Radetzky marcia ancora

Lo sbandierato nuovo arrangiamento a cura dei Wiener Philharmoniker lascia a bocca aperta. Ma non per i suoi elementi innovativi o diversi: per la sostanziale sovrapponibilità con il vituperato precedente. Per la “denazificazione”, passare un’altra volta.

Tanto tuonò che non piovve. Per la Marcia di Radetzky “denazificata”, passare un’altra volta. Fuori dagli inutili tecnicismi e dai dettagli più o meno sottili, lo sbandierato nuovo arrangiamento “a cura dei Wiener Philharmoniker” lascia a bocca aperta. Ma non per i suoi elementi nuovi o diversi: per la sostanziale sovrapponibilità con il vituperato precedente, firmato negli Anni 30 dall’oscuro galoppino nazista Leopold Weninger. Per dirla con le parole della conduttrice della diretta su Radiotre, che quasi è sbottata mentre esplodeva l’ovazione conclusiva, la Marcia in questa nuova revisione è risultata «Tutto sommato appena appena alleggerita nelle percussioni».

IMPROBABILE CHE MUTI FACCIA QUALCHE PASSO IN PIÙ

Lo sconcerto maggiore, si può immaginare, nel mondo della destra sovranista e populista, i cui mezzi di informazione avevano gridato allo scandalo e all’abominio per lo “scippo” della Marcia “nazi style”: prova provata che il tramonto dell’Occidente è in atto, secondo qualche filosofo di complemento. Semmai, dimostrazione del fatto che mai come oggi Oswald Spengler avrebbe bisogno di essere difeso dai suoi sostenitori. A questo punto, comunque, sembra difficile che ci siano cambi nel prossimo futuro. Molto improbabile, ad esempio, che Riccardo Muti, per l’ennesima volta incaricato della direzione l’anno prossimo, faccia qualche passo nella direzione di una più sostanziale “revisione”. Scomparso il nome di Leopold Weninger come arrangiatore, la Marcia continuerà a suonare alle orecchie del pubblico come una volta.

UNA FRUIZIONE ORMAI CRISTALLIZZATA

D’altra parte, è parso chiaro a tutti gli spettatori della differita tv pomeridiana (ma anche della diretta radiofonica) che la modalità della fruizione della Marcia di Radetzky nella “Sala d’oro” del Musikverein di Vienna è ormai non più modificabile. Chi fra le migliaia di richiedenti vince il sorteggio online per i biglietti (così avviene la distribuzione, ad ogni febbraio: tariffe fino a 1.200 euro) vuole battere le mani a tempo e non sente ragione. Si è piegato anche Andris Nelsons, che ha fatto quello che quasi tutti i suoi colleghi in passato hanno fatto: ha “diretto” il pubblico. Anche se nelle settimane prima non era mancato chi aveva annotato che questa modalità di fruizione si riallaccia a consuetudini in voga durante il periodo nazista. Questa volta il battito delle mani era così rumoroso e irrefrenabile da rischiare con il suo frastuono di oscurare i Wiener a pienissimo organico.

SOLO BARENBOIM HA OSATO ZITTIRE IL PUBBLICO

Chi aveva preso le distanze, sia pure a modo suo, era stato Daniel Barenboim nel 2014: se riguardate il video a corredo dell’articolo sulla Marcia pubblicato prima di Natale su Lettera43, vedrete che durante l’esecuzione con battimani, Barenboim fa tutt’altro: gira tra le file dell’orchestra, saluta quasi ogni singolo strumentista, si disinteressa della musica e della sua esecuzione, salvo zittire il pubblico quando esagera.

GLI ERRORI DI COMUNICAZIONE DEI WEINER PHILARMONIKER

Alla fine, di questa curiosa storia a cavallo del passaggio di decennio, resta la sorpresa per come i Wiener hanno prima creato e poi gestito la vicenda, dimostrando che nell’ambito della comunicazione sono lontani dall’eccellenza del loro far musica. Sono stati loro ad accendere i riflettori sulla Marcia di Radetzky, all’insegna di un molto discutibile politically correct, che nelle cose artistiche dovrebbe sempre essere maneggiato con grandissima cautela. Loro hanno annunciato che «finalmente» la Marcia sarebbe stata denazificata, ma mentre la curiosità cresceva insieme alle polemiche, loro hanno vigorosamente tirato i freni, a questo punto nel massimo riserbo. Che dire? Per quel che ci riguarda, molto meglio così. Ma c’era bisogno di tanti inutili proclami?

UNA VERSIONE PIÙ AUTENTICA DELLA MARCIA È DATATA 1848

Che poi, a voler sottilizzare, una versione molto vicina all’idea di Strauss padre esiste ed è a portata di mano: è la primissima edizione per orchestra della Marcia, pubblicata nell’autunno del 1848 e scovata nel 1999 dallo studioso Norbert Rubey alla Biblioteca di Vienna. La versione che vi si ritrova è effettivamente più leggera nella strumentazione e più articolata melodicamente nella sezione centrale. L’unico che la diresse al Concerto di Capodanno fu Nikolaus Harnoncourt, nel 2001. La mise in apertura di concerto, anzi, riservando la chiusura alla versione “tradizionale”. Ne esistono almeno due edizioni discografiche, quella ufficiale di quel Primo dell’anno al Musikverein e quella realizzata con il Concentus Musicus Wien, in cui la Marcia viene proposta in quella che viene definita “urfassung”’. Le differenze, all’ascolto comparato, non sono certo eclatanti. Comunque, più significative rispetto a quanto si è sentito oggi. Se l’adottassero, i Wiener potrebbero a ragione proclamare che l’operazione di “denazificazione” è compiuta. Invece, da quel 2001, la versione originale è svanita dagli orizzonti dell’orchestra Filarmonica di Vienna. Curioso anche questo.

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Radetzky marcia ancora

Lo sbandierato nuovo arrangiamento a cura dei Wiener Philharmoniker lascia a bocca aperta. Ma non per i suoi elementi innovativi o diversi: per la sostanziale sovrapponibilità con il vituperato precedente. Per la “denazificazione”, passare un’altra volta.

Tanto tuonò che non piovve. Per la Marcia di Radetzky “denazificata”, passare un’altra volta. Fuori dagli inutili tecnicismi e dai dettagli più o meno sottili, lo sbandierato nuovo arrangiamento “a cura dei Wiener Philharmoniker” lascia a bocca aperta. Ma non per i suoi elementi nuovi o diversi: per la sostanziale sovrapponibilità con il vituperato precedente, firmato negli Anni 30 dall’oscuro galoppino nazista Leopold Weninger. Per dirla con le parole della conduttrice della diretta su Radiotre, che quasi è sbottata mentre esplodeva l’ovazione conclusiva, la Marcia in questa nuova revisione è risultata «Tutto sommato appena appena alleggerita nelle percussioni».

IMPROBABILE CHE MUTI FACCIA QUALCHE PASSO IN PIÙ

Lo sconcerto maggiore, si può immaginare, nel mondo della destra sovranista e populista, i cui mezzi di informazione avevano gridato allo scandalo e all’abominio per lo “scippo” della Marcia “nazi style”: prova provata che il tramonto dell’Occidente è in atto, secondo qualche filosofo di complemento. Semmai, dimostrazione del fatto che mai come oggi Oswald Spengler avrebbe bisogno di essere difeso dai suoi sostenitori. A questo punto, comunque, sembra difficile che ci siano cambi nel prossimo futuro. Molto improbabile, ad esempio, che Riccardo Muti, per l’ennesima volta incaricato della direzione l’anno prossimo, faccia qualche passo nella direzione di una più sostanziale “revisione”. Scomparso il nome di Leopold Weninger come arrangiatore, la Marcia continuerà a suonare alle orecchie del pubblico come una volta.

UNA FRUIZIONE ORMAI CRISTALLIZZATA

D’altra parte, è parso chiaro a tutti gli spettatori della differita tv pomeridiana (ma anche della diretta radiofonica) che la modalità della fruizione della Marcia di Radetzky nella “Sala d’oro” del Musikverein di Vienna è ormai non più modificabile. Chi fra le migliaia di richiedenti vince il sorteggio online per i biglietti (così avviene la distribuzione, ad ogni febbraio: tariffe fino a 1.200 euro) vuole battere le mani a tempo e non sente ragione. Si è piegato anche Andris Nelsons, che ha fatto quello che quasi tutti i suoi colleghi in passato hanno fatto: ha “diretto” il pubblico. Anche se nelle settimane prima non era mancato chi aveva annotato che questa modalità di fruizione si riallaccia a consuetudini in voga durante il periodo nazista. Questa volta il battito delle mani era così rumoroso e irrefrenabile da rischiare con il suo frastuono di oscurare i Wiener a pienissimo organico.

SOLO BARENBOIM HA OSATO ZITTIRE IL PUBBLICO

Chi aveva preso le distanze, sia pure a modo suo, era stato Daniel Barenboim nel 2014: se riguardate il video a corredo dell’articolo sulla Marcia pubblicato prima di Natale su Lettera43, vedrete che durante l’esecuzione con battimani, Barenboim fa tutt’altro: gira tra le file dell’orchestra, saluta quasi ogni singolo strumentista, si disinteressa della musica e della sua esecuzione, salvo zittire il pubblico quando esagera.

GLI ERRORI DI COMUNICAZIONE DEI WEINER PHILARMONIKER

Alla fine, di questa curiosa storia a cavallo del passaggio di decennio, resta la sorpresa per come i Wiener hanno prima creato e poi gestito la vicenda, dimostrando che nell’ambito della comunicazione sono lontani dall’eccellenza del loro far musica. Sono stati loro ad accendere i riflettori sulla Marcia di Radetzky, all’insegna di un molto discutibile politically correct, che nelle cose artistiche dovrebbe sempre essere maneggiato con grandissima cautela. Loro hanno annunciato che «finalmente» la Marcia sarebbe stata denazificata, ma mentre la curiosità cresceva insieme alle polemiche, loro hanno vigorosamente tirato i freni, a questo punto nel massimo riserbo. Che dire? Per quel che ci riguarda, molto meglio così. Ma c’era bisogno di tanti inutili proclami?

UNA VERSIONE PIÙ AUTENTICA DELLA MARCIA È DATATA 1848

Che poi, a voler sottilizzare, una versione molto vicina all’idea di Strauss padre esiste ed è a portata di mano: è la primissima edizione per orchestra della Marcia, pubblicata nell’autunno del 1848 e scovata nel 1999 dallo studioso Norbert Rubey alla Biblioteca di Vienna. La versione che vi si ritrova è effettivamente più leggera nella strumentazione e più articolata melodicamente nella sezione centrale. L’unico che la diresse al Concerto di Capodanno fu Nikolaus Harnoncourt, nel 2001. La mise in apertura di concerto, anzi, riservando la chiusura alla versione “tradizionale”. Ne esistono almeno due edizioni discografiche, quella ufficiale di quel Primo dell’anno al Musikverein e quella realizzata con il Concentus Musicus Wien, in cui la Marcia viene proposta in quella che viene definita “urfassung”’. Le differenze, all’ascolto comparato, non sono certo eclatanti. Comunque, più significative rispetto a quanto si è sentito oggi. Se l’adottassero, i Wiener potrebbero a ragione proclamare che l’operazione di “denazificazione” è compiuta. Invece, da quel 2001, la versione originale è svanita dagli orizzonti dell’orchestra Filarmonica di Vienna. Curioso anche questo.

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