Germania, assedio alla Grande coalizione di Merkel

I nuovi leader della Spd Saskia Esken e Norbert Walter-Borjans vogliono cambiare il contratto di governo con la cancelliera e ricostruire il welfare state. I conservatori dicono no e la tenuta dell’esecutivo è a rischio. Mentre l’estrema destra di AfD è pronta a cannibalizzare i moderati in un voto anticipato. Lo scenario.

Due politici sconosciuti all’estero, Saskia Esken e Norbert Walter-Borjans, ma evidentemente noti alla base in Germania come dissidenti della linea di governo, sono stati incoronati come leader dagli iscritti al partito socialdemocratico.

Uno schiaffo all’establishment della Spd che dal 2013 governa con i conservatori di Angela Merkel, e una doccia fredda per i conservatori della Cdu-Csu. Farà di tutto per non darlo a vedere, ma la cancelliera ha buoni motivi di trascorrere il Natale nel panico.

Il suo vice Olaf Scholz, ponderato e competente ministro delle Finanze, era il nuovo leader in pectore della Spd, con il braccio destro Klara Geywitz. Sapeva di raccogliere un partito in macerie, dopo le dimissioni in primavera di Andrea Nahles sopraffatta dai fallimenti. Scholz sapeva anche di essere sul filo di lana con numeri: in testa al primo turno, ma con appena il 23% rispetto al 21% di quelli che sono diventati nuovi leader. Nondimeno nessuno, neanche il duo Esken-Walter-Borjans verso l’investitura al Congresso (6-8 dicembre 2019), si attendeva un segnale così forte dagli oltre 200 mila tesserati che hanno risposto al ballottaggio.

I ROBIN HOOD DEI CONTRIBUENTI

«115 mila compagni hanno votato per i due queruli», rompiscatole, commentano in Germania. Mentre i nuovi vertici dell‘estrema destra di AfD, eletti con un tempismo inquietante insieme a Esken e Walter-Borjans, puntano da sciacalli a quel che, profetizzano, resterà dell’Unione della Cdu-Csu. Benché la solida Bundesrepublik si muova a passo lento e monotono (Merkel è cancelliera dal 2006, Helmut Kohl suo pigmalione guidò la Germania per 16 anni), in effetti i tempi potrebbero essere maturi per uno scossone che porti al voto anticipato nel 2020. Il duo Esken-Walter-Borjans ha trascorso anni nelle retrovie, dissociandosi dai tagli al welfare e dalle aperture al mercato già dell’Agenda 2010 di Gerhard Schröder. «Il peccato originale», dicono, della Spd del terzo millennio. Il loro mantra è la «rinegoziazione del contratto di Grande coalizione», chiuso a fatica nel 2018 tra la Spd e la Cdu-Csu, dopo mesi di inedito vuoto di governo per la locomotiva d’Europa. Walter-Borjans, soprannominato il «Robin Hood dei contribuenti», a Merkel chiede di alzare il reddito minimo di 12 euro e ancora più fondi per il clima.

Germania leader Spd Merkel estrema destra AfD
La cancelliera Angela Merkel (Cdu) con il vice cancelliere Olaf Scholz (Spd). GETTY.

L’ENDORSEMENT DI LAFONTAINE

Musica per le orecchie dell’eminenza grigia della Linke – ed ex presidente dei socialdemocratici – Oskar Lafontaine che vede spianarsi la strada per un’alleanza tra la sua sinistra radicale, i Verdi e una Spd tornata alle origini. «Adesso bisogna rompere con il neoliberismo», ha subito commentato il leader tradito da Schröder, «Esken e Walter-Borjans hanno avuto questa chance perché slegati dalle scelte sbagliate del passato. Possono ricostruire lo stato sociale e tornare alla politica di pace di Willy Brandt». L’attacco è anche alla politica muscolare della leader della Cdu, delfina della cancelliera, Annegret Kramp-Karrenbauer, da qualche mese ministro della Difesa, che accelera sul riarmo e auspica nuove riduzioni a un welfare, a suo avviso, «ai limiti del sostenibile». Lafontaine conosce bene la durezza di Kramp-Karrenbauer: entrambi, in tempi diversi, hanno governato la piccola Saarland afflitta dalla crisi dell’acciaio e dalla deindustrializzazione. Nei modi Merkel è più soft, ma la sostanza non cambia: il suo capo di gabinetto ha tagliato corto, di ritocchi all’accordo di governo i cristiano-democratici e sociali non vogliono saperne.

VERSO L’ALLEANZA A SINISTRA?

Difficile che il Robin Hood dei contribuenti e la co-leader si rimangino mesi di campagna e anni di militanza. Hanno anche l’appoggio dell’ala giovanile (Jusos) della Spd. A quel punto i socialdemocratici perderebbero anche il 14-15%, toccando davvero lo zero. E se si rompe il giocattolo e si spacca ancora il partito – Scholz, scosso dai risultati, esclude le sue dimissioni dal ministro dell’Eurogruppo – si possono solo anticipare le Legislative. La nuova guida dei socialdemocratici invita a non guardare come a un tabù le coalizioni con la Linke che dal 1990 inglobò i socialisti dell’ex Ddr: gli esperimenti nei governi locali, nei Comuni e nei Land sono incoraggianti. Nuovi laboratori in questa direzione stanno nascendo dalle alleanze anti-AfD delle Amministrative nel 2019. Verdi e sinistra radicale, con una Spd che inverte davvero rotta dalle grandi coalizioni, potrebbero mollare gli ormeggi per gli esecutivi nazionali. Ne sono convinti anche nell’estrema destra, intenzionata di conseguenza ad «andare al governo» con la Cdu-Csu. Per alcuni conservatori, soprattutto nell’ala bavarese della Csu, non sarebbe la fine del mondo.

L’ESTREMA DESTRA MIRA A ENTRARE NEL GOVERNO

Il regista dell’operazione Aexander Gauland ha passato quasi 40 anni nella Cdu, ed è deciso a traghettare l’AfD – con tutte le sue anime – verso l’alleanza con i moderati. Al Congresso di Braunschweig, assediato da 20 mila contestatori, ha ceduto lo scettro di portavoce a Tino Chrupalla, 44enne homo faber di AfD ed ex militante nei pulcini della Cdu, il «suo ragazzo» commentano in Germania. Come Gauland, Chrupalla viene dalla Sassonia, roccaforte di AfD e delle frange più estremiste dell’estrema destra. È un ex imbianchino e decoratore, un piccolo imprenditore che sa parlare alla gente, chiede sicurezza ed è vicino alla Russia. Da deputato, ha sferrato duri attacchi alla cancelliera Merkel. È definito un «patriota tedesco», come il braccio destro, co-presidente di AfD Jörg Meuthen. Ma ultimamente Chrupalla ha addolcito i toni schierandosi «contro gli antisemiti nel partito», si mormora su ordine di Gauland che in parlamento, fino al nuovo voto, continua a essere il capogruppo e a indicare le mosse. Convinto che presto o tardi tutta la sinistra si metterà d’accordo, e quel giorno Afd vuole essere pronta.

Germania leader Spd Merkel estrema destra AfD
Tino Chrupalla e Joerg Meuthen, alla presidenza dell’estrema destra di AfD, in Germania. GETTY.

IL MAQUILLAGE DI AFD

All’ultimo Congresso anche l’ala ultranazionalista di AfD che ha trionfato in Sassonia, la Flügel di Björn Höcke, ha abbandonato i toni neonazisti. Tutti, incluso Höcke, fanno i responsabili per scalare il Bundestag. Anche a questo servono Chrupalla e Meuthen: appartenenti alla corrente “moderata” ma dialoganti con i leader più estremi del movimento. Che la Cdu, in particolare, ceda alle lusinghe di AfD è però ancora più improbabile di un’apertura alla sinistra della Spd. Proprio i cristiano-democratici di Merkel sono vittime dell’omicidio politico di Walter Lübcke, il governatore locale che accoglieva i migranti freddato a giugno da un neonazista. Le lunghe frequentazioni di figure di AfD come Höcke in questo sottobosco sono assodate. Un sì all’estrema destra spaccherebbe l’Unione della Cdu-Csu più di quanto Esken e Walter-Borjans non dividano i socialdemocratici. E che per AfD si tratti solo maquillage è evidente: il deputato Stephan Brandner, appena destituito dalla guida della commissione parlamentare della Giustizia, per diverse affermazioni razziste e antisemite, è stato eletto vice presidente di AfD.

IL PRECIPIZIO DELLA SPD

Un fatto «mai accaduto prima» nella storia della Bundesrepublik, fanno quadrato tutte le altre forze politiche. L’altro vicepresidente di AfD, in tandem con l’ex co-leader certo non tenera Alice Weidel, è l’ex eurodeputata Beatrix von Storch, nipote dell’ultimo primo ministro di Adolf Hitler. Ricostruire una verginità ad AfD è una mission impossibile. Ma anche i due nuovi leader della Spd sono sul crinale di un precipizio. Nahles, prima donna alla guida dei socialdemocratici, fu nominata nel 2018 con il 50%, il suo mentore Martin Schulz era stato acclamato all’unanimità nel 2017, ma entrambi sono durati poco. Lo storico partito europeo ha continuato a perdere consensi ed elezioni. Al duo si rimprovera già, da una fetta minoritaria ma significativa del partito, la scarsa preparazione nazionale e di governo al cospetto, per esempio, del vice-cancelliere Scholz. Esken, 58enne informatica di Stoccarda, è stata dirigente locale del partito, prima che deputata. Walter-Borjans è un economista 67enne, già ministro delle Finanze nel Nord Reno-Westfalia. Nahles è uscita di scena da leader della Spd con un «statemi bene». Al nuovo duo intanto auguri.

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I nuovi leader della Spd Saskia Esken e Norbert Walter-Borjans vogliono cambiare il contratto di governo con la cancelliera e ricostruire il welfare state. I conservatori dicono no e la tenuta dell’esecutivo è a rischio. Mentre l’estrema destra di AfD è pronta a cannibalizzare i moderati in un voto anticipato. Lo scenario.

Due politici sconosciuti all’estero, Saskia Esken e Norbert Walter-Borjans, ma evidentemente noti alla base in Germania come dissidenti della linea di governo, sono stati incoronati come leader dagli iscritti al partito socialdemocratico.

Uno schiaffo all’establishment della Spd che dal 2013 governa con i conservatori di Angela Merkel, e una doccia fredda per i conservatori della Cdu-Csu. Farà di tutto per non darlo a vedere, ma la cancelliera ha buoni motivi di trascorrere il Natale nel panico.

Il suo vice Olaf Scholz, ponderato e competente ministro delle Finanze, era il nuovo leader in pectore della Spd, con il braccio destro Klara Geywitz. Sapeva di raccogliere un partito in macerie, dopo le dimissioni in primavera di Andrea Nahles sopraffatta dai fallimenti. Scholz sapeva anche di essere sul filo di lana con numeri: in testa al primo turno, ma con appena il 23% rispetto al 21% di quelli che sono diventati nuovi leader. Nondimeno nessuno, neanche il duo Esken-Walter-Borjans verso l’investitura al Congresso (6-8 dicembre 2019), si attendeva un segnale così forte dagli oltre 200 mila tesserati che hanno risposto al ballottaggio.

I ROBIN HOOD DEI CONTRIBUENTI

«115 mila compagni hanno votato per i due queruli», rompiscatole, commentano in Germania. Mentre i nuovi vertici dell‘estrema destra di AfD, eletti con un tempismo inquietante insieme a Esken e Walter-Borjans, puntano da sciacalli a quel che, profetizzano, resterà dell’Unione della Cdu-Csu. Benché la solida Bundesrepublik si muova a passo lento e monotono (Merkel è cancelliera dal 2006, Helmut Kohl suo pigmalione guidò la Germania per 16 anni), in effetti i tempi potrebbero essere maturi per uno scossone che porti al voto anticipato nel 2020. Il duo Esken-Walter-Borjans ha trascorso anni nelle retrovie, dissociandosi dai tagli al welfare e dalle aperture al mercato già dell’Agenda 2010 di Gerhard Schröder. «Il peccato originale», dicono, della Spd del terzo millennio. Il loro mantra è la «rinegoziazione del contratto di Grande coalizione», chiuso a fatica nel 2018 tra la Spd e la Cdu-Csu, dopo mesi di inedito vuoto di governo per la locomotiva d’Europa. Walter-Borjans, soprannominato il «Robin Hood dei contribuenti», a Merkel chiede di alzare il reddito minimo di 12 euro e ancora più fondi per il clima.

Germania leader Spd Merkel estrema destra AfD
La cancelliera Angela Merkel (Cdu) con il vice cancelliere Olaf Scholz (Spd). GETTY.

L’ENDORSEMENT DI LAFONTAINE

Musica per le orecchie dell’eminenza grigia della Linke – ed ex presidente dei socialdemocratici – Oskar Lafontaine che vede spianarsi la strada per un’alleanza tra la sua sinistra radicale, i Verdi e una Spd tornata alle origini. «Adesso bisogna rompere con il neoliberismo», ha subito commentato il leader tradito da Schröder, «Esken e Walter-Borjans hanno avuto questa chance perché slegati dalle scelte sbagliate del passato. Possono ricostruire lo stato sociale e tornare alla politica di pace di Willy Brandt». L’attacco è anche alla politica muscolare della leader della Cdu, delfina della cancelliera, Annegret Kramp-Karrenbauer, da qualche mese ministro della Difesa, che accelera sul riarmo e auspica nuove riduzioni a un welfare, a suo avviso, «ai limiti del sostenibile». Lafontaine conosce bene la durezza di Kramp-Karrenbauer: entrambi, in tempi diversi, hanno governato la piccola Saarland afflitta dalla crisi dell’acciaio e dalla deindustrializzazione. Nei modi Merkel è più soft, ma la sostanza non cambia: il suo capo di gabinetto ha tagliato corto, di ritocchi all’accordo di governo i cristiano-democratici e sociali non vogliono saperne.

VERSO L’ALLEANZA A SINISTRA?

Difficile che il Robin Hood dei contribuenti e la co-leader si rimangino mesi di campagna e anni di militanza. Hanno anche l’appoggio dell’ala giovanile (Jusos) della Spd. A quel punto i socialdemocratici perderebbero anche il 14-15%, toccando davvero lo zero. E se si rompe il giocattolo e si spacca ancora il partito – Scholz, scosso dai risultati, esclude le sue dimissioni dal ministro dell’Eurogruppo – si possono solo anticipare le Legislative. La nuova guida dei socialdemocratici invita a non guardare come a un tabù le coalizioni con la Linke che dal 1990 inglobò i socialisti dell’ex Ddr: gli esperimenti nei governi locali, nei Comuni e nei Land sono incoraggianti. Nuovi laboratori in questa direzione stanno nascendo dalle alleanze anti-AfD delle Amministrative nel 2019. Verdi e sinistra radicale, con una Spd che inverte davvero rotta dalle grandi coalizioni, potrebbero mollare gli ormeggi per gli esecutivi nazionali. Ne sono convinti anche nell’estrema destra, intenzionata di conseguenza ad «andare al governo» con la Cdu-Csu. Per alcuni conservatori, soprattutto nell’ala bavarese della Csu, non sarebbe la fine del mondo.

L’ESTREMA DESTRA MIRA A ENTRARE NEL GOVERNO

Il regista dell’operazione Aexander Gauland ha passato quasi 40 anni nella Cdu, ed è deciso a traghettare l’AfD – con tutte le sue anime – verso l’alleanza con i moderati. Al Congresso di Braunschweig, assediato da 20 mila contestatori, ha ceduto lo scettro di portavoce a Tino Chrupalla, 44enne homo faber di AfD ed ex militante nei pulcini della Cdu, il «suo ragazzo» commentano in Germania. Come Gauland, Chrupalla viene dalla Sassonia, roccaforte di AfD e delle frange più estremiste dell’estrema destra. È un ex imbianchino e decoratore, un piccolo imprenditore che sa parlare alla gente, chiede sicurezza ed è vicino alla Russia. Da deputato, ha sferrato duri attacchi alla cancelliera Merkel. È definito un «patriota tedesco», come il braccio destro, co-presidente di AfD Jörg Meuthen. Ma ultimamente Chrupalla ha addolcito i toni schierandosi «contro gli antisemiti nel partito», si mormora su ordine di Gauland che in parlamento, fino al nuovo voto, continua a essere il capogruppo e a indicare le mosse. Convinto che presto o tardi tutta la sinistra si metterà d’accordo, e quel giorno Afd vuole essere pronta.

Germania leader Spd Merkel estrema destra AfD
Tino Chrupalla e Joerg Meuthen, alla presidenza dell’estrema destra di AfD, in Germania. GETTY.

IL MAQUILLAGE DI AFD

All’ultimo Congresso anche l’ala ultranazionalista di AfD che ha trionfato in Sassonia, la Flügel di Björn Höcke, ha abbandonato i toni neonazisti. Tutti, incluso Höcke, fanno i responsabili per scalare il Bundestag. Anche a questo servono Chrupalla e Meuthen: appartenenti alla corrente “moderata” ma dialoganti con i leader più estremi del movimento. Che la Cdu, in particolare, ceda alle lusinghe di AfD è però ancora più improbabile di un’apertura alla sinistra della Spd. Proprio i cristiano-democratici di Merkel sono vittime dell’omicidio politico di Walter Lübcke, il governatore locale che accoglieva i migranti freddato a giugno da un neonazista. Le lunghe frequentazioni di figure di AfD come Höcke in questo sottobosco sono assodate. Un sì all’estrema destra spaccherebbe l’Unione della Cdu-Csu più di quanto Esken e Walter-Borjans non dividano i socialdemocratici. E che per AfD si tratti solo maquillage è evidente: il deputato Stephan Brandner, appena destituito dalla guida della commissione parlamentare della Giustizia, per diverse affermazioni razziste e antisemite, è stato eletto vice presidente di AfD.

IL PRECIPIZIO DELLA SPD

Un fatto «mai accaduto prima» nella storia della Bundesrepublik, fanno quadrato tutte le altre forze politiche. L’altro vicepresidente di AfD, in tandem con l’ex co-leader certo non tenera Alice Weidel, è l’ex eurodeputata Beatrix von Storch, nipote dell’ultimo primo ministro di Adolf Hitler. Ricostruire una verginità ad AfD è una mission impossibile. Ma anche i due nuovi leader della Spd sono sul crinale di un precipizio. Nahles, prima donna alla guida dei socialdemocratici, fu nominata nel 2018 con il 50%, il suo mentore Martin Schulz era stato acclamato all’unanimità nel 2017, ma entrambi sono durati poco. Lo storico partito europeo ha continuato a perdere consensi ed elezioni. Al duo si rimprovera già, da una fetta minoritaria ma significativa del partito, la scarsa preparazione nazionale e di governo al cospetto, per esempio, del vice-cancelliere Scholz. Esken, 58enne informatica di Stoccarda, è stata dirigente locale del partito, prima che deputata. Walter-Borjans è un economista 67enne, già ministro delle Finanze nel Nord Reno-Westfalia. Nahles è uscita di scena da leader della Spd con un «statemi bene». Al nuovo duo intanto auguri.

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