Difficile essere atei da quando c’è Francesco

Il brutto anno che ci lasciamo alle spalle ha avuto per me una sola luce: la presenza di questo papa buono, ironico, severo, comprensivo.

Ho ascoltato spesso in questo anno che sta finendo papa Francesco in tivù mentre parlava ai fedeli in piazza san Pietro. E mi hanno sempre colpito le sue parole, l’uso del testo dei Vangeli, le parabole che ha citato. Ho letto i suoi libri. Non sono stato né cattolico né di altra fede. Nella mia famiglia non c’era l’abitudine, cosa singolare essendo una piccola famiglia del Sud, di frequentare e far frequentare ai figli la parrocchia. Posso persino dire che alcune pesanti disavventure familiari avevano creato nei miei genitori una certa avversità verso la fede. La mia formazione si è svolta al di fuori di ogni influenza religiosa. Paradossalmente l’impatto più forte l’ho avuto nei miei lunghi anni trascorsi nel Pci quando il tema del rapporto con i cattolici era cruciale. Si passò nel volgere di un paio di decenni dall’apprezzamento di “una sofferta coscienza cattolica” al tempo, erano gli anni di Enrico Berlinguer, in cui i cattolici, non più sofferenti (lo scrivo con evidente ironia verso il togliattismo), divennero nostri compagni e dirigenti.

Tutto questo è avvenuto senza che io mi schiodassi da una freddezza verso ogni fede, a parte una curiosità culturale molto accentuata verso l’ebraismo che mi ha portato a numerosi viaggi in Israele e a intrecciare con amici ebrei rapporti molto forti di grande sintonia. Da quando c’è Francesco sento, però, che qualcosa è mutato. Non ho il linguaggio per esprimere bene, cioè correttamente, quello che sento e che vorrei mettere a confronto con chi mi legge, ma il tema della fede si sta facendo spazio nella mia mente e, se posso dire, nel mio cuore. Ho amato da laico alcuni papi. Oltre alla predilezione per papa Giovanni XXIII, ho provato una ammirazione sconfinata per papa Paolo VI. Degli altri non dico. In quel singolare mese di papato mi colpirono le parole di Albino Luciani, così vicine alla sensibilità anche di chi non credeva.

UN NUOVO APPROCCIO ALLA FEDE

Poi è arrivato dalla fin del mondo Francesco che ha introdotto nel linguaggio pubblico e nella coscienza dei singoli, sicuramente nella mia, una dimensione della fede che mi appare, lo scrivo con approssimazione, non solo capace di mettermi in contatto con il mondo ma anche di trovare in questo contatto le ragioni di una comprensione della persona, del suo destino, della natura che nel passato non era mai appartenuta con tanta intensità. Ho capito, credo di aver capito, che cosa vuol dire il papa e cosa vuole spingerci a fare nella, e della nostra, vita quando chiede di illuminarla con la “misericordia”. Devo anche dire che c’è un filosofo ateo che mi ha molto aiutato, con i suoi testi, a comprendere la profondità del messaggio di fede e persino, più recentemente, del significato mariano: parlo di Massimo Cacciari. Mi direbbe un cattolico di antica data che anche da questo si capisce perché le vie del Signore sono infinite.

Il punto centrale del ragionamento che mi ispira il papa sta nella sua straordinaria umanità, nel suo voler sospingere noi umani su una strada di misericordia e di comprensione

Molti di voi penseranno che scrivo queste cose perché il papa viene descritto come di sinistra, addirittura “comunista”. Non replico a queste sciocchezze. Né l’affetto filiale verso Francesco è cresciuto sentendolo vittima di attacchi pieni di veleno. Giudico, come faccio ogni giorno, la politica sulla base della politica. Mi interessa poco l’uso della religione nella miserabile battaglia elettorale. Il punto centrale del ragionamento, razionale e sentimentale, che mi ispira il papa sta nella sua straordinaria umanità, nel suo voler sospingere noi umani su una strada di misericordia e di comprensione. Parla di un Dio amico delle persone singole e dell’umanità. Perché mi è venuta questa voglia di rendere pubblica questa emozione? Non voglio fare annunci (non ne ho), né sento di potermi definire ancora né credente né cattolico. Ho capito da Francesco che bisogna essere persone trasparenti e che non bisogna aver paura di iniziare a provare un sentimento religioso così intrecciato con l’amore per l’umanità. E questo brutto anno che ci lasciamo alle spalle ha avuto per me una sola luce: la presenza di questo papa buono, ironico, severo, comprensivo. Tutto qui.

Leggi tutte le notizie di Lettera43 su Google News oppure sul nostro sito Lettera43.it

PlayPlay