

EUGENIO CAMPAGNA (Cornflakes, inedito): 4. La sua canzone. La sua storia. Il suo amore. «Quando a notte ti scrivo oh e tu rispondi ehi» (ma non bastava Ultimo?). Il suo modo di essere cantautore. Di mettersi a nudo. Di raccontarsi. Che due maroni.

Eugenio presenta il suo inedito: Cornflakes (pagina Fb di X Factor).

SIERRA (Le acciughe fanno il pallone, Fabrizio de André): 3. Va detto che dei trapper hanno almeno un requisito fondamentale: l’insopportabilità. Sfregiano la salma di De André, con la complicità del musicalmente delinquenziale Samuel. Dice: trattatelo con rispetto. E loro: «Tu sei bella tanto che fai male, guarda questo è ridotto male, eyaya». De André riposa in fama di poeta, forse sopravvalutato, ma questo è davvero troppo.

Giordana canta Bellyache (Pagina Fb di X Factor).

GIORDANA PETRALIA (Bellyache, Billie eilish): 5-. Insomma non si capisce perché si deve pretendere (all’americana: fare finta di credere) che una pizza sia Ella Fitzgerald. E più questa va avanti, meno si capisce. E basta!

SEAWARDS (Vedrai Vedrai, Luigi Tenco): 3. Ecco come ammazzare un pezzo immortale. Senza sangue, senza pelle, senza intonazione: senza un c…. Gli ottoni degli amici di Samuel, Bandacadabra, aggiungono un delicato tocco di rottura di palle. Oh, che fenomeni ‘sti due. Ma se sembrano due becchini. 

I Seawards in Vedrai Vedrai di Tenco (Pagina Fb di X Factor).

DAVIDE ROSSI (Why d’you only…, Artic Monkey): 7 ½. Di bravi, ma proprio bravi, c’è rimasto solo lui. Un gioiellino che neppure la polverosa disastrosa Ayane riesce a opacizzare. Oh, 16 anni ha! Sempre più evidente l’ispirazione da Elton John, ma potrà vivere di luce propria, anche se il nostro caro Davide, rockstar non sarà mai.

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Questa edizione davvero non decolla. I giudici sono totalmente inadeguati. I concorrenti non bucano. Tranne Davide che riesce a “resistere” persino alla disastrosa Malika Ayane.

«Sono successe un sacco di cose; due eliminati, ma questo è il meno». Avete capito, cari sognatori. Voi vi credete il lievito del talent, invece siete il pretesto. Siete il meno, specie se fallite. Parola del presentatore Alessandro Cattelan, al quale mettono in bocca dei lapsus rivelatori, ma lui non perde mai, è sempre lì, nessuno lo elimina. Invecchia con X Factor.

LEGGI ANCHE: Le pagelle del secondo Live di X Factor

A 40 anni, mette delle strane giacchette peterpanesche, o, come si vanta, «quattro vestiti uno sopra l’altro», per fare lo spiritoso o così pretende chi lo addobba. Del resto, stanno trasformando il giovane cespuglioso Lorenzo in uno strano boschetto glam, il non tanto rude parà Nicola in un arcobaleno vivente, la stentorea Giordana in una meringa spaziale, la genuina Sofia in qualcosa che non si capisce. E anche questo conferma la confusione di una edizione che va per conto suo, ma senza sapere dove.

UNO SHOW ABBELLITO E CHE SA DI FINZIONE

Cattelan stesso si abbevera ai social, alla reazioni del pubblico, naturalmente sorvola sui troppi commenti sbadiglianti. Evidentemente tanto altro da dire non ce l’ha, non ce l’hanno, non c’è. Sembra tutto così forzato, così costruito, mai come quest’anno, e non si capisce come uscire dall’impasse: s’inventano perfino l’eliminazione preventiva, secca, diretta, ma sa tanto di espediente incasinato. Poi ci resta sotto Marco, il rasta, il no-global, che invece era tra i pochi possibilmente personaggi, comunque il meno peggio insieme al pianista Davide Rossi, che sarà anche démodé, ma è di un altro pianeta qua. Ma è colpa di “quelli a casa”, del “popolo dei social”, che non l’han votato. Davvero? X Factor è truccato, quantomeno nel senso di abbellito.

I giudici Samuel, Mara Maionchi, Malika Ayane e Sfera Ebbasta (pagina Fb X Factor).

Anche quando gl‘illustri giudici si mettono a cantare, in apertura, sa un po’ di sagra agostana, di ospitata in discoteca, fate vobis. Che poi uno sente lo Sfera affogato nella melassa d’autotune e pensa, ma questo qui è un artista, questo qui giudica? Ma sì, è tutto per finta, come le scarpe aranciate di Cattelan, come gli scazzetti tra Sfera e Malika, che servon solo a citare i network del principale sponsor (i due ridono sotto i baffi con ribalda impudenza), come la moccioseria che, oooh, si eccita per tutto, come la gara che c’è e non c’è, arranca, e, vedi un po’, alla fine va avanti qualcuno che si porta addosso un insopportabile odore di raccomandazione

L’INADEGUATEZZA TOTALE DEI GIUDICI

ALESSANDRO CATTELAN: 6. Cambiano gli ornamenti, non il voto. Lo pronosticano a Sanremo, a Miss Italia, sulla luna, ma se fosse solo una profezia che si autoadempie?

MARA MAIONCHI: 5. Sei forte, sei bravo, hai cantato bene, sei stato bravo, sei proprio forte, non so i titoli, non so l’inglese, sono vecchia, Ah! Ah! Ah! Un vecchio disco che salta sulla puntina. Però è una volpona lei, tutor sì ma di se stessa, quante copertine, interviste, celebrazioni. Quante banalità. Intanto perde Marco, che peccato. 

MALIKA AYANE: 5-. L’antipatia innata ha finora velato una profonda verità: come coach è una incapace totale, non sa valorizzare i suoi, li appanna uno dopo l’altro. Però giudica, in Italia chi non sa giudica (vale anche per chi scrive, certo).

Ospite del terzo Live Marracash (pagina Fb di X Factor).

SFERA EBBASTA: 5-. Sembra tanto disinvolto, ma è la scioltezza ribalda di chi non ha niente da dire. Infatti, se ci fai caso, più che banalità piccoloborghesi con cannetta d’ordinanza, non spreme. Cultura musicale prossima allo zero, chissà se pure lui, come Fedez, è un Ambro Angiolini radiocomandato (Morgan dixit). Certo i suoi aspiranti sembrano procedere per conto loro, senza una guida: e per forza!

SAMUEL: 5-. Bisogna giudicare i giudici sul doppio livello. Come resa televisiva, svanisce. Come coach, alleva i superflui Booda e qualche portato dell’esperienza si vede. Ma se uno che fa ‘sto mestiere da 30 anni si «scioglie in lacrime» per lo stupro sul cadavere di Tenco dai due pesci lessi Seawards, due son le cose: o ha sbagliato mestiere, o cialtroneggia duro. 

MARRAKASH: 2. «La scrittura per me è in primo luogo una sorta di catarsi». Per te: per noi è una tortura. «La mia razza si estingue». Ma magari.

DAVIDE ROSSI, IL MIGLIORE MA NON SARÀ MAI ROCKSTAR

BOODA (All or Nothing, Elliphant): 5 ½. I Booda pestoni, partiti come outsider, recuperano e sono sempre più quotati. Chissà poi perché. Gli vanno costruendo addosso la tipica sessualità da talent, ma che altro c’è?

La performance dei Booda: All or Nothing, Elliphant (pagina Fb di X Factor).

NICOLA CAVALLARO (Happy, Pharrell Williams): 5-. Meritava di uscire subito, alle preselezioni: non canta, ringhia, ma un ringhio forzato, sforzato, e non inconfondibile. Ma lui si sente performer dentro, e qualche volta la convinzione fa miracoli.

SOFIA TORNAMBENE (C’est la vie, Achille Lauro): 6. Scelta da paragnosta, Sfera. Achille sta nel business XF, il compare assegna una sua cacatina, tutta ‘na famigghia. Poi la ragazzina, che par timidina ma non ha paura di nessuno, ci pensa lei. Va bene, solo che a lungo andare troppo zucchero causa il diabete, attenzione.

Sofia interpreta C’est la vie di Achille Lauro (Pagina Facebook X Factor).

LORENZO RINALDI (Baby I love you, Ramones): 3. Malika gli affibbia, o perché è sciocca o per ammazzarlo, una scelta fatale: al ragazzo triste manca completamente la carica debosciata per un pezzo come questo, ma a uno così gli dai i Ramones? Ma cos’hai nella testa, la sigla del dentifricio? Ma dai, tanto valeva sparagli. Difatti, vedi un po’: esce. 

EUGENIO CAMPAGNA (Cornflakes, inedito): 4. La sua canzone. La sua storia. Il suo amore. «Quando a notte ti scrivo oh e tu rispondi ehi» (ma non bastava Ultimo?). Il suo modo di essere cantautore. Di mettersi a nudo. Di raccontarsi. Che due maroni.

Eugenio presenta il suo inedito: Cornflakes (pagina Fb di X Factor).

SIERRA (Le acciughe fanno il pallone, Fabrizio de André): 3. Va detto che dei trapper hanno almeno un requisito fondamentale: l’insopportabilità. Sfregiano la salma di De André, con la complicità del musicalmente delinquenziale Samuel. Dice: trattatelo con rispetto. E loro: «Tu sei bella tanto che fai male, guarda questo è ridotto male, eyaya». De André riposa in fama di poeta, forse sopravvalutato, ma questo è davvero troppo.

Giordana canta Bellyache (Pagina Fb di X Factor).

GIORDANA PETRALIA (Bellyache, Billie eilish): 5-. Insomma non si capisce perché si deve pretendere (all’americana: fare finta di credere) che una pizza sia Ella Fitzgerald. E più questa va avanti, meno si capisce. E basta!

SEAWARDS (Vedrai Vedrai, Luigi Tenco): 3. Ecco come ammazzare un pezzo immortale. Senza sangue, senza pelle, senza intonazione: senza un c…. Gli ottoni degli amici di Samuel, Bandacadabra, aggiungono un delicato tocco di rottura di palle. Oh, che fenomeni ‘sti due. Ma se sembrano due becchini. 

I Seawards in Vedrai Vedrai di Tenco (Pagina Fb di X Factor).

DAVIDE ROSSI (Why d’you only…, Artic Monkey): 7 ½. Di bravi, ma proprio bravi, c’è rimasto solo lui. Un gioiellino che neppure la polverosa disastrosa Ayane riesce a opacizzare. Oh, 16 anni ha! Sempre più evidente l’ispirazione da Elton John, ma potrà vivere di luce propria, anche se il nostro caro Davide, rockstar non sarà mai.

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In Campania continua il braccio di ferro tra Anpal e Regione sui navigator

La giunta regionale non ha ancora dato il via libera alla convenzione. «L’impegno sottoscritto da De Luca non corrisponde ai fatti».

Stallo senza fine tra Regione Campania e Anpal sui navigator. L’Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro ha fatto sapere che è ancora tutto bloccato. «Apprendiamo con rammarico e stupore», si legge in una nota, «che la giunta regionale della Campania non ha approvato la convenzione tra Anpal Servizi e Regione Campania che definiva le modalità di assistenza tecnica dei navigator», senza la quale non si può procedere all’assunzione dei 471 navigator campani vincitori della selezione pubblica.

«In questi 15 giorni», hanno sottolineato Anpal e Anpal Servizi, «abbiamo accolto le molteplici modifiche richieste dagli uffici regionali per favorire l’avvio delle attività. Abbiamo operato con senso di responsabilità, forti dell’impegno sottoscritto con il presidente della giunta Vincenzo De Luca lo scorso 17 ottobre».

«Dobbiamo constatare che all’impegno sottoscritto e diffuso a mezzo stampa sui media non corrisponda la volontà fattuale del presidente di far partire le attività dei navigator in Regione Campania, che potrebbero essere avviate come avvenuto nelle altre 19 Regioni un attimo dopo la stipula della convenzione».

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Matera2019, due giorni di confronto su valore residenze artistiche

Le residenze oggi rappresentano uno degli strumenti principali di indagine, studio e produzione artistica. Una costellazione di realtà – si legge in un cmunicato stampa della Fondazione Matera Basilicata 2019 – che offre un quadro della scena creativa contemporanea molto effervescente e saldamente radicata sui territori; un lavoro che svolge un ruolo importante nella rigenerazione dei territori e nell’accessibilità al mondo dell’arte contemporanea. All’interno del programma di Matera Capitale Europea della Cultura 2019, largo spazio è stato dedicato ai progetti di residenza artistica: l’Avviso pubblico Residenze Matera Basilicata 2019 rivolto a operatori culturali con sede operativa e legale in Basilicata (9 progetti selezionati e finanziati); il progetto AltoFest Matera Basilicata 2019, che dal 4 novembre all’8 dicembre porta artisti nazionali e internazionali nelle abitazioni dei lucani; le residenze artistiche nei comuni lucani coinvolti nel progetto Gardentopia, dedicato alla cultura del verde e alla cittadinanza attiva; il progetto Pulverturm, creato con l’obiettivo di stringere una relazione fra artisti lucani e la città austriaca di Feldkirch, candidata al titolo di Capitale Europea della Cultura per il 2024; il Passport Program promosso con Eu Japan Fest per offrire agli artisti lucani l’opportunità di confrontarsi con artisti e professionisti della cultura giapponesi attraverso un Programma Congiunto di Scambi Culturali.
In tale contesto, la Fondazione Matera Basilicata 2019 organizza il 15 e 16 novembre a Matera presso il Complesso Le Monacelle a partire dalle ore 10:00, “MAT-A.I.R. 2019. Come & Seed: coltivare nuovi modelli di residenza” (ingresso gratuito fino ad esaurimento posti). La due giorni vuole offrire un momento di presentazione, dialogo, confronto, approfondimento sui modelli e modalità di gestione dei progetti di residenze in Basilicata, in Italia e in Europa. E, in un anno così importante per la cultura, da Matera e dal Sud Italia avviare, con operatori del settore, artisti, istituzioni pubbliche e private, una discussione sul ruolo e l'importanza culturale, sociale e artistica delle residenze, spesso non riconosciuto e adeguatamente supportato. La due giorni sarà anticipata da un’anteprima il 14 novembre a Venosa, in programma alle ore 19:00 presso l’Auditorium dei Padri Trinitari, dove sarà possibile partecipare all’Assemblea a porte aperte organizzata nell’ambito di AltoFest Matera Basilicata 2019, che prende il via proprio nell’area del Vulture. Un’occasione di confronti e idee con le comunità ospitanti e residenti coinvolte nel progetto.
Le giornate materane – prosegue la nota – saranno caratterizzate da discussioni aperte nell’ambito di tre tavoli di lavoro sul suolo delle residenze, rispettivamente come strumento di rigenerazione territoriale, di engagement e di creazione e produzione artistica. Per ciascun tavolo saranno presentate le testimonianze di progetti di residenza sperimentati a livello locale nell’ambito delle Residenze di Matera 2019 (Basilicata Link, Gardentopia, Associazione Terrarossa, MaterAlberga) e a livello nazionale (Progetto Diogene / Piemonte, Guilmi Art Project / Abruzzo, Fare e network AIR-artinresidence.it / Lombardia, Viaindustriae / Marche, The Blank / Lombardia). Per ogni tavolo tematico, sarà infine presentata l’esperienza di un network che lavora sulle residenze artistiche a livello internazionale: Res Artis (modelli in Europa), On the move (sostegno alla mobilità), In Situ (strumento di produzione artistica). I tavoli di lavoro saranno coordinati da esperti del settore come Aria Spinelli, curatrice Indipendente e Research Associate MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, la giornalista di Artribune Desirée Maida, e Matteo Innocenti, curatore e giornalista.
Nel pomeriggio di sabato, ci sarà il momento di restituzione delle discussioni agli stakeholder locali e nazionali, fra cui rappresentanti del Ministero dei Beni Culturali e della Direzione Creatività contemporanea e rigenerazione urbana, delle Regioni Piemonte, Basilicata, Lombardia, Puglia, della Fondazione Matera Basilicata 2019, della SIAE – Per Chi Crea, e di Aziende e Fondazioni. Obiettivo è restituire una bozza di “Carta di Matera” che impegni le istituzioni pubbliche e private a riconoscere le residenze come luogo dell’avanguardia artistica, da non limitare al pubblico spettacolo ma da allargare ad ogni forma di espressione artistica possibile.
Parteciperanno alla discussione le associazioni coinvolte nei progetti di residenza di Matera 2019 come Plus Hub Pisticci, Supertramp, Terre Joniche Magna Grecia, Basilicata Link, Centro Carlo Levi, Synchronos – Musma, Arci Basilicata, Associazione Al Parco Onlus, Associazione Terrarossa, insieme a esperienze di realtà nazionali e internazionali come Guilmi Art Project, Progetto Diogene, Associazione Ramdom, The Blank, Viaindustriae, Fare Network, Vis A Vis, Regione Lombardia, Regione Piemonte, Fondazione Enrico Mattei, Res Artis, Maxxi, Air – Artist In Residence, On The Move, In Situ, Gardentopia, Materalberga.
 

Sicurezza sul lavoro, contestate 40 violazioni ad aziende agricole

Nell’ambito delle attività di vigilanza e di controllo disposte dell’Azienda sanitaria di Potenza nei mesi di settembre e ottobre sono state ispezionate 72 aziende agricole e contestate 40 violazioni alla normativa sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Di queste violazioni circa il 30 per cento hanno riguardato i luoghi di lavoro (con pericoli quali le vasche raccolta liquame non protette, servizi igienici inadeguati e inidoneità dei locali di custodia dei fitosanitari); il 40 per cento hanno riguardato le attrezzature di lavoro (trattori privi dei dispositivi di protezione contro il rischio di capovolgimento e la mancanza di ripari degli organi in movimento); il 30 per cento delle violazioni sono dipese da una carenza documentale (inadeguata valutazione dei rischi, mancata informazione e formazione dei lavoratori, mancata sorveglianza sanitaria, etc).

Lo rende noto Biagio Schettino, direttore dell’Unità operativa Medicina del Lavoro e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro dell’Asp, precisando che “dall’analisi del lavoro svolto è emerso che il 90 per cento delle violazioni sono state accertate nel comparto zootecnico, settore più a rischio di infortuni gravi e mortali. L’Unità operativa Medicina del lavoro considera il comparto zootecnico uno dei settori a maggior rischio, sia per gravità che per frequenza, e quindi chiede una particolare attenzione da parte di tutte le associazioni di categoria per promuovere la cultura della sicurezza. Il nostro obiettivo – aggiunge Schettino – è quello di ridurre le morti in agricoltura e in particolare quelle legate all’uso del trattore, per carenze di protezioni e per comportamenti imprudenti, questo sarà possibile solo se alle nostre azioni di prevenzione si troverà il sostegno di tutto il mondo agricolo. L’impegno futuro sarà di intensificare ogni azione di collaborazione per raggiungere questo traguardo”. 

Asm, al via la vaccinazione antinfluenzale

Inizia lunedì 11 novembre in tutti gli Uffici sanitari dell’Asm la vaccinazione antinfluenzale stagionale e antipneumococcica (per la prevenzione della malattia invasiva da pneumococco). Sarà possibile effettuarla anche presso gli studi dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. Lo rende noto l’Azienda sanitaria del materano.
La vaccinazione stagionale – si legge nel comunicato stampa – è prioritaria per i cittadini di età pari o superiore ai 65 anni e per i bambini di età superiore ai 6 mesi, ragazzi e adulti affetti da malattie croniche a carico dell'apparato respiratorio (incluso l'asma, la displasia broncopolmonare, la fibrosi cistica e la broncopatia cronico-ostruttiva), malattie dell'apparato cardio-circolatorio, comprese le cardiopatie congenite e acquisite da diabete mellito e altre malattie metaboliche, malattie renali con insufficienza renale; malattie degli organi emopoietici ed emoglobinopatie; tumori; malattie congenite o acquisite che comportino carente produzione di anticorpi, immunosoppressione indotta da farmaci o da Hiv; malattie infiammatorie croniche e sindromi da malassorbimento intestinale; patologie per le quali sono programmati importanti interventi chirurgici; patologie associate ad un aumentato rischio di aspirazione delle secrezioni respiratorie (ad esempio malattie neuromuscolari).
Devono vaccinarsi con priorità anche bambini e adolescenti in trattamento a lungo termine con acido acetilsalicilico, a rischio di sindrome di Reye in caso di infezione influenzale; donne che all'inizio della stagione epidemica (influenza stagionale) si trovino nel secondo e terzo trimestre di gravidanza; individui di qualunque età ricoverati presso strutture di lungodegenza; medici e personale sanitario di assistenza; familiari a contatto di soggetti ad alto rischio; soggetti addetti a servizi pubblici di primario interesse collettivo; personale che, per motivi di lavoro, è a contatto con animali che potrebbero costituire fonte di infezione da virus influenzali non umani (allevatori, addetti alle attività di allevamento, addetti al trasporto di animali vivi, macellatori e vaccinatori, veterinari pubblici).
I competenti uffici dell'Asm, i medici di medicina generale e i pediatri – conclude la nota – sono a completa disposizione per ogni ulteriore informazione.
  

A Matera e Policoro un corso informativo sulla celiachia

l’Azienda sanitaria di Matera ha organizzato due moduli informativi sulla celiachia, che si terranno lunedì 18 novembre 2019 dalle ore 15,00 alle ore 19,00 presso la sala “Coretti” dell’Asm in via Montescaglioso a Matera e lunedì 25 novembre 2019 dalle ore 15,00 alle 19,00 presso la sala consiliare del Comune di Policoro. La partecipazione ai corsi è libera e gratuita. Alla fine del corso verrà rilasciato un attestato di partecipazione.

“Sono sempre più numerosi – si legge in una nota dell’Asm – i soggetti affetti da celiachia, stato di salute fortemente invalidante se non correttamente curata con l’unico strumento ad oggi a disposizione: la prevenzione. È sufficiente che il celiaco escluda dalla sua dieta il ‘glutine’ per risolvere il suo stato di disagio o di malattia conclamata. È in questa ottica che la legge n. 123/2005 prevede che le Regioni, per il tramite del Servizio igiene degli alimenti e della nutrizione dell'Asl, organizzino dei corsi informativi sulla celiachia, nell'ambito delle attività di formazione e aggiornamento professionale rivolti a ristoratori e ad albergatori”.

Il programma del corso verterà principalmente sull’inquadramento della patologia: modalità di prevenzione delle riacutizzazioni, alimenti pericolosi e sostitutivi, modalità di preparazione degli alimenti per celiaci e caratteristiche strutturali ed organizzative dei locali destinati a pubblica somministrazione. Inoltre, sarà illustrata la nuova legge regionale che regolamenta l’attività di vendita e produzione di alimenti per celiaci.

Il piano di Facebook per evitare a Usa 2020 la débacle del 2016

Lotta alle interferenze straniere, trasparenza delle pagine e stretta sulle fake news: dopo gli scandali Zuckerberg potenzia la war room di Menlo Park in vista delle elezioni.

Manca un anno alle elezioni presidenziali americane 2020 e stavolta Facebook non vuole arrivare impreparata e ripetere la débacle del 2016. Così il più famoso social network al mondo ha lanciato il suo piano per proteggere il processo democratico del voto da interferenze straniere e disinformazione, dichiarando guerra a fake news e falsi account.

«ABBIAMO NOI LA RESPONSABILITÀ»

«Abbiamo la responsabilità di fermare ogni abuso e interferenza sulla nostra piattaforma», ha affermato il gruppo di Mark Zuckerberg, che ha messo a punto protocolli di sicurezza e trasparenza che vanno dalla difesa degli account dei candidati e dei partiti alla strettissima sorveglianza della rete attraverso il lavoro di una vera e propria war room già sperimentata per le elezioni di metà mandato nel 2018 e dove sarà all’opera una task force di esperti ed analisti nei piani ancor più efficiente.

I CONTINUI ATTACCHI DOPO USA 2016

Del resto le Presidenziali americane del 2020 saranno più che mai le elezioni dei social media e quello che si vuole assolutamente evitare è ripetere gli errori del passato, quando la Russia nel 2016 ha fatto di Facebook l’attore principale per seminare discordia e incertezza, scoraggiare l’affluenza alle urne e dare impulso al nazionalismo bianco. Per questo Facebook è da anni nell’occhio del ciclone, con Zuckerberg costretto più volte a difendersi anche in Congresso.

Soprattutto dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, la società a cui sono stati affidati senza consenso i dati di decine di milioni di utenti per utilizzarli per scopi politici.

LOTTA ALLE INTERFERENZE, AUMENTO DELLA TRASPARENZA E STRETTA SULLE FAKE NEWS

I cardini del piano messo a punto nel quartier generale di Menlo Park sono la lotta alle interferenze straniere con un programma in grado di individuare i cosiddetti ‘bad actors’ che agiscono nella rete, l’aumento della trasparenza delle pagine e della pubblicità, una severissima stretta su ogni forma di disinformazione e sui contenuti d’odio. Questa dunque la risposta di Facebook dopo che Twitter, sempre in previsione delle elezioni americane del prossimo anno, ha deciso di risolvere il problema in maniera drastica vietando gli spot pubblicitari di carattere politico. Ma per Zuckerberg non è questa la strada giusta da seguire, perché – sostiene il fondatore di Facebook – vietare la pubblicità politica vuol dire censurare la libertà di parola e di espressione.

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